TAR Potenza, sez. I, sentenza 2014-09-08, n. 201400618

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Potenza, sez. I, sentenza 2014-09-08, n. 201400618
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Potenza
Numero : 201400618
Data del deposito : 8 settembre 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00135/2013 REG.RIC.

N. 00618/2014 REG.PROV.COLL.

N. 00135/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 135 del 2013, proposto dalla M P &
C. S.r.l., in personale del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. P G, come da mandato a margine del ricorso, con domicilio eletto in Potenza Via Maratea n. 8;

contro

Comune di Vietri di Potenza, in persona del Sindaco p.t., rappresentato dall’Avv. D S, come da mandato a margine della memoria di costituzione, con domicilio eletto in Potenza Via Pretoria n. 262;

e con l'intervento di

ad adiuvandum:
dei Sigg. Francesco Caggianese, Felice Caggianese, Vito Fabio, Donato Lozzi, Rocco Macellaro, Carmine Manzella, Rocco Priore, Roberto Grieco, Lucia Macellaro e Angelina Zirpoli, nella qualità di dipendenti della M P &
C. S.r.l., rappresentati e difesi dall’Avv. Giovanni Riccardi, come da mandato in calce all’atto di intervento, con domicilio eletto in Potenza Via del Seminario Maggiore n. 103 presso lo studio dell’Avv. Salomone Bevilacqua;

per l'annullamento:

-della Del. G.M. n. 114 del 5.11.2012, con la quale è stata demandata al Sindaco l’attivazione delle idonee iniziative giudiziarie, finalizzate al recupero della terza rata annuale del contratto di affitto, stipulato il 9.3.2009, della cava di proprietà comunale, sita nella Contrada Pedali, previa richiesta di “rescissione” (rectius risoluzione) del contratto per inadempimento, con salvezza del risarcimento degli eventuali danni;

-della Del. G.M. n. 133 del 19.12.2012, con la quale è stata demandata al Responsabile dell’Area Tecnica l’indizione, mediante Determinazione, di un apposito procedimento di evidenza pubblica (con approvazione del relativo bando), per la selezione del nuovo concessionario della predetta cava comunale;

-della Determinazione n. 38 del 4.2.2013, con la quale il Responsabile dell’Area Tecnica ha indetto il procedimento di evidenza pubblica ed approvato il bando, per la concessione in affitto della suddetta cava comunale;


Visti il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Vietri di Potenza;

Visto l’atto di intervento ad adiuvandum dei Sigg. Francesco Caggianese, Felice Caggianese, Vito Fabio, Donato Lozzi, Rocco Macellaro, Carmine Manzella, Rocco Priore, Roberto Grieco, Lucia Macellaro e Angelina Zirpoli;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 maggio 2014 il dott. Pasquale Mastrantuono e uditi gli Avv.ti P G, D S e Giovanni Riccardi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con contratto del 15.5.2006 il Comune di Vietri di Potenza concedeva in affitto alla M P &
C. S.r.l. la cava di proprietà comunale, sita nella Contrada Pedali, identificata con il foglio di mappa n. 11, particella n. 1, avente la superficie di 25 ettari, 97 are e 60 centiare, cioè 34.760 mq..

Con Del. G.M. n. 10 del 17.2.2009 e conseguente contratto del 9.3.2009 il Comune di Vietri di Potenza rinnovava l’affitto della cava per 4 anni “a decorrere dall’1.1.2009”, prevedendo che tale termine poteva essere prorogato “sino alla scadenza dell’autorizzazione regionale” (provvedimento dell’1.7.2008 per la coltivazione della cava per 10 anni, stimando un estrazione annua di 250.000 mc. di materiale inerte), “su semplice richiesta del concessionario che dovrà pervenire all’Amministrazione almeno 30 giorni prima della scadenza” (cfr. art. 2 del contratto).

Tale contratto del 9.3.2009 all’art. 6 prevedeva che la M P &
C. S.r.l. doveva versare al Comune il prezzo di 1,00 €, “da rivalutarsi ogni due anni in base agli indici ISTAT”, per ogni mc. di materiale inerte estratto “fino alla quantità massima di 250.000 mc.”, mentre l’art. 7 stabiliva che “il corrispettivo minimo da pagare annualmente al Comune viene fissato in 150.000,00 €”, specificando che:

1) se i quantitativi estratti fossero stati superiori a 150.000 mc., “oltre all’importo di 150.000,00 €”, il concessionario doveva “versare 1,00 € per ogni mc. estratto”;

