TAR Venezia, sez. III, sentenza 2020-07-06, n. 202000571

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Venezia, sez. III, sentenza 2020-07-06, n. 202000571
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Venezia
Numero : 202000571
Data del deposito : 6 luglio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 06/07/2020

N. 00571/2020 REG.PROV.COLL.

N. 01133/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1133 del 2018, proposto da
Azienda Agricola G S.S. Società Agricola, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati L C, I D C, D P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Icea - Istituto di Certificazione Etica e Ambientale, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati U R, V L, T C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Comitato Unico Ricorsi di Icea non costituito in giudizio;
Ministero delle Politiche Agricole Alimentari Forestali e del Turismo, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Venezia, piazza S. Marco, 63;

per l'annullamento

del provvedimento di ICEA prot. n. 696 in data 24.08.2018 recante soppressione dell'indicazione biologica dell'uva vendemmia 2018;

della nota di ICEA prot. 539/18 in data 26.09.2018 recante comunicazione delle motivazioni di rigetto del ricorso presentato al Comitato Unico Ricorsi di ICEA in data 05.09.2018;

della comunicazione di ICEA in data 30.08.2018 recante le motivazioni di accoglimento del ricorso presentato al CUR in data 30.07.2018, in parte qua ha escluso l'accidentalità della contaminazione ed ha indicato ad ICEA la diversa fattispecie sanzionatoria applicabile

nonché di tutti gli atti presupposti, connessi e/o consequenziali ancorché incogniti, ed in particolare, per quanto occorrer possa del verbale ispezione in data 08.06.2018, del verbale di prelevamento campione in data 08.06.2018 verbale di ispezione in data 26.06.2018;
verbale di prelevamento campione in data 26.06.2018 in parte qua viene prelevato unicamente un campione di foglie anziché del prodotto uva;

e richiesta di condanna al risarcimento del danno conseguente alla illegittimità degli atti impugnati;

per l'accesso ai seguenti atti e documenti:

dell'istanza di autorizzazione presentata da ICEA ai sensi dell'art. 4 del D.Lgs. n. 220/1995, ovvero se presente, ai sensi dell'art. 4 c.1 del D.Lgs. n. 20/2018 ai fini dell'autorizzazione ministeriale allo svolgimento dei compiti di organismo di controllo;

della procedura di controllo standard di ICEA allegata a tale istanza;

dell'indicazione formulata da ICEA circa l'indicazione dei principi attivi da ricercare per tipologia di matrice e prodotto da analizzare, di cui al punto 7 dell'allegato1 al D.Lgs. 20/2018;

delle Linee guida adottate, ai sensi del punto 9 dell'allegato 1 al D.Lgs. 20/2018, per la verifica dei requisiti previsti dalla normativa dell'Unione europea, nazionale e regionale per il metodo biologico per singola attività produttiva per la quale è richiesta l'autorizzazione.

nonché per l'annullamento

del rifiuto di accesso di cui alla nota prot. n. 4886 del 2 aprile 2019 e trasmessa in pari data.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Icea - Istituto di Certificazione Etica e Ambientale e del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari Forestali e del Turismo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 giugno 2020, tenutasi ai sensi dell’art. 84, comma 5, d.l.. n. 18 del 2020, ss.mm.ii., il dott. P N;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

L’azienda Agricola G s.s. (d’ora in poi “G”) è azienda vitivinicola sita nel territorio di San Polo di Piave, la cui produzione di uve è sottoposta sin dal 2001 al controllo ed alla certificazione per il biologico da parte di ICEA – Istituto di certificazione etica e ambientale (d’ora in poi “Icea”).

Quest’ultima, nell’ambito dell’attività di controllo che le compete, in data 08.06.2018, eseguendo l’annuale ispezione programmata, ha proceduto al prelievo di un campione di sole foglie di vite dall’appezzamento n. 7 destinato ad analisi c.d. multiresiduale, all’esito delle quali ha disposto con provvedimento n. 398 del 21.06.2018, la sospensione cautelativa della certificazione, sul rilievo della sospetta non conformità derivante da «utilizzo di prodotti non ammessi o non registrati, in appezzamenti già convertiti o in corso di conversione all'agricoltura biologica». All’esito di ulteriore verifica ispettiva, in data 26.06.2018, durante la quale veniva formato – sempre con le medesime modalità impiegate nel corso del primo campionamento – un coacervo di campioni prelevati dagli appezzamenti 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 18, 20, 21, 22 e 23, sempre ed unicamente di foglie, senza mai procedere al campionamento del prodotto, ovverossia dell’uva, in data 13.07.2018 Icea ha comunicato a G due provvedimenti con i quali sono stati disposti rispettivamente sia la sospensione della certificazione della «intera attività di produzione vegetale» per 180 giorni e il ritorno in conversione di tutti gli appezzamenti 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 18, 20, 21, 22 e 23 per mesi trentasei (prot. n. 531 del 13 luglio 2018), sia la soppressione delle indicazioni biologiche relative alle uve in campo negli appezzamenti aziendali indicati nel provvedimento (prot. n. 533 del 13 luglio 2018).

