TAR Roma, sez. I, sentenza 2010-07-22, n. 201027693

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2010-07-22, n. 201027693
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201027693
Data del deposito : 22 luglio 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 08357/2009 REG.RIC.

N. 27693/2010 REG.SEN.

N. 08357/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8357 del 2009, proposto da:
E L, rappresentata e difesa dall'avv. P S R ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, viale Mazzini, 11

contro

Ministero della Giustizia, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12

nei confronti di

C Q

per l'annullamento

del provvedimento con cui la ricorrente, a seguito dell'espletamento delle prove scritte del concorso per la nomina a 230 posti di notaio indetto dal Ministero della Giustizia con d.d.g. del 10 luglio 2006, è stata esclusa dalla procedura e per l'effetto non è stata ammessa allo svolgimento delle prove orali;

della graduatoria pubblicata in data 10 luglio 2009, formata a seguito dello svolgimento e della correzione delle prove scritte del concorso di nomina a 230 posti di notaio, nella parte in cui la ricorrente non risulta essere stata ammessa dalla Commissione esaminatrice alle prove orali;

dei verbali della Commissione esaminatrice e in particolare di quello in data 12 maggio 2008, nel quale la Commissione ha esaminato gli elaborati della ricorrente dichiarandola non idonea;

di ogni altro atto presupposto consequenziale o comunque connesso, ivi compreso il bando di concorso del 10 luglio 2006, nonché i criteri generali di valutazione delle prove di concorso individuati dalla Commissione, il provvedimento successivo alla pubblicazione della graduatoria di fissazione delle prove orali, nella parte in cui non è stato inserito il nominativo della ricorrente.


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Avvocatura Generale dello Stato;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 aprile 2010 il dott. R C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La dott.ssa Lucattelli ha partecipato alle prove scritte del concorso per 230 posti di notaio, indetto dal Ministero della Giustizia con decreto del direttore generale del 10 luglio 2006.

La Commissione ha reso un giudizio di non idoneità in quanto ha ravvisato nel secondo elaborato un grave errore di diritto, sicché l’interessata non è stata ammessa a sostenere le prove orali.

Il ricorso è articolato nei seguenti motivi:

Violazione di legge in relazione agli artt. 10 e 11 d.lg. 166/2006;
violazione di legge in relazione al principio costituzionale di buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 Cost.;
violazione del principio del giusto procedimento;
eccesso di potere sotto i profili della disparità di trattamento, dell’illogicità manifesta, della contraddittorietà e dell’irragionevolezza.

Violazione di legge in relazione all’art. 2375 c.c.;
violazione di legge in relazione all’art. 3 l. 241/1990.

Eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento. Violazione del principio di immutabilità dei criteri di valutazione nell’ambito di una procedura concorsuale.

L’Avvocatura dello Stato ha contestato la fondatezza delle censure dedotte concludendo per il rigetto del ricorso.

All’udienza pubblica del 28 aprile 2010, la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

Il Collegio rileva in via preliminare che il potere esercitato dalla Commissione in sede di valutazione di prove concorsuali, trattandosi di manifestazione di giudizio sulla base di scienze di riferimento opinabili, è connotato dalla c.d. discrezionalità tecnica.

L’evoluzione degli orientamenti sul sindacato della c.d. discrezionalità tecnica consente al giudice di conoscere dei fatti in modo pieno, al fine di verificare la logicità, la ragionevolezza, la proporzionalità e l’adeguatezza del provvedimento e della sua motivazione, la regolarità del procedimento e la completezza dell’istruttoria, pur rimanendo nell’ambito della distinzione tra “cognizione piena del fatto” e “potere di determinazione in ordine al fatto”, atteso che all’organo giurisdizionale non è consentito di esprimere proprie autonome scelte, perché in tal caso assumerebbe egli la titolarità del potere.

Il sindacato giurisdizionale di legittimità, pertanto, non può trasmodare in un concreto rifacimento, ad opera dell'adito organo di giustizia, del giudizio espresso dalla Commissione, con conseguente sostituzione del primo alla seconda, per cui l’apprezzamento tecnico della Commissione è sindacabile soltanto ove risulti macroscopicamente viziato da illogicità, irragionevolezza o arbitrarietà.

