TAR Roma, sez. I, sentenza 2015-01-09, n. 201500238
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiSul provvedimento
Testo completo
N. 00238/2015 REG.PROV.COLL.
N. 05006/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5006 del 2014, proposto da:
Ryanair Ltd, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avv. M C, S G, G M, C V, elettivamente domiciliata in Roma, Via Cuboni, 12, presso lo studio legale Macchi, Di Cellere, Gangemi;
contro
L’Autorità Garante della concorrenza e del mercato, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale domicilia in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
Maria Pullano;
Adiconsum Sicilia, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Lidia Dimasi, elettivamente domiciliata in Roma, Via del Tritone, 102, presso lo studio dell’avv. Giuseppe Cavallaro;
per l'annullamento
- del provvedimento n. 026825 del 2 maggio 2013 di rigetto degli impegni presentati dal professionista l'8 aprile 2013 in virtù "dell'interesse dell'Autorità a procedere all'accertamento dell'eventuale infrazione"
- del provvedimento n, 36467 del 9 luglio 2013 di dichiarazione di inammissibilità della istanza del 14 maggio 2013 presentata dal professionista ad "integrazione e modifica" degli impegni integrati dal professionista l'8 aprile 2013 "in quanto pervenuti successivamente alla scadenza del termine di 45 gg di cui all'art. 9.1 del regolamento";
- del provvedimento n. 24711 (prot. n. 0014023) relativo alla conclusione del procedimento istruttorio PS/7245 assunto dall'Autorità nell'adunanza del 20 dicembre 2013 e notificato in data 10 febbraio 2014 per presunta violazione degli artt. 20, 21, lettere b) e d), 22, 24 e 25 del codice del Consumo, nonché di ogni altro atto presupposto o consequenziale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità Garante della concorrenza e del mercato e di Adiconsum Sicilia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 dicembre 2014 la dott.ssa R C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Sulla base di informazioni acquisite ai fini dell’applicazione del Codice del Consumo nel mese di febbraio 2013, di segnalazione pervenuta da parte dell’associazione Adicomsum Sicilia e di segnalazioni di numerosi consumatori nel periodo novembre 2010 – dicembre 2012, l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (di seguito, “AGCM” o anche “Autorità”) comunicava, in data 21 febbraio 2013, l’avvio di un procedimento istruttorio (PS7245) avente ad oggetto presunte pratiche commerciali scorrette poste in essere dalla società Ryanair LTD (di seguito anche “Ryanair” o “società”), integranti la violazione degli artt. 20, 21, 22, 24 e 25 del Codice del Consumo.
I comportamenti contestati alla società consistevano:
a) nell’aver proposto, nel corso della procedure di prenotazione /acquisto di un volo, in abbinamento al servizio di trasporto aereo, l’acquisto della “assicurazione viaggio”senza descrivere, o descrivendo in modo estremamente sintetico, le coperture/garanzie previste in caso di annullamento/interruzione/rinuncia al viaggio e procedendo soltanto ad una sommaria elencazione dei rischi assicurati, senza rendere chiaro l’oggetto e la consistenza del servizio assicurativo proposto;b) nell’aver predisposto una modalità di proposizione al pubblico della polizza assicurativa per cui il consumatore incontra difficoltà nel proseguire nel processo di prenotazione senza acquistare il servizio, in considerazione del fatto che l’opzione “non mi assicurare” è posta all’interno di un menu a tendina intitolato “seleziona il paese di residenza”, o nell’aver predisposto un sistema automatico di preselezione;c) nel subordinare la presentazione della richiesta di rimborso alla produzione di una specifica lettera di assenza, emessa dal vettore aereo, in cui si attesti la “ ragione del ritardo o cancellazione del viaggio dell’assicurato ”, così da poter certificare la mancata fruizione del servizio di trasporto, per il rilascio della quale Ryanair richiede il pagamento di una fee pari a 20 euro, onere aggiuntivo non menzionato nel corso della procedura di prenotazione;d) nell’aver ulteriormente subordinato la possibilità di richiesta di rimborso anche alla necessità di contattare il call center a pagamento della società, mediante chiamata a numero telefonico non geografico 899552589 il cui costo è pari a 0,12 € per chiamata + 0,97 al minuto per telefonate dall’Italia;e) nella impossibilità, per i consumatori italiani, di recedere dal contratto di assicurazione una volta effettuato il pagamento, diritto concesso invece a passeggeri di nazionalità diversa da quella italiana.