2) il pagamento del predetto canone annuo doveva essere pagato in tre rate uguali di 50.000,00 €, di cui la terza “entro la fine dell’undicesimo mese”, “di importo pari o superiore a 50.000,00 € in funzione dei quantitativi estratti”, precisando che il pagamento della terza rata sarebbe stato effettuato “previa verifica dei quantitativi effettivamente estratti”, con la puntualizzazione che “laddove -per cause di forza maggiore non imputabili al concessionario (quali, a mero titolo esemplificativo, malattie invalidanti che colpiscano il legale rappresentante della ditta, terremoti, inondazioni, crolli di strutture ed arterie viarie, particolari condizioni di congiuntura economica ascrivibili a concause che possano implicare un’imprevedibile contrazione della commercializzazione dei material estratti)- fossero inferiori a 150.000 mc., sarà possibile addivenire ad una rideterminazione della terza rata in proporzione ai quantitativi estratti oltre i 100.000 mc., mantenendo invariato il prezzo di 1,00 € al mc.”.


Inoltre, l’art. 11 del medesimo atto negoziale prevedeva che “il presente contratto verrà risolto qualora la ditta M P &
C. S.r.l. venisse meno ad una qualsiasi delle condizioni di cui al presente contratto”, fatti “salvi i maggiori danni nei confronti del Comune” ed i corrispettivi stabiliti dal precedente art. 7.

Poiché negli anni 2009, 2010 e 2011 aveva estratto un quantitativo di materiale inerte inferiore a 100.000 mc., la M P &
C. S.r.l. riteneva di non dover pagare al Comune la terza rata e con nota del 15.12.2011 chiedeva la proroga del contratto.

Il Comune di Vietri di Potenza con nota Responsabile Area Tecnica del 27.9.2011 e nota Sindaco Vietri di Potenza del 16.3.2012 chiedeva al concessionario il pagamento della somma di 150.000,00 €, cioè la terza rata relativa al triennio 2009-2011, precisando che in caso di inadempimento sarebbe stato adito il Tribunale competente”.

Poi con nota del 2.10.2012 il Responsabile dell’Area Tecnica diffidava la M P &
C. S.r.l. a pagare entro 15 giorni la predetta somma di 150.000,00 €, con l’espressa avvertenza, che in caso contrario, sarebbe stata avviata l’azione giudiziaria ed “anche la rescissione” (rectius risoluzione) del contratto per inadempimento, fatte salve le richieste di ogni ed ulteriore danno conseguente.

Con Del. n. 114 del 5.11.2012 (pubblicata nell’Albo Pretorio dal 5.11 al 20.11.2012) la Giunta Municipale demandava al Sindaco l’attivazione delle idonee iniziative giudiziarie, finalizzate al recupero della suddetta somma di 150.000,00 €, previa richiesta di “rescissione” (rectius risoluzione) del contratto per inadempimento, con salvezza del risarcimento degli eventuali danni.

Con Del. n. 133 del 19.12.2012 (pubblicata nell’Albo Pretorio dal 21.12.2012 al 5.1.2013) la Giunta Municipale, dopo aver richiamato gli artt. 33, lett. a), e 34 R.D. n. 1443/1927, l’art. 12 bis, comma 1, L.R. n. 12/1979, l’art. 6, comma 2, L. n. 537/1993 (come modificato dall’art. 44 L. n. 724/1994) e l’art. 57, comma 7, D.Lg.vo n. 163/2006 e fatto presente che con note del 3.12.2012 e del 14.12.2012 due ditte avevano manifestato l’interesse a partecipare ad una gara per la concessione della cava in questione, demandava al Responsabile dell’Area Tecnica l’indizione, mediante Determinazione, di un apposito procedimento di evidenza pubblica (con approvazione del relativo bando), per la selezione del nuovo concessionario della cava comunale in questione.

Con Determinazione n. 38 del 4.2.2013 (pubblicata nell’Albo Pretorio dal 4.2 al 19.2.2013) il Responsabile dell’Area Tecnica indiceva il procedimento di evidenza pubblica ed approvava il bando, per la concessione in affitto della suddetta cava comunale.

Tale bando prevedeva: come importo a base di gara il canone minimo annuo di 250.000,00 € (con previsione dell’aggiornamento annuale secondo l’indice F.O.I.), indipendentemente dal quantitativo di materiale estratto;
come requisito di ammissione l’iscrizione alla C.C.I.A.A.;
il criterio di aggiudicazione del maggior canone annuo offerto;
l’impegno, in caso di aggiudicazione, a presentare -entro 30 giorni dalla sottoscrizione del contratto- il progetto di coltivazione, che doveva essere autorizzato dalla Regione;
la durata del contratto di 4 anni, decorrenti dalla sottoscrizione;
che le offerte dovevano essere presentate entro il termine perentorio delle ore 13,00 dell’8.3.2013 e che i plichi sarebbero stati aperti nella seduta pubblica alle ore 10,00 del 12.3.2013.