Di conseguenza, debbono ritenersi infondate le censure che mirino unicamente a proporre una diversa modalità di soluzione del tema oggetto di concorso, anche ove supportate dall'allegazione di pareri “pro veritate”, atteso che in tal modo verrebbe a giustapporsi alla valutazione di legittimità dell'operato della Commissione una – preclusa – cognizione del merito della questione.

In altri termini, se, per un verso, l'indagine proposta porterebbe ad un completo rifacimento, da parte del Tribunale, del giudizio della Commissione in sostituzione di questa (esito di certo non consentito alla luce degli evidenziati limiti sul sindacato del giudice amministrativo), per altro verso, ciò che conta, in sede di valutazione degli elaborati svolti in una procedura per l'accesso ad una professione a numero chiuso, non è solamente la esattezza delle soluzioni giuridiche propugnate e prescelte, ma anche e soprattutto il percorso argomentativo svolto.

Ove così non fosse, dovrebbe ammettersi che tutti i candidati estensori di elaborati recanti soluzioni corrette debbano necessariamente superare la prova concorsuale, il che non può sicuramente avvenire, posto che le finalità del concorso risiedono nella selezione dei migliori e non già di tutti coloro che giungano a conclusioni esatte.

Ciò osservato in linea di principio, va tuttavia rilevato, in relazione alla vicenda concorsuale in esame, che – secondo quanto documentalmente illustrato e verbalizzato da un componente della Commissione esaminatrice – vi sarebbe stato su quattro argomenti un divenire delle opinioni della Commissione.

In particolare, il progressivo mutamento degli orientamenti valutativi della Commissione avrebbe riguardato:

il legato di usufrutto con facoltà di vendita (nel caso di opzione per il legato di somma di denaro riveniente da vendita di immobili, si è in un primo momento considerata errata la formula che invece è presente in più manuali di diritto delle successioni, dove si dà per implicita la partecipazione dell’usufruttuario alla procedura di vendita);

il termine per la sottoscrizione dell’aumento di capitale in una società (è stata considerata gravemente errata, sì da determinare l’esclusione del candidato, la mancata apposizione del termine, mentre, a seguito di approfondimenti documentati, pur permanendo l’idea che si tratti di un’imperfezione, si esclude che si possa trattare di grave insufficienza, tale da determinare l’esclusione);

il legato di contratto (è stato in molti casi considerato errore grave l’utilizzo del legato di contratto per il mantenimento previsto dalla traccia di diritto successorio, laddove successivi approfondimenti hanno escluso che si potesse trattare di errore);

la necessità del consenso alla cancellazione di ipoteca, in caso di rinuncia all’ipoteca stessa (da ricerche effettuate, non solo la rinuncia all’ipoteca assorbe il problema, ma costituisce la modalità più corretta a garanzia del venditore, tenendo anche presenti recenti pronunce in tema di buon fine degli assegni circolari).

In proposito, l’Avvocatura Generale dello Stato, con la “memoria unica” depositata in giudizio, ha eccepito l’inammissibilità della censura sia perché la ricorrente non avrebbe dedotto alcunché con riferimento alla propria specifica posizione sia per carenza di interesse in quanto l’inidoneità sarebbe dipesa da gravi insufficienze su altri e diversi argomenti;
ha comunque prospettato la manifesta infondatezza della censura in quanto una presunta disparità di trattamento nei confronti di altro candidato per errori commessi da quest’ultimo nello svolgimento della traccia non sarebbe suscettibile di comportare l’illegittimità del giudizio potendo al più refluire in un vizio di legittimità del giudizio reso nei confronti dell’altro candidato ed il vizio di disparità di trattamento postulerebbe l’identità, o almeno la totale assimilabilità, delle situazioni di base poste a raffronto.

Le eccezioni di inammissibilità della censura sono infondate in quanto la ricorrente ha puntualmente evidenziato che il profilo in relazione al quale è stato ravvisato un grave errore di diritto costituisce una delle questioni su cui la Commissione ha reso nel tempo discordanti interpretazioni.

Né può ritenersi che in una ipotesi siffatta la disparità di trattamento possa al più refluire in un vizio di legittimità del giudizio reso nei confronti dell’altro candidato.

