TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2014-03-04, n. 201402472

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2014-03-04, n. 201402472
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201402472
Data del deposito : 4 marzo 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02644/2013 REG.RIC.

N. 02472/2014 REG.PROV.COLL.

N. 02644/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2644 del 2013, proposto da:
Associazione degli Spedizionieri del Porto di Trieste Alleanza Spedizione Trasporto e Logistica Friuli Venezia Giulia, Confindustria Trieste, Associazione Agenti Marittimi del Fruili Venezia Giulia, Soc Italiana Per L'Oleodotto Transalpino Spa, Soc Trieste Marine Terminal Spa, Soc Samer &
Co Shipping Srl, Soc Francesco Parisi Casa di Spedizioni Spa, Soc Agenzie Marittime Riunite Srl, Soc Pacorini Silocaf Srl Unipersonale, Soc Santandrea Srl Unipersonale, Soc Bfb Casa di Spedizioni Snc di C Brosch &
C, Soc Korman Italia Spa, Soc Tergestea Casa di Spedizioni (Già Giulio Valenzin &
Co Srl), Soc General Cargo Terminal Spa, Soc Cad Tergeste Srl, rappresentati e difesi dall'avv. Massimo Campailla, con domicilio eletto presso Studio Legale Zunarelli E Associati in Roma, via della Scrofa, 64;

contro

Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Ministero della Giustizia, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Autorità Portuale di Trieste, Autorità Portuale di Civitavecchia, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

del dm 24 dicembre 2012 avente ad oggetto l'adeguamento dell'ammontare delle tasse e dei diritti marittimi ai sensi dell'art. 4 del decreto del presidente della repubblica 28 maggio 2009 n. 107


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e di Ministero dell'Economia e delle Finanze e di Ministero della Giustizia e di Presidenza del Consiglio dei Ministri e di Autorità Portuale di Trieste e di Autorità Portuale di Civitavecchia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 febbraio 2014 il dott. C T e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO


Con ricorso notificato il giorno 11 marzo 2013 e depositato il 20 successivo i nominati in epigrafe hanno impugnato il d.m. 24 dicembre 2012 avente ad oggetto l’adeguamento dell’ammontare delle tasse e dei diritti marittimi ai sensi dell’art. 4 del DPR 28 maggio 2009 n. 107, nonché, “per quanto occorra” lo stesso DPR.

Quest’ultimo infatti ha previsto che detto adeguamento debba essere calcolato sulla base del 75% del tasso ufficiale d’inflazione e per il porto di Trieste del 100% di detto tasso.

Premessa l’illustrazione delle particolari norme sul “porto franco “ di Trieste, la parte ricorrente deduce l’illegittimità degli atti impugnati sotto i seguenti profili:

violazione dgli artt.5 e 9 dell’allegato VIII al Trattato di Pace del 1947, art. 6 del decreto del Commissario Generale del Governo per il territorio di Trieste n. 29/1959;
eccesso di potere per contraddittorietà e illogicità manifesta: in base alle norme suddette presso il porto di Trieste possono essere richieste solo somme che corrispondono al pagamento di servizi resi dalla struttura portuale;
l’art. 4 c.3 del DPR non rispetta tali principi e prevede per il porto di Trieste un aggiornamento addirittura superiore (100% del tasso ufficiale d’inflazione) rispetto a quello previsto per gli altri porti (75%);

violazione art. 3 c.2 del d.l. n. 67/88 convertito in legge n. 153/88 e del d.m. attuativo n. 339/89;
il DPR fa salva la disciplina speciale del porto di Trieste, ma poi prevede il suddetto aumento del 100%, con palese contraddittorietà;

eccesso di potere per illogicità: la differenziazione con gli altri porti è stata inserita “per evitare possibili distorsioni della concorrenza”;
ma il Trattato internazionale prevale su norme nazionali e comunitarie riguardanti la concorrenza;

violazione degli artt. 2 e 3 della legge 6 marzo 1987 n. 110;
eccesso di potere per contraddittorietà e illogicità;
la disposizione in esame comporta la specifica violazione di norme contenute nell’accordo internazionale Italia Austria, recepito nella suddetta legge;

