TAR Venezia, sez. III, sentenza 2010-08-04, n. 201003460

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Venezia, sez. III, sentenza 2010-08-04, n. 201003460
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Venezia
Numero : 201003460
Data del deposito : 4 agosto 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00505/2003 REG.RIC.

N. 03460/2010 REG.SEN.

N. 00505/2003 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 505 del 2003, proposto da:
C S, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. A B, con domicilio eletto presso lo studio dello stesso in Venezia, Piazzale Roma, 464;

contro

Comune di Venezia, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. M B, G G, M M, con domicilio eletto presso l’Avv.Ra Civica - Municipio;

per l'annullamento

del provvedimento del Comune di Venezia, n. 495729 del 31.12.2002, con cui è stata disposta la sospensione dell’autorizzazione n. 7455 del 28.32000 intestata alla società Cipriani s.p.a. per attività di pubblico esercizio di tipo A nei locali siti in Venezia, San Marco n. 1323 per giorni uno;

nonché il risarcimento del danno patito.


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Venezia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 aprile 2010 il dott. Elvio Antonelli e uditi per le parti i difensori Antonini, su delega di A. Bianchini, per la parte ricorrente e M. Ballarin per il Comune di Venezia;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La società ricorrente premette in fatto di essere intestataria dell’autorizzazione n. 7455 datata 28.3.2000 rilasciata dal Comune di Venezia, per l’attività di pubblico esercizio di tipo A, comprensiva altresì del tipo B, nel noto locale sito in Venezia, San marco n. 1323 denominato “Harry’s Bar”.

Nel corso di un’ispezione compiuta il 24 luglio 2002, veniva rilevata la presenza in servizio di un cameriere (l’unico sui 55 camerieri alle dipendenze della società), il cui libretto sanitario non risultava ancora rinnovato per la cadenza annuale del 18 luglio 2002.

I verbalizzanti contestavano alla società ricorrente la violazione dell’art. 14, secondo comma, della legge 30 aprile 1962 n. 283.

Nel verbale veniva anche indicato che, in evasione della violazione accertata, era consentito, con effetto liberatorio, il pagamento della somma di euro 25,82, pari al terzo del massimo della sanzione pecuniaria prevista (pari a € 77,46).

Benché ritenesse del tutto ingiusta la contestazione formulata, la società ricorrente si determinava a pagare ugualmente la somma sanzionata nella misura ridotta, ritenendo di chiudere così la vicenda.

Sennonché, in data 15.10.2002, la società ricorrente si vedeva notificare il provvedimento prot. n. 374978 del 4.10.2002, con cui il Comune di Venezia comunicava l’avvio del procedimento di sospensione dell’autorizzazione dell’Harry’s Bar per un giorno lavorativo.

Il 28 ottobre 2002, il dott. A C, legale rappresentante della Cipriani s.p.a., presentava al Comune di Venezia le proprie controdeduzioni in merito all’avviso di inizio del procedimento.

L’Amministrazione Comunale, a conclusione del procedimento, adottava in data 31.12.2002, il provvedimento prot. 495729 notificato il 4 gennaio 2003, con il quale veniva disposta nei confronti della società ricorrente, in riferimento a quanto stabilito dall’art. 14, 2 comma, della legge n. 283/62, la sanzione della sospensione dell’attività, con la conseguente chiusura del locale, per 1 giorno lavorativo.

Ritenendo illegittimo e pregiudizievole, tale provvedimento, la società Cipriani s.p.a. lo impugna, chiedendo altresì la condanna dell’Amministrazione comunale al risarcimento dei danni patiti, per i seguenti motivi:

1)eccesso di potere per falsità di presupposto, travisamento ed erronea interpretazione dei fatti.

Violazione dell’art. 14, 2° comma, della legge 30 aprile 1962 n. 283, in relazione all’art. 21, quarto comma, della legge 24 novembre 1981 n. 689.

Violazione dell’art. 17 della legge 30 aprile 1962 n. 283, in relazione agli artt. 37, e ss. Del Regolamento di esecuzione approvato con D.P.R. 26.3.1980 n. 327.

Violazione dei principi di tipicità, legalità e specialità delle sanzioni amministrative, nonché del divieto di analogia di cui all’art. 1 della legge 689/81.

Violazione dei principi costituzionali di ragionevolezza e buona amministrazione ex art. 97 della Costituzione.

Eccesso di potere, ingiustizia manifesta.

Nel caso di specie non sussisterebbero i presupposti necessari, secondo la previsione dell’art. 14, secondo comma della legge n. 283/62 e dell’art. 21 della legge 24 novembre 81 n. 689, per l’applicazione della misura sanzionatoria della sospensione dell’autorizzazione dell’attività di pubblico esercizio.

Il quarto comma dell’art. 21 della legge n. 689/81 testualmente prevede “quanto è accertata la violazione del secondo comma dell’art. 14 della legge 30 aprile 1962 n. 283 è sempre disposta la sospensione della licenza per un periodo non superiore a dieci giorni”.

La misura sanzionatoria contemplata dal citato art. 21, fa dunque espresso riferimento all’ipotesi in cui risulti violata la previsione del secondo comma dell’art. 14 della legge n. 283/1962, che così, testualmente, recita: “E’ vietato assumere o mantenere in servizio per la produzione, preparazione, manipolazione e vendita di sostanze alimentari personale non munito di libretto di idoneità sanitaria”.