In data 22 febbraio 2013, l'Autorità formulava una richiesta di informazioni alla società di assicurazioni, UK Generale Insurance Limited, la cui risposta perveniva il successivo 12 aprile 2013, con integrazione del 16 maggio 2013;in data 26 marzo 2013 veniva richiesta assistenza, ai sensi del d.lgs. 9 aprile 2003, n. 70, al Department of Enterprise, Trade Employment Enterprise, Sectoral and Business Unite della Competition Authority irlandese, in data 5 aprile 2013 Ryanair presentava una nota di risposta alla suddetta richiesta di informazioni.
Il giorno 8 aprile 2013, la società sottoponeva all'attenzione dell'Autorità una proposta di impegni ("Impegni") ai sensi dell'art. 27, comma 7, del Codice del Consumo, che venivano rigettati dall’Autorità nell’adunanza del 23 aprile 2013.
In data 14 maggio 2013 Ryanair presentava un’istanza di assunzione di nuovi impegni, respinta nell’adunanza del 3 luglio 2013, con il quale veniva anche disposta la proroga del procedimento.
L’Autorità, tenuto conto che talune delle condotte oggetto del procedimento erano state diffuse attraverso internet, in data 17 dicembre 2013, ai sensi dell'articolo 27, comma 6, del Codice del Consumo, richiedeva all'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni il prescritto parere.
Infine, sulla base delle risultanze istruttorie, AGCM adottava il provvedimento n. 24711 del 20 dicembre 2013 con cui deliberava che le pratiche commerciali poste in essere da Rayanair dovevano ritenersi scorrette ai sensi degli articoli ai sensi degli articoli 20, 21, lettere b) e d), 22, 24 e 25 del Codice del Consumo, contrarie alla diligenza professionale ed idonee a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico del consumatore medio cui sono destinate, con riguardo alla reale portata e convenienza economica delle offerte pubblicizzate dal professionista;ne vietava l'ulteriore diffusione, provvedendo altresì ad irrogare alla società la sanzione di cui € 850.000,00
Avverso il suddetto provvedimento e i due atti di rigetto degli impegni la società Ryanair si è gravata con il ricorso in epigrafe e ne ha chiesto l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione, deducendone l’illegittimità per i seguenti motivi:
Violazione dell’art. 9 della delibera AGCM 8 agosto 2012, n. 23788 – regolamento sulle procedure istruttoria in materia di pubblicità ingannevole e comparativa, pratiche commerciali scorrette, clausole vessatorie, omessa motivazione, palese eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche, violazione del diritto di difesa e al contraddittorio, violazione degli artt. 3 e 24 della costituzione, per aver applicato a situazioni differenti un medesimo termine, che comprime eccessivamente i termini a difesa del professionista straniero non stabilito.
Sostiene la ricorrente che la prima dichiarazione di impegni presentata sarebbe già stata strutturata in modo da rispondere puntualmente alle singole contestazioni contenute nell’avviso di avvio del procedimento.
Ciononostante l’Autorità, senza neppure sentire in audizione il professionista, avrebbe rigettato gli impegni con provvedimento motivato in maniera carente, che si limitava a far riferimento ad una ritenuta parziale incompletezza informativa e al fatto che gli stessi fossero destinati ad avere effetti solo per il futuro.
La versione degli impegni presentata a maggio, poi, sarebbe stata, ancor più immotivatamente, respinta, solo perché asseritamente tardiva, ciò che contrasta con la reale natura della dichiarazione proposta, mera integrazione di quella già tempestivamente presentata, nonché con la stessa previsione regolamentare, che non menziona la perentorietà del termine.
Ove poi il termine dovesse essere ritenuto perentorio, lo stesso sarebbe incongruo nella parte in cui non fosse prevista una maggior durata dello stesso per i professionisti esteri.
L’illegittimo rifiuto degli impegni, in conclusione, si porrebbe come causa di illegittimità del provvedimento sanzionatorio finale.
II Violazione degli artt. 20, 21, lett. b) e d), 22, 24, 25 e 67 duo decies del codice del consumo, considerando n 6 e 18 ed art. 5, comma 2, lett. b) della direttiva 2005/29/CE. Violazione ed erronea interpretazione dei considerando 2, 3, 4, 5, 6, ed art. 4 della direttiva 2005/29/CE. Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche, manifesta erronea applicazione dei parametri di consumatore medio, diligenza, recettività, aggressività della pratica.
