TAR Catania, sez. II, sentenza 2009-11-24, n. 200901963

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. II, sentenza 2009-11-24, n. 200901963
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 200901963
Data del deposito : 24 novembre 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00261/2007 REG.RIC.

N. 01963/2009 REG.SEN.

N. 00261/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 261 del 2007, proposto da:
Sig.r L A, rappresentata e difesa dall'avv. A S, con domicilio presso la Segreteria del Tribunale;

contro

la Provincia Regionale di Messina, in persona del Presidente pro-tempore, rappresentata e difesa dall'avv. R T, con domicilio presso la Segreteria del Tribunale;

nei confronti di

Panto' Giuseppe, rappresentato e difeso dall'avv. S T, con domicilio eletto presso l’Avv. Giuseppe Celi in Catania, via Escrivà, 2 (Studio Barletta);

S G, rappresentato e difeso dall'avv. S B, con domicilio eletto presso l’Avv. Concetto Palumbo in Catania, via Anfuso, 13;

D L G, rappresentato e difeso dagli avv. Cirino Gallo, Andrea Pirri, con domicilio eletto presso l’Avv. Francesca Merulla in Catania, viale XX Settembre 28;

M D, rappresentato e difeso dall'avv. Raffaele Tanzariello, con domicilio eletto presso la Segreteria del TAR;

S B, rappresentata e difesa dall'avv. Silvano Martella, con domicilio eletto presso l’Avv. Nicola Natullo in Catania, viale XX Settembre,43;

P C, rappresentata e difesa dall'avv. Mario Intilisano, con domicilio eletto presso la Segreteria del TAR;

Sindoni Antonio, Minutoli Massimo, Mangraviti Giuseppe, Ranieri Massimo, Nulli Maria, Visalli Rosaria Maria, Miller Davide, Impala' Sabina, Stornanti Caterina, Lombardo Caterina, Denti Clelia, Sparacino Maria, Mose' Marianna, Parisi Angelica, Sergi Elisabetta, Russo Fabio, Salvati Concetta, Bonannella Rita, non costituiti;

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

DELLA DETERMINAZIONE DIRIGENZIALE n. 1227 del 19.12.2006,

APPROVAZIONE GRADUATORIA RELATIVA A SELEZIONE INTERNA PER PROGRESSIONE VERTICALE A N.

23 POSTI ISTRUTTORE DIRETTIVO UFFICIO FINANZIARIO - NOMINA DEI VINCITORI.

DEGLI ATTI PRESUPPOSTI, CONNESSI, CONSEQUENZIALI, IVI COMPRESA LA DELIBERA G.M. N. 274 DEL 16.10.2007 CHE DISPONE UTILIZZAZIONE DELLE GRADUATORIE.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Provincia Regionale di Messina;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dei controinteressati Panto' Giuseppe, S G, D L G, M D, S B e P C;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 04/11/2009 il Consigliere dott.ssa Paola Puliatti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO

La ricorrente, dipendente della Provincia di Messina con la qualifica di Istruttore di ragioneria ( cat. C, ex VI livello, Area economico-finanziaria), ha partecipato alla selezione interna indetta con determina dirigenziale n. 140 dell’11.10.2005 per la copertura di n. 23 posti di Istruttore Direttivo Ufficio Finanziario-Area economico finanziaria, collocandosi al 26° posto della graduatoria di merito con punti 58,44. Con determina dirigenziale n. 1227 del 19.12.2006 veniva approvata la graduatoria definitiva e nelle more il candidato collocato al 7° posto rinunciava, sicchè la ricorrente si collocava in definitiva al 25° posto della graduatoria che impugna col ricorso in esame.

In diritto, la ricorrente deduce i seguenti motivi di diritto:

Violazione e falsa applicazione dell’art. 3, testo allegato al D.A. EE.LL. 11.12.2002.

Alla concorrente P C ( 24° posto in graduatoria) sarebbero stati attribuiti illegittimamente due punti per il possesso di un diploma di “terapista della riabilitazione” che non può considerarsi “titolo abilitante all’esercizio di professione di livello almeno pari a quello del posto messo a concorso”.