I due predetti provvedimenti sono stati adottati da ICEA in applicazione del D.M. 20 dicembre 2013, sul presupposto del ritenuto «utilizzo di prodotti non ammessi o non registrati … riscontrata su foglie di vite la presenza di principi attivi non ammessi in agricoltura biologica».

Avverso i predetti provvedimenti G ha proposto, in data 30.07.2018, ricorso al Comitato Unico Ricorsi di ICEA (d’ora in poi “CUR”) contestando, da un lato, che la presenza di prodotti fitosanitari sui campioni di foglie fosse riconducibile ad un uso intenzionale;
dall’altro, rilevando l’inidoneità dei due rapporti di prova, relativi ai campioni prelevati l’8 e il 26 giugno, con modalità ritenute errate e illegittime, sulla scorta di apposita perizia tecnica allegata al ricorso.

Il CUR, all’esito della riunione dell’8.08.2018, ha annullato i provvedimenti suddetti, con atti il cui dispositivo è stato comunicato a G con le missive prot. nn. 694 e 695 del 24 agosto 2018.

Contestualmente, d’altronde, con provvedimento prot. n. 696, sempre in data 24.08.2018, è stato comunicato il provvedimento di soppressione dell’indicazione biologica dell’uva, vendemmia 2018, raccolta dagli appezzamenti 1,2,3,4,5,6,7, 8, 10, 11, 12, 13,14, 15, 16, 18, 20, 21, 22, 23, adottato “a seguito del riesame della valutazione del 23.08.2018”, con il quale ICEA ha individuato una diversa irregolarità.

In data 30.8.2018, poi, sono state comunicate le motivazioni addotte dal CUR a sostegno dell’annullamento dei provvedimenti avanti allo stesso impugnati: in particolare, il Comitato, nel riconoscere l’insussistenza dell’«utilizzo» intenzionale e, dunque, la non applicabilità della misura (infrazione) di cui al codice D3.01 dell’allegato al D.M. 20 dicembre 2013, ha al contempo affermato che «il provvedimento emesso da ICEA, se pur corretto nei fatti (il prodotto non è conforme), non ha identificato la corretta casistica da applicare al caso in questione (utilizzando la D3.01 invece di C2.04)».

G, quindi, ha trasmesso, in data 29 agosto 2018, formale diffida stragiudiziale ingiungendo a ICEA, da un lato, di procedere al ritiro del provvedimento da ultimo adottato, e, dall’altro lato, di svolgere le opportune verifiche e accertamenti, tra i quali, in particolare, quello analitico degli eventuali residui sul prodotto (materia prima uva) al fine di appurarne con certezza il rispetto o meno dei requisiti di certificazione.

G ha presentato, poi, in data 05.09.2018 un secondo ricorso innanzi al CUR fornendo a sostegno dello stesso i rapporti di prova non più su matrici diverse dagli alimenti (foglie), ma sul prodotto mediante un campionamento puntuale e mirato alle file esterne in autocontrollo.

Successivamente, rispettivamente in data 24 e 26 settembre 2018, sono state comunicate sia la risposta da parte di ICEA alla diffida, sia la decisione del CUR portanti entrambe la medesima conclusione, ovvero il rigetto delle doglianze dedotte da G la quale, quindi, ha effettuato istanza di accesso di tutti i verbali di prelievo campione effettuati da ICEA, nel periodo compreso tra 1° giugno e il 31 agosto 2018 su aziende iscritte nel sistema di controllo di ICEA nella categoria «produzione e preparazione di uva», localizzate nella regione Veneto. Anche tale richiesta di accesso, è stata respinta.

