TAR Roma, sez. 2S, sentenza 2023-01-04, n. 202300170

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2S, sentenza 2023-01-04, n. 202300170
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202300170
Data del deposito : 4 gennaio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/01/2023

N. 00170/2023 REG.PROV.COLL.

N. 10599/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Stralcio)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10599 del 2017, proposto da
Badisco S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Paolo Palma e Elisa Cacciato Insilla, con domicilio eletto presso lo studio Paolo Palma in Roma, viale Angelico n. 70;



contro

Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Barbara Battistella, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;



per l’annullamento

della Determinazione Dirigenziale n. prot. CA/174669/2017 n. repertorio CA/4126 del 06/10/2017 di Roma Capitale Municipio Roma I Centro notificata il 17/10/2017 avente ad oggetto "l'ordine di cessazione di attività di somministrazione di alimenti e bevande abusivamente intrapresa" e di ogni altro atto e/o documento antecedente e/o conseguente direttamente e/o indirettamente presupposto e/o connesso con gli atti impugnati.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all’udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 25 novembre 2022 la dott.ssa Antonella Mangia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1. Con l’atto introduttivo del presente giudizio, notificato in data 2 novembre 2017 e depositato in medesima data, la ricorrente impugna il provvedimento con cui, in data 6 ottobre 2017, Roma Capitale ha disposto nei confronti della predetta l’ordine di cessare l’“attività di somministrazione di alimenti e bevande abusivamente intrapresa nei locali siti Via Marco Aurelio 30/A, attenendosi al titolo di cui è in possesso (Scia di laboratorio di gastronomia e vicinato), entro quindici (15) giorni dalla notifica” dell’atto, chiedendone l’annullamento.

In particolare, la ricorrente espone quanto segue:

- di gestire dal 2006 l’esercizio commerciale sito in Roma, via Marco Aurelio n. 30/A “che svolge attività di laboratorio artigianale e non, di friselle gourmet nonché con vendita al minuto di bevande ed eccellenze del territorio nazionale (codice di classificazione ATECORI 56.10.2);

- con il provvedimento impugnato Roma Capitale ha rilevato all’interno del locale “esercizio di attività di somministrazione e bevande” in quanto l’area da planimetria “destinata alla vendita, di fatto, è ingombra di tavoli con sedute abbinabili, apparecchiati con la modalità della ristorazione (tovaglie, calici ecc.). E’ presente la brocca per il caffè all’americana e menu dei prodotti offerti, con la tipologia prevista per la ristorazione”.

Avverso tale provvedimento la ricorrente insorge deducendo i seguenti motivi di diritto:

1) Erroneità e/o contraddittorietà della motivazione – Insufficienza della motivazione – Eccesso di potere – Violazione art. 7 comma 3 decreto legislativo 114/98 – Errata interpretazione dell’art. 4 comma 2 bis DL. 223/2006 , posto che – come emerge dalla “documentazione fotografica che si deposita” - “nel piccolo locale gestito dalla ricorrente è totalmente escluso il servizio di ristorazione e non vi sono attrezzature direttamente ad esso finalizzate” (atteso che le tovagliette sono monouso, “non vi è alcuna macchina del caffè ma unicamente una brocca che consente in via autonoma agli avventori di versarsi il caffè a portar via”, “non vi è personale preposto al servizio” e gli sgabelli e le mensole laterali “sono idonei soltanto a consentire un fugace assaggio o una prova dei prodotti acquistati o da acquistare”), bensì siamo dinanzi ad “una mera attività di esercizio di vicinato”, in cui è consentito il consumo sul posto ex art. 3, comma 1, lett. f-bis), d.l. 223/2006, sicché “l’interpretazione fornita da Roma Capitale risulta apodittica ed estrema in violazione degli stessi criteri forniti dal Ministero” (cfr. circolare del 28.9.2006, n. 3603/C).

2) Violazione e falsa applicazione di legge. Violazione del principio di concorrenza e di libertà di stabilimento e prestazione di servizi: art. 41 Cost., artt. 43-55 trattato CE, artt. 3 e 97 Cost., art. 4 bis D.C.C. n. 199/2005 e s.m.i., DCC 1/2011. Violazione della legge regionale 21/2006 – Contrasto con il Decreto NI .

3) Omesso esame delle osservazioni fornite dalla ricorrente – violazione del procedimento amministrativo con violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990.

Con atto depositato in data 14 novembre 2017 si è costituita Roma Capitale, la quale – il successivo 12 dicembre 2017 – ha prodotto documenti.

Con ordinanza n. 6868 del 19 dicembre 2017 la Sezione ha respinto l’istanza cautelare.

A seguito di richiesta di passaggio in decisione ad opera di Roma Capitale, all’udienza di smaltimento del 25 novembre 2022 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

2. Il ricorso è infondato e, pertanto, va respinto.

La questione di cui si discute riguarda, in particolare, la esatta individuazione dei criteri per differenziare l’esercizio dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande (riservata ai ristoranti e simili) e l’attività svolta dagli esercizi di vendita di prodotti alimentari (per asporto), con facoltà di consumo immediato sul posto (entro i locali dell’azienda), ma con esclusione del “servizio assistito”.

L’esatta perimetrazione delle due figure è di rilievo, poiché la prima è sottoposta a severi e penetranti limiti (sia di modalità di servizio che di contingentamento, nell’ambito della speciale disciplina territoriale di Roma Capitale) che non trovano applicazione alla seconda, così che una eccessiva dilatazione di quest’ultima, oltre i limiti fisiologici che il legislatore ha avuto presenti, comporterebbe inevitabilmente la frustrazione delle finalità di interesse generale che giustificano la più severa regolamentazione delle attività di ristorazione vere e proprie.

Si tratta di questione di cui il Giudice Amministrativo, di primo e secondo grado, si è già diffusamente occupato, pervenendo, perlomeno inizialmente, ma non più oggi, a soluzioni non univoche (sul punto, per brevità, si richiama quanto già esposto da questa Sezione nella sentenza n. 2619/2020).

In breve, si ricorda che il contrasto ha riguardato la definizione della nozione di “servizio assistito” che, nella fattispecie normativa (art. 3, lettera f bis, del d.l. n. 223/2006), costituisce il perno della differenza di regime (e fattuale) tra le due nozioni, ovvero tra la ristorazione (che include il servizio assistito) e la vendita di prodotti alimentari con consumo sul posto (che esclude il servizio assistito).

Secondo un primo orientamento, il

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