Anche al candidato M D ( 22° posto) sarebbero stati attribuiti illegittimamente due punti per il possesso di un’autorizzazione rilasciata il 19 febbraio 1994 dalla Questura di Messina “ad esercitare la professione di interprete di lingua spagnola per il comprensorio di Messina e dintorni per l’anno 1994”.

Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 , testo allegato al D.A. EE.LL. 11 giugno 2002. Violazione e falsa applicazione del bando di concorso e dell’allegato “B” del Regolamento di Organizzazione degli Uffici e dei Servizi.

La Commissione avrebbe illegittimamente riconosciuto ad alcuni partecipanti il possesso di “Titoli di perfezionamento” che in realtà non sono altro che meri attestati di partecipazione a corsi di formazione del personale dipendente della P.A.. Detti attestati non potrebbero essere valutati neppure come “corsi” ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. c, testo allegato al D.A.11 giugno 2002, essendo relativi a corsi di durata inferiore ai tre mesi e privi di attestazione di superamento di esame finale.

Violazione e falsa applicazione dei principi costituzionali ex art. 97 di buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa. Eccesso di potere per violazione del principio della par condicio tra i candidati, per disparità di trattamento e per ingiustizia manifesta: violazione e falsa applicazione della circolare dell’Assessorato Regionale alla Presidenza 13.9.1993, prot. N. 19738/2.

La Commissione avrebbe illegittimamente invitato alcuni candidati ad integrare la documentazione relativa ai titoli posseduti successivamente allo scadere del termine di presentazione della domanda.

In caso di accoglimento del ricorso, anche solo del primo motivo o di questo e di uno dei successivi, la ricorrente si collocherebbe in posizione utile per la nomina.

Con ricorso per motivi aggiunti, notificato in data 8/10 maggio 2008, la ricorrente impugna la delibera della G.P. n. 274 del 16 ottobre 2007, che stabilisce l’ utilizzazione delle graduatorie nel periodo di tre anni dalla loro pubblicazione, nonché la determina dirigenziale n. 32 del 18 febbraio 2008, con cui è stata utilizzata la graduatoria per la nomina della Sig.ra Claudia Pulejo in sostituzione di vicnitore collocato a riposo per raggiunti limiti di età., nonché il successivo contratto di lavoro stipulato dalla stessa con l’Amministrazione.

Resistono in giudizio la Provincia intimata e i controinteressati, eccependo l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione e la sua infondatezza;
la Sig.ra S B spiega altresì ricorso incidentale.

All’udienza del 4 novembre 2009 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

DIRITTO

-Preliminarmente va affermata la giurisdizione di questo Tribunale sul ricorso in esame, nella parte che attiene alla impugnazione della graduatoria definitiva della procedura concorsuale interna per la c.d. progressione verticale.

Può dirsi ormai consolidato l'orientamento secondo cui la giurisdizione del giudice amministrativo ai sensi dell’ art. 35 D.Lgs. n. 165 del 2001, non solo sussiste per le controversie relative a concorsi aperti a candidati esterni e ai cd. concorsi misti, ma si estende ai concorsi per soli candidati interni indetti per il passaggio da un'area funzionale ad un'altra. La giurisdizione del giudice ordinario nelle controversie concorsuali si atteggia come residuale, in quanto relativa ai concorsi per soli candidati "interni" che comportino progressione nell'ambito della medesima area professionale (Cass. S.u. 15 ottobre 2003, n. 15403,10 dicembre 2003, n. 18886;
26 febbraio 2004, n. 3948).

Alla stregua del richiamato orientamento, "concorso pubblico" non è solo quello aperto a candidati esterni, ma anche quello "riservato" ai dipendenti ai fini delle progressioni verticali di particolare rilievo qualitativo, restando affidata in tal caso la selezione all'esercizio dei poteri pubblici e ai procedimenti amministrativi ("pubblicità" in tal senso).

La Cass. S.U. si è posta, invero, il problema della ricerca di un criterio oggettivo di definizione dell'ambito dei poteri privati dell'amministrazione in materia di concorsi interni e della, conseguente, giurisdizione cd. residuale del giudice ordinario, ed è giunta ad attribuire decisivo rilievo ai nuovi sistemi di inquadramento (previsti dalla contrattazione collettiva) per aree professionali comprendenti una pluralità di profili professionali, talora verticalmente ordinati.

