TAR Venezia, sez. II, sentenza 2022-05-30, n. 202200820

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Venezia, sez. II, sentenza 2022-05-30, n. 202200820
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Venezia
Numero : 202200820
Data del deposito : 30 maggio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 30/05/2022

N. 00820/2022 REG.PROV.COLL.

N. 00997/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 997 del 2021, proposto da
Società Estense Servizi Ambientali S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati L B, A B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Regione Veneto, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati A C, L L, G Q, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto,, non costituita in giudizio;

e con l'intervento di

ad adiuvandum:
Consorzio Italiano Compostatori, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Dario Meneguzzo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Malo, via Gorizia n.18;

per l'annullamento

della Deliberazione della Giunta Regionale del Veneto n. 813 del 22.06.2021 ed avente ad oggetto “Direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole. Approvazione della disciplina regionale per la distribuzione agronomica degli effluenti, dei materiali digestati e delle acque reflue comprensiva del Quarto Programma d'Azione per le zone vulnerabili ai nitrati di origine agricola del Veneto e della documentazione elaborata in esecuzione della procedura di Valutazione Ambientale Strategica di cui alla Direttiva 2001/42/CE” e di tutti gli allegati che ne costituiscono parte integrante(La DGR si considera impugnata sia in toto che con riferimento agli articoli: art. 2 comma 1 lett. pp);
art. 4 comma 5;
art. 5 comma 4;
art. 6 bis comma1;
art. 6 ter comma1;
art. 8 comma 3 e art. 8 bis comma 2 dell'Allegato A), del parere motivato n. 137 dell'11.06., nonché, per quanto occorrer possa, di ogni altro provvedimento, atto, comportamento presupposto, connesso e consequenziale.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Veneto;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 febbraio 2022 la dott.ssa Mariagiovanna Amorizzo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Nel presente giudizio la società ricorrente, operante nel settore della produzione dei fertilizzanti e del compostaggio, ha impugnato talune prescrizioni della delibera della Giunta Regionale n. 813 del 22.6.2021 denominata: “Direttiva 91/616/CEE relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole Approvazione della disciplina regionale per la distribuzione agronomica degli effluenti, dei materiali digestati e della acque reflue comprensiva del Quarto Programma ‘Azione per le zone vulnerabili ai nitrati di origine agricola del Veneto e della documentazione elaborata in esecuzione della procedura di Valutazione Ambientale Strategica di cui alla direttiva 2001/42/CE”, ritenendole illegittime ed ingiustificatamente gravatorie.

Si è costituita la Regione Veneto, eccependo il difetto di interesse della società ricorrente all’integrale impugnazione del provvedimento e contestando nel merito le avverse censure.

E’ intervenuto, ad adiuvandum, il Consorzio Italiano Compostatori.

La domanda cautelare proposta dalla ricorrente è stata accolta, ai sensi del comma 10 dell’art. 55 cod. proc. amm., con ordinanza n. 531 del 15/10/2021.

All’udienza del 24 febbraio 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.



DIRITTO

1. Con la DGR impugnata, la Regione Veneto ha definito la “Disciplina per la distribuzione agronomica degli effluenti dei materiali digestati e delle acque reflue comprensiva del Quarto Programma d’Azione per le zone vulnerabili ai nitrati di origine agricola del Veneto”, cumulando in un unico documento sia la disciplina per l’utilizzo agronomico degli effluenti e dei fertilizzanti, come previsto dall’articolo 1, comma 3, D.M. 25/2/2016 (“il presente decreto si integra con l’applicazione delle disposizioni della Parte Terza del decreto legislativo 3 aprile 20106, n. 152 ed in particolare del Capo I del Titolo III recante la disciplina delle “Aree richiedenti specifiche misure di prevenzione dall’inquinamento e di risanamento” e delle disposizioni della Parte Seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 relative agli impianti di allevamento intensivo di cui al punto 6.6 dell’allegato VIII alla medesima Parte Seconda”) che il Quarto Programma d’Azione previsto dall’articolo 92, comma 7 del D.Lgs. 152/2006 (che, per le zone vulnerabili da nitrati di origine agricola, prevede che le Regioni attuino programmi d’azione, nonché le prescrizioni contenute nel codice di buona pratica agricola di cui al DM 19 aprile 1999).

Oggetto di doglianza sono talune disposizioni restrittive concernenti gli ammendanti ed i fertilizzanti prodotti mediante il recupero di taluni rifiuti (meglio specificati all’art. 2, lett. pp) della D.G.R. “fertilizzanti azotati di cui al d.lgs. n. 75/2010 o al regolamento (UE) 2019/1009 ottenuti con l'impiego di una o più delle seguenti matrici (anche se in miscela con altre):

a) fanghi derivanti da processi di depurazione delle acque reflue provenienti da insediamenti civili e/o produttivi (ad eccezione di quelli dell'industria agroalimentare/agroindustriale*);

b) altri reflui/scarti generati da cicli industriali (ad eccezione di quelli dell'industria agroalimentare/agroindustriale);

c) rifiuti urbani (ad eccezione della frazione verde costituita da rifiuti vegetali e della frazione organica alimentare da raccolta differenziata domiciliare);

d) digestato ottenuto da una o più delle matrici di cui ai punti precedenti”) che la Regione ha introdotto nel suddetto programma.