Avverso, quindi, i provvedimenti indicati analiticamente in epigrafe, G, con ricorso depositato in data 22.10.2018, ha proposto impugnazione sulla scorta dei seguenti motivi:

1. violazione e/o falsa applicazione del regolamento (ce) n. 834/07, del regolamento (ce) n. 889/08 e d.lgs. n. 20 del 2018;
violazione e/o falsa applicazione del decreto del ministero delle politiche agricole alimentari e forestali n. 15962 del 20 dicembre 2013;
eccesso di potere per difetto assoluto dei presupposti;
falso supposto in fatto e diritto;
eccesso di potere per sviamento della causa tipica;
violazione principi buon andamento ed imparzialità: secondo parte ricorrente, il provvedimento n. 696 impugnato, sarebbe illegittimo in quanto la «irregolarità» contemplata al punto C2.04 dell’allegato al D.M. 20 dicembre 2013, facendo riferimento alla “mancata o parziale adozione delle azioni preventive previste” non poteva essere ritenuta sussistente nel caso di specie, posto che il programma di gestione con riferimento alle misure di contenimento del rischio di contaminazione esterna per confini a rischio così come predisposto e validato, ex ante , dalla stessa Icea, come sufficiente ed adeguato, era stato rispettato;
inoltre, secondo parte ricorrente, la soppressione dell’indicazione “biologico” del prodotto uva, sotto il codice C2.04, essendo una «irregolarità» richiederebbe la compromissione del prodotto, laddove Icea non aveva mai analizzato e verificato se e in che misura l’uva fosse contaminata;
infine, il Cur non avrebbe potuto indicare a Icea le misure applicabili alla ricorrente come invece avvenuto nella decisione assunta in data 8.8.2018;

2. violazione e/o falsa applicazione del dm 309/2011 “contaminazioni accidentali e tecnicamente inevitabili di prodotti fitosanitari in agricoltura biologica”;
violazione e/o falsa applicazione del decreto ministeriale 29 ottobre 2010 recante “disposizioni per l'individuazione dei requisiti minimi delle procedure di prelievo di campioni di prodotti biologici da analizzare in attuazione dei regolamenti (ce) n. 834/2007, n. 889/2008, n. 1235/2008”, come modificato dal d.m. 17 novembre 2011;
eccesso di potere per difetto assoluto di istruttoria;
contraddittorietà intrinseca;
erroneità e difetto dei presupposti;
disparità di trattamento: secondo parte ricorrente il provvedimento sanzionatorio impugnato sarebbe illegittimo in quanto Icea avrebbe fondato lo stesso su risultati istruttori non idonei a giustificare l’irrogazione della sanzione, essendo a loro volta il frutto di modalità di accertamento e valutazione dell’asserita contaminazione accidentale non corrette sicchè non sarebbero state di fatto accertate le cause delle contaminazioni;
in particolare, sarebbero state omesse specifiche ed accurate indagini sul prodotto finale, volte, altresì, ad indagare l’origine della contaminazione;
le modalità di campionamento eseguite da Icea nel corso delle ispezioni dell’8 e 26 giugno sarebbero inutili, inconferenti e assunte in violazione degli standard di buona prassi codificati dallo stesso Ministero competente sia per forma (coacervo di appezzamenti e campione rappresentativo dell’appezzamento) e consistenza (il risultato non spiegherebbe se vi siano zone più contaminate, come ad es., le file esterne);
non sarebbero state, quindi, effettuate puntuali verifiche non solo sul prodotto finale “uva” (come invece accaduto con altre aziende vitivinicole), ma nemmeno ad un campionamento mirato secondo quanto previsto dal d.m. 29 ottobre 2010;

3. violazione e falsa applicazione artt. 97 e 113 Cost., violazione e falsa applicazione dei principi generali in materia di procedimento amministrativo e di giusto procedimento;
violazione e falsa applicazione artt. 1 e 3, l. 7 agosto 1990, n. 241;
eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione e/o motivazione apodittica, apparente e contraddittoria;
falsa ed erronea rappresentazione del fatto;
illogicità manifesta;
sviamento: secondo parte ricorrente, i provvedimenti impugnati – sia il n. 696/2018 che quello emesso dal CUR di reiezione del ricorso ad essa relativo – sarebbero viziati sotto il profilo motivazionale, in quanto Icea avrebbe dovuto prendere atto dell’insufficienza delle analisi su matrice-foglia, e integrare le indagini al fine di accertare le cause della contaminazione;
in particolare, il rinvenimento di residui non conformi su matrici non alimentari imponeva la ricerca delle cause della contaminazione al fine di verificare che l’operatore abbia adottato le misure preventive richieste dall’ordinamento;
inoltre, non sarebbe stato rispettato il principio di proporzionalità tra non conformità rilevata e misura sanzionatoria, in aperta violazione di quanto stabilito dall’art. 30 del Reg. (CE) n. 834/07 e dal d.m. 20 dicembre 2013;
infine, parte ricorrente ha lamentato la mancata valutazione degli elementi istruttori messi a disposizione di Icea e del Cur in termini di analisi e valutazione effettuati che avrebbe condotto ad una motivazione fondata su una errata ricostruzione dei fatti.

Parte ricorrente, quindi, ha formulato, nei confronti di Icea anche domanda di risarcimento per i danni subiti e subendi dalla ricorrente per l’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa, ai sensi dell’art. 30 cpa.

