TAR Trieste, sez. I, sentenza 2016-06-10, n. 201600288

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Trieste, sez. I, sentenza 2016-06-10, n. 201600288
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Trieste
Numero : 201600288
Data del deposito : 10 giugno 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00472/2015 REG.RIC.

N. 00288/2016 REG.PROV.COLL.

N. 00472/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 472 del 2015, proposto da:
Comune di Pavia di Udine, rappresentato e difeso dagli avv. E B e T B, con domicilio eletto presso la seconda, in Trieste, Via Martiri della Liberta' 13;

contro

Regione Friuli Venezia Giulia, rappresentata e difesa dagli avv. M L, B C, D I, domiciliata in Trieste, piazza Unita' D'Italia 1;
Comune di Pradamano;

per l'annullamento

della delibera della Giunta Regionale del Friuli Venezia Giulia n. 1789, dd. 16.09.2015, avente ad oggetto l’esercizio del potere sostitutivo, ex artt. 7 e 60 della l.r. 26 del 2014 e nomina del Commissario ad acta;

di tutti gli atti preparatori, presupposti, connessi e consequenziali, incluse le deliberazioni della Giunta regionale n. 1657/2015 e n. 1751/2015 e il decreto del Commissario ad acta di approvazione delle proposte di atto costitutivo e di statuto della costituenda UTI.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Friuli Venezia Giulia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 maggio 2016 il dott. Umberto Zuballi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Il Comune ricorrente impugna con il presente ricorso la delibera della giunta regionale avente ad oggetto, nell'ambito del procedimento per la costituzione delle UTI, l’esercizio del potere sostitutivo derivante dalla mancata approvazione delle proposte di atto costitutivo e dello statuto da parte della conferenza dei sindaci dell’unione territoriale cui appartiene il Comune ricorrente.

Impugna altresì gli atti preparatori, presupposti, connessi e consequenziali, incluse le deliberazioni della giunta regionale n. 1657 del 28 agosto 2015, recante la diffida ai sindaci affinché si riuniscano in conferenza per l'approvazione delle proposte di atto costitutivo e di statuto e la n. 1751 dell'11 settembre 2015, la quale indica i criteri cui dovranno attenersi i commissari ad acta , i quali dovranno adottare gli atti costitutivi e gli statuti cercando un accordo e in mancanza adottare un testo che rappresenti la volontà della maggioranza dei sindaci e delle popolazioni e che sia conforme alla legge regionale n 26/2014.

Impugna infine il decreto del commissario ad acta di approvazione delle proposte di atto costitutivo e di statuto della costituenda UTI.

2. Dopo aver illustrato le tappe di attuazione della legge regionale n. 26 del 2014 e in particolare l’articolo 7 recante le disposizioni per la costituzione delle unioni territoriali e l’articolo 60 sul potere sostitutivo, fa presente che veniva convocata dal sindaco del comune capoluogo la conferenza dei sindaci;
in tale sede non si raggiunse il quorum necessario per l’approvazione della proposta di atto costitutivo e dello statuto.

Di seguito la regione con apposita delibera 1657 del 28 agosto 2015, oggetto di impugnazione, prendeva atto dello stato degli adempimenti e diffidava i sindaci a adempiere ai loro compiti.

A seguito della diffida, che dava esito negativo, la giunta regionale con la gravata delibera meglio specificata in epigrafe, invocando il potere sostitutivo di cui agli articoli 7 e 60 della legge regionale 26 del 2014, nominava un commissario ad acta per l’adozione dei seguenti atti: approvazione della proposta di atto costitutivo, approvazione della proposta di statuto, trasmissione degli atti ai comuni della costituenda unione per l’approvazione da parte dei rispettivi consigli comunali.

Nella delibera trasmessa ai sindaci veniva specificato che la deliberazione era trasmessa al commissario e ai sindaci unitamente agli indirizzi della giunta regionale sulla modalità di adozione degli atti.

Il ricorrente comune fa presente che i comuni non ricevevano la deliberazione sugli indirizzi indicati dalla giunta regionale.

