TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2011-05-16, n. 201104216
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N. 04216/2011 REG.PROV.COLL.
N. 01620/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso RG n. 1620 del 2010, proposto dal CONDOMINIO “Le Magnolie”, dal CONDOMINIO “Le Verbene”, dai signori G D, M M, rappresentati e difesi dagli avvocati P P ed E S R, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in Roma, viale G.Mazzini, n.11;
contro
il COMUNE di CASTELNUOVO di PORTO, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Fabio D'Amato, con domicilio eletto presso lo studio dello stesso in Roma, via della Farnesina, n.5;
nei confronti di
- della Soc. SARIS Srl , in persona del legale rappresentante p.t., con sede in Roma, via Vittoria Colonna, n. 32, n.c.;
- della Soc. PARKER IMMOBILIARE Spa, in persona del legale rappresentante p.t., con sede in Roma, via della Fontanella Borghese, n.35, n.c.;
per l' esecuzione
della sentenza n. 22601/2010 della sez. II bis, che ha accolto il ricorso avverso il silenzio-rifiuto sulla diffida alla realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e ad assumere la gestione dell'area del territorio comunale ove sono ubicati i Condomìni "Le Magnolie" e "Le Verbene", con richiesta di nomina di commissario ad acta, per provvedere in via sostitutiva.
Vista l’istanza e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 2 dicembre 2010 il Cons. Mariangela Caminiti e uditi per i ricorrenti l’avv. Palatucci e per il Comune intimato l’avv. Pinto, per delega dell’avv. D’Amato, come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con l’odierna domanda i ricorrenti Condomìni “Le Magnolie” e “Le Verbene”, siti nel Comune di Castelnuovo di Porto (Roma) e i signori Giulio Dickmann, comproprietario dell’appartamento sito nel detto Condominio “Le Verbene”, int. 1 e la sig.ra Mariateresa Mango, proprietaria dell’appartamento P.T. con giardino, sito nel predetto Condominio “Le Magnolie”, hanno chiesto a questo Tribunale l’esecuzione della sentenza 5 luglio 2010, n. 22601, pronunciata da questa Sezione - con la quale è stata dichiarata l’illegittimità del silenzio-rifiuto del Comune e ha disposto l’ordine di provvedere sull’istanza-diffida del 9 dicembre 2009 di parte ricorrente, con provvedimento espresso, entro il termine di 45 giorni dalla notificazione della stessa, con nomina di commissario ad acta in caso di inadempimento – nonché la nomina di commissario ad acta .
Lamentano i ricorrenti che il Comune non avrebbe ottemperato all’ordine stabilito con la predetta sentenza e che con atto in data 7 settembre 2010 l’Amministrazione ha ribadito le argomentazioni addotte nel corso del giudizio dinanzi al Tar, manifestando espressamente la propria ferma volontà di non ottemperare alla sentenza medesima.
Secondo i ricorrenti l’atto sopravvenuto – allegato in atti- sarebbe meramente dichiarativo della volontà di non ottemperare, in quanto risulterebbe confermata la volontà del Comune di sottrarsi ai propri obblighi di provvedere e di acquisire in proprietà gli impianti già realizzati dai lottizzatori, evitando i costi di gestione dei servizi di urbanizzazione primaria.
Rappresentano gli istanti , inoltre, che con l’acquisto dei singoli appartamenti, nel corrispondere il prezzo, si sarebbero addossati in quota parte il costo degli oneri di urbanizzazione (incluso nel prezzo di acquisto), mentre non sarebbe a carico degli stessi la gestione delle opere di urbanizzazione (delle quali non sarebbero proprietari).
Concludono affermando che l’acquisizione e la gestione delle opere di urbanizzazione spetterebbe all’Amministrazione - con specifica azione ex art.2932 cod. civ. - atteso che il mancato collaudo formale sarebbe superato dall’autorizzazione provinciale al funzionamento dell’impianto di depurazione e comunque rientrante nei compiti dell’Amministrazione.
