TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2010-12-03, n. 201026787

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2010-12-03, n. 201026787
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201026787
Data del deposito : 3 dicembre 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01891/2010 REG.RIC.

N. 26787/2010 REG.SEN.

N. 01891/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale n. 1891 dell’anno 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da: F A e R O, rappresentati e difesi, per mandato a margine dell’atto introduttivo del giudizio, dall’avv. G B, con domicilio eletto in Napoli, via Tino di Camaino, n. 6

contro

Comune di Pozzuoli, rappresentato e difeso, per mandato a margine dell’atto di costituzione in giudizio, dall’avv. A S, presso il cui studio è eletto domicilio in Napoli, Riviera di Chiaia, n. 2076

per l'annullamento

quanto all’atto introduttivo del giudizio :

- del provvedimento del Dirigente del II Dipartimento del Comune di Pozzuoli n. 2703 del 26 gennaio 2010, notificato il successivo giorno 28 dello stesso mese, cui tramite si ordina al ricorrente F A, ai sensi dell’art. 27 del d.P.R. 380 del 2001, di procedere al ripristino dello stato dei luoghi atto a riportare i manufatti contestati alle richieste di condono edilizio inoltrate ai sensi della l. 47/11985 (prot. n. 51479 del 23.9.1986) e della l. 724/1994 (prot. n. 14397 del 21.3.1995) in parte qua , ovvero con esclusione della parte in cui lo stesso dispone il ripristino del volume interrato oggetto dell’istanza di condono ex l. 47 del 1985 e nella parte in cui irroga la sanzione pecuniaria “ alla cui impugnativa i ricorrenti rinunciano ”;

- di ogni altro atto allo stesso preordinato, presupposto, connesso, conseguente o comunque collegato;

quanto all’atto recante motivi aggiunti :

del provvedimento del Comune di Pozzuoli di reiezione implicita dell’istanza di accertamento di conformità inoltrata in data 29 marzo 2010 ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. 380 del 2001, nonché di ogni altro atto allo stesso preordinato, presupposto, connesso, conseguente o comunque collegato;


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Pozzuoli;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 novembre 2010 il dott. A M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1- Il ricorso in esame, notificato il 29 marzo 2010 e depositato successivo 12 aprile 2010, è stato proposto dai coniugi F A e R O nella qualità di comproprietari (per acquisto fattone con atto di compravendita del 26 aprile 2006, rep. n. 2213, versato agli atti del giudizio) di un compendio immobiliare ubicato in Pozzuoli, alla Via II Traversa di Agnano, n. 13, nel quale risiedono, ab origine realizzato in forza di concessione edilizia n. 86 del 7 settembre 1965 e (ad oggi) costituito da “ a) una villa unifamiliare di due piani fuori terra, collegati fra loro da una scala interna, con sottostante deposito seminterrato;
b) una dependance anch’essa seminterrata, realizzata sul suolo antistante a ridosso del terrapieno
”.

Sempre per quanto dichiarato in seno all’atto introduttivo del giudizio “ detta unità immobiliare è stata oggetto di ampliamento ad opera del dante causa dei ricorrenti (sig. Pastore Alfredo), il quale, avvalendosi delle disposizioni condonistiche, ha inoltrato due distinte istanze di condono edilizio, rispettivamente: a) ai sensi della l. 47 del 1985 con istanza prot. n. 51479 del 23 settembre 1986 per la realizzazione di un piano seminterrato al manufatto principale, b) ai sensi della l. 724/1994 con istanza prot. n. 14397 del 21 marzo 1995 per la realizzazione della predetta dependance ”.

Ancora proseguendo nel riportare le stesse dichiarazioni attoree “ Versando detto compendio immobiliare in precarie condizioni statiche, i ricorrenti hanno eseguito un articolato intervento di ristrutturazione edilizia eseguendo sine titulo in particolare: modifiche prospettiche al manufatto principale;
un ampliamento del piano seminterrato destinato a deposito già oggetto di istanza di condono ex lege 47/85;
un ampliamento della dependance, oggetto di istanza di condono ex lege 724/1994;
realizzazione della pavimentazione di un preesistente terrazzamento a quota -2,80 per una migliore fruibilità dell’area antistante il fabbricato principale;
realizzazione di un ripostiglio;
realizzazione di un manufatto destinato a tavernetta;
realizzazione di una vasca in muratura
” (pag. 3 dell’atto introduttivo del giudizio).