Incostituzionalità o illegittimità del DPR per violazione dell’art. 10 della Costituzione;
contrasto con gli artt. 5 e 9 dell’allegato VIII al Trattato di pace del 1947, dell’art. 6 del decreto commissariale n. 29/59, degli artt. 2 e 3 della legge 6 marzo 1987 n. 110 relativa all’accordo Italia Austria;
il DPR presenta le caratteristiche sostanziali di un decreto legislativo ed è quindi incostituzionale anche per violazione dell’art. 76 Cost per essere stato adottato oltre i termini previsti dalla legge di delega.

Costituitasi l’Amministrazione intimata ha premesso che l’Autorità portuale gode di autonomia finanziaria in base alla legge n. 84/97 e art. 100 della legge n. 342/2000;
l’art. 11 lett. b) del d.l. n. 216/2011, convertito in l.n. 14/2012 consente all’Autorità portuale di stabilire variazioni in aumento pari al doppio delle tasse di ancoraggio;
il DPR non è un decreto legislativo ma un regolamento espressamente emanato ai sensi dell’art. 17 della legge n. 400/88;
il Consiglio di Stato ha espresso parere favorevole su detto DPR, basato sul fatto che il Trattato di pace non impedisce di modificare gli importi unitari delle tasse e dei diritti marittimi;
è quindi possibile il riallineamento delle tasse applicate al porto di Trieste;
sono fatte espressamente salve le disposizioni dell’accordo Italia Austria.

Alla pubblica udienza del 13 febbraio 2014 il Presidente del Collegio ha reso noto ai difensori delle parti che può porsi una questione di inammissibilità per tardività dell’impugnazione del DPR;
a detta osservazione si è replicato che il DPR è divenuto lesivo con l’atto applicativo, costituito dal D.M pure qui impugnato.

La causa è stata quindi trattenuta in decisione.

DIRITTO

Con il ricorso in epigrafe sono stati impugnati : a) il D.M. 24 dicembre 2012 avente ad oggetto l’adeguamento dell’ammontare delle tasse e dei diritti marittimi, emesso in esecuzione dell’art. 4 del DPR 28 maggio 2009 n. 107 recante regolamento concernente la revisione della disciplina delle tasse e dei diritti marittimi a norma dell’art. 1 comma 989 della legge 27 dicembre 2006 n. 296;
b) il suddetto DPR, per il quale è stata sollevata, con il quinto motivo di gravame, anche questione di costituzionalità nel caso in cui venga considerato, come assume parte ricorrente, un decreto legislativo e non un provvedimento amministrativo di natura regolamentare.

Il Collegio ritiene che quest’ultima questione sia pregiudiziale e debba quindi essere esaminata per prima.

1-Parte ricorrente sostiene che debba prevalere qui la sostanza sulla forma e che l’art. 1 comma 989 cit contenga tutti gli elementi di una legge delega, indicando l’ambito tematico entro cui la delega deve essere esercitata ( revisione della disciplina sulle tasse e sui diritti marittimi), l’ambito temporale per l’esercizio della delega (30 ottobre 2007), nonché i principi ed i criteri direttivi che fungono da guida nell’esercizio del potere delegato.

Ma ad avviso del Collegio la differenza tra regolamento ex art. 17 c.2 e decreto legislativo non si rintraccia, per lo meno agevolmente, nei contenuti relativi a materie non coperte da riserva assoluta di legge, bensì proprio nella volontà del legislatore espressa nella norma che conferisce al Governo il potere di dettare una disciplina in determinate materie;
infatti se il legislatore delega il Governo ad emanare un regolamento, esprime la volontà di disciplinare la materia con atto amministrativo, soggetto alle norme ed alle impugnazioni degli atti amministrativi;
diverso è il caso in cui il Parlamento deleghi il Governo ad emanare un decreto legislativo ai sensi dell’art. 76 della Costituzione, esprimendo qui la volontà di sottoporre detta disciplina al solo controllo di legittimità costituzionale (ivi compreso quello ad es di violazione dell’art. 76 Cost sui termini di emanazione: come di seguito meglio si dirà, infatti il Governo può intendere diversamente il termine della delega, a seconda che si tratti di atto amministrativo o di natura legislativa). Si tratta di scelte sostanziali rimesse alla discrezionalità del Parlamento nel momento in cui conferisce la delega al Governo per la regolamentazione di determinate materie.

