TAR Roma, sez. 5S, sentenza 2024-11-20, n. 202420576
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Testo completo
Pubblicato il 20/11/2024
N. 20576/2024 REG.PROV.COLL.
N. 10995/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Quinta Stralcio)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10995 del 2020, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Paolo Cavallini, Denise Papini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro-tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
del provvedimento emesso dal Ministero dell'Interno in data 14.9.2020 e notificato al ricorrente in data 31.10.2020 con il quale è stato decretato il respingimento dell'istanza avanzata per la concessione della cittadinanza italiana per naturalizzazione ai sensi dell'art. 9, comma 1 lett. F della legge 5 febbraio 1992 n. 91 e di ogni ulteriore atto connesso, conseguente e/o consequenziale ancorché incognito, comunque lesivo degli interessi del ricorrente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 25 ottobre 2024 il dott. Alessandro Tomassetti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in epigrafe l’odierno ricorrente ha impugnato il provvedimento n. K10-OMISSIS- in data 14 settembre 2020, con il quale l’Amministrazione ha respinto la domanda volta all’ottenimento della cittadinanza.
Al riguardo, il ricorrente eccepisce l’illegittimità dell’atto impugnato, chiedendone l’annullamento, per violazione di legge dell’art. 9 L. n. 91/92 per omessa ed errata valutazione dei presupposti; difetto di motivazione e eccesso di potere per difetto di istruttoria.
Il Ministero dell’Interno si è costituito in giudizio per resistere al ricorso, deducendo l’infondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto.
All’udienza straordinaria di smaltimento dell’arretrato del giorno 25 ottobre 2024 la causa è passata in decisione.
Il ricorso è infondato e va respinto.
Il ricorrente censura, in primo luogo, la violazione degli artt. 10 e 10 bis l. n. 241/1990, deducendo che l’Amministrazione non avrebbe in alcun modo preso in considerazione la copiosa documentazione depositata dall’interessato a seguito della comunicazione – peraltro non notificata – del preavviso di rigetto.
La censura è infondata.
Osserva il Collegio, infatti, come dalla lettura del provvedimento impugnato risulta, da un lato, l’avvenuta comunicazione del preavviso di diniego per il tramite dell’inserimento dello stesso nel sistema SICITT e, dall’altro, l’espressa indicazione della insussistenza di “nuovi elementi utili per una definizione favorevole del procedimento” e, conseguentemente, la assenza – pur a seguito della integrazione documentale – di una favorevole conclusione del procedimento.
Quanto, poi, alle ulteriori censure in ordine alla illegittimità del provvedimento impugnato per difetto di istruttoria, ingiustizia manifesta e violazione dell’art. 3 Legge 241/1990 per difetto o grave inadeguatezza della motivazione, le stesse risultano infondate.
Il Collegio reputa utile una premessa di carattere teorico in ordine al potere attribuito all’amministrazione in materia, all’interesse pubblico protetto e alla natura del relativo provvedimento (vedi, da ultimo, TAR Lazio, sez. V bis, n. 2943, 2944, 2945, 3018 e 3471/2022).
L'acquisizione dello status di cittadino italiano per naturalizzazione è oggetto di un provvedimento di concessione, che presuppone l'esplicarsi di un'amplissima discrezionalità in capo all'Amministrazione. Ciò si desume, ictu oculi , dalla norma attributiva del potere, l’art. 9, comma 1, della legge n. 91/1992, a tenore del quale la cittadinanza “può” - e non “deve” - essere concessa.
La dilatata discrezionalità in questo procedimento si estrinseca attraverso l’esercizio di un potere valutativo che si traduce in un apprezzamento di opportunità in ordine al definitivo inserimento dell'istante all'interno della comunità nazionale, apprezzamento influenzato e conformato dalla circostanza che al conferimento dello status civitatis è collegata una capacità giuridica speciale, propria del cittadino, che comporta non solo diritti - consistenti, sostanzialmente, oltre nel diritto di incolato, nei “diritti politici” di elettorato attivo e passivo (che consentono, mediante l’espressione del voto alle elezioni politiche, la partecipazione all’autodeterminazione della vita del Paese di cui si entra a far parte e la possibilità di assunzione di cariche pubbliche) - ma anche doveri nei confronti dello Stato-comunità – consistente nel dovere di difenderla anche a costo della propria vita in caso di guerra (“il sacro dovere di difendere la Patria” sancito, a carico dei soli cittadini, dall’art. 52 della Costituzione), nonché, in tempo di pace, nell'adempimento dei “doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”, consistenti nell’apportare il proprio attivo contributo alla Comunità di cui entra a far parte (art. 2 e 53 Cost.).
A differenza dei normali procedimenti concessori, che esplicano i loro effetti esclusivamente sul piano di uno specifico rapporto Amministrazione/Amministrato, l’ammissione di un nuovo componente nell’elemento costitutivo dello Stato (Popolo), incide sul rapporto individuo/Stato-Comunità, con implicazioni d’ordine politico-amministrativo; si tratta, pertanto, di determinazioni che rappresentano un'esplicazione del potere sovrano dello Stato di ampliare il numero dei