Sulla base di ciò chiedono l’esecuzione della richiamata sentenza n. 22601/2010, con la nomina di commissario ad acta in caso di inottemperanza.
Si è costituito in giudizio il Comune di Castelnuovo di Porto e all’ odierna Camera di consiglio la domanda è stata introitata per la decisione.
DIRITTO
1. Con il ricorso in esame, i ricorrenti hanno chiesto a questo Tribunale l’esecuzione della sentenza 5 luglio 2010, n. 22601, pronunciata da questa Sezione - con la quale è stata dichiarata l’illegittimità del silenzio-rifiuto del Comune di Castelnuovo di Porto e ha disposto l’ordine di provvedere sull’istanza-diffida del 9 dicembre 2009 di parte ricorrente, con provvedimento espresso, entro il termine di 45 giorni dalla notificazione della stessa, con eventuale nomina di commissario ad acta in caso di inadempimento - insistendo per l’accoglimento della domanda, nei sensi meglio esposti in fatto, provvedendo alla nomina di commissario ad acta .
1.1. Ordine logico impone la preliminare disamina delle questioni pregiudiziali emergenti dalla domanda sottoposta all’esame del Collegio. In particolare, il ricorso/istanza per l’esecuzione della richiamata sentenza n. 22601/2010 e la nomina del commissario ad acta, depositato in data 20 ottobre 2010, prot. n. 64867, non notificato al Comune di Castelnuovo di Porto, reca in allegato la nota in data 7.9.2010, n. 12148 , con la quale detto Comune “in relazione all’atto di invito e diffida…..in data 4.12.2009 ed all’esito della sentenza n.22601 del 2010 ” ha ribadito che nella fattispecie “non è ravvisabile un comportamento negligente….atteso che l’obbligo del Comune di provvedere alla manutenzione dell’impianto di depurazione era condizionato sospensivamente alla realizzazione ed ultimazione delle opere e al collaudo avvenuto con esito positivo, circostanza quest’ultima mai verificata”.
Orbene, rileva il Collegio che la domanda proposta dai ricorrenti presenta delle criticità sotto i profili del rito: infatti, se intesa quale azione per l’esecuzione del giudicato e nomina di commissario ad acta - in quanto così qualificata dagli stessi ricorrenti anche nelle formulate conclusioni - deve rilevarsi che la stessa domanda non risulta proposta nelle forme del rito proprio dell’ottemperanza di cui agli art. 112 c.p.a. e seguenti , ossia con ricorso notificato alla pubblica amministrazione e a tutte le parti del giudizio definito dalla sentenza della cui ottemperanza si tratta e nel rispetto degli adempimenti propri del procedimento. Al riguardo, va richiamato l’art. 114 , comma 1 del c.p.a. che, a differenza di quanto previsto prima dell’entrata in vigore del codice del processo amministrativo per il giudizio di ottemperanza, ha chiarito (mancando in precedenza una espressa previsione in tal senso) la necessità della notifica del ricorso per l’esecuzione all’Amministrazione, al fine di mettere in condizione la stessa di avere contezza della proposizione del ricorso e degli elementi essenziali della questione controversa , ciò per la salvaguardia del principio del contraddittorio e superando le precedenti contrastanti opinioni in giurisprudenza, riferite alla fase previgente all’entrata in vigore del codice (cfr. in tal senso, Cons. Stato, sez. VI, 13 settembre 2010, n. 6564 ;e per l’interpretazione antecedente al c.p.a. sulla necessità della notifica all’Amministrazione cfr. Cons. Stato, sez. V, 22 febbraio 2000, n. 938;idem, 2 marzo 2000, n. 1069;Corte Cost., 9 dicembre 2005, n. 441;Consiglio Stato , sez. IV, 29 maggio 2009 , n. 3356;T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 12 novembre 2008 , n. 10031 ;per il diverso indirizzo sulla sufficienza della comunicazione della proposizione del ricorso a cura della Segreteria, cfr. Cons. Stato, sez. IV, 12 dicembre 1997, n. 1436;idem, 6 ottobre 2003, n. 5847 ). Alla luce di ciò appaiono sussistere i profili di inammissibilità della domanda proposta dai ricorrenti per l’esecuzione del giudicato nei modi non rituali rispetto a quelli dettati dal codice per il giudizio di ottemperanza.