Le Delibere G.M. n. n. 114 del 5.11.2012 e n. 133 del 19.12.2012 e la Determinazione n. 38 del 4.2.2013 sono state impugnate con il presente ricorso (notificato il 18.2.2013) deducendo:

1) violazione degli artt. 6, 7 e 21 quinquies L. n. 241/1990, dell’art. 2 del contratto di affitto del 9.3.2009, del principio del legittimo affidamento, nonché eccesso di potere per carenza istruttoria, arbitrarietà, assoluta carenza di interesse e violazione del giusto procedimento, in quanto il Comune aveva adottato gli atti e/o provvedimenti impugnati, senza aver risolto il contratto di affitto del 9.3.2009, e comunque dopo che con nota del 15.12.2011 aveva già chiesto (ai sensi dell’art. 2 del contratto) la proroga della concessione;

2) e 3) violazione degli artt. 12 e 13 L.R n. 12/1979, degli artt. 113 e ss. D.Lg.vo n. 267/2000, dell’art. 97 della Costituzione, incompetenza del Comune, nonché eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, in quanto solo la Regione Basilicata può indire procedimenti di evidenza pubblica per l’affidamento in concessione delle cave appartenenti al proprio patrimonio indisponibile, poiché solo tale Ente può autorizzare il progetto di coltivazione della cava;

4), 5) e 6) eccesso di potere per travisamento dei fatti, assenza dei presupposti e carenza di motivazione o motivazione illogica e/o contraddittoria, in quanto, poiché il materiale inerte estratto ogni anno era stato inferiore 100.000 mc., non doveva pagare la terza rata.

Si è costituito in giudizio il Comune di Vietri di Potenza, il quale, oltre a sostenere l’infondatezza del ricorso, ne ha anche eccepito l’irricevibilità e l’inammissibilità sia per la mancata notifica alle due ditte interessate a partecipare ad una gara per la concessione della cava in questione, sia per il difetto di interesse.

Inoltre, 10 dipendenti della società ricorrente hanno proposto l’atto di intervento ad adiuvandum (notificato il 16.3.2013).

All’Udienza Pubblica del 21.11.2013 le parti hanno fatto presente che l’impugnato procedimento di evidenza pubblica non aveva avuto alcun esito positivo per l’assenza di valide offerte ed il difensore dei dipendenti della ditta ricorrente ha chiesto che fosse dichiarata l’improcedibilità per sopravenuta carenza di interesse del ricorso in commento;
indi, la controversia in esame passava in decisione.

DIRITTO

In via preliminare, va rilevato che, ai sensi dell’art. 133, lett. b), Cod. Proc. Amm., il Giudice Amministrativo ha la giurisdizione esclusiva per i rapporti di concessione di beni pubblici, eccetto “le controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi”, devolute all’Autorità Giudiziaria Ordinaria.

Pertanto, poiché la controversia in esame verte sulla risoluzione per inadempimento del contratto di affitto del 9.3.2009 e sulla conseguente indizione del procedimento di evidenza pubblica, finalizzato alla selezione del nuovo concessionario della cava di proprietà comunale di cui è causa, va affermata la giurisdizione del Tribunale adito.

Sempre in via preliminare, va precisato che non può essere dichiarata l’irricevibilità dell’impugnazione della Del. G.M. n. 114 del 5.11.2012, in quanto tale Delibera, nel demandare al Sindaco l’attivazione sia di idonee iniziative giudiziarie, sia della richiesta di risoluzione del contratto per inadempimento, assume la configurazione di un atto non immediatamente lesivo, che perciò può essere impugnato unitamente alla successiva Del. G.M. n. 133 del 19.12.2012 ed alla conseguente Determinazione n. 38 del 4.2.2013 entro il termine decadenziale di 60 giorni ex art. 29 Cod. Proc. Amm., decorrente dal 15° ed ultimo giorno di pubblicazione nell’Albo Pretorio dei due predetti provvedimenti successivi.

Inoltre, sempre in via pregiudiziale, va disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso per la mancata notifica alle due ditte interessate a partecipare alla gara per la concessione della cava in questione, in quanto, pur prescindendo dalla circostanza che nell’impugnata Del. G.M. n. 133 del 19.12.2012 non viene indicato il nominativo di tali ditte, può essere qualificato soggetto controinteressato soltanto il vincitore del procedimento di evidenza pubblica, indetto con la successiva Determinazione n. 38 del 4.2.2013.