La pratica commerciale sanzionata non sarebbe né ingannevole né aggressiva, atteso che la stessa non sarebbe idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico del consumatore. Ed infatti per consumatore medio deve intendersi il soggetto normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto.
L’incidenza statistica della pratica commerciale contestata sul numero delle transazioni, poi, dimostrerebbe che non vi è stata rilevante influenza o sensibile alterazione della libertà di scelta del consumatore medio.
III Violazione degli artt. 20, 21, lett. b) e d), 22, 24, 25 del codice del consumo, in particolare in relazione al vizio di imputazione soggettiva della pratica asseritamente scorretta.
Avrebbe errato l’Autorità nell’attribuire l’intera responsabilità della pratica commerciale sanzionata a Ryanair, ignorando completamente che l’autore materiale della condotta sarebbe UK Generale Insurance Limited.
In particolare la società sanzionata avrebbe un mero ruolo di distribuzione del prodotto, commercializzato dall’impresa assicurativa, unica responsabile della formulazione dei claims e delle modalità di preparazione ed approvazione dei documenti relativi alla distribuzione del prodotto sul proprio sito internet.
Tale comportamento, oltre che illegittimo, sarebbe pure in contrasto con la prassi seguita in altre circostanze dalla Autorità.
IV. Violazione art. 27, comma 9, del codice del consumo e dell’art. 11 della legge n. 689/1981, manifesta illegittimità e difetto di motivazione nella determinazione della sanzione amministrativa irrogata. Eccesso di potere per manifesta illogicità e difetto di motivazione, in particolare nella valutazione della gravità della pratica commerciale di Ryanair e nella valutazione del ravvedimento operoso della ricorrente. Eccesso di potere per disparità di trattamento
La determinazione della sanzione apparirebbe manifestamente illogica e sovrabbondante rispetto ai fatti di causa, non correttamente correlata ai parametri di legge e tale da non attribuire alcuna rilevanza al ravvedimento operoso e alla personalità del professionista, che avrebbe, in ogni caso, adeguato il suo comportamento alle dichiarazioni di impegni, ancorché non accettate.
La sanzione, infine, apparirebbe sensibilmente maggiore di quella inflitta per fatti analoghi ad altri operatori di settore.
L’Autorità Garante della concorrenza e del mercato, costituita in giudizio, ha chiesto il rigetto del gravame.
Il ricorso è stato trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 3 dicembre 2014.
DIRITTO
Il ricorso è infondato e va respinto.
Per ragioni sistematiche è opportuno esaminare in via prioritaria il secondo motivo di doglianza, con il quale la ricorrente ha sostenuto la non ascrivibilità della pratica commerciale da essa posta in essere a quelle sanzionabili a norma del codice del consumo.
In particolare, a giudizio del professionista, la pratica commerciale presa in esame dall’Autorità Garante per la concorrenza e il mercato non sarebbe idonea a provocare una “ sensibile alterazione ” del comportamento dei consumatori, tanto più che la nozione di consumatore andrebbe intesa nella sua oggettività, con esclusione di ogni possibile rilevanza di elementi di carattere soggettivo.
L’assenza di profili di oggettiva idoneità della pratica ad incidere sul comportamento del consumatore medio, cioè quello normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto, secondo l’insegnamento della Corte di giustizia, sarebbe smentita per tabusas dal fatto che la percentuale di stipula di contratti di assicurazione sul sito di Ryanair si attesterebbe intorno a poco più del 3% nel 2011 e al 4,23% nel 2012.
La ricostruzione dell’Autorità sarebbe erronea anche nella parte in cui ritiene che l’acquisto della assicurazione avvenga secondo un meccanismo opt-out, atteso che il sito non prevedeva un acquisto automatico se non previa deselezione del consumatore, ma un semplice meccanismo di blocco della procedura laddove il consumatore non avesse selezionato alcuna opzione.
In ogni caso la modalità di selezione non potrebbe mai costituire, in assenza di più puntuale indagine, unico motivo di valutazione della scorrettezza di una pratica commerciale.