3. Ad avviso del ricorrente Comune, i provvedimenti impugnati sarebbero illegittimi per i seguenti motivi:

Violazione degli articoli 97, 114, 118 e 120 della Costituzione, degli articoli 4 e 59 dello Statuto speciale, dell’articolo 2 del decreto legislativo n. 9 del 1997, violazione dell’articolo 7 della legge regionale n. 26 del 2014, dell’articolo 18 della legge regionale n. 1 del 2006, difetto dei presupposti, sviamento, difetto di motivazione, ingiustizia, irragionevolezza, illogicità e contraddittorietà. Violazione dei principi di adeguatezza, sussidiarietà e leale collaborazione.

4. Osserva il Comune ricorrente come la ratio del potere sostitutivo esercitato è stata violata;
infatti, il potere sostitutivo è previsto in via eccezionale solo in caso di inadempimento o inerzia dell’ente. Nel caso non sussistono inadempimenti, in quanto il sindaco del Comune con maggior numero di abitanti aveva convocato la conferenza dei sindaci, la quale, dopo discussione, ha bocciato le proposte non avendo raggiunto la maggioranza qualificata prevista dalla legge.

Ai sensi dell’articolo 7 della legge regionale 26 del 2014 il potere sostitutivo viene esercitato dal commissario solo in caso di mancata presentazione della proposta di atto costitutivo o di statuto e di mancata approvazione da parte dei singoli consigli comunali. Il presupposto è che vi sia una proposta di atto costitutivo e di statuto;
qualora invece essi vengono bocciati non è ipotizzabile un intervento del commissario. La stessa legge regionale prevede la possibilità che la proposta di atto costitutivo e di statuto non venga approvata dalla maggioranza prevista.

La Corte Costituzionale ha affermato più volte che il potere sostitutivo può essere previsto solo dalla legge che ne definisca i presupposti sostanziali e procedurali, con garanzie procedimentali, e naturalmente la sostituzione può applicarsi solo per il compimento di attività prive di discrezionalità;
nel caso tali requisiti non sono affatto rispettati.

5. Le prescrizioni impartite poi dalla giunta ai commissari non sono state espressamente previste e disciplinate dalla legge regionale 26 del 2014;
inoltre la delibera 1751, oggetto di impugnazione, che fissa i criteri non è mai stata trasmessa ai comuni interessati e nemmeno pubblicata sul BUR. Infine risulta violato l’articolo 18 della legge regionale n. 1 del 2006.

Non vi sono nella legge regionale 26 del 2014 le garanzie previste dalla Corte Costituzionale. Inoltre la diffida è stata emessa nei confronti dei sindaci ma non della conferenza dei sindaci.

Vi è quindi una contraddizione in quanto i sindaci sono ritenuti inadempienti e destinatari di intervento e di una sostituzione, mentre il commissario ad acta emana un decreto in nome e per conto della conferenza dei sindaci. Secondo parte ricorrente la conferenza dei sindaci non può essere sostituita da un commissario ad acta.

6. Va poi aggiunto come il Comune, anche attraverso il sindaco, ha espresso la sua contrarietà alla proposta di atto costitutivo e di statuto;
viene quindi in gioco la violazione dei principi di autonomia garantiti a livello costituzionale, che vengono conculcati dalla regione.

La nomina del commissario appare quindi illegittima.

7. Il comune ricorrente si sofferma poi sull'incostituzionalità dell'intera impostazione della legge regionale n. 26 del 2014 che è congegnata in modo da obbligare il Comune ad adottare degli atti senza possibilità di esprimere la propria libera volontà. La violazione dell’articolo 97 della costituzione appare chiara.

Conclude per l’annullamento degli atti gravati.

8. Si è costituita in giudizio la Regione la quale, in particolare nella sua memoria depositata il 22 aprile 2016, illustra la legge regionale 26 del 2014 e gli atti applicativi.

Eccepisce innanzitutto l’inammissibilità di tutte le censure perché la questione di legittimità costituzionale viene espressa in formula generica e immotivata.

Nel merito contesta la fondatezza di tutte le doglianze;
osserva che i poteri sostitutivi delle regioni anche ordinarie sono state considerati legittimi dalla Corte costituzionale.

La regione rileva come la competenza legislativa della regione in materia di enti locali e intercomunalità sia stata più volte ribadita a livello costituzionale.