2- In siffatto quadro è intervenuto il provvedimento del Comune di Pozzuoli n. 2703 del 26 gennaio 2010, il cui dispositivo reca l’ordine di provvedere al “ripristino, a propria cura e spesa e nel rispetto delle leggi vigenti, di tutte le opere abusive , atto a riportare i manufatti de quo alle rispettive richieste di condono edilizio innanzi citate ”, ossia, come sempre specificato nella motivazione del provvedimento, quelle -indicate anche dalla parte ricorrente- inoltrate ai sensi della l. 47/11985, sub prot. n. 51479 del 23.9.1986 e della l. 724/1994, sub prot. n. 14397 del 21.3.1995.

Nella parte motiva vi è la puntuale, minuziosa, elencazione della miriade di opere riscontrate come eseguite ancora senza titolo a seguito di due accertamenti effettuati dalla polizia municipale, la cui elencazione può essere qui omessa essendo del tutto sufficiente a dar conto delle conclusioni cui si perverrà l’aver riportato la sintesi delle stesse, quale operata dalla stessa parte ricorrente.

2a- Sempre in detta parte motiva è dato poi atto:

- della riconducibilità dello stato delle opere “ a quello contemplato dall’art. 27 del d.P.R. 380 del 2001 considerato che l’intero territorio comunale è stato dichiarato di notevole interesse pubblico con D.M. del 12 settembre 1957 e che, in quanto tale, è sottoposto a tutte le disposizioni contenute nella legge medesima ”;

-della preesistenza delle cennate istanze di condono, delle quali chiarisce la portata;

- della non assentibilità delle ulteriori opere realizzate né ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. 380 del 2001, né “ astrattamente ” ai sensi della l. 336 del 2003 (recante l’ultimo condono statale), “ poiché le opere non rientrano nei canoni previsti dalla stessa legge, non conformi alle norme urbanistiche e paesistiche vigenti ”.

Da qui, sempre nella ripetuta parte motiva si legge di dover “ per le motivazioni sopra riportate disporre la demolizione di tutte le opere intraprese e descritte in premessa, realizzate su suolo di proprietà comunale ”.

3- Prima di procedere va precisato che l’ultima affermazione contenuta nel provvedimento, ovvero la asserita realizzazione delle opere su suolo di proprietà comunale, non è supportata da alcuna altra indicazione e su di essa non si è soffermata né la parte ricorrente, né la stessa amministrazione in sede di replica e va quindi precisato che al riguardo non appare necessario far luogo ad approfondimenti, altrimenti dovuti, alla luce del rigetto del gravame, per le (già sufficienti) ragioni che verranno ad esporsi.

4- La descritta determinazione del Comune di Pozzuoli è stata quindi impugnata a mezzo del ricorso di cui sub 1, all’odierno esame del Collegio.

L’impugnativa è affidata a quattro mezzi volti a denunciare, in una ad eccesso di potere sotto più profili: violazione e falsa applicazione della legge regionale n. 19 del 28 dicembre 2009 in relazione all’art. 27 del d.P.R. 380 del 2001 (primo mezzo);
ancora violazione dell’art. 27 cit. e, di poi, dell’art. 10 sempre del d.P.R. 380 del 2001 in relazione agli artt. 3, 6, 10, 22, 36 e 37 del medesimo d.P.R. 380 (secondo mezzo);
nuovamente violazione del ripetuto art. 27, oltre che degli artt. 36 e 37 del d.P.R. 380, in una a violazione dell’art. 43 della legge regionale della Campania n. 16 del 22 dicembre 2004 e degli artt. 167 e 181 del d.l.vo n. 42 del 2004 (terzo mezzo);
violazione degli artt. 7, 8, 9, 10 e 21 octies della l. 241/1990 (quarto ed ultimo mezzo).

5- L’amministrazione comunale si è costituita in giudizio a sostegno del proprio operato e, con apposita memoria, nella previa precisazione di aver disposto la demolizione solo delle opere realizzate successivamente alle domande di condono “ facendo pertanto salve tali domande ”, ha replicato alle denunce attoree concludendo con una richiesta di rigetto del ricorso, a suo dire infondato.