L’Autorità avrebbe ulteriormente errato nel ritenere insufficienti le informazioni relative al prodotto offerto, la necessaria sinteticità delle quali andrebbe correlata alla complessità del contratto di assicurazione e alla possibilità di approfondirne le caratteristiche medianti il rinvio al link condizioni di polizza.
Analoghe descrizioni sommarie, del resto, caratterizzerebbero le analoghe proposte di prodotti assicurativi offerti da società concorrenti.
In materia di recesso poi, premesso che tale rimedio contrattuale non è previsto in materia di prodotti assicurativi ai sensi dell’art. 67 duodecies, comma 5, lett. b) del codice del consumo, la società sostiene di aver attribuito ai consumatori un diritto di scioglimento unilaterale dal contratto più ampio di quanto previsto dalle norme italiane, non ponendo in essere alcun comportamento qualificabile come aggressivo.
Ancora erronea sarebbe la ritenuta aggressività delle modalità del rimborso, atteso che l’Autorità non avrebbe considerato che il costo del certificato no show era a sua volta oggetto di rimborso, come stabilità dall’art. 24 punto 17 della polizza e che il certificato stesso veniva richiesto dalla società assicurativa, e non da essa ricorrente, per i soli casi in cui la mancata fruizione del viaggio non fosse addebitabile direttamente alla compagnia.
Il motivo di doglianza è infondato.
È utile un breve richiamo al quadro normativo di riferimento.
Al riguardo, viene in immediato rilievo l’art. 20, comma 2, del codice del consumo di cui al d.lgs. 2 settembre 2005, n. 206, che stabilisce che una pratica commerciale è scorretta se è contraria alla diligenza professionale, ed è falsa o idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che essa raggiunge o al quale è diretta o del membro medio di un gruppo qualora la pratica commerciale sia diretta a un determinato gruppo di consumatori.
Il comma 4 individua come ingannevoli le ipotesi di cui agli articoli 21, 22 e 23 o aggressive quelle di cui agli articoli 24, 25 e 26.
A sua volta, il successivo art. 21, al comma 1, considera ingannevole “... una pratica commerciale che contiene informazioni non rispondenti al vero o, seppure di fatto corretta, in qualsiasi modo, anche nella sua presentazione complessiva, induce o è idonea ad indurre in errore il consumatore medio riguardo ad uno o più dei seguenti elementi e, in ogni caso, lo induce o è idonea a indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso: .. b) le caratteristiche principali del prodotto, quali la sua disponibilità, i vantaggi, i rischi, l'esecuzione, la composizione, gli accessori, l'assistenza post-vendita al consumatore e il trattamento dei reclami, il metodo e la data di fabbricazione o della prestazione, la consegna, l'idoneità allo scopo, gli usi, la quantità, la descrizione, l'origine geografica o commerciale o i risultati che si possono attendere dal suo uso, o i risultati e le caratteristiche fondamentali di prove e controlli effettuati sul prodotto;… d) il prezzo o il modo in cui questo e' calcolato o l'esistenza di uno specifico vantaggio quanto al prezzo ”.
L’art. 22, comma 1, poi, stabilisce che “ E’ considerata ingannevole una pratica commerciale che nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, nonché dei limiti del mezzo di comunicazione impiegato, omette informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno in tale contesto per prendere una decisione consapevole di natura commerciale e induce o e' idonea ad indurre in tal modo il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso ”, precisando al comma 4 che, in caso di un invito all'acquisto sono considerate rilevanti, tra le altre, le informazioni relative al prezzo del prodotto.
L’art. 23, al comma 1, lettera v), dispone ancora che è considerata in ogni caso ingannevole, tra le altre, la pratica commerciale consistente nel “descrivere un prodotto come gratuito o senza alcun onere, se il consumatore deve pagare un supplemento di prezzo rispetto al normale costo necessario per rispondere alla pratica commerciale e ritirare o farsi recapitare il prodotto ”.
L’art. 24, infine, dispone che è considerata aggressiva una pratica commerciale che, nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, mediante molestie, coercizione, compreso il ricorso alla forza fisica o indebito condizionamento, limita o è idonea a limitare considerevolmente la libertà di scelta o di comportamento del consumatore medio in relazione al prodotto e, pertanto, lo induce o è idonea ad indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.