La sostituzione è prevista da parte della giunta regionale sulla base degli obiettivi di semplificazione amministrativa e riduzione delle spese. L’esercizio del potere sostitutivo risulta previsto dalla legge e conforme allo Statuto e alla Costituzione.

Infine nella pubblica udienza del 26 maggio 2016 la causa, dopo ampia e approfondita discussione, è stata introitata per la decisione.

DIRITTO

1.0. Viene all’esame di questo collegio l’impugnazione della delibera della giunta regionale, meglio specificata in epigrafe, avente ad oggetto l’applicazione degli articoli 7 e 60 della legge regionale n. 26 del 2014, relativi all’esercizio del potere sostitutivo regionale, in relazione alla mancata approvazione delle proposte di atto costitutivo e dello statuto da parte della conferenza dei sindaci della costituenda Unione territoriale cui appartiene il Comune ricorrente.

1.1. Si impugnano altresì gli atti connessi, tra cui le pregresse deliberazioni della giunta regionale n. 1657 del 2015 e n. 1751 sempre del 2015, nonché il successivo decreto del commissario ad acta di approvazione delle proposte di atto costitutivo e di statuto.

2.0. Nell’unico articolato motivo di ricorso il Comune ricorrente deduce la violazione degli articoli 97, 114, 118 e 120 della Costituzione, degli articoli 4 e 59 dello Statuto speciale, dell’articolo 2 del decreto legislativo n. 9 del 1997, nonché la violazione dell’articolo 7 della legge regionale n. 26 del 2014, dell’articolo 18 della legge regionale n. 1 del 2006, eccesso di potere per difetto di presupposti, sviamento, difetto di motivazione, manifesta ingiustizia, irragionevolezza, illogicità e contraddittorietà;
inoltre deduce la violazione dei principi di adeguatezza, sussidiarietà e leale collaborazione.

2.1. In disparte dei profili di costituzionalità, sollevati da parte ricorrente in maniera generica e quindi inammissibile, la questione giuridica cardinale riguarda l’esercizio da parte della regione del potere sostitutivo nei confronti della conferenza dei sindaci. La regione diffidava i sindaci appartenenti all’unione territoriale ad approvare l’atto costitutivo e lo statuto dell'Uti, e a seguito della circostanza che in seno alla conferenza dei sindaci, regolarmente convocata, non si otteneva la maggioranza prevista dalla legge sia per l’approvazione dell’atto costitutivo sia dello statuto, nominava un commissario ad acta per procedere in via sostitutiva.

3.0. La questione giuridica riguarda l’applicazione di due norme della legge regionale n. 26 del 2014, l’articolo 7, comma secondo, e l’articolo 60.

L’articolo 7 prevede, nelle disposizioni per la costituzione delle unioni, una serie scadenzata di adempimenti. In particolare, la conferenza dei sindaci della costituenda unione viene convocata dal sindaco del comune con il maggior numero di abitanti;
si deve poi provvedere ad approvare entro un termine certo l’atto costitutivo e la statuto con una maggioranza qualificata del 60% dei componenti che rappresentino il 60% della popolazione.

3.1. In un momento successivo saranno i singoli consigli comunali ad approvare l’atto costitutivo e lo statuto nel testo già approvato dalla conferenza dei sindaci.

La terminologia adottata dall’articolo 7 quanto all’attività sostitutiva della regione è la seguente:

"Comportano l’esercizio del potere sostitutivo di cui all’articolo 60 la mancata presentazione della proposta di atto costitutivo di statuto dell’unione, approvata dalla conferenza dei sindaci…"

La norma va letta assieme all’articolo 60 il quale a sua volta afferma che:

"…in caso di mancata adozione da parte degli enti locali di atti obbligatori, ai sensi della presente legge, nel termine previsto, la giunta regionale, su proposta dell’Assessore competente in materia di autonomie locali, sentito l’ente inadempiente, assegna allo stesso, mediante diffida, un congruo termine per provvedere, comunque non inferiore a dieci giorni, salvo deroga motivata da ragioni di urgenza. Decorso inutilmente il termine assegnato e sentito l’ente inadempiente, la Giunta regionale provvede all’adozione degli atti in via sostitutiva mediante la nomina di un commissario ad acta.".

