TAR Campobasso, sez. I, sentenza 2023-06-08, n. 202300188

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Campobasso, sez. I, sentenza 2023-06-08, n. 202300188
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Campobasso
Numero : 202300188
Data del deposito : 8 giugno 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 08/06/2023

N. 00188/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00474/2018 REG.RIC.

N. 00339/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 474 del 2018, proposto dai sigg.ri G S, A B, S P, M S P, G B, Michelina D'Andrea, G D C, N D T, M D T, A I, T I e O C, tutti rappresentati e difesi dagli avvocati M M, G R e M Z, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv.to G R in Campobasso, corso Vittorio Emanuele II, n. 23;

contro

la Regione Molise;
la Presidenza del Consiglio dei Ministri;
il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica;
l’Agenzia Regionale per la Ricostruzione Post Sisma;
ciascuno in persona del rispettivo legale rappresentante pro tempore , tutti rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Campobasso, domiciliataria ex lege in Campobasso, via Insorti D'Ungheria, n. 74;



sul ricorso numero di registro generale 339 del 2019, proposto dai sigg.ri Michelina D'Andrea, G D C e G B, tutti rappresentati e difesi dagli avvocati G R e M Z, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

la Regione Molise;
la Presidenza del Consiglio dei Ministri;
il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica;
l’Agenzia Regionale per la Ricostruzione Post Sisma;
ciascuno in persona del rispettivo legale rappresentante pro tempore, tutti rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Campobasso, domiciliataria ex lege in Campobasso, via Insorti D'Ungheria, n. 74;

nei confronti

dei Comuni di Provvidenti e di San Giuliano di Puglia, ciascuno in persona del rispettivo Sindaco pro tempore, entrambi non costituiti in giudizio;

quanto al ricorso n. 474 del 2018

per il risarcimento del danno ingiusto subito dai ricorrenti in conseguenza della persistente illegittima condotta commissiva e omissiva assunta dalle Amministrazioni intimate, sia attraverso l’adozione di atti illegittimi, violativi dei più comuni principi generali di cui alla L. n. 241/1990, sia attraverso l’omessa conclusione del procedimento di riconoscimento e di assegnazione dei contributi richiesti;

quanto al ricorso n. 339 del 2019:

per l'ottemperanza della sentenza del T.A.R. Molise n. 320 del 2016, così come confermata dal Consiglio di Stato, sez. IV, con sentenza n. 4244 del 2018;

e per l’annullamento:

della delibera di G.R. n. 321 del 09.08.2019 e di tutti gli altri atti presupposti, conseguenti e connessi, inclusa la Relazione dell’Agenzia Regionale per la Ricostruzione Post -Sisma prot. n. 94339/2019 del 29.07.2019, con cui in sono stati conclusi negativamente i procedimenti di riesame relativi ai p.e.u./p.e.s. dei ricorrenti;

nonché per la condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno ingiusto.

Visti i ricorsi e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni intimate;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 aprile 2023 il dott. F A e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. I sig.ri S G, B A, P S, P M S, B G, D’Andrea Michelina, D C G, D T N, D T M, I A, I T e C O, sono proprietari di unità immobiliari danneggiate dall’evento sismico che ha colpito il Molise in data 31.10.2002. Tutti i ricorrenti hanno proposto progettazioni per la ricostruzione dei rispettivi immobili, presentando all’uopo domande di finanziamento di p.e.u. (progetti esecutivi unitari) e di p.e.s. (progetti esecutivi singoli) che sono state, tuttavia, subito escluse dall’elenco regionale degli interventi cantierabili.

Avverso tali esclusioni i ricorrenti hanno presentato un primo ricorso collettivo al T.A.R. Molise, che lo ha accolto con sentenza n. 320/2016, confermata in sede d’appello dalla pronuncia del Consiglio di Stato n. 4244/2018, per aver riscontrato dei vizi di difetto di motivazione e di omessa predeterminazione dei criteri di assegnazione delle risorse finanziarie stanziate per la ricostruzione post sisma.