Nella specie non si è verificata la condizione ipotizzata nel secondo comma dell’art. 14 citato (la mancanza del libretto di idoneità sanitaria del personale addetto all’esercizio) e si rivela quindi insussistente il presupposto richiesto dalla legge, per l’applicazione della misura sanzionatoria della sospensione dell’autorizzazione.

Ciò che in occasione del controllo effettuato nel luglio scorso, è stato rilevato, non è l’assunzione ed il mantenimento in servizio presso il locale di personale sprovvisto del prescritto libretto di idoneità sanitaria, bensì, la presenza in servizio di un cameriere munito di un libretto sanitario per il quale l’interessato non aveva ancora provveduto al rinnovo annuale.

Dalle disposizioni del Regolamento di esecuzione della legge n. 283/1962 (Regolamento approvato con il D.P.R. n. 327/1980) emerge come sia distinta, e distintamente disciplinata, la fattispecie del rilascio del libretto da quella del rinnovo annuale del medesimo.

La legge n. 283/62 non contiene alcuna disposizione in ordine alla validità del libretto sanitario, né alcuna disposizione in ordine alla disciplina del rinnovo del medesimo.

Da qui anche la violazione dei principi di tipicità, legalità e tassatività sanciti dall’art. 1 della legge n. 689/81, in quanto il Comune ha nella specie preteso applicare una sanzione amministrativa oltre i casi e i tempi considerati dalla legge n. 283/62.

Né può sostenersi che la sanzione della sospensione dell’attività debba trovare applicazione anche nell’ipotesi dell’intempestivo rinnovo del libretto, in virtù di interpretazione analogica.

Si oppone il divieto di analogia delle sanzioni amministrative esplicitati nell’art. 1 della legge n. 689/81.

In particolare non si potrà ravvisare una violazione delle prescrizioni contenute nel Regolamento di esecuzione approvato con D.P.R. n. 327/80 (più specificatamente dall’art. 37 secondo comma).l’Amministrazione Comunale ha inoltre omesso di compiere una valutazione razionale della vicenda, esaustiva di tutti i suoi molteplici aspetti.

L’Amministrazione avrebbe dovuto esaminare attentamente la situazione, procedendo ad una valutazione di sostanza, che tenesse conto, da un lato, del puntuale adempimento delle prescrizioni imposte dal regolamento da parte di tutti gli altri dipendenti della società, e, dall’altro lato, degli elementi che denotavano l’assenza di colpa della società.

Inoltre la sanzione amministrativa inflitta alla società ricorrente deve ritenersi sproporzionata rispetto all’illecito commesso.

Si è costituita in giudizio l’intimata Amministrazione contestando nel merito la fondatezza del ricorso.

All’udienza del 15 aprile 2010 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

È infondato l'unico motivo dedotto.

Dispone invero l'articolo 14, comma secondo, della legge 283/1962 che "è vietato assumere o mantenere in servizio per la produzione, preparazione manipolazione e vendita di sostanze alimentari personale non munito del libretto di idoneità sanitaria”

Secondo il ricorrente la norma citata non contemplerebbe l'ipotesi del dipendente munito del libretto ma scaduto di validità.

Tale assunto non può essere condiviso.

Sul punto in primo luogo è significativa la circostanza che per il rinnovo del libretto in questione sono previsti i medesimi incombenti (confronta articolo 37 e 39 del decreto presidenziale 23 marzo 1980 n. 327) che devono osservarsi per il primo rilascio del libretto stesso.

In secondo luogo rilevante deve ritenersi l’esigenza che è alla base della norma, e cioè l’esigenza di non pregiudicare, nel modo più assoluto, l’igiene e la salubrità dei prodotti manipolati.

Da quanto osservato discende che le due fattispecie non possono non soggiacere allo stesso trattamento sanzionatorio posto che, in punto di rischio di adulterazione dei prodotti manipolati, in nulla si differenzia l’ipotesi di dipendente sfornito di libretto sanitario dall’ipotesi di dipendente in possesso di libretto scaduto.

D'altra parte, come esattamente rileva la difesa del comune, se si seguisse l'opinione del ricorrente si perverrebbe all'assurdo che non si potrebbe applicare la sanzione in questione nemmeno con riguardo al ritardo di anni nel rinnovo del libretto sanitario.

Il giudice amministrativo ha rilevato che "nel caso di infrazione all’art. 14, comma 2, l. 30 aprile 1962 n. 283 contestata a un esercizio commerciale di prodotti alimentari a causa della scadenza del libretto sanitario di alcuni addetti alla preparazione delle merci, l’applicazione della sanzione accessoria costituita dalla sospensione della licenza di commercio rappresenta un atto dovuto, anche se il convenuto abbia provveduto al pagamento in misura ridotta della sanzione pecuniaria”. (Consiglio di Stato, prima sezione, 20 ottobre del 2004 n. 8662;
Corte di Cassazione, prima sezione, 26 settembre 1997 n. 9447;
Tar Lombardia, Brescia, 28 settembre 2000 n. 701).

Quanto rilevato rende evidente l’inconferenza della censura relativa alla sproporzione della sanzione rispetto alla violazione;
sanzione che peraltro è stata irrogata nel minimo edittale e cioè per un solo giorno.

In forza delle svolte considerazioni ricorso va pertanto rigettato sia con riferimento alla domanda di annullamento sia con riferimento alla domanda di risarcimento danni.

Sussistono peraltro giusti motivi per disporre la compensazione delle spese.

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