Quindi, ha affermato che il discrimen tra giurisdizione ordinaria e amministrativa, per le controversie inerenti a concorsi interni, è dato dalla permanenza dei vincitori nella stessa area professionale oppure dal loro passaggio a aree diverse e superiori, compresa, ovviamente l'area della dirigenza (Cass. S.u. 24 maggio 2006, n. 12221;
19 febbraio 2007, n. 3717;
12 novembre 2007, n. 23439). Per i concorsi "interni", pertanto, la giurisdizione è determinata dall'esito della verifica in ordine alla natura della progressione verticale, restando riservato all'ambito dell'attività autoritativa soltanto il mutamento dello status professionale, non le progressioni meramente economiche, nè quelle che comportano si il conferimento di qualifiche più elevate, ma comprese tuttavia nella stessa area, categoria, o fascia di inquadramento, e caratterizzate, di conseguenza, da profili professionali omogenei nei tratti fondamentali, diversificati sotto il profilo quantitativo piuttosto che qualitativo. ( Così da ultimo Cassazione civile , sez. un., 09 febbraio 2009 , n. 3051).

Nella fattispecie, il superamento del concorso comporta un cambio di “categoria”, ovvero l’attribuzione della categoria “D”, mentre i concorrenti ammessi a partecipare sono inquadrati attualmente nella categoria “C”. Applicando i principi enunciati dalla Corte di Cassazione di cui sopra, è evidente che nel caso in esame, trattandosi di un cambiamento di status professionale di tipo qualitativo, sussiste la giurisdizione del Giudice Amministrativo.

-Va invece dichiarato il difetto di giurisdizione di questo TAR per quanto concerne gli atti impugnati con ricorso per motivi aggiunti, notificato l’8/10 maggio 2008, ovvero la determina dirigenziale n. 33 del 18 febbraio 2008, con cui è stata utilizzata la graduatoria per la nomina della Sig.ra P C, in sostituzione di dipendente collocato a riposo, nonché il successivo contratto di lavoro stipulato con l’Amministrazione.

Si tratta di atti successivi alla formazione della graduatoria definitiva, che afferiscono all’instaurazione del rapporto di impiego e, pertanto, non rientranti nella giurisdizione del giudice amministrativo, bensì in quella del giudice ordinario, ai sensi dell’art. art. 63 del D. lg.vo 30/03/2001 n. 165.

Difatti, “le questioni relative all'inserimento nelle graduatorie definitive scaturite da concorsi a pubblici impieghi danno luogo a posizioni di interesse legittimo, in quanto tali, appartenenti alla cognizione del giudice amministrativo, poiché precedono la fase di costituzione del rapporto di lavoro vero e proprio, mentre la giustizia civile subentra quando, sul presupposto della definitività della graduatoria permanente, si contesti l'utilizzazione della stessa.” (Consiglio Stato, sez. VI, 01 ottobre 2008 , n. 4751).

Così pure non rientra nella giurisdizione del Giudice amministrativo l’impugnazione del contratto individuale di lavoro stipulato con la Sig.ra Pulejo il 25 febbraio 2008, in quanto “ in materia di pubblico impiego, restano riservate alla giurisdizione amministrativa esclusivamente le procedure concorsuali, strumentali alla costituzione del rapporto con la p.a., che si sviluppano fino all'approvazione della graduatoria, con esclusione dell'atto di nomina o degli atti successivi.” (T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 19 luglio 2007 , n. 6735).

Rispetto agli atti negoziali assunti successivamente all’atto autoritativo della cui impugnazione è competente a conoscere il Giudice amministrativo (nella specie, la graduatoria), tutt’al più, l'Amministrazione ne può rilevare la sopravvenuta caducazione solo in sede di esecuzione della sentenza, come affermato da C.D.S., A.P. n. 9 del 30.7.2008, dovendo in quella fase tener conto dei principi enunciati nella sentenza di annullamento e delle conseguenze giuridiche determinate dal suo contenuto che ne orientano l’ulteriore azione.

-Nel merito, l’impugnazione della graduatoria definitiva è infondata.

-Infondato è il primo motivo con cui la ricorrente lamenta l’errata attribuzione di punteggio ai titoli abilitativi prodotti dai concorrenti Pulejo e M, asserendo che non riguardano professioni di livello pari a quello del posto messo a concorso.