Venendo alla fattispecie concreta in esame, va sicuramente condivisa l’osservazione formulata dalla difesa erariale, che ha rilevato come la ricorrente non abbia contestato l’esistenza storica di alcuno dei fatti posti a base del provvedimento, risolvendosi la censura relativa al difetto dei presupposti della ingannevolezza e della aggressività in una assertiva quanto inammissibile contestazione del merito della decisione dell’Autorità della quale non vengono neppure evidenziati precisi profili di irragionevolezza o illogicità.
Ed infatti emerge dal provvedimento impugnato e non è efficacemente contestato che:
le informazioni fornite sul sito Ryanair in ordine al contenuto della polizza assicurativa siano omissive, e non semplicemente sintetiche, con riferimento alla natura dei rischi effettivamente coperti dal contratto di assicurazione, atteso che alcuni dei rischi indicati come protetti ricadono per legge sul vettore e che, con riferimento ad altri rischi, non è specificato quali voci e quali casi di mancata effettuazione del viaggio non sono coperti dal contratto medesimo, come pure non specificati sono gli importi relativi alla franchigia;
le informazioni sono chiaramente equivoche nella parte in cui indicano il presunto vantaggio della polizza in un risparmio di 18.000 euro, relativo ad ipotesi estremamente rare e quindi non rappresentativo di una reale evenienza;
la pratica prevista per il diritto di rimborso si articola in una procedura complessa che prevede, per alcune ipotesi, la necessaria richiesta di una lettera di una lettera di no show, a pagamento, e di una chiamata ad un numero telefonico non geografico a pagamento per l’attivazione del rimborso medesimo;
l’opzione “ non mi assicurare ” si trova all’interno di un menu a tendina relativo al paese di residenza e la stessa si trova tra le voci Netherlands e Norway;la collocazione del menu nella sezione “ dettagli passeggeri ”, inoltre, è fonte di ulteriore ambiguità e rende ancora meto comprensibile il contenuto della scelta selezionata;
il difficile reperimento dell’opzione “ non mi assicurare ” e il conseguente acquisto non consapevole determina una opacità relativa al prezzo finale del prodotto e comunque una non chiara percepibilità dell’importo dei supplementi di prezzo opzionali;
la necessità di deselezione se si vuole procedere nell’acquisto esclude che l’acquisto della polizza avvenga secondo un meccanismo di scelta consapevole del tipo opt in;
nel provvedimento di definizione del procedimento l’aggressività della pratica è ravvisata dall’Autorità nelle modalità imposte al consumatore per ottenere il rimborso (e non al recesso dal contratto di assicurazione, come erroneamente prospettato in ricorso), attesa la previsione del pagamento di una fee per il rilascio dell’attestato di no show, a sua volta necessario per ottenere il rimborso, modalità della quale il consumatore ha conoscenza solo al momento in cui si rivolge alla compagnia aerea per il rilascio della lettere e non conoscibile al momento dell’acquisto del prodotto assicurativo;
il costo della fee è superiore al costo stesso dell’assicurazione ed è fonte di apprezzabili introiti per Ryanair;
l’esistenza di tale onere economico, non conosciuto né conoscibile al momento dell’acquisto, e l’incertezza dell’esisto del rimborso, a sua volta subordinato pure all’utilizzo di un numero telefonico a pagamento , integrano il comportamento aggressivo che il provvedimento ha inteso sanzionare, perché idonee a scoraggiare il consumatore dall’intraprendere il procedimento di rimborso, dall’importo del quale va ulteriormente dedotto l’ammontare della franchigia;
la non appetibilità del rimborso, attesi i costi connessi alla richiesta e la sottrazione da esso della citata franchigia, oltre ad annullare di fatto l’utilità della garanzia, spiega pure il basso numero di richieste di rimborso presentate dai consumatori, ben inferiore al numero di lettere di no show rilasciate dalla società;
il certificato di no show, peraltro, attesta circostanze e dati che sono nella disponibilità della compagnia aerea e che quindi potrebbe essere comunicata in via automatica alla compagnia assicuratrice.
Da quanto riportato emerge come correttamente l’Autorità abbia ritenuto sia l’ingannevolezza della pratica, riferita ai rilevato profili omissivi e/o decettivi, che l’aggressività della stessa, riferita alle difficoltà di esercizio dei diritti contrattuali.
Ed infatti le informazioni fornite nella fase di acquisto primo erano assolutamente incomplete e ambigue, tali da non consentire al consumatore di assumere una scelta consapevole, difficoltà significativamente aumentata in ragione della collocazione della scelta “ non mi assicurare ” nel menu a tendina relativo alla indicazione del paese di residenza.