Nel caso in esame, l’art. 1 comma 989 della legge “finanziaria” 27 dicembre 2006 n. 296, ha chiaramente voluto che il Governo emanasse un atto amministrativo di natura regolamentare, rinviando all’art. 17 c.2 della legge n. 400/1988.

Sono quindi inammissibili le questioni di costituzionalità con richiesta di remissione alla Corte, sollevate in relazione al suddetto DPR.

Ove convertite in vizio di violazione di legge, è infondata quella basata sull’art.76 Cost per essere stato l’atto emesso oltre i termini del conferimento della delega, in quanto l’esercizio del potere di delegificazione ex art. 17 c.2 cit non è sottoposto ad un tempo limitato di natura decadenziale, diversamente da quanto stabilito dall’art. 76 Cost in materia di produzione di norme primarie mediante decreti legislativi (Cons di St Ad Generale 17 aprile 1997 n. 47).

La violazione dell’art. 10 Cost per contrasto con norme internazionali, verrà esaminato in relazione al primo profilo di gravame.

Peraltro, ove considerato regolamento amministrativo, come il Collegio ritiene che sia, si evidenzia la tardività dell’impugnazione del DPR 28 maggio 2009 n. 107 e dell’intero ricorso.

Le censure contenute nel ricorso infatti riguardano esclusivamente disposizioni contenute nell’art. 4 di detto decreto, il quale opera l’adeguamento al tasso d’inflazione dell’ammontare delle tasse e dei diritti portuali, prevedendo la misura del 100% per il porto di Trieste e del 75% per gli altri porti.

Il decreto ministeriale 24 dicembre 2012 è infatti atto meramente esecutivo che calcola l’adeguamento in base ai parametri prestabiliti.

Ed allora l’eventuale lesione degli interessi dei ricorrenti deriva direttamente dalla norma regolamentare che, nel momento in cui è stata emessa, ha prodotto la suddetta presunta lesione.

Ma comunque, a prescindere da ciò, il ricorso appare infondato per le ragioni di seguito indicate.

2- Con il primo motivo di ricorso si rileva violazione degli artt.5 e 9 dell’allegato VIII al Trattato di Pace del 1947, art. 6 del decreto del Commissario Generale del Governo per il territorio di Trieste n. 29/1959;
eccesso di potere per contraddittorietà e illogicità manifesta: in base alle norme suddette presso il porto di Trieste possono essere richieste solo somme che corrispondono al pagamento di servizi resi dalla struttura portuale;
l’art. 4 c.3 del DPR non rispetta tali principi e prevede per il porto di Trieste un aggiornamento addirittura superiore (100% del tasso ufficiale d’inflazione) rispetto a quello previsto per gli altri porti (75%).

Al riguardo il Collegio osserva in primo luogo che l’adeguamento (graduale) dell’ammontare delle tasse e dei diritti sulla base del tasso d’inflazione a decorrere dalla data della loro ultima determinazione, è stato disposto direttamente dalla legge, ed in particolare dall’art. 1 comma 989 lett. c) della legge n. 296/2006 che non risulta censurato per incostituzionalità.

Inoltre deve rilevarsi come le norme di diritto internazionale sopra citate non ostino all’adozione del regolamento impugnato, né si pongono in contrasto con la legge che ha conferito il potere regolamentare al Governo.