3.2. Ritiene questo collegio che le norme sopra indicate risultino equivoche nel loro contenuto, in quanto si fa riferimento alla mancata presentazione della proposta di atto costitutivo e di statuto, e non già alla circostanza, verificatasi nel caso in esame, in cui la proposta vi sia stata, ma non sia stata approvata con la maggioranza prevista.

3.3. La norma invero si presta a varie interpretazioni;
ritiene peraltro questo tribunale che tra le varie interpretazioni possibili vada privilegiata, secondo l’usuale canone ermeneutico, quella conforme a Costituzione.

L’interpretazione della norma citata, riguardante l’esercizio del potere sostitutivo, deve essere in altri termini traguardata sui principi costituzionali che riguardano l’autonomia degli enti locali, le potestà della regione, nonché i principi che la stessa legge regionale n. 26 del 2014 richiama espressamente nelle sue disposizioni generali.

3.4. Vengono in rilevo in particolare l’articolo 4, primo comma, numero 1 bis della legge costituzionale numero 1 del 1963, recante lo Statuto speciale della regione, che affida alla regione stessa la competenza legislativa esclusiva in materia di ordinamento degli enti locali. Anche nell’esercizio di tale potestà, indubbiamente maggiore rispetto a quella di spettanza delle regioni a statuto ordinario, comunque la regione deve rispettare i principi di rango costituzionale.

4.0. L’articolo 2 della medesima legge regionale n. 26 del 2014 richiama al primo comma il fatto che la regione intende basarsi sui comuni quali enti autonomi, rispettando i principi della Costituzione e dello Statuto speciale.

4.1. Tra i principi propri della medesima legge n. 26, l’articolo 3, dopo aver ricordato che lo scopo della normativa sulle UTI è una riorganizzazione delle forme associative tra i comuni anche in via obbligatoria, per una distribuzione ottimale delle funzioni e dei servizi, richiama i principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, oltre a quelli di concertazione e leale collaborazione.

4.2. Sempre nel medesimo articolo 3 vengono elencati alcuni canoni cui la legge stessa si deve attenere, la partecipazione della cittadinanza, l'allocazione delle funzioni all’ente più idoneo ad assicurarne un efficace ed efficiente esercizio, l’uniformità dei livelli essenziali delle prestazioni, la sostenibilità della spesa, l’adeguatezza delle dotazioni organiche e strumentali, e infine la coesione tra le istituzioni del sistema regione - autonomie locali.

5.0. Tenendo presente i principi costituzionali richiamati dalla medesima legge 26/2014, l’interpretazione della norma di cui all’articolo 7, in collegamento con l’articolo 60, sui poteri sostitutivi non può che risultare restrittiva e quindi diversa da quella adottata dalla regione con il provvedimento qui impugnato.

Invero, nel caso in esame non si tratta di una situazione in cui è mancata la proposta di atto costitutivo e di statuto nell’ambito della conferenza dei sindaci, ma della diversa ipotesi in cui la proposta non è stata approvata con la maggioranza prevista. In sostanza, la volontà dei comuni facenti parte della conferenza di servizi si è espressa in senso negativo;
non si tratta quindi di una semplice inerzia, che avrebbe legittimato l'intervento sostitutivo, ma di una vera e propria volontà di non approvare l’atto costitutivo e lo statuto.

5.1. L’ipotesi risulta poi - dal punto di vista logico e fattuale - ben diversa da quella di mancata approvazione dell’atto costitutivo e dello statuto da parte del singolo consiglio comunale, il quale comunque deve dare il suo assenso ad un atto già assunto nella propria sede dalla conferenza dei sindaci. Nel caso invece di mancata approvazione da parte della conferenza stessa, si tratta dell’espressione di una volontà - sia pure non diretta dei cittadini ma mediata da parte dei loro rappresentanti - su di un atto costitutivo e uno statuto, costituendo essi una mera proposta, che proprio per la sua natura può essere rigettata.

5.2. La lettera della norma ma anche la sua ratio comportano che l'unica interpretazione costituzionalmente corretta è quella di una mancata previsione in legge della possibilità di un’attività di sostituzione da parte della regione.