In tal modo veniva chiaramente lesa quell’esigenza di salvaguardia della libertà di autodeterminazione, che il legislatore ha inteso salvaguardare fin dal primo contatto pubblicitario, imponendo al professionista un particolare onere di chiarezza nella propria comunicazione di impresa “cfr., ex multis, T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 3 dicembre 2010, n. 35333, che rileva pure come “ l’ingannevolezza del messaggio non è, pertanto, esclusa dalla possibilità che il consumatore sia posto in condizione, prima della stipula del contratto, di conoscere in dettaglio tutti gli aspetti che lo caratterizzano, in quanto la verifica condotta dall'Autorità riguarda il messaggio pubblicitario in sé e, pertanto, la sua idoneità a condizionare le scelte dei consumatori, indipendentemente dalle informazioni che l'operatore renda disponibili a " contatto " già avvenuto, e quindi ad effetto promozionale ormai prodotto ”).
Con riferimento alla qualificazione del meccanismo di scelta della opzione assicurativa, poi, va sicuramente condivisa la qualificazione dell’Autorità in termini di necessaria deselezione, e non di scelta consapevole, ciò che trova conferma nell’affermazione della società secondo cui la mancata effettuazione della deselezione importava il blocco del processo di acquisto.
La già rilevata genericità delle critiche articolate investe poi il riferimento al consumatore medio, atteso che, a fronte delle puntuali e condivisibili valutazioni dell’Antitrust sull’idoneità a falsare il comportamento del consumatore, la società si è limitata a richiamare formule generali ed enunciazioni assertive.
Neppure appare provata la ritenuta disparità di trattamento con altre compagnie che, pur avendo posto in essere pratiche commerciali simili, non sarebbero state sanzionate dall’Autorità, atteso che le stesse allegazioni di parte non documentano affatto la pretesa identità predicata in ricorso.
Del tutto irrilevante appare poi il richiamo all’art. 67 due decies, comma 5, lett b, del codice del consumo, considerato che , come già rilevato, ciò che è contestato dall’Autorità in punto di aggressività attiene al diritto al rimborso e non al diritto al recesso.
Quanto poi alla scarsa incidenza percentuale del fenomeno deve, da un lato osservarsi come il provvedimento spieghi puntualmente la differenza tra numero di assicurazioni sottoscritte (a cui si riferiscono gli aspetti di ingannevolezza e decettività del messaggio ritenuti rilevanti dall’AGCM e il cui ammontare non è contestato dalla ricorrente) e il numero di rimborsi, la cui bassa entità è conseguenza e prova degli ostacoli frapposti all’esercizio del medesimo, nei quali è specificamente ravvisata l’aggressività della pratica.
Sul punto, peraltro, deve in ogni caso osservarsi come, nell’assetto di interessi disciplinato dal decreto legislativo n. 206/2005, le norme a tutela del consumo delineano una fattispecie di “ pericolo”, “ essendo preordinate a prevenire le possibili distorsioni delle iniziative commerciali nella fase pubblicitaria, prodromica a quella negoziale, sicché non è richiesto all'autorità di dare contezza del maturarsi di un pregiudizio economico per i consumatori, essendo sufficiente la potenziale lesione della loro libera determinazione ” (cfr., ex multis, T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 04 febbraio 2013, n. 1177).
Quanto infine all’affermazione secondo cui in determinati casi il costo del certificato veniva rimborsato al consumatore, la stessa, oltre a non scalfire i profili di incompletezza dell’informazione ritenuti tali da determinare la scorrettezza della pratica, è in sostanza confermativa dell’accreditamento della medesima somma alla società predisponente negli altri casi, circostanza, quest’ultima, a cui la Autorità ha attribuito il corretto rilievo in punto di determinazione della sanzione.
Può dunque passarsi all’esame del primo motivo di doglianza, con il quale la ricorrente ha contestato i due provvedimenti di rigetto degli impegni, l’illegittimità dei quali si riverberebbe sull’adozione del provvedimento finale.
In punto di fatto è opportuno richiamare il contenuto dei due rigetti.