Infatti nel caso in esame si tratta di adeguare al tasso d’inflazione tasse e diritti peraltro stabiliti l’ultima volta nel 1993;
quindi si tratta di attualizzare il valore degli stessi corrispettivi a suo tempo determinati, e nella misura in cui essi corrispondevano al pagamento di servizi resi dalla struttura portuale, nella stessa misura ora corrispondono al pagamento degli stessi servizi, solo con valori attualizzati al tasso d’inflazione.

Si lamenta la diversa e superiore percentuale di adeguamento prevista per il porto di Trieste (100% invece che 75%);
ma a prescindere dal fatto che nell’ambito del potere regolamentare le scelte discrezionali dell’Amministrazione incontrano i limiti di un controllo meramente esterno di ragionevolezza e proporzionalità, deve rilevarsi come l’adeguamento al 100% sia stato dettato dalla normativa comunitaria in materia di concorrenza per evitare ingiusti vantaggi dei porti italiani, in relazione particolare alla loro collocazione geografica di confine.

3-Col secondo motivo si lamenta la violazione dell’art.art. 3 c.2 del d.l. n. 67/88 convertito in legge n. 153/88 e del d.m. attuativo n. 339/89;
il DPR fa salva la disciplina speciale del porto di Trieste, ma poi prevede il suddetto aumento del 100%, con palese contraddittorietà.

La norma di legge sopra richiamata prevedeva che l’allora determinato adeguamento delle tasse portuali per tutti i porti italiani non si applicasse al porto di Trieste, per il quale tuttavia la legge demandava ad un decreto ministeriale che tenesse conto della particolarità della previsione di cui all’allegato VIII del Trattato di pace di Parigi del 10 febbraio 1947 reso esecutivo con decreto luogotenenziale del Capo provvisorio dello Stato 28 novembre 1947 n. 1430;
gli artt. 5 e 9 di detto allegato prevedevano che nel porto di Trieste non si potessero richiedere pagamenti che non fossero il corrispettivo di servizi prestati e la tariffa dovesse essere mantenuta ad un costo ragionevole ed essere in funzione del costo di funzionamento , di amministrazione , di manutenzione e di sviluppo.

Ma come detto, gli adeguamenti introdotti con la normativa impugnata non modificano il titolo dei pagamenti richiesti, ma operano un mero adeguamento, che appare ragionevole sol che si consideri che per circa venti anni gli importi relativi non hanno subito alcun adeguamento.

4-Col terzo profilo si censurano gli atti per eccesso di potere per illogicità: la differenziazione con gli altri porti è stata inserita “per evitare possibili distorsioni della concorrenza”;
ma il Trattato internazionale prevale su norme nazionali e comunitarie riguardanti la concorrenza.

Su ciò si è già detto.

Peraltro i trattati internazionali non prendono minimamente in considerazione il profilo della concorrenza, che ha assunto particolare rilievo con la progressiva integrazione europea, certo non prevista all’epoca del Trattato, improntato alla tutela di tutt’altri interessi.

5- Con il quarto motivo si evidenzia la violazione degli artt. 2 e 3 della legge 6 marzo 1987 n. 110;
eccesso di potere per contraddittorietà e illogicità;
la disposizione in esame comporta la specifica violazione di norme contenute nell’accordo internazionale Italia Austria, recepito nella suddetta legge.

Le suddette norme prevedono trattamenti particolari per gli oli minerali e derivati destinati all’Austria attraverso il porto di Trieste;
per le altre merci è previsto il pagamento dell’80% della normale tassa al momento prevista.

Orbene l’art. 4 c.3 del DPR n.107/2009 fa esplicitamente salvi gli accordi con l’Austria recepiti nella suddetta legge, talché, prendendo ora a base le tariffe adeguate al 100%, per le merci destinate all’Austria o le merci austriache si applicheranno le riduzioni previste nel trattato.

Nessuna contraddittorietà appare sussistente;
nemmeno tale censura risulta quindi fondata.

In conclusione il ricorso deve essere respinto ma, considerata la complessità e novità della questione, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.

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