TAR Roma, sez. 5B, sentenza 2023-07-03, n. 202311062

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 5B, sentenza 2023-07-03, n. 202311062
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202311062
Data del deposito : 3 luglio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 03/07/2023

N. 11062/2023 REG.PROV.COLL.

N. 09280/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Quinta Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9280 del 2019, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato G C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del Ministro in carica, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

del decreto di rigetto dell’istanza per il riconoscimento dello status di cittadino italiano ex art. 9 lettera f legge n. 91/92.


Visti il ricorso e i relativi allegati.

Visti tutti gli atti della causa.

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 19 maggio 2023 la dott.ssa I T e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale.

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con ricorso notificato in data 21 giugno 2019 e depositato in data 17 luglio 2019 il ricorrente, cittadino marocchino, ha impugnato il decreto K10/-OMISSIS-del 4 aprile 2019, notificato il 30 maggio 2019, con il quale il Ministero dell’interno ha respinto l’istanza presentata in data 17 giugno 2014, volta alla concessione della cittadinanza italiana, ai sensi dell’art. 9 comma 1 lett. f) della L. n. 91 del 05 febbraio 1992.

Per quanto di interesse, l’amministrazione procedente ha rilevato la presenza di un unico pregiudizio consistente nel decreto penale di condanna pronunciato dalla Pretura di Santa Maria Capua Vetere – Sezione distaccata di Marcianise del 12 aprile 1999 per il reato di cui all’art. 116 comma 13 del decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285 (guida di veicoli senza aver conseguito la patente), peraltro pure abrogato – e sostituito da sanzione amministrativa - a seguito della entrata in vigore dell’art. 19 comma 1 del d. lgs. 30 dicembre 1999 n. 507 ( depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio ).

Sulla base di tale – esclusivo – presupposto, previo esperimento di rituale incidente procedimentale ai sensi dell’art. 10 bis della legge 7 agosto 1990 n. 241, l’amministrazione ha ritenuto non sussistente il requisito dello stabile inserimento e, quindi, denegato il richiesto provvedimento concessorio, stante la non coincidenza tra l’interesse particolare del richiedente al conseguimento dello status civitatis e quello pubblico all’allargamento della platea della comunità nazionale.

Il provvedimento è stato quindi impugnato con un unico – articolato – motivo di ricorso, ove il ricorrente ha eccepito il vizio di eccesso di potere sotto le plurime figure sintomatiche carenza assoluta di motivazione, contraddittorietà ed incompleta ed erronea valutazione dei presupposti di fatto e diritto per essersi il Ministero sostanzialmente limitato a prendere atto del menzionato pregiudizio penale, senza eseguire qualsivoglia ulteriore valutazione in ordine alla relativa risalenza nel tempo e concreta lesività – pure attestata dalla sua successiva depenalizzazione - nonché sulla complessiva situazione di inserimento economico, familiare e sociale del ricorrente.

Nonostante la rituale notifica del gravame, il Ministero non si è costituito in giudizio.

All’udienza pubblica del 19 maggio 2023 la causa è stata introitata per la decisione.

Il ricorso è fondato.

Il Collegio ritiene di condividere le censure di difetto di istruttoria ed eccesso di potere formulate dal ricorrente in considerazione delle evidenze fattuali e documentali allegate in atti.

In proposito, è opportuno rammentare che in materia di concessione della cittadinanza italiana ai sensi dell’art. 9 comma 1 lett. f della L. n. 91/1992 (cd. “naturalizzazione”) l’ordinamento demanda al Ministero un apprezzamento di opportunità sulla base di un complesso di circostanze, atte a dimostrare l'integrazione del soggetto interessato nel tessuto sociale, sotto il profilo delle condizioni lavorative, economiche, familiari e di irreprensibilità della condotta

Si tratta di un potere naturalmente connotato da un’amplissima discrezionalità la quale logicamente limita il perimetro della cognizione del giudice amministrativo entro i confini del cd. “ sindacato debole ” e, quindi, verso un controllo sull’operato della P.A. di natura estrinseca e formale, ove rilevanza assorbente assumono, singolarmente e/o congiuntamente, elementi quali la ricorrenza di un sufficiente supporto istruttorio, la veridicità dei fatti posti a fondamento della decisione, l'esistenza di una giustificazione motivazionale che appaia logica, coerente e ragionevole.

Orbene, il provvedimento impugnato non supera nemmeno le – pur ampie – maglie di siffatta forma di sindacato giurisdizionale.

E’incontestato che il ricorrente è stato effettivamente raggiunto dal decreto penale di condanna pronunciato dalla Pretura di Santa Maria Capua Vetere – Sezione distaccata di Marcianise del 12 aprile 1999 per il reato di cui all’art. 116 comma 13 del decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285 (guida di veicoli senza aver conseguito la patente).

Nondimeno, la scarsa offensività della condotta, pure successivamente depenalizzata, la sua unicità e risalenza nel tempo, unitamente alla dichiarata condizione di stabilità lavorativa e familiare del richiedente, imponevano all’amministrazione procedente di non arrestarsi alla mera presa d’atto del pregiudizio ma, al contrario, di compiere una più ampia valutazione della sua complessiva condizione di integrazione sociale.

In proposito, del resto, con riferimento una casistica analoga (se non, addirittura, connotata da un maggior grado di lesività) è stato opportunamente osservato che “ la Pubblica amministrazione, pur esercitando un ampio potere discrezionale, non può, nel denegare il riconoscimento della cittadinanza, fondare il proprio giudizio di mancato inserimento sociale dello straniero sull’astratta tipologia di un reato – con riferimento specifico alla guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze psicotrope – e sulla sua pericolosità, astratta o presunta, senza apprezzare tutte le circostanze del fatto concreto e non può esimersi da una considerazione in concreto del fatto, delle sue modalità, del suo effettivo disvalore come anche della personalità del soggetto ” (Cons. Stato Sez. III del 2 agosto 2022 n. 6898).

Alla luce di quanto precede, il ricorso va accolto con conseguente onere per l’amministrazione intimata di procedere alla complessiva rivalutazione della posizione del ricorrente, tenendo conto della sua generale condizione di inserimento sociale e di integrazione nella comunità nazionale e senza attribuire automatica rilevanza ostativa al pregiudizio elevato a presupposto del diniego annullato.

Il contegno processuale e sostanziale dell’amministrazione intimata ne determina la soccombenza come da dispositivo.

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