Il primo provvedimento di reiezione degli impegni, adottato nell’adunanza del 23 aprile 2013 è motivato con riferimento alla circostanza che gli impegni presentati non appaiono idonei a rimuovere i profili di scorrettezza contestati nella comunicazione di avvio del procedimento, in considerazione del fatto che “ da un lato consistono nella mera intenzione di interrompere, per il futuro alcune delle condotte relative alla pratica oggetto dell’attuale accertamento istruttorio, dall’altro non forniscono informazioni chiare, trasparenti e facilmente reperibili da parte dei consumatori riguardo ad informazioni essenziali di cui questi necessitano al fine di assumere decisioni commerciali consapevoli. Infine, gli impegni proposti non coprono tutti i profili di contestazione sollevati nella comunicazione di avvio del procedimento istruttorio ”.
In ultimo l’Autorità rileva pure come sussista nel caso di specie l’interesse a procedere all’accertamento dell’eventuale infrazione.
L’affermazione secondo cui gli impegni prevedevano la cessazione di alcuni comportamenti solo con riferimento al futuro non è contestata dalla ricorrente ed è anzi affermato dal professionista nel testo della dichiarazione medesima.
Il rilievo secondo cui le modifiche proposte non eliminano i profili di opacità delle informazioni e non coprono tutti i profili di contestazione, pur nella sua necessaria sinteticità, è a sua volta confermato dalla semplice lettura della dichiarazione di impegni, le proposte contenute nella quale lasciano fermo il riferimento ad un “ valore medio di risarcimento effettivamente liquidato agli acquirenti ” e quindi la contestata genericità dell’informazione, propongono di aggiungere un asterisco all’elencazione dei rischi protetti, eliminando solo in parte la contestata laconicità della descrizione del prodotto assicurativo, propongono di mutare il contenuto del menu a tendina in maniera da rendere più facile il riconoscimento del tasto per la deselezione, ma lasciano fermo il meccanismo opt out e soprattutto lasciano l’opzione in una collocazione completamente incongrua con la finalità perseguita (selezione del paese di appartenenza del consumatore), lasciano ferma, con riferimento alla lettera di no show, la necessità di contattare il numero non geografico a pagamento.
Quanto alla ritenuta sussistenza dell’interesse dell’Autorità a procedere all’accertamento dell’eventuale infrazione, essa va ragionevolmente correlata alla gravità dei fatti e alla loro novità, anche in considerazione delle dimensioni dell’operatore.
Il primo provvedimento di diniego, in conclusione, appare congruamente motivato con riferimento ad una pluralità di ragioni, tutte documentalmente riscontrabili.
La radicale e sopra rilevata insufficienza degli impegni presentati in data 8 aprile 2013, infine, dà pure ragione della ritenuta novità degli impegni proposti in data 8 maggio, qualificati come nuovi e ulteriori nella stessa dichiarazione di parte.
I numerosi profili di novità e la consequenziale non qualificabilità dei medesimi in termini di mera integrazione della prima dichiarazione, imponevano la qualificazione dei medesimi come tardivi .
Ed infatti, diversamente da quanto sostenuto in ricorso, la previsione contenuta nell’art. 9, secondo il quale la dichiarazione di impegni deve intervenire “ entro e non oltre” il 45° giorno ”, depone sicuramente nel senso della perentorietà del termine.
Quest’ultimo, infine, decorre dalla ricezione da parte del professionista della comunicazione di avvio del procedimento, cosicché non è ravvisabile alcun deteriore trattamento dell’operatore economico che non abbia sede in Italia, atteso che il maggior tempo eventualmente legato alla recezione della comunicazione non opera in danno del destinatario.
Anche nel secondo provvedimento di rigetto degli impegni, infine, l’Autorità, nell’esercizio dell’ampio potere discrezionale di cui è titolare in materia, ha ravvisato l’esistenza di un pubblico interesse all'ulteriore prosieguo del procedimento, istituzionalmente finalizzato alla definizione degli elementi accertativi all'illecito onde disporne, con misure afflittive e/o ripristinatorie, la cessazione (sull’ampia discrezionalità della quale l’AGCM è titolare in materia, cfr., da ultimo, Tar Lazio, Roma, sez. I, 16 luglio 2014 n. 10236)
Con il terzo motivo di doglianza la ricorrente ha censurato l’operato dell’Autorità nella parte in cui avrebbe attribuito solo ad essa la responsabilità della pratica commerciale, senza tener conto del fatto che l’autore materiale del comportamento sarebbe la U.K. Generale Insurance Limited.