L’assunto non è condivisibile.

Per quanto riguarda l’abilitazione alla professione di terapista della riabilitazione della concorrente Pulejo, va rilevato che trattasi di titolo di pari livello rispetto al posto messo a concorso, che da diritto all’inquadramento nel VII livello, in quanto “alla stregua degli art. 6 comma 3 d.lg. n. 502 del 1992, 9 l. n. 341 del 1990, 1 e 4 l. n. 42 del 1999 e 3 d.m. 29 marzo 2001, l'unica figura professionale che svolge attività autonoma o in collaborazione con altre figure sanitarie nel settore di cui al d.m. 14 settembre 1994 n. 741 è quella del fisioterapista (o terapista della riabilitazione ), che è un operatore sanitario in possesso di diploma universitario abilitante”. (così T.A.R. Piemonte Torino, sez. I, 18 febbraio 2003 , n. 223).

Come osserva la controinteressata, d’altra parte, a decorrere dal settembre 2001, tutti gli operatori professionali già appartenenti alla categoria “C” del ruolo sanitario assumono la denominazione della categoria “D”, ovvero di “collaboratore professionale sanitario”, nei profili e nelle discipline già corrispondenti a quelle della categoria di provenienza, nell’ambito di un generale progetto di riordino e riorganizzazione delle professioni sanitarie ( art. 8 CCNL comparto Sanità 1998/2001).

Pertanto è corretta la valutazione operata dalla Commissione, ai sensi dell’Allegato al D.A. del giugno 2002, art.3, comma 1, lett. b).

Analogamente, l’autorizzazione presentata dal M, riguardante l’esercizio della professione di interprete di lingua spagnola per il periodo di un anno per il comprensorio di Messina, deve ritenersi titolo per l’esercizio di professione di livello pari a quello del posto messo a concorso, come prescrive l’art.3, comma 1, lett. b) citato, in quanto trattasi di attività il cui esercizio normalmente presuppone il possesso del diploma universitario di interprete.

Né rileva l’attinenza delle prestazioni proprie della professione cui inerisce il titolo alle mansioni che il candidato sarà chiamato a svolgere a seguito dell’eventuale assunzione, non essendo tale requisito richiesto né dal bando, né dal D.A. EE.LL. dell’11.6.2002, art. 3 di cui sopra.

-Infondato è il secondo motivo di ricorso.

Per quanto astrattamente discutibile e non conforme al tipico significato attribuito al “titolo di perfezionamento” ( il « titolo di perfezionamento », difatti, disciplinato dall'art. 16 del d.P.R. n. 162 del 1982, è rappresentato dall'attestazione della puntuale frequenza e partecipazione ad un corso della durata non superiore ad un anno, cui si è ammessi se in possesso di diploma di laurea, finalizzato a garantire un perfezionamento in specifiche materie), tuttavia non appare al Collegio arbitraria e irragionevole la scelta della Commissione in ordine alla valutazione quali “titoli di perfezionamento”, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. a) dell’allegato al D.A. 11 giugno 2002, di alcuni titoli, esibiti da vari concorrenti, in quanto, come si legge nel verbale n. 6 del 15.12.2006, la Commissione ha valorizzato la circostanza che si è trattato di titoli conseguiti in esito a corsi di studio e/o seminari e/o corsi di aggiornamento “disposti dall’Amministrazione e concernenti la materia oggetto della progressione verticale interna”, dunque frequentati su proposta dell’Ente, durante l’orario di servizio, a completo carico dell’Amministrazione.

In mancanza di qualsivoglia specificazione nel bando, è irrilevante la durata dei corsi preordinati al conseguimento del titolo e l’assenza di esami finali, non essendo richiesti espressamente tali requisiti neppure dal citato D.A. 11 giugno 2002. Il contenuto di “perfezionamento” può dunque cogliersi, così come la Commissione ha fatto, in relazione al tipo di formazione specifica conseguita dai candidati, al “quid pluris” acquisito nel particolare settore inerente la selezione in parola.

Il criterio di valutazione, così inteso, è stato d’altra parte applicato in via generale a tutti i concorrenti, senza dar luogo a disparità e discriminazioni.

-Infine, è infondato il terzo motivo di ricorso.