5.3. L’interpretazione opposta renderebbe superflua la decisione della conferenza dei sindaci, che diverrebbe - se negativa - poco più di un flatus vocis, in quanto in caso di mancata approvazione questa potrebbe essere superata dalla sostituzione regionale, con un chiaro vulnus al principio costituzionale di democraticità e rappresentatività, richiamato da tutte le norme indicate nei primi tre articoli della legge regionale 26 del 2014.

5.4. Va poi aggiunto come l’interpretazione opposta, che comporta una palese forzatura della dizione della norma, renderebbe altamente probabile il vaglio della non manifesta infondatezza della questione della sua costituzionalità, che com’è noto può essere sollevata anche d’ufficio.

5.5. Ritiene invece questo tribunale che il richiamo a pacifici principi, che si impongono anche alla regione a statuto speciale, assieme all'imprecisa dizione della norma, possono e devono portare a una sua interpretazione costituzionalmente conforme.

6.0. Su questo punto la difesa della regione richiama anch’essa la giurisprudenza della Corte Costituzionale, in particolare la sentenza n. 43 del 2004;
peraltro anche in detta pronuncia si afferma che gli interventi sostitutivi costituiscono comunque un’eccezione, come ricordato dalla stessa Regione nella sua memoria depositata il 22 aprile 2016.

6.1. Osserva poi la Regione, sempre nella medesima citata memoria, che sarebbe "paradossale" che il potere sostitutivo della regione potesse intervenire solo nella fase iniziale della predisposizione di una bozza dell’atto costitutivo e dello statuto e in quella finale di ratifica da parte dei consigli dei singoli comuni, senza poter intervenire nella fase di adozione dello schema di atto costitutivo e di statuto da parte della conferenza dei sindaci.

6.2. Tale suggestiva argomentazione in realtà prova troppo, innanzitutto perché non tiene conto che la conferenza dei sindaci si esprime con un atto di volontà, né poi che le tre situazioni nell’ambito della procedura di costituzione delle UTI sono profondamente diverse e quindi giustificano un trattamento normativo differenziato. Invero, quanto alla predisposizione di una bozza di atto costitutivo e di statuto, si tratta di un atto preliminare sempre modificabile e che non compromette l’espressione della volontà successiva, e quindi appare logico che esso sia reso cogente nei tempi anche con l’intervento sostitutivo.

Quanto all’approvazione dei singoli consigli comunali, essa comunque segue temporalmente l’espressione di volontà approvativa da parte della conferenza dei sindaci, con una maggioranza qualificata.

6.3. Al contrario, la volontà espressa dalla conferenza dei sindaci costituisce l’atto centrale della procedura, il primo in cui vengono convogliate le volontà dei vari enti locali, secondo un meccanismo di maggioranza qualificata, e quindi un eventuale potere sostitutivo doveva essere indicato in norma in maniera espressa.

Tra l'altro, l'importanza dello statuto dell'Uti non va sottovalutata, in quanto esso può derogare anche al meccanismo di voto ponderato, come previsto dall'art. 13, comma V, della lr 26 del 2014.

Non si tratta quindi di un paradosso, come scrive la difesa regionale, ma di una lacuna della normativa regionale, imputabile al legislatore sovrano.

6.4. In conclusione, questo collegio ritiene che, nella fattispecie all’esame, quando cioè la conferenza dei sindaci sia stata regolarmente convocata e si sia espressa negativamente su una bozza sia di atto costitutivo sia di statuto, la norma regionale, correttamente interpretata secondo Costituzione, non prevede la possibilità di intervento sostitutivo regionale.

7.0. Ne consegue la fondatezza del motivo principale del ricorso, il suo accoglimento e l’annullamento della delibera della giunta regionale in questa sede impugnata nonché delle due delibere pregresse n. 1657 e n. 1751 del 2015, che entrambe si fondano su di un'errata interpretazione della normativa regionale;
la nomina del commissario ad acta quindi risulta contraria alla legge, da ciò discende l’illegittimità derivata dei provvedimenti sostitutivi dallo stesso adottati, che vanno anch'essi annullati.

7.1. Alla fondatezza del ricorso non segue peraltro l'attribuzione delle spese di giudizio a carico della soccombente Regione, in considerazione della novità e complessità delle questioni trattate.

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