2. Nelle more della successiva fase di rideterminazione delle loro posizioni i ricorrenti hanno proposto il primo dei ricorsi in epigrafe (R.G. n. 474/2018), teso ad ottenere la condanna della Regione Molise e dell’Agenzia Regionale di Protezione Civile al ristoro dei danni da loro ingiustamente patiti in conseguenza della condotta commissiva e omissiva tenuta nei loro confronti da parte delle Amministrazioni intimate.

Tutti i ricorrenti hanno così agito per sentirsi riconoscere le voci di danno commisurate:

- al valore del contributo già fissato per lavori e progettazione;

- al ritardo e al conseguente aggiornamento dei prezzi;

- al peggioramento delle condizioni dei fabbricati per effetto degli omessi/ ritardati interventi;

-alla necessità di procurarsi, nel frattempo, la disponibilità di altro immobile agibile;

- al disagio da loro patito, sotto forma di danno biologico, sempre in conseguenza della prolungata attesa della conclusione del procedimento.

3. Con d.G.R. n. 321/2019 la Regione Molise ha poi proceduto al riesame dei progetti dei sigg.ri B G, D’Andrea Michelina e D C G, con esito nuovamente negativo. E tanto ha determinato la proposizione della seconda impugnativa in esame (R.G. n. 339/2019), con la quale i (soli) tre soggetti appena menzionati hanno agito, in primo luogo, per l’ottemperanza della pronuncia del T.a.r. n. 320/2016, deducendo la nullità della detta deliberazione regionale per violazione/elusione del relativo giudicato, e, in subordine, hanno allegato la ordinaria illegittimità dello stesso provvedimento allo scopo di ottenerne l’annullamento. I ricorrenti hanno altresì richiesto la condanna delle Amministrazioni intimate al risarcimento del danno ingiusto da loro asseritamente patito anche nella ulteriore vicenda procedimentale culminata nel nuovo provvedimento di esclusione della finanziabilità dei loro progetti, instando per il riconoscimento delle poste risarcitorie riflettenti i pregiudizi commisurati:

- al valore del contributo già fissato per lavori e progettazione;

- al ritardo e alla conseguente esigenza di aggiornamento dei prezzi;

- al peggioramento delle condizioni dei fabbricati per effetto degli omessi/ ritardati interventi;

- alla necessità di procurarsi la disponibilità di altri immobili agibili;

- al disagio da essi patito, sotto forma di danno biologico, in conseguenza del ritardo nella conclusione del procedimento.

4. Questo Tribunale con la sentenza parziale n. 31/2020, resa nel procedimento R.G. n. 339/2019, ha respinto le domande di declaratoria di nullità proprie del giudizio di ottemperanza. E’ stato ritenuto, infatti, che la detta delibera n. 321/2019 fosse stata emessa con sufficiente esplicitazione delle ragioni della nuova esclusione dei progetti dei ricorrenti, e pertanto nel formale rispetto dei criteri dettati dalla sentenza ottemperanda e senza intenti elusivi del corrispondente giudicato.

La stessa pronuncia ha però disposto anche la conversione del rito affinché la residua controversia sulla legittimità del provvedimento fosse decisa nelle forme del giudizio ordinario d’impugnazione.

È seguita l’ordinanza collegiale n. 272/2021, che ha richiesto l’acquisizione, a cura delle Amministrazioni resistenti, di elementi istruttori atti ad evidenziare le modalità attraverso le quali le Amministrazioni locali e i soggetti interessati ad accedere al finanziamento per la ricostruzione post-sismica fossero stati eventualmente resi edotti, a tempo debito, della necessità -sotto pena di postergazione- di far pervenire le relative domande entro la data di assunzione della delibera di G.R. n. 680/2012, assunta a discrimen per la decisione di cantierabilità (o meno) dei progetti dei ricorrenti.

Acquisito il riscontro istruttorio richiesto, il Tribunale, con la successiva sentenza parziale n. 123/2022, dopo aver rigettato l’eccezione di difetto di legittimazione passiva dell’Agenzia regionale per la ricostruzione post sisma (A.R.P.S.), ha accertato l’illegittimità della d.G.R. n. 321/2019 e ne ha pronunciato, pertanto, l’annullamento. Sulla domanda risarcitoria dei ricorrenti il Collegio ha tuttavia dichiarato, allo stato, il non luogo a provvedere, formulando una richiesta di chiarimenti alla Regione Molise in ordine alla possibilità concreta che venissero individuate delle risorse aggiuntive per far acquisire anche ai ricorrenti il contributo richiesto.

La causa è stata quindi rinviata ad altra data per la definizione conclusiva del giudizio.

5. Nell’approssimarsi della nuova udienza di discussione del contenzioso portante il R.G. n. 339/2019, fissata per il 2.11.2022, la Regione ha indi depositato la documentazione comprovante l’avvenuta concessione del finanziamento per il p.e.s. n. 161, riferibile ai sigg.ri D’Andrea e D C, ed altresì per il p.e.u. n. 17

SP

01 del sig. B (a mezzo della d.G.R. n. 249 del 26 luglio 2022, relativamente ai due interventi approvati, rispettivamente, con determine dell’A.R.P.S. nn. 358 e 359/2022), e alla luce di tanto ha chiesto dichiararsi l’improcedibilità del ricorso per cessazione della materia del contendere.

6. È seguìto un breve rinvio dell’udienza al fine di consentire ai ricorrenti di esaminare analiticamente la documentazione versata in atti dalla Regione, onde poterne verificare la concreta idoneità a soddisfare le pretese azionate in giudizio.

7. In vista, infine, dell’udienza del 27.4.2023, nella quale sarebbero stati chiamati in trattazione entrambi i ricorsi in epigrafe, l’Amministrazione regionale ha depositato nuovi documenti riflettenti la concessione del finanziamento richiesto da tutti i ricorrenti di ambedue i ricorsi, per l’effetto concludendo per la declaratoria della integrale cessazione della materia del contendere.

8. All’odierna udienza pubblica il legale di parte ricorrente ha indi dichiarato la sopravvenuta carenza di interesse alla decisione dei ricorsi in esame per la quasi totalità dei ricorrenti, con l'eccezione, in entrambi i giudizi, dei soli coniugi Michelina D'Andrea e G D C, nonché del sig. G B, in ordine ai quali il patrocinio attoreo ha insistito per l’accoglimento delle conclusioni rassegnate nelle due impugnative.

L’Avvocatura dello Stato, senza nulla obiettare in ordine alla sopravvenuta carenza di interesse ad agire della maggior parte dei ricorrenti, si è invece opposta all’accoglimento delle residue pretese dei tre sunnominati riportandosi ai propri scritti difensivi.

I due ricorsi sono stati a quel punto assunti in decisione.

9. In via preliminare il Collegio, ravvisatane l’opportunità, ritiene di disporre la riunione dei ricorsi in trattazione ai sensi dell’art. 70 del cod. proc. amm., nella sussistenza dei presupposti di connessione oggettiva desumibili dalla circostanza che tali gravami investono aspetti connessi della medesima vicenda sostanziale, concernente le vicissitudini delle richieste di finanziamento dei ricorrenti per la ricostruzione degli immobili danneggiati dal sisma del 2002.

10. Sempre in via preliminare il Collegio, dando sèguito alla richiesta formulata dal legale di parte ricorrente, deve dichiarare l’improcedibilità per sopravvenuta carenza d’interesse del ricorso assunto al R.G. n. 474/2018 con riferimento alla posizione dei ricorrenti S G, B A, P S, P M S, D T N, D T M, I A, I T e C O.

Al cospetto, infatti, dell’univoca dichiarazione dei suddetti ricorrenti concernente il venir meno del loro interesse al ricorso, la quale preclude la decisione nel merito della controversia, il Tribunale non può che dichiarare il ricorso, per la parte che li concerne, improcedibile per la ragione indicata ai sensi dell'art. 35, comma 1°, lettera c), del cod. proc. amm. (cfr., ex multis, C.d.S., sez. III, n. 3061/2018; id . sez. V, n. 4290/2018; id ., sez. IV, n. 4310/2018;
T.A.R. Lazio, sez. II, n. 4514/2016).

11. Una diversa decisione s’impone però per i (soli) sigg.ri Michelina D'Andrea, G D C e G B, ricorrenti sia nel ricorso assunto al R.G. 474/2018, che in quello di R.G. n. 339/2019.

I tre, pur dopo aver effettivamente ricevuto dalla Regione il contributo a suo tempo richiesto, hanno espressamente insistito, nell’ambito di entrambi i giudizi, per ottenere il risarcimento dei danni patiti sia in conseguenza del ritardo con il quale il citato contributo è stato loro assegnato, e della correlativa necessità di procurarsi nel frattempo la disponibilità di un altro alloggio, e sia a titolo di danno biologico asseritamente patito a seguito della complessiva vicenda.

A fronte delle conclusioni specificamente rassegnate per i sigg.ri D'Andrea, D C e B, quindi, il Collegio, non potendo ignorare l’affermazione del persistente interesse dei medesimi al vaglio del merito delle loro residue pretese risarcitorie, deve rigettare, nei loro riguardi, l’eccezione di improcedibilità sollevata dalla difesa erariale.

11.1. Quanto al rapporto tra le domande dedotte dai sigg.ri D'Andrea, D C e B nei due giudizi in trattazione, il Collegio, avuto riguardo ai loro rispettivi elementi sostanziali ex art. 32, comma 2°, del cod. proc. amm., è dell’avviso che le relative azioni risarcitorie, pur sovrapponendosi, non siano del tutto identiche, non foss’altro in quanto attengono ad ambiti temporali non coincidenti.

La domanda proposta con il ricorso R.G. n. 474/2018 è volta a conseguire il ristoro dei pregiudizi lamentati in conseguenza del segmento di azione amministrativa che era stato preso in esame, e censurato, dalla sentenza di questo T.A.R. n. 320/2016 (confermata dalla pronuncia del C.d.S., IV, n. 4244/2018);
di contro, col ricorso R.G. n. 339/2019 l’azione risarcitoria è stata riproposta per far valere i pregiudizi rinnovati dalla riedizione, da parte dell’Amministrazione, del proprio potere di valutazione dell’istanza di contribuzione che aveva dato vita alla d.G.R. n. 321/2019.

11.2. Nondimeno, il Collegio ritiene di annettere prevalenza alla considerazione della coincidenza di gran parte degli elementi delle domande, che dimostra il carattere sostanzialmente unitario delle relative pretese, e procedere, quindi, al loro esame congiunto.

Le richieste formulate in ambedue i giudizi, infatti, sono volte a conseguire il ristoro della sfera giuridica dei sigg.ri D'Andrea, D C e B in conseguenza del ritardo da parte dell’Amministrazione nella concessione del contributo da essi richiesto, e del danno biologico o da disagio asseritamente patito a seguito della vicenda innescata dal sisma.

12. Nell’introdurre il vaglio delle pretese dei tre ricorrenti aventi ancora interesse alla decisione di merito, può osservarsi che l’azione risarcitoria da loro complessivamente introdotta si connota sotto una duplice e concorrente veste.

L’esame dei ricorsi denota, infatti, che la richiesta risarcitoria, sebbene sia stata formalmente articolata come preordinata al ristoro dei pregiudizi derivanti dal fatto del ritardo nella corresponsione del contributo, risulta inscindibilmente connessa, a meglio vedere, oltre che alla condotta di ritardo dell’Amministrazione, anche alla denunciata illegittimità della sua attività provvedimentale, che ha avuto per non poco tempo l’effetto di ostacolare il conseguimento del contributo.

Ciò posto, il Collegio ritiene di aderire all’orientamento giurisprudenziale, ormai consolidatosi con la sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 7/2021, che riconduce entrambe le richiamate fattispecie di possibile responsabilità della pubblica Amministrazione al paradigma della responsabilità extracontrattuale da fatto illecito aquiliano, con tutto ciò che ne consegue in termini di regime giuridico ed onere della prova (cfr. da ultimo, in questo senso, T.A.R. Molise n. 150/2023, che a sua volta richiama le pronunce di questo Tribunale n. 1/2022 -con riferimento alla responsabilità da provvedimento illegittimo-, e n. 14/2022 -avuto riguardo alla responsabilità da ritardo-).

Ai fini di entrambe le fattispecie di responsabilità riveste valore centrale, in particolare, la prova, da parte dei ricorrenti, dell’effettiva spettanza del bene della vita asseritamente pregiudicato in loro danno, rispettivamente, dal ritardo dell’Amministrazione procedente, oppure dall’illegittimo esercizio della funzione amministrativa.

12.1. Quanto alla responsabilità da ritardo, infatti, in giurisprudenza si è avuto modo di affermare che in vista del risarcimento del danno dev’essere dimostrata, in misura ragionevolmente certa, la spettanza del relativo bene della vita (cfr. C.d.S., Sez. IV, n. 1531/2021). In questo senso è stato osservato che il bene “tempo”, leso dall'inosservanza colposa dei termini procedimentali, può essere considerato alla stregua di un interesse risarcibile solo “ se e nella misura in cui, per effetto di tale lesione, si sia prodotto un danno ingiusto ”, e cioè soltanto se risulti dimostrata, appunto, la spettanza del bene della vita ( ex plurimis cfr. anche C.d.S., Sez. II, n. 8199/2020; id ., n. 3318/2020;
Sez. III, n. 6755/2020;
Sez. IV, nn. 1921 e 1923/2021; id ., n. 7622/2020; id ., n. 6351/2020 e n. 4669/2020;
Sez. V, n. 2210/2020;
VI, n. 1354/2021 e n. 2121/2020).

12.2. Al contempo, rispetto alla responsabilità dell’Amministrazione per l’emanazione di atti illegittimi si è analogamente affermato che essa risulta configurabile solo ove risulti leso, per effetto dell'attività illegittima e colpevole dell'Amministrazione, un interesse materiale meritevole di tutela: soltanto la lesione di quest’ultimo, infatti, qualifica in termini di ingiustizia il danno derivante dal provvedimento illegittimo (cfr., ex multis, C.d.S., V, n. 591/2023).

12.3. Ne consegue che l’annullamento giurisdizionale di un provvedimento amministrativo, e pertanto la sua mera condizione di illegittimità, non sono, quindi, elementi di per sé soli sufficienti per dichiarare la sussistenza di una responsabilità aquiliana per fatto illecito, atteso che “ spetta al danneggiato allegare e provare tutti gli elementi costitutivi dell'illecito, di natura aquiliana dell'Amministrazione, ivi inclusa la spettanza del bene della vita e il nesso di causalità tra la condotta dell'Amministrazione e questo. Il risarcimento potrà essere riconosciuto se l'esercizio illegittimo del potere amministrativo o la sua omissione abbia leso un bene della vita del privato, che questo avrebbe avuto titolo per mantenere od ottenere ” (cfr., ex plurimis, C.d.S., II, n. 106/2022;
C.d.S., IV, n. 1531/2021;
T.A.R. Lazio, Roma, III, n.10437/2021). E l’intensità dell’onere probatorio gravante in capo al danneggiato varia, nei singoli casi, in relazione alle caratteristiche dell’interesse violato, della tipologia dell’attività amministrativa e della tipologia di vizio accertata (cfr. in questo senso: C.d.S., III, n. 4536/2022).