Invece, risulta evidente la legittimazione attiva della società ricorrente, in quanto con l’impugnazione in commento si è voluto tutelare l’interesse, finalizzato all’impedimento dell’indizione della gara per la scelta del concessionario della cava e/o alla persistenza nella gestione della stessa per intervenuta proroga del relativo contratto.

Comunque, il ricorso in epigrafe va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, attesocchè l’impugnato procedimento di evidenza pubblica non ha avuto esito positivo per l’assenza di valide offerte.

Ma, poiché il Comune potrebbe indire una nuova gara, risulta opportuno svolgere le seguenti considerazioni.

Gli atti impugnati presupponevano l’implicita risoluzione contrattuale ai sensi dell’art. 11 del contratto del 9.3.2009, in quanto tale risoluzione contrattuale costituisce un presupposto implicito indefettibile per l’indizione del procedimento di evidenza pubblica finalizzato alla scelta del nuovo concessionario, poiché tale gara non poteva essere indetta se non presupponendo (per implicito) la risoluzione del contratto per inadempimento della ricorrente.

Ciò, tenuto pure conto della note Responsabile Area Tecnica del 27.9.2011 e del 2.10.2012, della nota Sindaco Vietri di Potenza del 16.3.2012 e della Del. G.M. n. 114 del 5.11.2012, con le quali il Comune aveva chiesto il pagamento della somma di 150.000,00 €, cioè la terza rata relativa al triennio 2009-2011, con l’espressa avvertenza che, in caso contrario, sarebbe stata adita l’Autorità Giudiziaria competente e sarebbe anche stato rescisso (rectius risolto) il contratto per inadempimento, con salvezza del risarcimento degli eventuali danni.

Pertanto, non può ritenersi che, nella specie, vi sia stata violazione del principio del legittimo affidamento, in quanto la ricorrente ha inoltrato la richiesta di proroga del contratto in data 15.12.2011, quando il Responsabile Area Tecnica con nota del 27.9.2011 aveva già intimato il pagamento della terza rata annuale.

Inoltre, va rilevato che la legge sul procedimento amministrativo (tranne che per il diritto di accesso) si applica soltanto all’attività di carattere provvedimentale di diritto pubblico e non all’attività di diritto privato e/o paritetica, svolta dalla Pubblica Amministrazione, come nella specie nella fase di esecuzione contrattuale.

Con riferimento agli artt. 12 e 13 L.R n. 12/1979, ai sensi dei quali al proprietario della cava non coltivata il concessionario, autorizzato dalla Regione, deve corrispondere “un indennizzo annuo pari al 25% del valore agricolo delle aree”, si coglie l’occasione, per richiamare quanto già statuito da questo Tribunale con le Sentenze n. 51 dell’8.2.2012 e n. 406 del 30.8.2012.

Infatti, l’art. 12, comma 6, L.R. n. 12/1979 stabilisce che al rapporto di concessione delle cave “si applicano … per quanto non disposto dalla presente Legge le norme di cui al Titolo II del R.D. n. 1443/1927” (cioè delle norme in materia di miniere, le quali appartengono al patrimonio indisponibile dello Stato), “in quanto applicabili e comprabili con la materia specifica, intendendosi comunque sostituiti agli organi dello Stato i competenti organi regionali”.

Tra gli artt. del R.D. n. 1443/1927 richiamati vi sono l’art. 33, lett. a), il quale statuisce che “la concessione cessa per scadenza del termine”, e l’art. 34, il quale puntualizza che “la concessione scaduta può essere rinnovata, qualora il concessionario abbia ottemperato agli obblighi impostigli”.

La giurisprudenza ha interpretato il citato art. 34 R.D. n. 1443/1927 nel senso che la possibilità che il titolare di una concessione mineraria ottenga, alla scadenza del termine della concessione, il rinnovo è subordinata, oltre che alla verificata ottemperanza agli obblighi impostigli con la precedente concessione, alla circostanza che alla data della scadenza della concessione non siano state presentate altre istanze di sfruttamento (come nella specie, tenuto di quanto indicato nell’impugnata Del. G.M. n. 114 del 5.11.2012, cioè che con note del 3.12.2012 e del 14.12.2012 due ditte avevano manifestato l’interesse a partecipare ad una gara per la concessione della cava di cui è causa) della miniera, dal momento che in tale seconda evenienza l’Amministrazione è tenuta a valutare comparativamente le predette istanze (cfr. C.d.S. Sez. VI Sent. n. 952 del 15.6.1998).