Si è costituito in giudizio il Ministero delle Politiche agricole, alimentari, forestali e del Turismo, contestando la propria legittimazione passiva e comunque eccependo l’inammissibilità e rigetto della domanda.

Si è, altresì, costituita in giudizio Icea contestando l’ammissibilità e fondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto.

Nel corso del giudizio, a fronte dell’istanza di accesso formulata da parte ricorrente, respinta da Icea con provvedimento prot. n. 4886 in data 02.04.2019, impugnato incidentalmente, il Collegio, all’esito dell’udienza 10.7.2019, con ordinanza depositata il 26.7.2019 ha accolto la domanda di ostensione della documentazione richiesta da G.

Le parti hanno depositato memorie difensive.

All’esito dell’udienza del 24.6.2020, tenutasi ai sensi dell’art. 84, comma 5, d.l. n. 18 del 2020, ss.mm.ii., la causa è stata trattenuta in decisione.


DIRITTO

1. In via pregiudiziale: sull’eccezione di difetto di giurisdizione.

Icea, costituendosi in giudizio, ha eccepito il difetto di giurisdizione in capo all’intestato TAR affermando la giurisdizione del Giudice ordinario: ciò in quanto, secondo la parte resistente, gli O.d.C. delegati dal Ministero sono soggetti di diritto privato che esercitano attività e svolgono compiti nei confronti delle imprese private in quanto queste ultime decidono volontariamente di assoggettarvisi in forza di un contratto di diritto privato, in base al quale l’O.d.C. si obbliga, a fronte del pagamento di un compenso, a verificare il rispetto, da parte delle imprese, degli obblighi previsti dalla normativa in tema di biologico, al fine di rilasciare in suo favore la relativa documentazione e applicare le dovute misure, in caso di riscontro di non conformità.

Secondo parte resistente, quindi, si tratterebbe di un rapporto puramente contrattuale, nell’ambito del quale le parti vantano posizioni di diritto soggettivo, anche perché l’attività degli O.d.C. avrebbe carattere vincolato, in quanto gli stessi si limiterebbero a verificare la sussistenza, in capo all’operatore, delle condizioni per il rilascio e/o il mantenimento della certificazione, nonché per l’applicazione di misure che sono già predeterminate dalla disciplina imperativa applicabile (in particolare, dal D.M. 20/12/2013).

Al riguardo, il Collegio, pur essendo a conoscenza della sentenza del Consiglio di Stato, sez. III, 18/06/2019, n. 4114, rileva come le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con pronuncia coeva, abbiano sottolineato che <<…in tema di certificazione biologica dei prodotti agricoli…gli organismi privati autorizzati dal Ministero delle Politiche agricole e forestali, ai sensi del d.lgs. n. 220 del 1995, ad effettuare i controlli e a rilasciare la certificazione, non assumono la veste di P.A. ex art. 7, comma 2, c.p.a., né partecipano all’esercizio di un pubblico potere, svolgendo essi un’attività ausiliaria, valutativa e certificativa (prelievi e analisi) sotto la sorveglianza dell’autorità pubblica, che si sostanzia in apprezzamenti ed indagini da compiersi sulla base di criteri esclusivamente tecnici e scientifici, costituente espressione di una discrezionalità meramente tecnica, in relazione alla quale sorgono, in capo ai soggetti privati destinatari del controllo posizioni di diritto soggettivo la cui tutela rientra nella giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria>>
(Cass. civ., sez. un., 5 aprile 2019 n. 9678;
in senso adesivo, TAR Emilia-Romagna, 1 ottobre 2019, n. 737).

Trattandosi di decisione ampiamente motivata e molto recentemente espressa dalla Suprema Corte, Giudice di ultima istanza in punto giurisdizione, il Collegio ritiene di non potere che aderire, allo stato, alla statuizione delle Sezioni Unite, attesa la contiguità tra la controversia esaminata nel caso sottoposto al vaglio della Cassazione e quello in questa sede in oggetto, tenuto conto, altresì, che la contraria decisione del Consiglio di Stato sopra citato risulta essere stata impugnata proprio avanti alla Corte di Cassazione.

Di qui, pertanto, la fondatezza dell’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sollevata da I.C.E.A., con conseguente devoluzione della presente controversia alla cognizione del Giudice Ordinario.

Sono fatti salvi, se spettanti, gli effetti di cui all’art. 11 comma 2 Cod. proc. amm..

3. In punto spese di lite.

Sussistono i presupposti, anche in relazione alla novità della principale questione esaminata, per disporre l’integrale compensazione delle spese processuali tra le parti.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi