TAR Salerno, sez. II, sentenza 2023-01-30, n. 202300227

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Salerno, sez. II, sentenza 2023-01-30, n. 202300227
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Salerno
Numero : 202300227
Data del deposito : 30 gennaio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 30/01/2023

N. 00227/2023 REG.PROV.COLL.

N. 01040/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1040 del 2018, proposto da A S, rappresentato e difeso dall'avvocato P S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Scafati, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato R M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Sant'Anastasia, via Donizetti;

l’accertamento

del diritto alla retrocessione totale dei fondi espropriati;

nonché

risarcimento dei danni subiti;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Scafati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 20 gennaio 2023 il dott. Michele Di Martino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso ritualmente notificato e depositato nelle forme e nei termini di rito, il ricorrente Sicignano Alfonso ha allegato e dedotto che: era titolare di diritto di proprietà su suoli contigui e confinanti, siti in agro del Comune di Scafati, catastalmente individuati al foglio 26 p.lle. 298/1, 298/2, 381 – per un totale di superficie di 2.258 mq;
sulle aree, come sopra catastalmente individuate, ha installato una serra in legno, un manufatto in blocchi con copertura in lamiera, una struttura in ferro e una serra con struttura in ferro e copertura in plastica, adibita alla coltivazione di rose, oltre numero 2 pozzi;
il Comune di Scafati, a partire dall’anno 1981, ha predisposto il Piano Insediamenti Produttivi, approvato con deliberazione del Consiglio Comunale n. 236/1981, che, tuttavia, non ha ricevuto alcuna attuazione ed è giunto a naturale scadenza;
indi, per la medesima area, denominata Via S. Antonio Abate, il Comune ha predisposto un nuovo Piano Insediamenti Produttivi, che è stato approvato, dapprima, con deliberazione C.C. n. 36 in data 02.04.1998 e pubblicato sul B.U.R.C. n.21 del 1998 e, a seguito di intervenute osservazioni, è stato nuovamente approvato con delibera del Consiglio Comunale n. 76 del 24.06.1998 e pubblicato sul B.U.R.C. n.3 del 13.01.2001;
approvato il decreto sindacale di esecutività del P.I.P. di Via San Antonio Abate, in data 07.12.2000, pubblicato sul B.U.R.C. n.1 del 15.01.2001, il Comune di Scafati, ulteriormente approvato il regolamento per la cessione delle aree ricadenti nel P.I.P., ha affidato alla Società di Trasformazione Urbana Agro Invest S.p.A., mediante due delibere del C.C. n. 69 e n. 21, rispettivamente del 21.12.2004 e del 04.04.2007, l’attuazione del P.I.P., con delega espressa allo svolgimento di tutte le attività amministrative e tecniche funzionali all’espropriazione per P.U.;
con nota del 07.08.2007, il Comune ha ritualmente comunicato all’istante l’avvio del procedimento di espropriazione dei fondi interessati all’attuazione del P.I.P., in specie, delle aree di cui al foglio 26 p.lle. nn. 298/1 e 298/2;
che, diversamente, non ha ricevuto comunicazione di avvio del procedimento per l’area di cui alla p.lla n. 381 del foglio 26;
incaricata la “Impresa Topografica geom. L. Santamaria” da Agro Invest, ad espletare le attività di supporto tecnico inerenti alla procedura espropriativa de qua, quest’ultima ha provveduto a redigere i verbali di consistenza dei fondi interessati dal Piano ed a quantificare il valore di frutti e manufatti insistenti sulle aree;
con successiva determina del responsabile del procedimento espropriativo, prot. n.2150 del 19.05.2008, è stata approvata la relazione di stima, recante la determinazione delle indennità provvisorie di espropriazione, calcolate ai sensi dell’art. 37 del D.P.R. 327/2001, come modificato dall’art. 2, commi 89 e 90 della Legge 24.12.2007 n. 244;
con provvedimento n. 2172 del 20.05.2008, depositato in giudizio, è stato approvato il decreto di espropriazione, decretante, a norma dell’art. 2 “ a favore del Comune di Scafati l’espropriazione degli immobili descritti nell’allegato tabulato, che rientrano tra i terreni previsti nell’innanzi individuato Piano Insediamenti Produttivi in località S. Antonio Abate ”, contenente, altresì, in allegato, il prospetto delle indennità provvisorie spettanti agli aventi diritto per l’acquisizione delle superfici e manufatti ricadenti in area ricompresa nell’attuazione del P.I.P, oltre che la data del 12.06.2008, fissata per l’esecuzione delle operazioni di immissione in possesso;
il predetto decreto di espropriazione è stato correttamente notificato all’odierno ricorrente, in qualità di proprietario dei fondi interessati ut supra individuati, in due copie, a mezzo di ufficiale giudiziario in data 29 maggio 2008 e 10 giugno 2008;
preso atto della determinazione delle indennità lui spettanti, come da prospetto allegato a decreto di esproprio, nella somma totale di Euro 156.282,00, si è resa necessaria l’istaurazione, dinnanzi alla Corte di Appello di Salerno, di procedimento giurisdizionale di opposizione alla stima siccome ritenuta “incongrua, non seria ed illegittima”, definito con sentenza n. 772/2017, che, in accoglimento della domanda, ha rideterminato l’indennità di esproprio per i fondi de quibus nell’importo complessivo di euro 226.128,00.