6- Con ordinanza collegiale n. 956 del 5 maggio 2010 la tutela cautelare è stata accolta nei limiti ivi indicati.

7- Con atto recante motivi aggiunti, notificato il 27 luglio 2010 e depositato il 15 settembre successivo, parte ricorrente ha impugnato il provvedimento comunale di reiezione implicita dell’istanza di accertamento di conformità inoltrata ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. 380 del 2001, assumendone l’illegittimità per violazione della normativa di settore e della legge sul procedimento, di cui già alle denunce proposte a mezzo dell’atto introduttivo del giudizio.

7a- Alle doglianze proposte a mezzo di detta sopravvenuta impugnativa e, più in generale, ancora a quelle di cui all’intera prospettazione attorea, il Comune di Pozzuoli ha nuovamente replicato con memoria depositata in data 12 novembre 2010.

8- Alla pubblica udienza del 24 novembre 2010 il ricorso è stato chiamato e trattenuto in decisione;
in tale sede il procuratore attoreo ha dichiarato a verbale di non opporsi al deposito della memoria ultima del Comune, ancorchè tardivo ex art. 73, comma 1, cod. proc. amm.

9- Venendo alla fase valutativa-decisionale necessita in primo luogo ricordare che nel vagliare un intervento edilizio consistente in una pluralità di opere, come qui accaduto, deve effettuarsi una valutazione globale delle stesse, atteso che “ la considerazione atomistica dei singoli interventi non consente di comprendere l'effettiva portata dell'operazione ” (cfr. in tali sensi, Tar Campania, Napoli, questa sezione sesta, 16 aprile 2010, n. 1993;
25 febbraio 2010, n. 1155;
9 novembre 2009, n. 7053;
Tar Lombardia, Milano, sezione seconda, 11 marzo 2010, n. 584), ovvero che, nel caso in cui un'opera consista nella ristrutturazione di un immobile effettuata tramite “ la realizzazione di corposi interventi edili sia interni che esterni, essa non è scomponibile in distinte fasi cosicché possano individuarsi interventi soggetti ad autorizzazione ed altri soggetti a concessione, ma va valutata nella sua unitarietà e risulta soggetta al regime concessorio ” (così già Tar Puglia, Bari, sezione seconda, 16 luglio 2001, n. 2955).

Ed ancora deve ricordarsi che ove l’intervento ricada in zona assoggettata a vicolo paesaggistico, come ancora qui accade, stante l’alterazione dell’aspetto esteriore (cfr. art. 149 del d.l.vo n. 42 del 2004), nel caso dato di pacifica evidenza, lo stesso risulta soggetto alla previa acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica, titolo autonomo non conseguibile a sanatoria ex combinato disposto fra art. 146 e successivo art. 167, commi 4 e 5 del medesimo decreto, che esclude sanatorie per interventi non qualificabili come manutentivi o che abbiano determinato la creazione di superfici utili o volumi (Tar Campania, questa sesta sezione, sentenza n. 1973 del 14 aprile 2010).

E ciò fermo comunque che “ in materia urbanistica, a differenza che nella materia civilistica, possono costituire pertinenza solo i manufatti di dimensioni modeste e ridotte, inidonei, quindi, ad alterare in modo significativo l'assetto del territorio ” (cfr., fra le ultime, Cons. Stato, sezione quarta, 13 gennaio 2010, n. 41;
Tar Campania, questa sesta sezione, sentenza n. 8778 del 25 maggio 2010) e (fermo comunque ancora) che “ quand’anche si ritenessero le opere pertinenziali o precarie e, quindi, assentibili con mera D.I.A., l’applicazione della sanzione demolitoria ai sensi dell’art. 27 D.P.R. 380/2001 è, comunque, doverosa ove non sia stata ottenuta alcuna autorizzazione paesistica ” (cfr., da ultimo, Tar Campania, questa sesta sezione, 17 novembre 2010, n. 25174).

9a- Normativa e principi questi in tutto applicabili, e quindi applicati, alla situazione qui data, ove è la stessa parte ricorrente a qualificare le opere realizzate come un “ articolato intervento di ristrutturazione ” comportante un “ ampliamento ” che asseritamente “ non supera il 20% della preesistente volumetria”, in quanto tale “assentibile in virtù della sopravvenuta normativa regionale ” (pag. 5 dell’atto introduttivo del gravame), di cui ci si occuperà in prosieguo.