Ed a riprova di ciò l’art. 12 bis L.R. n. 12/1979 ha statuito che “la concessione di cave, appartenenti al patrimonio indisponibile regionale”, “è rilasciata dalla Giunta Regionale fra quanti abbiano presentato la domanda nei termini previsti da apposito bando”.

Al riguardo si osserva che ai sensi dell’art. 45 R.D. n. 1443/1927 le cave possono essere coltivate dal proprietario del suolo, ma in caso di mancato o cattivo sfruttamento possono essere avocate dalla Regione (cfr. art. 62 DPR n. 616/1977) ed assoggettate allo stesso regime delle miniere, per cui solo in tal caso le cave entrano a far parte del patrimonio indisponibile della Regione ex art. 826, comma 2, C.C..

La trattativa privata è ammessa solo quando nessun imprenditore abbia presentato la domanda nei termini previsti dal bando oppure quando ricorre la fattispecie dell’ampliamento di una cava in attività.

Poiché nella specie la cava è di proprietà comunale e fa parte del patrimonio disponibile del Comune, il rapporto concessorio sussiste solo con il Comune resistente, per cui anche nel caso di cava di proprietà comunale trova applicazione il principio stabilito dall’art. 12 bis L.R. n. 12/1979 per le cave di proprietà regionale e dal predetto orientamento giurisprudenziale in tema di applicazione dell’art. 34 R.D. n. 1443/1927.

Mentre l’autorizzazione regionale ha soltanto una valenza di carattere tecnico, finalizzata alla tutela degli interessi pubblici di natura geologica, ambientale ed economica (cfr. artt. 2 e 5 L.R. n. 12/1979), il cui possesso risulta indispensabile per l’esercizio dell’attività di coltivazione di una cava.

Perciò, va sottolineato che la coltivazione della cava non può iniziare prima del rilascio dell’autorizzazione regionale.

In ogni caso, va pure specificato che, ai sensi dell’art. 3, comma 1, R.D. n. 2440/1923, i contratti dai quali deriva un’entrata per la Pubblica Amministrazione devono essere preceduti da una procedura di evidenza pubblica.

Risulta condivisibile anche il richiamo, effettuato dal Comune nell’impugnata Del. G.M. n. 114 del 5.11.2012, alla sanzione della nullità delle clausole dei contratti di appalto, che prevedono il rinnovo tacito, sancita dall’art. 57, comma 7, D.Lg.vo n. 163/2006, che riproduce il previgente art. 6, comma 2, L. n. 537/1993, come modificato prima dall’art. 44, comma 1, L. n. 724/1994 e poi dall’art. 23, comma 1, L. n. 62/2005, ed abrogato dall’art. 256 dello stesso D.Lg.vo n. 163/2006, in quanto trattasi di in principio fondamentale estensibile a tutti contratti della Pubblica Amministrazione e perciò anche alla concessione della cava di proprietà comunale.

Pertanto, l’art. 2 del contratto di affitto del 9.3.2009 risulta nullo, nella parte in cui prevede la proroga del contratto “sino alla scadenza dell’autorizzazione regionale, su semplice richiesta del concessionario”.

Infine, va rilevato che, tenuto conto del tenore letterale dei sopra trascritti artt. 6 e 7 del contratto di affitto, stipulato il 9.3.2009, il Comune di Vietri di Potenza li abbia correttamente interpretati, in quanto l’art. 7 statuisce “il corrispettivo minimo da pagare annualmente al Comune” di 150.000,00 €, mentre la possibilità di non pagare la terza rata e/o una somma superiore a 100.000,00 €, ma inferiore a 150.000,00 €, poteva verificarsi soltanto se ricorrevano “cause di forza maggiore non imputabili al concessionario”, come per es. “malattie invalidanti che colpiscano il legale rappresentante della ditta, terremoti, inondazioni, crolli di strutture ed arterie viarie, particolari condizioni di congiuntura economica ascrivibili a concause che possano implicare un’imprevedibile contrazione della commercializzazione dei material estratti”.

Ma, poiché nella specie non si era verificata alcuna delle predette cause di forza maggiore, deve ritenersi che il Comune abbia legittimamente, ai sensi dell’art. 11 del contratto del 9.3.2009, risolto il rapporto di concessione.

In applicazione del principio della soccombenza virtuale, la società ricorrente va condannata al pagamento delle spese di lite, liquidate nel dispositivo.

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