L’invito rivolto dall’Amministrazione ad alcuni candidati a fornire chiarimenti in ordine alla documentazione prodotta con la domanda di partecipazione non ha comportato la violazione del principio della “par condicio” tra i concorrenti.

Non può non considerarsi, infatti, che trattandosi di dipendenti della stessa Amministrazione, la documentazione relativa ad incarichi svolti e titoli di studio posseduti, in quanto facente parte dei fascicoli personali, era già nella disponibilità della Provincia, che ben avrebbe potuto acquisirla d’ufficio ex art. 18, comma 2, della l. 241/1990, come sostituito dall’art. 3, comma 6 octies, legge14/03/2005 n. 35, sulla base degli elementi dichiarati in domanda dagli interessati.

Ciò vale anche per il titolo di studio rappresentato dal Diploma di ragioniere ( cf- contro interessato G S) trattandosi di titolo di studio per l’accesso alla qualifica già rivestita dai concorrenti ( è anche il caso del concorrente M, al quale l’Amministrazione ha attribuito il punteggio corrispondente al voto riportato nel diploma, sebbene in domanda egli non lo avesse indicato).

La giurisprudenza, ancora prima della novella dell’art. 3, comma 6-octies, della l. 35/2005, affermava che ( ovviamente, ove non prescritto dal bando): “Non sussiste l'onere dell'allegazione dei documenti relativi a titoli concorsuali nei procedimenti di concorso interno all'amministrazione, qualora tali documenti siano stati previamente prodotti dall'interessato affinché fossero acquisiti al fascicolo personale.” (Consiglio Stato , sez. VI, 06 giugno 1995 , n. 553).

E successivamente, ha affermato che: “l’'Amministrazione deve far applicazione del principio generale secondo cui il candidato ad un pubblico concorso, che abbia dato tempestivamente dimostrazione di essere in possesso dei requisiti richiesti, attraverso una documentazione non perfettamente rispondente a quella richiesta nel bando, deve in primo luogo essere invitato dall'amministrazione a completare o a fornire chiarimenti in ordine al contenuto dei certificati, documenti e dichiarazioni presentati, applicando, rispetto ai fatti già noti, il disposto dell'art. 18, l. 7 agosto 1990 n. 241, con la conseguenza che non devono essere esibiti i documenti già in possesso dell'amministrazione.” (T.A.R. Campania Napoli, sez. II, 01 dicembre 2006 , n. 10353)

Ed ancora: “Ben può la p.a., ai sensi dell'art. 18, legge generale sul procedimento amministrativo, richiedere al candidato che abbia presentato dichiarazioni attestanti atti, fatti, qualità e stati soggettivi i chiarimenti o le produzioni documentali necessarie, sempre che ciò non si traduca in una modificazione del contenuto dei titoli vantati.” (T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 10 aprile 2006 , n. 2515).

Il bando, inoltre, consentiva il ricorso all’autocertificazione per la dimostrazione dei titoli valutabili, che in tal caso avrebbero dovuto essere prodotti in originale o in copia autenticata dopo la pubblicazione della graduatoria. In nessun caso comminava la mancata valutazione di titoli non prodotti o non autocertificati.

La formulazione del bando, che in evidente deroga all’art. 18, comma 2, della l. 241/1990 sopra richiamato, onerava i ricorrenti della prova documentale dei titoli valutabili o dell’autocertificazione degli stessi, non pare al Collegio così inequivoca da escludere assolutamente che l'Amministrazione, in virtù di un'interpretazione di buona fede della lex specialis, potesse acquisire gli atti facendo ricorso al fascicolo personale dell’interessato, trattandosi di proprio dipendente, ( applicando così la regola generale dell’art. 18, comma 2°, nonostante la diversa previsione del bando), ovvero potesse procedere a richiedere chiarimenti ai sensi dell’art. 6 della l. 241/1990.

In definitiva, si ritiene che, in mancanza di comminatorie espresse di non valutazione dei titoli non prodotti o non autocertificati, contenute nel bando, ben può l’Amministrazione tener conto dell'affidamento ingenerato nel destinatario dell'atto, derivante dall'estensione delle regole dettate dagli artt. 1362 e ss. del codice civile in materia di contratti (tra le tante, Cons. Stato, Sez. IV, 12/9/2000, n. 4808) e richiedere i necessari chiarimenti all’interessato, applicando la regola generale di cui all’art. 6, lett. b), della l. 241/1990, norma volta a “tutelare la buona fede e l’affidamento del cittadino attraverso la collaborazione dell’Amministrazione al compiuto svolgimento dell’istruttoria nel corso del procedimento” ( testualmente, Consiglio Stato , sez. VI, 10 settembre 2009 , n. 5451).