10- Alla stregua di quanto fin qui già rilevato può immediatamente escludersi, come invece sostenuto ex latere attoreo con doglianza di fondo che permea l’intero gravame, che l’amministrazione abbia fatta illegittima applicazione dell’art. 27 del d.P.R. 380 del 2001.

Ed invero, detta previsione sanziona con la demolizione la realizzazione senza titoli di nuove opere in zone vincolate, sicchè doverosa se ne appalesa(va) l’applicazione in presenza delle descritte opere: aggiuntive ai manufatti preesistenti, quali realizzati in parte legittimamente ed in parte ancora senza titolo con domande di condono pendenti, comportanti aumenti di superfici e volumi e trasformazione dell’esistente con alterazione dello stato dei luoghi.

11- Prima di passare al partito esame delle denunce attoree, quali proposte dapprima in seno all’atto introduttivo del giudizio e di poi in quello recante motivi aggiunti, avuto conto che le opere qui contestate hanno comportato modifiche (non solo di quanto realizzato legittimamente, ma anche) dei precedenti interventi realizzati sine titulo deve ancora ricordarsi che “ in presenza di manufatti abusivi non sanati né condonati, gli interventi ulteriori (sia pure riconducibili, nella loro oggettività, alle categorie della manutenzione straordinaria, del restauro e/o risanamento conservativo, della ristrutturazione, della realizzazione di opere costituenti pertinenze urbanistiche) ripetono le caratteristiche di illegittimità dell'opera principale alla quale ineriscono strutturalmente ” (cfr. Tar Campania, Napoli, questa sesta sezione, sentenze 5 maggio 2010, n. 2811, 10 febbraio 2010, n. 847 e 28 gennaio 2010, n. 423;
sezione seconda, 7 novembre 2008, n. 19372;
negli stessi sensi, Cass. penale, sezione terza, 24 ottobre 2008, n. 45070), sicchè non può ammettersi “ la prosecuzione dei lavori abusivi a completamento di opere che, fino al momento di eventuali sanatorie, devono ritenersi comunque abusive ” (Tar Campania, sempre questa sesta sezione, 5 maggio 2010, n. 2811 cit. e 9 marzo 2006, n. 2834), con conseguente “ obbligo del comune di ordinarne la demolizione ” (così anche le ultime della Sezione sopraindicate, ai cui ampi contenuti argomentativi può per brevità rinviarsi).

12- Riannodando a questo punto le fila, le doglianze attoree -quali contenute in seno all’atto introduttivo del giudizio ed in quello recante motivi aggiunti- non possono trovare favorevole ingresso;
ciò nell’ulteriore previa precisazione che le conclusioni del Collegio non sono incise dall’acquiescenza parziale al provvedimento “ nella parte in cui lo stesso dispone il ripristino del volume interrato oggetto dell’istanza di condono ex l. 47 del 1985 ”, stante la persistente presenza di altri volumi e superfici, nonché di opere di trasformazione interne ed esterne.

13- Procedendo, è infondato il primo mezzo di impugnazione contenuto nell’atto introduttivo del giudizio recante la denuncia di violazione e falsa applicazione della legge regionale della Campania n. 19 del 28 dicembre 2009 (avente ad oggetto: Misure urgenti per il rilancio economico, per la riqualificazione del patrimonio esistente, per la prevenzione del rischio sismico e per la semplificazione amministrativa ).

Se è infatti vero che la normativa regionale invocata consente di realizzare, in deroga agli strumenti urbanistici vigenti, ampliamenti fino al venti per cento della volumetria esistente (art. 4) e tale beneficio, in via eccezionale, consente di richiedere anche “ per le unità abitative destinate a prima casa dei richiedenti per le quali sia stata rilasciata la concessione in sanatoria o l’accertamento di conformità, ai sensi degli artt. 36 e 37 del d.P.R. 380 del 2001, ovvero per i quali sia stata presentata, nei termini previsti dalla legislazione statale in materia, istanza di condono dagli interessati, se aventi diritto, e siano state versate le somme prescritte ” (art.

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