TAR Catania, sez. II, sentenza 2021-04-27, n. 202101323
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Pubblicato il 27/04/2021
N. 01323/2021 REG.PROV.COLL.
N. 02165/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENZA
sul ricorso numero di registro generale 2165 del 2007, proposto da
M A n.q. di procuratrice generale di B B, B C L, B C M S, B C S, a loro volta tutti eredi di B G, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Zanghi', D P, con domicilio eletto presso la segreteria del Tribunale;
contro
Comune di Messina, in persona del Sindaco, legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato G A, con domicilio eletto presso lo studio Antonio Castro in Catania, via Musumeci, 137;
per il risarcimento
del danno conseguente alla irreversibile trasformazione del fondo di proprietà di parte ricorrente meglio specificato in atti ed alla conseguente perdita del diritto di proprietà.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Messina;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 15 marzo 2021, celebratasi in collegamento da remoto, il dott. Salvatore Gatto Costantino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Parte ricorrente espone che con delibera nr. 87/C del 1.4.1993, il Comune di Messina concedeva alla Coop. Iride 83 il diritto di superficie per anni 99 ai sensi dell’art. 51 della L.nr. 865/1971 sull’area di proprietà degli odierni ricorrenti (meglio identificata in Catasto, foglio 43, p.lle 142, 143 e 918, località zona Sperone) per la realizzazione di alloggi a carattere economico e popolare da assegnare ai soci.
Con decreto sindacale nr. 1361 del 12.08.1994 veniva disposta l’occupazione temporanea ed urgente dell’area suddetta per una durata di anni cinque, decorrenti dalla data di effettiva immissione in possesso.
Quest’ultima avveniva il 30.09.1994, come da verbale redatto dai tecnici del Comune di Messina.
Nelle more, la Cooperativa assegnataria procedeva alla costruzione degli alloggi, mentre con decreto n. 738 del 27.07.2000 veniva disposta l’espropriazione ed autorizzata l’occupazione permanente e definitiva a favore dell’Ente dei suddetti beni immobili.
I sigg.ri Bavastrelli richiedevano al Comune di Messina il risarcimento del danno per occupazione illegittima acquisitiva maturata ed il relativo pagamento con interessi e rivalutazione con atto extragiudiziale dell’11 agosto 2004.
Venuti a mancare il dott. B G ed il dott. Bavastrelli Leonardo, succedevano loro, rispettivamente, i figli, sigg.ri B B, Bavastrelli Serena, Bavastrelli Salvatore, in pari uguali e l’erede universale B B.
Questi ultimi, per il tramite della loro procuratrice, agiscono nell’odierno giudizio per il risarcimento del danno conseguente all’illegittima espropriazione del terreno ed alla conseguente perdita del diritto di proprietà, deducendo l’irrilevanza del decreto di espropriazione e degli altri atti della procedura espropriativa, in quanto tardivamente emanati;in subordine, chiedono la rimessione in termini per fare valere l’illegittimità dello stesso decreto, che chiedono di annullare o dichiarare nullo.
Quanto alla domanda di risarcimento, chiedono di essere tenuti indenni del valore venale dell’area, oltre all’indennità da occupazione legittima per il periodo di occupazione provvisoria, con interessi legali sulla relativa indennità.
Chiedono che il risarcimento contempli anche la perdita di valore dei beni relitti che hanno perso autonomia e funzionalità, attesa l’esiguità degli stessi.
Con separata istanza, chiedono riunirsi il ricorso al giudizio pendente nr. 4858/2004, avente ad oggetto medesima domanda – tra le stesse parti – inerente altra parte dello stesso maggior fondo di cui al presente giudizio.
Costituitosi, resiste al ricorso il Comune di Messina che eccepisce la tardività dell’impugnazione del decreto di esproprio e la prescrizione del diritto al risarcimento.
Nel prosieguo del giudizio, con propria memoria, parte ricorrente ha insistito nelle deduzioni, evidenziando che con sentenza nr. 3138/2014 è stata accolta la domanda proposta nel parallelo giudizio nr. rg. 4858/2004.
Parte ricorrente replica alle eccezioni dell’Ente e chiede di riqualificare la propria domanda alla luce del mutato quadro legislativo e giurisprudenziale, così ordinando all’Amministrazione di restituire le aree oppure di decretarne l’acquisizione ai sensi dell’art. 42 bis del DPR 327/2001, con ogni determinazione conseguenziale in ordine al risarcimento e della indennità da occupazione legittima.
Le parti hanno chiesto di mandare la causa in decisione sulla base degli scritti difensivi.
Nella pubblica udienza del 15 marzo 2021, celebratasi in collegamento da remoto, la causa è stata trattenuta in decisione.
In conformità al precedente specifico costituito dalla sentenza nr. 3138/2014, che il Collegio non ha motivo di disattendere, salvo quanto oltre si dirà circa la riqualificazione dell’azione, il ricorso è fondato e come tale va accolto.
L’occupazione del bene immobile dei ricorrenti è divenuta illegittima a seguito dello scadere dei termini di esecuzione della procedura sanciti nella dichiarazione di pubblica utilità, che ha reso il decreto tardivo “ inutiliter datum ”.
Più precisamente, l’occupazione d’urgenza, disposta con decreto sindacale n. 1361 del 12.08.1994, veniva materialmente effettuata in data 30.09.1994 e l’espropriazione sopraggiungeva solo con decreto n. 738 del 27.07.2000, oltre il termine di cinque anni di efficacia del decreto di occupazione.