Tanto premesso in fatto, il ricorrente, sulla scorta delle seguenti argomentazioni, ha chiesto di vedere riconosciuto il proprio diritto alla retrocessione totale dei fondi sopra indicati, con condanna del Comune di Scafati alla restituzione degli stessi e al risarcimento dei danni, stante la mancata realizzazione delle opere progettate nell’ambito del P.I.P..

. SULLA GIURISDIZIONE DELL’A.G.A.

In limine litis , il ricorrente ha avallato l’orientamento giurisprudenziale fondante la giurisdizione dell’autorità giudiziaria amministrativa nelle fattispecie di azione di retrocessione, totale e parziale, dei fondi espropriati e di risarcimento dei danni per protratta occupazione oltre la decorrenza del termine di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità.

A suo avviso, la giurisdizione si radicherebbe in capo al giudice amministrativo in ogni caso, sia nelle fattispecie di retrocessione totale dei fondi, che nelle fattispecie di retrocessione parziale, in adesione all’orientamento più di recente espresso dalla Corte di Cassazione, in base al quale sarebbe superato il sistema della dualità delle giurisdizioni, ordinaria e amministrativa, in relazione al petitum , rispettivamente, della retrocessione totale ovvero parziale, in quanto, l’elemento determinante e fondante la giurisdizione amministrativa, sarebbe costituito pur sempre dall’esercizio, anche in via mediata, di un potere pubblico di natura ablatoria, espressosi in un decreto di espropriazione e in un correlativo contegno della parte pubblica che, pur intervenuta la perdita di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità, ometta la retrocessione dei beni agli espropriati.

Sulla qualificazione della situazione soggettiva privata, protesa al riacquisto del bene espropriato per mancata realizzazione dell’opera pubblica da parte dell’espropriante nel termine di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità, il ricorrente ha dato atto di un dibattito dottrinale in corso, stando al quale la posizione soggettiva privata potrebbe qualificarsi, alternativamente, quale diritto soggettivo perfetto ovvero quale diritto potestativo e ha concluso richiamando l’orientamento maggioritario concorde nell’avallare sia la risarcibilità del danno sofferto dall’espropriato per ingiustificato ritardo alla riacquisizione del bene, sia la qualificazione della situazione soggettiva quale diritto soggettivo perfetto, dunque, tutelabili dinnanzi all’A.G.A. in sede di giurisdizione esclusiva.

II. SULLA INEFFICACIA DEL P.I.P. PER DECORSO DEL TERMINE DI DIECI ANNI.

Il ricorrente ha invocato l’inapplicabilità, alla fattispecie di cui è causa, della disciplina di cui al D.P.R. 8 giugno del 2001 n.327 (“ Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità ”), richiamando, a tal uopo, la specifica disposizione di cui all’art. 57 (rubricato “ ambito di applicazione della normativa sui procedimenti in corso ” e recante “le disposizioni del presente testo unico non si applicano ai progetti per i quali, alla data di entrata in vigore dello stesso decreto, sia intervenuta la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza. In tal caso continuano ad applicarsi tutte le normative vigenti a tale data ”) e di cui all’art. 59 - sull’entrata in vigore del medesimo decreto – (recante “ le disposizioni del presente testo unico entrano in vigore a decorrere dal 30 giugno 2003 ”).