Il concreto contenuto dei rapporti contrattuali rappresentato nel corso del procedimento, chiarirebbe come Ryanair sia un mero agente della U.K., alla quale la ricorrente sarebbe obbligata a fornire assistenza in ordine alla preparazione ed approvazione dei documenti relativi al progetto di distribuzione dei prodotti, così che i claims proposti non sarebbero affatto ad essa ascrivibili. La valutazione dell’Autorità sul tale aspetto, inoltre, differirebbe da quella dalla stessa operata in casi analoghi.
Il contratto di agenzia, rileva poi la ricorrente, non muterebbe natura in ragione della previsione di corresponsione all’agente di una parte della commissione negoziata.
La prospettazione non può essere condivisa.
L’esistenza di un altro soggetto al quale sia in parte ascrivile la condotta sanzionata, infatti, può integrare una fattispecie di concorso nella produzione dell’illecito, ma non inficia, di per se, il provvedimento di irrogazione della sanzione, puntualmente correlato, nel provvedimento gravato, ai comportamenti imputabili alla ricorrente perché da questa pubblicizzati sul suo sito web in difetto della ordinaria diligenza richiesta nello svolgimento della pratica commerciale.
La circostanza che la ricorrente partecipasse ai ricavi derivanti dalla commercializzazione della polizza, infine, depone indiscutibilmente nella qualificazione della stessa come “professionista” ai sensi dell’art. 18, comma 1, lett. b), del codice del consumo.
Il riferimento a fattispecie similiari in cui la Autorità si sarebbe comportata diversamente, poi, in disparte la genericità dell’affermazione, non potrebbe, in alcun caso, costituire, ragione sufficiente di illegittimità del provvedimento emesso nei confronti della ricorrente, attesa la rilevata ed correttamente enucleata ricorrenza di tutti i presupposti di legge.
Con il quarto motivo di doglianza la ricorrente ha censurato l’operato dell’AGCM nell’attività di determinazione della sanzione, che essa ritiene “ manifestamente illogica e sovrabbondante rispetto ai fatti di causa ”.
In particolare, a giudizio della società, l’Autorità non avrebbe considerato gli elementi ad essa favorevoli ed avrebbe enfatizzato quelli sfavorevoli.
Anche tale doglianza è infondata.
Ed infatti la sanzione, determinata in misura prossima ad un sesto del massimo di legge, è stata calcolata dall’AGCM in puntuale applicazione dell’art. 27 del codice del consumo e dell’art. 11 della legge n. 689/81, avendo riguardo alla gravità della pratica, desunta sia dalle sopra ampiamente esaminate modalità di ingannevolezza ed aggressività della stessa, sia dalla dimensioni del professionista e dalla corrispondente capacità di penetrare sul mercato, anche alla luce delle modalità di diffusione della pratica.
La gravità viene anche desunta dal numero “ rilevantissimo di consumatori ” che hanno acquistato il servizio assicurativo accessorio, sulla incontestata sussistenza della quale si è detto sopra.
Il provvedimento fa pure riferimento alla durata della pratica, non contestata dal professionista, e tiene conto, diversamente da quanto prospettato in ricorso, delle modifiche poste in essere dalla società in pendenza del procedimento, dei quali viene tuttavia evidenziata la valenza di mera attenuazione dei profili di criticità, nessuno dei quali è stato effettivamente eliminato.
La decisione, infine, correla l’applicazione dell’aumento di 50.000 alla recidiva, la sussistenza della quale neppure appare contestata.
Quanto poi alla predicata disparità di trattamento con la concorrente Easyjet, deve rilevarsi che dalla lettura del provvedimento relativo a quest’ultima, allegato in copia agli atti di causa, emerge l’assenza della predicata identità di situazioni, la fisiologica complessità e peculiarità delle quali, pur in presenza di elementi di analogia, esclude l’identità dei casi, così che il richiamo ai diversi importi determinati, non è idoneo di per sé a tradursi, come tertium comparationis , in un vizio di legittimità della valutazione negativa intervenuta in una diversa ipotesi (cfr. T.A.R., Lazio, Roma, sez. I, 6 giugno 2008, n. 5578).
La valutazione effettuata dall’Autorità al fine della determinazione degli importi delle sanzioni amministrative appare, in conclusione, operata in maniera logica e correttamente correlata a tutti i richiamati parametri normativi.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.