2. Per una migliore intelligenza delle questioni da esaminare, giova ricostruire le linee generali della disciplina in esame.

Essa trae origine dagli atti di recepimento della «Direttiva del Consiglio relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole» del 12/12/1991, n. 91/676/CEE (cd. Direttiva Nitrati) con cui le istituzioni europee hanno individuato il quadro delle misure che gli Stati membri devono adottare al fine di «ridurre l'inquinamento delle acque causato direttamente o indirettamente dai nitrati di origine agricola» e di «prevenire qualsiasi ulteriore inquinamento di questo tipo» (art.1).

A tale scopo, la direttiva prevede che gli Stati membri individuino le “zone vulnerabili”, ovvero, tutte le zone note che scaricano le loro acque in acque soggette ad inquinamento provocato da composti azotati (cfr. l’art. 3 della Direttiva), nelle quali, per il conseguimento degli obiettivi previsti dall’articolo 1, dovranno essere predisposti i «programmi di azione», ossia dei piani contenenti le misure necessarie a ridurre e prevenire l’inquinamento da nitrati.

Ai sensi dell’art. 5, par. 3 della direttiva, i programmi d'azione “tengono conto: a) dei dati scientifici e tecnici disponibili, con riferimento principalmente agli apporti azotati rispettivamente di origine agricola o di altra origine;
b) delle condizioni ambientali nelle regioni interessate dello Stato membro di cui trattasi”.

La direttiva, inoltre, prevede un contenuto minimo dei suddetti programmi, stabilendo che essi “comprendono” «le misure vincolanti» contemplate dall'allegato III alla direttiva e le misure che gli Stati membri hanno prescritto nei codici di buona pratica agricola.

L’Allegato III, contempla tra le misure vincolanti anche “3) la limitazione dell'applicazione al terreno di fertilizzanti conformemente alla buona pratica agricola e in funzione delle caratteristiche della zona vulnerabile interessata e, in particolare: a) delle condizioni del suolo, del tipo e della pendenza del suolo;
b) delle condizioni climatiche, delle precipitazioni e dell'irrigazione;
c) dell'uso del terreno e delle prassi agricole, inclusi i sistemi di rotazione delle colture”. Tale limitazione deve, inoltre, essere “basata sull'equilibrio tra: I) il fabbisogno prevedibile di azoto delle colture, e II) l'apporto alle colture di azoto proveniente dal terreno e dalla fertilizzazione, corrispondente:

- alle quantità di azoto presente nel terreno nel momento in cui la coltura comincia ad assorbirlo in misura significativa (quantità rimanenti alla fine dell'inverno);

- all'apporto di composti di azoto tramite la mineralizzazione netta delle riserve di azoto organico nel terreno;

- all'aggiunta di composti di azoto proveniente da effluenti di allevamento;

- all'aggiunta di composti di azoto proveniente da fertilizzanti chimici e da altri fertilizzanti.”.

Le misure, inoltre, devono essere predisposte in modo tale che esse possano garantire che “2. (…) per ciascuna azienda o allevamento, il quantitativo di effluente di allevamento sparso sul terreno ogni anno, compreso quello distribuito dagli animali stessi, non superi un determinato quantitativo per ettaro.

Il suddetto quantitativo per ettaro corrisponde al quantitativo di effluente contenente 170 kg di azoto.”

In attuazione della Direttiva 91/676/CEE, è stato emanato il D.Lgs.11/05/1999, n. 152, che, all’art. 19 e all’Allegato 7/A-III ha definito i tempi ed i contenuti dei «programmi d’azione».

Lo stesso Decreto all’art. 38 definisce le linee generali dell'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, delle acque di vegetazione dei frantoi oleari, nonché dalle acque reflue provenienti dalle aziende di cui all'articolo 28,comma 7, lettere a) b) e c), e da altre piccole aziende agroalimentari ad esse assimilate ( cfr. comma 1 dell’art. 38) ed attribuisce alle Regioni la disciplina di dettaglio delle attività di utilizzazione agronomica, da definire «sulla base dei criteri e delle norme tecniche generali adottati con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali (…) garantendo nel contempo la tutela dei corpi idrici potenzialmente interessati ed in particolare il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di qualità di cui al presente decreto» (così, il comma 2 dell’art. 38).

La suddetta disciplina è stata abrogata e sostituita dall’art. 92 del D.Lgs. 152/2006 che, per le zone vulnerabili, ha stabilito: “6. Nelle zone individuate ai sensi dei commi 2, 4 e 5 devono essere attuati i programmi di azione di cui al comma 7, nonché le prescrizioni contenute nel codice di buona pratica agricola di cui al decreto del Ministro per le politiche agricole e forestali 19 aprile 1999, pubblicato nel Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 102 del 4 maggio 1999”.