A suo avviso, pertanto, in specie, essendo stato adottato il P.I.P., equivalente a dichiarazione di pubblica utilità, in data 24.06.1998 e, dunque, in data anteriore all’entrata in vigore del predetto Testo unico, alla fattispecie de qua agitur sarebbe da applicarsi la previgente disciplina di cui alla L. n.2359 del 1865, prevista ex art. 63, a norma del quale “ fatta l'espropriazione, se l'opera non siasi eseguita e siano trascorsi i termini a tal uopo concessi o prorogati, gli espropriati potranno domandare che sia dall'Autorità giudiziaria competente pronunciata la decadenza dell'ottenuta dichiarazione di pubblica utilità, e sieno loro restituiti i beni espropriati, mediante il pagamento del prezzo che sarà determinato nel modo indicato dall'art. 60 della presente legge ”. Tanto rappresentato, il ricorrente ha richiamato la disciplina sul Piano degli Insediamenti Produttivi di cui all’art. 27 della L.n.865 del 1971 e, premessa la ratio dello strumento di pianificazione e sviluppo territoriale, ha richiamato il comma 3 della disposizione menzionata, dal quale ha derivato la previsione sul termine di efficacia decennale (“ 3. Il piano approvato ai sensi del presente articolo ha efficacia per dieci anni dalla data del decreto di approvazione ed ha valore di piano particolareggiato d'esecuzione ai sensi della legge 17 agosto 1942, n. 1150, e successive modificazioni ”).

All’uopo, ha richiamato consolidata giurisprudenza concordante nel riconoscere la previsione ex lege del termine di efficacia decennale del P.I.P., con la correlativa conseguenza della superfluità di una preventiva apposizione espressa di termini di efficacia.

In definitiva, ha sostenuto che, dunque, dalla decorrenza del termine legale decennale di efficacia del P.I.P., in assenza dell’esecuzione delle opere di pubblica utilità in esso programmate, deriverebbe ipso iure l’insorgenza di una situazione privata di “diritto soggettivo” alla retrocessione dei fondi inutilmente espropriati, giurisdizionalmente tutelabile in sede di giurisdizione amministrativa esclusiva, ex. art. 133 del cod. proc. amm., nell’ordinario termine di prescrizione decennale, decorrente da quando il diritto può essere fatto valere a norma dell’art. 2946 c.c.;
in specie, dal 25.06.2008, dies ad quem di scadenza del termine di efficacia decennale del P.I.P. e dies a quo di decorrenza del termine di prescrizione decennale del diritto soggettivo alla retrocessione totale. Fermo restando, che, a suo avviso, unici presupposti dell’azione di retrocessione sarebbero costituiti dall’esistenza di un procedimento espropriativo e dalla mancata realizzazione dell’opera nei termini di efficacia del piano, ha ribadito l’illegittimità della occupazione dei fondi perpetrata dalla amministrazione pubblica procedente oltre il termine decennale di efficacia ed in totale assenza di esecuzione delle opere ivi programmate, invocando il diritto soggettivo alla retrocessione totale.

III. SULLA DETERMINAZIONE DEL CORRISPETTIVO DELLA RETROCESSIONE.

Ai fini della determinazione del corrispettivo di retrocessione, il ricorrente ha invocato la previsione di cui all’art. 60 della L. n.2359 del 1865 (recante, sul punto, “ il prezzo di tali fondi, ove non sia pattuito amichevolmente fra le parti, sarà fissato giudizialmente in seguito a perizia fatta a norma degli artt. 32 e 33 ”).

Formulata istanza istruttoria di perizia di stima dell’attuale valore venale dei suoli per la determinazione del prezzo di retrovendita, il ricorrente ha dato atto della determinazione giudiziale dell’indennità di espropriazione, resa con statuizione della Corte di Appello - sentenza n. 772/2017 - che ha rideterminato le somme indennitarie lui spettanti nell’importo complessivo di euro 226.128,00, oltre interessi legali;
all’attualità, ha dato, altresì, conto dell’omesso versamento e deposito delle indennità espropriative e degli interessi, come giudizialmente definiti, da parte del Comune resistente nei suoi riguardi.

Tanto premesso, ha formulato espressa domanda di condanna della parte pubblica al versamento e deposito in suo favore di interessi legali maturandi dalla data di notifica del decreto di esproprio sino all’attualità, oltre che dell’importo eccedente la compensazione tra l’indennità di espropriazione, come giudizialmente determinata, e il valore attuale di mercato dei suoli, risultante dalla perizia di stima, recante altresì la valutazione del decremento di valore degli immobili, determinato dallo stato di abbandono dell’area per omessa realizzazione delle opere urbanistiche.

IV. RISARCIMENTO DEL MAGGIOR DANNO - RIVALUTAZIONE MONETARIA AI SENSI DELL’ART. 1224,

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