Né vale ad inficiare un siffatto modus procedendi il timore che possa violarsi il principio della “par condicio”, allorchè in via generale e per tutti i candidati l’Amministrazione adotti un “metro” di comportamento per così dire “collaborativo” ed ispirato a consentire la massima partecipazione al concorso e la più ampia valutazione delle capacità professionali dei propri dipendenti.

Si può concludere, pertanto, che, nel delineato background, la Commissione legittimamente ha richiesto ad alcuni candidati i chiarimenti o le produzioni documentali necessarie, in quanto ciò non avrebbe alterato la par condicio dei concorrenti, non traducendosi in una modificazione del contenuto dei titoli vantati.

Il Collegio rileva, da ultimo, come, in materia di pubblici concorsi, la giurisprudenza del Consiglio di Stato sia costante nell'affermare che <il delicato bilanciamento fra il dovere dell'amministrazione di provvedere alla regolarizzazione dei documenti presentati dai candidati ed il principio della "par condicio" tra i partecipanti ad una selezione concorsuale va ricercato nella distinzione del concetto di regolarizzazione da quello di integrazione documentale, tenendo presente che quest'ultima non è mai consentita, risolvendosi in un effettivo vulnus del principio di parità di trattamento, a differenza della regolarizzazione, che attiene a circostanze o elementi estrinseci al contenuto della documentazione, alla quale sempre è tenuta la p.a. in virtù del principio generale affermato dalla giurisprudenza in tema di concorsi pubblici ed oggi ricavabile dall'art. 6 comma 1 lett. b) l. n. 241 del 1990>
(cfr., sez. IV, 25 marzo 2005, n. 1284 e Sez. V, 22 giugno 2004, n. 4345).

In particolare come afferma la decisione n. 4345/2004 cit., <la regolarizzazione documentale si inserisce a pieno titolo nel novero degli istituti diretti ad incentivare la leale collaborazione tra la P.A. ed i soggetti coinvolti nel procedimento e procede, alla stregua di un diretto corollario, dal canone costituzionale di buon andamento amministrativo e nel caso dei concorsi ai pubblici impieghi, il discrimine tra integrazione e regolarizzazione si coglie sul versante oggettivo, posto che la prima - a differenza della seconda - incide sul contenuto sostanziale del documento sottoposto a verifica;
nell'ipotesi della regolarizzazione, di contro, non si è in presenza di alcun fenomeno integrativo, dal momento che il documento regolarizzabile preesiste all'intervento dell'Amministrazione, già completo di tutti gli elementi, necessari a provare il titolo o la qualità di cui il candidato alleghi il possesso.”

- Non ha pregio, infine, il quarto motivo di ricorso con cui si denuncia l’illegittima ammissione dei candidati De Luca e Pulejo, nonostante non fossero in possesso dei requisiti prescritti dal bando, in quanto non espletanti le proprie mansioni nell’area economico- finanziaria, ovvero nella stessa Area professionale del posto messo a selezione.

Invero, trattasi di dipendenti inquadrati in quella Area ed il bando non attribuiva rilevanza alle mansioni concretamente svolte al momento in cui è stata bandita la selezione, bensì al titolo posseduto al momento dell’assunzione, e all’inquadramento formale nell’AREA per cui la selezione è stata bandita, come è reso palese dalla portata letterale del bando che così recita: “3. il personale inquadrato nella categoria “C” ex VI qualifica funzionale, area Economico Finanziaria, può partecipare alla selezione, in deroga alle previsioni di cui al punto 1 ( diploma di laurea etc.) purchè in possesso del Diploma di Ragioneria o equipollente.

- In conclusione, il ricorso va rigettato.

- Essendo infondato il ricorso introduttivo, diviene inammissibile il ricorso incidentale proposto dalla Sig.ra S B, per carenza di interesse.

-Le spese di giudizio si compensano tra le parti per giusti motivi.

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