La parte ricorrente analizza lo stato della giurisprudenza al tempo dell’emanazione del decreto di esproprio, per sostenere che non v’era ragione di impugnarlo.
Evidenzia che solo successivamente alle riforme del d.lgs. 80/98 e 205/2000 si sarebbe posto un problema di pregiudiziale amministrativa, che tuttavia sarebbe superabile sulla base delle sentenze della Corte di Cassazione nr. 13659 e 13660 del 13.06.2006 e della Corte Costituzionale nr. 191 dell’8 marzo 2006 sulla base delle quali afferma la inessenzialità della previa impugnazione dell’atto amministrativo lesivo, come anche riconosciuto da Consiglio di Stato nr. 2822 del 31 maggio 2007.
In subordine, chiede la rimessione in termini (in maniera articolata, vedasi capo II del ricorso): quest’ultima domanda consente al Collegio di non dover approfondire il pur sussistente orientamento di giurisprudenza inteso a ritenere il decreto di esproprio tardivo comunque produttivo di effetti (cfr. T.A.R. , Bologna , sez. I , 13/05/2019 , n. 421 e T.A.R. , Latina , sez. I , 25/02/2019 , n. 114, T.A.R. , Brescia , sez. II , 29/11/2018 , n. 1130, Consiglio di Stato , sez. IV , 18/11/2016 , n. 4799).
Sulla base dell’Adunanza Plenaria nr. 2/2020, infatti, la rimessione in termini richiesta dalla parte per la domanda di annullamento o nullità del decreto di esproprio tardivamente emesso va accordata considerato che “ l’ordinamento processuale amministrativo offre un adeguato strumentario per evitare, nel corso del giudizio, che le domande proposte in primo grado, congruenti con quello che allora appariva il vigente quadro normativo e l’orientamento giurisprudenziale di riferimento assurto a diritto vivente, siano di ostacolo alla formulazione di istanze di tutela adeguate al diverso contesto normativo e giurisprudenziale vigente al momento della decisione della causa in appello, quali la conversione della domanda ove ne ricorrano le condizioni, la rimessione in termini per errore scusabile ai sensi dell’art. 37 Cod. proc. amm. o l’invito alla precisazione della domanda in relazione al definito quadro giurisprudenziale, in tutti i casi previa sottoposizione della relativa questione processuale, in ipotesi rilevata d’ufficio, al contraddittorio delle parti ex art. 73, comma 3, Cod. proc., a garanzia del diritto di difesa di tutte le parti processuali. ”
Il decreto di esproprio decreto n. 738 del 27.07.2000 va dunque annullato, in quanto tardivamente emesso, rispetto ai termini di cinque anni dalla occupazione d’urgenza che il decreto sindacale nr. 1261 del 12 agosto 1994 aveva fissato ai sensi dell’art. 52 della l. n. 865/1971 e dell’art. 9 della LR 3.3.1972, n. 18.
A tutto quanto sopra consegue che l’occupazione del bene immobile dei ricorrenti è divenuta sine titulo e che l’area è tutt’oggi illecitamente occupata.
Ne deriva (ancora richiamando quanto affermato da Ad.Plen. n.2/2020) che la fattispecie soggiace alla disciplina di cui all’art. 42-bis TUEs., e l’illecito permanente dell’Autorità verrà meno solo nei casi da esso previsti (cioè in dipendenza dell’acquisizione del bene o della sua restituzione), salva la conclusione di un contratto traslativo tra le parti, anche a natura transattiva.
Conclusivamente, il ricorso va accolto, con l’annullamento del decreto di esproprio e l’obbligo per il Comune di Messina di:
a) restituire a parte ricorrente la superficie di terreno occupato, previa riduzione in pristino stato, corrispondendo altresì, alla proprietà, il risarcimento per il periodo di occupazione illegittima, aumentato degli interessi legali calcolati sul valore di mercato del terreno, alla data in cui l’occupazione ha avuto inizio, oltre rivalutazione e interessi, come già statuito tra le parti nella sentenza nr. 3138/2014 di questa Sezione;
b) procedere, in alternativa all’ipotesi di cui alla precedente lettera a), all’acquisizione dell’immobile di cui si è detto mediante un valido titolo di acquisto (nelle forme opportune, quindi mediante atto di acquisto a seguito di accordo bonario con i proprietari) ovvero tramite la procedura disciplinata dall’art. 42-bis d.p.r. n. 327/2001, con la corresponsione delle somme meglio ivi previste.
Dal momento che, per effetto della condizione di possesso senza titolo del bene da parte dell’Amministrazione, quest’ultima è tenuta a determinarsi circa la restituzione dell’area o la sua acquisizione ex art. 42 bis del DPR 327/2001, è nell’ambito del procedimento che dovrà essere accertato – nel contraddittorio tra le parti e dunque assicurando la piena partecipazione della parte ricorrente– il valore di mercato dell’area;sarà in tale ambito che andrà svolto l’esame della stima resa dal CTU nella causa civile nr. 1185/1998 di fronte al Tribunale di Messina, conclusa con sentenza nr. 632/2004 (che parte ricorrente ha allegato nel presente giudizio).
Ai sensi dell’art. 34 del c.p.a., è opportuno disporre che l’Amministrazione si determini in ordine alle alternative di cui ai punti precedenti entro il termine di giorni 120 dalla comunicazione della presente sentenza o sua notifica a cura di parte.
Le spese di giudizio, atteso il mutamento del quadro giurisprudenziale e normativo che ha caratterizzato l’istituto dell’espropriazione e dell’acquisizione di immobili senza titolo all’Amministrazione, possono essere interamente compensate tra le parti.