1.2. Il Collegio rileva altresì che le predette considerazioni derivano da un esame della domanda in relazione a ciò che letteralmente viene chiesto, ossia al petitum formale, ma volendo operare una indagine più sostanzialistica dell’oggetto della domanda controversa, la stessa può essere inquadrata quale ulteriore azione esecutiva proposta nell’ambito del rito del silenzio e intesa, quindi, come richiesta di nomina di commissario ad acta, ai sensi dell’art. 117, comma 3, del c.p.a., per mancato adempimento del Comune all’obbligo disposto con la sentenza in questione, con ulteriore richiesta di declaratoria della nullità dell’atto sopravvenuto.
Anche inquadrata in tal senso la domanda presenta profili di irritualità alla luce delle seguenti considerazioni.
Posta l’antecedenza logica del dictum della sentenza n. 22601/2010 a cui la domanda sembra accedere quale ulteriore azione esecutiva, occorre a questo punto richiamare quanto disposto con tale decisione, ossia l’accoglimento del ricorso nella parte in cui è stata chiesta la declaratoria della illegittimità del silenzio rifiuto……con l’ordine al Comune di Castelnuovo di Porto di provvedere sull’istanza-diffida del 9 dicembre 2009 di parte ricorrente, con provvedimento espresso, entro il termine di 45 giorni dalla notificazione della sentenza , prevedendo la nomina di commissario ad acta, su richiesta di parte ricorrente, in caso di mancata esecuzione della sentenza stessa.
Orbene, detto provvedimento espresso a cui si riferisce il disposto della sentenza è stato adottato dal Comune con la nota in data 7.9.2010, n. 12148, con la quale il Sindaco p.t. “in relazione all’atto di invito e diffida…..in data 4.12.2009 ed all’esito della sentenza n.22601 del 2010” ha ribadito che nella fattispecie “non è ravvisabile un comportamento negligente….atteso che l’obbligo del Comune di provvedere alla manutenzione dell’impianto di depurazione era condizionato sospensivamente alla realizzazione ed ultimazione delle opere e al collaudo avvenuto con esito positivo, circostanza quest’ultima mai verificata” .
Tale provvedimento sopravvenuto è stato allegato alla domanda in esame dai ricorrenti i quali, tra l’altro, lo hanno ritenuto non necessariamente impugnabile in quanto“meramente dichiarativo della volontà di non ottemperare” peraltro per ragioni asseritamente valutate da questo Tribunale, chiedendo l’accertamento della nullità dello stesso.
Al riguardo, il Collegio nel caso in esame rilevando così la presenza di domande diverse inserite nell’ambito del rito del silenzio ai fini dell’esecuzione, ma anche rivolte a differenti e più complesse questioni di merito, fa presente che ai sensi dell'art. 32 del c.p.a. , se dette questioni sono soggette a riti diversi, come nella specie, deve applicarsi quello ordinario (in disparte anche i profili attinenti alla necessità della notifica del ricorso e alla completezza del contraddittorio) e non può seguirsi il rito speciale in camera di consiglio in quanto il successivo art. 87, comma 1, impone, a pena di nullità, la trattazione del processo in udienza pubblica.
D’altra parte, poiché l’azione esecutiva non è soggetta a termine di decadenza, ma di prescrizione, il Collegio rileva che non è compromesso il diritto di difesa non essendo precluse alle parti in causa specifiche azioni a garanzia e protezione delle rispettive posizioni giuridiche riguardo le opere di urbanizzazione e gli oneri relativi.
2. In conclusione, alla luce delle considerazioni che precedono, la domanda proposta non risulta ammissibile.
3. Le spese del giudizio, stante la particolarità della fattispecie e le ragioni della decisione, possono essere compensate tra le parti.