Al di fuori delle zone vulnerabili, l’art. 112 D.Lgs. 152/2006 ha confermato la competenza delle Regioni a dettare norme di dettaglio per l’utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, delle acque di vegetazione dei frantoi oleari e delle acque reflue provenienti dalle aziende di cui all'articolo 101, comma 7, lettere a), b) e c), e da piccole aziende agroalimentari e ha stabilito che tale disciplina debba essere definita “sulla base dei criteri e delle norme tecniche generali adottati con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, (…), garantendo nel contempo la tutela dei corpi idrici potenzialmente interessati ed in particolare il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di qualità di cui alla parte terza del presente decreto”.

Il decreto emanato in attuazione dell’art. 112 è il decreto del Ministro delle Politiche Agricole e Forestali del 25/2/2016, recante “Criteri e norme tecniche generali per la disciplina regionale dell'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento e delle acque reflue, nonché per la produzione e l'utilizzazione agronomica del digestato”. L’articolo 1 “Finalità e principi generali” enuncia gli obiettivi del decreto, ossia, prevedere: “i criteri e le norme tecniche generali per l'utilizzazione agronomica dei materiali e delle sostanze di cui all'art. 2, commi 1 e 2, al fine di consentire alle sostanze nutritive ed ammendanti in essi contenute di svolgere un ruolo utile al suolo agricolo” (comma 1), orientare l’attività normativa delle regioni nella disciplina dell’utilizzazione agronomica dei materiali di cui al comma 1, che deve svolgersi “garantendo la tutela dei corpi idrici e del suolo, ai sensi della normativa vigente” (comma 2);
integrare la disciplina agronomica dei suddetti materiali con “le disposizioni della Parte Terza del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ed in particolare del Capo I del Titolo III recante la disciplina delle «Aree richiedenti specifiche misure di prevenzione dall'inquinamento e di risanamento»”.

Il comma 6 dell’art. 1 del D.M. 25/2/2016 prevede, inoltre, che “6. Le regioni e le provincie autonome di Trento e di Bolzano, anche in ragione di particolari situazioni locali e sulla base delle indicazioni delle Autorità di bacino competenti, possono prevedere discipline più restrittive rispetto a quelle del presente decreto”.

Lo strumento che il suddetto D.M. destina alla corretta utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, delle acque reflue e del digestato, al fine di pervenire ad “un accurato bilanciamento degli elementi fertilizzanti”, in funzione delle caratteristiche del suolo e delle asportazioni prevedibili, sia in zone non vulnerabili che in zone vulnerabili da nitrati, è il “Piano di Utilizzazione Agronomica” da redigersi a cura delle singole imprese, disciplinato dall’art. 5 e dall’allegato V parte A, da cui si evince che esso “è volto a definire e giustificare, per un periodo di durata non superiore a cinque anni, le pratiche di fertilizzazione adottate, rispettando i limiti di apporto degli effluenti zootecnici e dei fertilizzanti organici”.

5. Sulla scorta delle coordinate normative sopra evidenziate si può passare alla disamina delle singole censure.

6. Secondo l’ordine logico delle questioni di cui agli artt. 76, comma 4, c.p.a. e 276 secondo comma, c.p.c. occorre esaminare prioritariamente il quinto e il sesto motivo di ricorso con cui la ricorrente contesta la competenza della Regione a dettare prescrizioni di natura restrittiva sull’utilizzo dei fertilizzanti azotati che essi producono.

7. La ricorrente contesta la competenza della Regione a dettare con lo strumento utilizzato (programma d’azione) la disciplina relativa alla produzione e all’utilizzo dei fertilizzanti. Essa afferma l’esclusiva competenza dello Stato a determinare la classificazione, la composizione e le caratteristiche dei fertilizzanti, nell’ottica di garantire una disciplina uniforme sul territorio nazionale. A tale risultato convergono le disposizioni di cui all’art. 5 D.Lgs. 75/2010 e 195, comma 1, lett. o) del D.lgs. 152/2006, nonché dal D.M. 25.2.2016. Afferma, inoltre, che le Regioni possono, nell’adottare i Piani d’azione ai sensi dell’art. 92 D.lgs. 152/2006, approvare disposizioni con la finalità di ridurre l’inquinamento da nitrati, ma non dettare disposizioni di tutela ambientale concernenti l’utilizzo dei fertilizzanti.

Il motivo non è fondato.

Le previsioni restrittive oggetto di contestazione sono:

- l’imposizione del tenore di efficienza dell’azoto pari a 1 per tutti i fertilizzanti (cfr. terzo comma dell’art. 8 dell’allegato A alla D.G.R.);

- per i fertilizzanti azotati di cui all’art. 2 lett. pp):

o il divieto di utilizzo sui terreni interessati dalla distribuzione di letami e dei materiali ad essi assimilati (articoli 4, comma 4 e 5 comma 4 dell’allegato A della DGR),

o i limiti quantitativi all’utilizzo di ammendanti e correttivi previsti dall’art.

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