13. Sulle basi esposte, dunque, nel presente giudizio, facendosi questione della lesione di un interesse pretensivo dei ricorrenti, risulta cruciale la valutazione della spettanza del relativo bene della vita in capo ai sigg.ri D'Andrea, D C e B: in simili fattispecie, infatti, secondo il costante orientamento giurisprudenziale, la prova di tale aspetto essenziale va raggiunta con ragionevole certezza (vd. C.d.S., III, n. 4536/2022).

Sennonché, in relazione alle domande proposte in entrambi i giudizi, gli elementi presenti agli atti e invocati dai ricorrenti non consentono di considerare dimostrata con ragionevole sicurezza la spettanza del bene della vita da loro invocato.

14. È appena il caso di ricordare che l’azione complessiva dispiegata dall’Amministrazione nella vicenda dei finanziamenti per la ricostruzione post sisma ha già più volte formato oggetto di scrutinio giurisdizionale di legittimità, per essere stato il Giudice amministrativo chiamato a pronunciarsi sui ricorsi proposti, unitamente ad altri cittadini, anche dagli odierni ricorrenti, e aver potuto quindi conoscere dell’intera dinamica della complessa quanto tormentata vicenda.

Il riferimento immediato va: i) alla prima pronuncia di questo T.A.R. n. 320/2016, confermata in appello, caducatoria di una prima serie di provvedimenti che non avevano ammesso i ricorrenti al finanziamento (d.G.R. n. 636/2014;
d.G.R. n. 614/2014;
d.G.R. n. 709/2014 e i relativi atti presupposti);
ii) alla sentenza del medesimo T.A.R. n. 123/2022, annullatoria dell’atto amministrativo di riedizione del potere regionale di valutazione della loro istanza di ammissione del contributo (d.GR n. 321/2019).

Orbene, nessuna delle citate pronunce, pur riscontrando violazioni di legittimità di indole formale, ha potuto accertare anche la sostanziale spettanza del bene della vita in capo ai ricorrenti aventi interesse alla presente decisione.

Ciò emerge immediatamente dal tenore della sentenza n. 320/2016, con la quale: i) è stata riconosciuta la sussistenza di un vizio di motivazione degli atti in un primo tempo impugnati, con riferimento all’esplicitazione sia dei criteri seguiti nell’assegnazione delle risorse disponibili, sia delle ragioni della esclusione dei progetti presentati dai ricorrenti;
ii) e l’Amministrazione è stata chiamata, di riflesso, semplicemente a rideterminarsi, con nuovi provvedimenti, in ordine alle posizioni di questi ultimi, o esplicitando nel dettaglio i criteri generali e le ragioni dell’esclusione dei progetti e programmi in rilievo dal riconoscimento di “cantierabilità”, oppure ricomprendendo anche i loro progetti tra quelli cantierabili, da finanziare quindi con le risorse che avrebbero dovuto essere all’uopo reperite.

Lo stesso vale per la sentenza del Consiglio di Stato n. 4244/2018, confermativa della sentenza n. 320/2016.

A tale stregua, appare chiaro che nessun capo delle citate pronunce si è espresso su -e ha potuto quindi accertare- la spettanza in favore dei ricorrenti del bene della vita da loro agognato.

A fronte della circoscritta portata delle dette pronunce, il Collegio non ha quindi motivo per discostarsi dall’orientamento giurisprudenziale secondo cui:

-i) “ l'annullamento di un provvedimento amministrativo per vizi tralatiziamente definiti formali, quali il difetto di istruttoria o di motivazione, o procedimentali, in quanto non contiene alcun accertamento in ordine alla spettanza del bene della vita coinvolto dal provvedimento impugnato, non consente di accogliere la domanda finalizzata al perseguimento della pretesa sostanziale, quale è il risarcimento del danno ” (cfr., ex multis, T.A.R. Marche, I, n. 461/2022, e in senso analogo C.d.S., V, n. 7977/2019; id ., III, n. 4097/2019; id ., V, n. 7054/2018);

