TAR Catania, sez. II, sentenza 2014-07-08, n. 201401968
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N. 01968/2014 REG.PROV.COLL.
N. 04623/1997 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4623 del 1997, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
C Anna, rappresentata e difesa dagli Avv.ti F R e A V, con domicilio presso la Segreteria del Tar di Catania, in Catania, Via Milano 42/a;
contro
- Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico “G. Martino” di Messina, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. G L, con domicilio presso la Segreteria del Tar di Catania, in Catania, Via Milano 42/a;
- Università degli Studi di Messina, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania, domiciliataria in Catania, Via Vecchia Ognina 149;
per la condanna
delle Amministrazioni intimate al pagamento delle differenze retributive dovute in favore della ricorrente in applicazione dell’art. 31 d.p.r. n. 761/1979.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti ed i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico “G. Martino” di Messina e dell’Università degli Studi di Messina;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 giugno 2014 il dott. D B e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Con il presente gravame la ricorrente, dipendente dell’Università degli Studi di Messina con la qualifica di funzionario tecnico dell’area tecnico-scientifica e socio-sanitaria (VIII qualifica funzionale), ha chiesto di beneficiare della previsione di cui all’art. 31 d.p.r. n. 761/1979 (alla luce, altresì, del decreto ministeriale in data 9 novembre 1982 e del decreto rettoriale n. 700 del 19 marzo 1986), secondo cui al personale universitario non medico che presti servizio presso i policlinici, le cliniche e gli istituti universitari di ricovero e cura convenzionati con le Regioni e le Unità Sanitarie Locali spetta la corresponsione di un’indennità nella misura occorrente per equiparare il trattamento economico a quello del personale ospedaliero di pari mansioni e anzianità, con conseguente condanna delle Amministrazioni intimate al pagamento delle dovute differenze retributive, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali.
Mediante motivi aggiunti la ricorrente ha inoltre impugnato i seguenti atti: a) comunicazione n. 2552/02 in data 16 maggio 2002 dell’Azienda Ospedaliera Policlinico Universitaria di Messina “Gaetano Martino”;b) deliberazione del Direttore Generale dell’Azienda n. 725 in data 7 maggio 2002, con cui è stata annullata la deliberazione dello stesso Direttore Generale n. 1482 in data 26 maggio 1999 (che aveva riconosciuto il diritto della ricorrente all’equiparazione economica con il personale ospedaliero in possesso del IX livello retributivo).
L’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico “Gaetano Martino”, costituitasi in giudizio, ha eccepito sia il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo (quanto all’impugnazione di cui ai motivi aggiunti) che il proprio difetto di legittimazione passiva, sollecitando, in subordine, il rigetto del ricorso nel merito.
L’Università degli Studi di Messina, costituitasi in giudizio, ha chiesto il rigetto del ricorso.
Nella pubblica udienza del 10 giugno 2014 la causa è stata trattenuta in decisione.
Deve in primo luogo affermarsi che, in relazione alla presente controversia, sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo solo per il periodo ricompreso sino al 30 giugno 1998, atteso che, ai sensi dell’attuale art. 69, settimo comma, d.lgs. n. 165/2001, “sono attribuite al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, le controversie di cui all’art. 63” del decreto stesso, “relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro successivo al 30 giugno 1998”.
Per il periodo successivo al 30 giugno 1998 va, quindi, affermata la giurisdizione del giudice ordinario, innanzi al quale il processo potrà essere riproposto ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 11, secondo comma, c.p.a..
E’ anche opportuno precisare che la presente controversia riguarda una questione patrimoniale relativa al rapporto di pubblico impiego, nell’ambito della quale la posizione dell’interessato si configura come diritto soggettivo perfetto.
Ne consegue che, in materia, le determinazioni assunte dall’Amministrazione (con particolare riferimento alla delibera n. 1482 del 26 maggio 1998 e alla deliberazione - con effetti retroattivi - n. 725 del 7 maggio 2002) presentano la natura di atti paritetici e vanno, quindi, considerate come meri atti di riconoscimento o di disconoscimento della pretesa azionata in questa sede dal ricorrente.
Tanto premesso, il ricorso - per il periodo ricompreso sino al 30 giugno 1998 - è fondato, come già affermato in relazione a fattispecie di identico contenuto in numerosi precedenti di questa stessa Sezione (cfr., per tutte, le sentenze n. 1498/2013, n. 1500/2013, n. 1501/2013, n. 1502/2013, n. 1503/2013 e n. 1510/2013).