Tale principio, condiviso dalla Sezione, afferisce infatti ad una diversa fattispecie, in quanto nella presente controversia non viene tanto in considerazione l’irrilevanza, per un candidato, del giudizio reso in favore di altro concorrente laddove la valutazione delle prove formate da quest’ultimo non abbia tenuto conto di errori commessi dal medesimo, quanto, piuttosto, l’ipotesi inversa, nella quale un candidato si dolga che le soluzioni fornite siano state ritenute inficiate da insufficienze, laddove soluzioni omogenee o sovrapponibili, formulate da altro candidato, siano state diversamente apprezzate con accentuata “mitezza”: pervenendosi, quindi, ad una valutazione di non “gravità” dell’inesattezza o, addirittura, di correttezza della (analoga) soluzione per effetto della rimeditazione operata medio tempore in ordine alla risoluzione di particolari problematiche poste dalla traccia fornita ai candidati.

In altre parole, ciò che viene in rilievo nella fattispecie in esame, non è tanto la disparità di trattamento con altri candidati, quanto la manifesta illogicità della valutazione in termini di grave errore di diritto in relazione ad una specifica questione di cui la successiva valutazione in termini diversi, compiuta per altri candidati, fornisce un indizio concludente.

Nella fattispecie in esame, il giudizio di non idoneità è stato così motivato “Dopo la lettura del secondo elaborato, la Commissione a maggioranza decide di non passare alla lettura del terzo elaborato in quanto ravvisa nel secondo elaborato un grave errore di diritto;
in particolare il candidato prevede la delibera di aumento oneroso del capitale sociale senza fissare un termine per la sottoscrizione delle azioni compendio dell’aumento stesso, in violazione del combinato disposto degli articoli 2440 e 2439 del Codice Civile. Quest’ultima norma stabilisce infatti che il termine della sottoscrizione deve risultare dalla deliberazione. Il verbale risulta pertanto carente di una condizione stabilita dalla legge per la sua iscrivibilità nel registro delle imprese, come confermato dalla consolidata giurisprudenza di merito … Peraltro la tecnica redazione appare scorretta in quanto il candidato, nel presupposto di effettuare contestualmente anche il conferimento, indica la presenza di più soggetti facendo riferimento agli stessi ‘come innanzi costituiti’ laddove, con il sistema delle postille, gli altri soci non risultano più costituiti”.

Tuttavia, uno dei quattro argomenti su cui “si è assistito ad un divenire delle opinioni della Commissione” è costituito proprio dal “termine per la sottoscrizione dell’aumento di capitale in una società” atteso che “è stata considerata gravemente errata, sì da determinare l’esclusione del candidato, la mancata apposizione del termine, mentre a seguito di approfondimenti documentati, pur permanendo l’idea che si tratti di un’imperfezione, si esclude che si possa trattare di grave insufficienza, tale da determinare l’esclusione”.

Pertanto - rilevato che l’orientamento della Commissione, a fronte di elaborati recanti la medesima prospettazione, ha in un primo tempo considerato l’ipotesi formulata da taluno dei candidati quale grave errore di diritto per poi ritenere che la soluzione fornita non fosse tale da determinare l’esclusione – la valutazione compiuta dalla Commissione, che proprio con riferimento alla questione del “termine per la sottoscrizione dell’aumento di capitale in una società” sembra avere individuato il grave errore di diritto che ha precluso la lettura del terzo elaborato, deve ritenersi in parte qua illegittima per manifesta illogicità, oltre che per disparità di trattamento tra i partecipanti alla procedura concorsuale.

In sostanza, la Commissione, a seguito del mutato orientamento, avrebbe dovuto procedere alla rinnovazione della valutazione degli elaborati riportanti omogeneità di soluzioni rispetto a compiti successivamente diversamente apprezzati.

La fondatezza della censura determina la fondatezza del ricorso e, per l’effetto, l’annullamento degli atti impugnati, con conseguente obbligo di rivalutazione delle prove, da parte di una Sottocommissione in diversa composizione rispetto a quella che ha reso il giudizio in contestazione, al fine di verificare se il candidato meriti o meno l’idoneità all’ammissione alla prova orale in ragione di quanto in precedenza indicato.

Sussistono giuste ragioni, tenuto conto della peculiarità della fattispecie, per disporre la compensazione delle spese di giudizio.

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