-ii) “ l’annullamento di un provvedimento per vizi procedimentali, in quanto non contiene alcun accertamento in ordine alla spettanza del bene della vita coinvolto dal provvedimento impugnato, non consente di accogliere la domanda finalizzata al perseguimento della pretesa sostanziale, quale è il risarcimento del danno. L’annullamento per tali vizi non elimina né riduce - proprio come è avvenuto nella fattispecie in scrutinio, in cui le predette pronunce hanno espressamente chiamato l’Amministrazione ad esprimersi nuovamente n.d.r. - il potere dell'Amministrazione di provvedere in ordine allo stesso oggetto dell'atto annullato e lascia ampio potere in merito all'Amministrazione, con il solo limite negativo di riesercizio nelle stesse caratterizzazioni di cui si è accertata l'illegittimità ” (cfr., ex multis, T.A.R. Puglia, Bari, I, n.76/2023, e in senso analogo C.d.S., V, n.4279/2022).

14.1. Venendo poi a dire della riedizione, successiva alla sentenza n. 320/2016, del potere di valutazione delle istanze di finanziamento, la Regione ha proceduto al riesame delle medesime con la d.G.R. n. 321/2019, con esito nuovamente negativo.

La Regione anche in tale occasione ha, infatti, ritenuto di non poter includere le posizioni dei p.e.u. e p.e.s. dei ricorrenti fra quelle finanziabili, in quanto: i) esse erano state inserite tra gli interventi di classe “A” solo in data 31 dicembre 2012, con la delibera di Giunta Comunale n. 197 del Comune di Larino;
ii) la richiesta di concessione del finanziamento era stata pertanto inoltrata solo con la trasmissione della progettazione esecutiva, approvata con deliberazioni comunali soltanto in data posteriore all’adozione della d.G.R. n. 608/2012;
iii) le medesime posizioni non risultavano dunque ricomprese negli elenchi degli interventi ammessi a finanziamento di cui alla d.G.R. n. 608/2012, perché al momento della sua adozione non era ancora pervenuta alcuna richiesta di concessione del contributo;
iv) il p.e.s. 161 dei sigg.ri D’Andrea e D C non aveva ottenuto l’approvazione della progettazione esecutiva nei termini previsti (ovvero, approvazione della progettazione esecutiva da parte del Comune entro il 29/06/2013 e trasmissione all’A.R.P.C. entro e non oltre il 15/07/2013), così da acquisire il requisito della “cantierabilità”.

Detta delibera n. 321/2019 è stata indi impugnata, fra l’altro, anche dagli odierni tre ricorrenti, ed è stata annullata con la sentenza di questo T.A.R. n. 123/2022, decisione che tuttavia non è andata oltre l’accoglimento della censura ricorsuale relativa alla violazione dell’art. 12 della L. n. 241/1990 e di quella del difetto di istruttoria.

Il Tribunale in tale occasione ha accertato, cioè, quanto segue: i) le Amministrazioni non avevano fornito alcuna effettiva prova di aver predeterminato in via generale, e reso conoscibile ex ante a tutti i possibili fruitori dei finanziamenti, la valenza di termine perentorio riconnessa alla data di adozione della d.G.R. n. 608/2012;
ii) ove vi fosse stata iniziale chiarezza su quella che solo ex post è stata addotta essere una scansione temporale discriminante per l’ammissione delle pratiche al finanziamento, tutti i potenziali richiedenti sarebbero stati posti in condizioni di parità per attivarsi e convogliare le proprie energie al fine di rispettare la relativa scadenza, potendo allora anche consapevolmente controllare il rischio di perdere l’agevolazione per l’inosservanza del citato termine;
iii) con riferimento alla posizione dei ricorrenti D’Andrea e D C, il loro

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