Deve in primo luogo osservarsi che la giurisprudenza amministrativa (cfr., ad esempio, Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, n. 948/2012 e n. 186/1993) ha affermato che la cosiddetta “indennità De Maria”, istituita dall’art. 4 legge n. 213/1971 per equiparare il trattamento economico del personale medico universitario in servizio presso strutture convenzionate con Regioni ed Unità Sanitarie Locali rispetto al trattamento economico del personale medico ospedaliero di pari funzioni e anzianità, poi estesa al personale non medico dall’art. 1 legge n. 200/1974 e successivamente disciplinata dall’art. 31 d.p.r. n. 761/1979, spetta al solo personale a cui siano attribuite mansioni inerenti ai servizi di assistenza.
In particolare, nella vicenda di cui alla citata sentenza n. 948/2012, il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana ha rigettato il ricorso sul rilievo della “natura prevalentemente amministrativa dell’attività svolta” dal dipendente.
Le conclusioni indicate non sono condivise dalla Suprema Corte (cfr., sul punto, Cass. Civ., Sez. Lav., n. 4713/2012), la quale ha affermato che l’indennità spetta anche per l’attività di natura tecnica o amministrativa comunque funzionale all’attività sanitaria di assistenza e cura, dovendosi ritenere che essa non abbia una funzione corrispettiva dell’attività propriamente assistenziale, ma una funzione meramente perequativa, che rende superflua l’indagine sulla natura dell’attività svolta.
Nel caso in esame, tuttavia, la questione non risulta dirimente, non sussistendo dubbi sul fatto che la ricorrente (funzionario tecnico dell’area tecnico-scientifica e socio-sanitaria) svolga le proprie mansioni anche nell’ambito dell’attività assistenziale.
Come, inoltre, affermato dalla giurisprudenza ordinaria e amministrativa (cfr., per tutte, Cass. Civ., Sez. Un., n. 8521/2012 e Cons. St., Sez. VI, n. 4198/2003) la corresponsione dell’indennità è legittimamente effettuata sulla scorta del criterio fattuale dell’equivalenza delle mansioni posto dalla normativa secondaria, a prescindere dall’elemento formale del titolo di studio posseduto dal dipendente.
La giurisprudenza civile ed amministrativa (cfr., fra le altre, Cons. St., Sez. VI, n. 7538/2009, Sez. VI, n. 4747/2007, Sez. V, n. 56/2007, Sez. VI, n. 2957/2006, nonché Corte di Appello di Messina, Sez. Lav., n. 1867/2012) ha, poi, ripetutamente affermato che, in base Tabella di Equiparazione allegata al decreto interministeriale in data 9 gennaio 1982, i funzionari tecnici universitari in possesso dell’VIII qualifica funzionale hanno diritto alla perequazione economica con i dipendenti delle Unità Sanitarie Locali del X livello.
Ne consegue che va affermato il diritto della ricorrente a percepire, sino al 30 giugno 1998, quanto necessario per la perequazione del suo trattamento economico con quello dei dipendenti della Unità Sanitarie Locali in possesso del X livello.
Anche la richiesta della ricorrente di interessi e rivalutazione monetaria risulta fondata, ma con la precisazione che, ai sensi dell’art. 22, comma 34, legge n. 724/1994, il quale richiama la disciplina di cui all’art. 16, sesto comma, legge n. 412/1991, “l’importo dovuto a titolo di interessi” deve essere “portato in detrazione dalle somme eventualmente spettanti a ristoro del maggior danno subito dal titolare della prestazione per la diminuzione del valore del suo credito”.
Per quanto attiene all’identificazione del soggetto concretamente tenuto alla corresponsione dell’indennità di cui si tratta, stabilisce l’art. 31, secondo comma, d.p.r. n. 761/1979 che “le somme necessarie per la corresponsione dell’indennità di cui al presente articolo sono a carico dei fondi assegnati alle Regioni ai sensi dell’art. 51 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 e sono versate, con le modalità previste dalle convenzioni, dalle Regioni alle Università, su documentata richiesta, per la corresponsione agli aventi diritto”.
Ne consegue che, sebbene da un punto di vista sostanziale l’onere economico per la corresponsione dell’indennità di cui si tratta sia a carico del bilancio regionale, l’Università degli Studi, nella sua qualità di datore di lavoro e fermo il suo diritto a ricevere dalla Regione la provvista necessaria per l’adempimento, è tenuta al pagamento agli aventi diritto di quanto dovuto.
Sussistono giusti motivi per compensare fra le parti le spese di lite.