TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2023-07-28, n. 202312825

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2023-07-28, n. 202312825
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202312825
Data del deposito : 28 luglio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/07/2023

N. 12825/2023 REG.PROV.COLL.

N. 15869/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 15869 del 2015, proposto da
V MUSCO e M L MUSCO con domicilio digitale presso l’indirizzo di posta elettronica certificata, come risultante dai registri di giustizia, dell’avv. F D G che li rappresenta e difende nel presente giudizio

contro

ROMA CAPITALE, in persona del Sindaco p.t., con domicilio digitale presso l’indirizzo di posta elettronica certificata, come risultante dai registri di giustizia, dell’avv. E M che la rappresenta e difende nel presente giudizio

per l'annullamento

delle determine dirigenziali n. 2422 del 29/07/15 e n. 2423 del 29/07/15 con cui Roma Capitale ha ingiunto rispettivamente a Vincenzo Musco e Maria Letizia Musco di provvedere ai lavori necessari per la sistemazione del deflusso delle acque pluviali ed agli ulteriori adempimenti, ivi indicati.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 giugno 2023 il dott. Michelangelo Francavilla;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso notificato in date 01/12/15 e 03/12/15 e depositato il 30/12/15 Vincenzo Musco e Maria Letizia Musco hanno impugnato le determine dirigenziali n. 2422 del 29/07/15 e n. 2423 del 29/07/15 con cui Roma Capitale ha ingiunto, rispettivamente al primo e alla seconda, di provvedere ai lavori necessari per la sistemazione del deflusso delle acque pluviali ed agli ulteriori adempimenti, ivi indicati.

Roma Capitale, costituitasi in giudizio con comparsa depositata il 12/01/16, ha concluso per la reiezione del gravame.

Alla pubblica udienza del 26/06/23 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

In via preliminare, il Tribunale ritiene di dovere respingere l’istanza istruttoria formulata dai ricorrenti nella comparsa depositata in data 25/05/23 in quanto avente ad oggetto documentazione non rilevante ai fini della decisione;
infatti, la causa è pronta per la sua immediata definizione come si avrà modo di precisare in prosieguo.

Nel merito, il ricorso è infondato e deve essere respinto.

Vincenzo Musco e Maria Letizia Musco impugnano le determine dirigenziali n. 2422 del 29/07/15 e n. 2423 del 29/07/15 con cui Roma Capitale ha ingiunto, rispettivamente al primo e alla seconda, di provvedere ai lavori necessari per la sistemazione del deflusso delle acque pluviali ed agli ulteriori adempimenti, ivi indicati.

Con una serie di censure, tra loro connesse, i ricorrenti prospettano:

- il travisamento dei fatti in quanto l’immobile di loro proprietà sarebbe stato realizzato nel pieno rispetto della normativa all’epoca vigente e, quindi, anche dell’art. 53 del regolamento edilizio che disciplinava il deflusso delle acque. In particolare, originariamente le acque pluviali defluivano presso la fognatura pubblica attraverso un apposito tubo che sarebbe stato successivamente rimosso dalle imprese che, per conto del Comune di Roma, avrebbero realizzato i marciapiedi le quali, anziché ripristinare il deflusso originario, ritennero preferibile coprire il tutto lasciando che i tubi convogliassero l’acqua sul marciapiede. Pertanto, il Comune cercherebbe di scaricare sui privati responsabilità allo stesso addebitabili (prima e quarta doglianza);

- la violazione della deliberazione del Consiglio comunale n. 3804 del 02/06/83 secondo la quale, “ al fine di garantire la perfetta rispondenza degli allacci eseguiti sul suolo pubblico alle esigenze pratiche e costruttive, è stata ravvisata la necessità di eseguire tali opere a spese dei privati ed a cura dell’Amministrazione ”. Pertanto, i lavori di adeguamento dovrebbero essere effettuati dal Comune il quale, al più, potrebbe successivamente richiedere il rimborso al cittadino. Ciò sarebbe confermato dal fatto che la polizia municipale non avrebbe mai sanzionato le similari canalizzazioni esistenti nelle zone limitrofe (seconda e sesta doglianza – quest’ultima da pag. 13 a pag. 14);

- la carenza di legittimazione passiva in quanto la gravata determina dirigenziale avrebbe dovuto essere emessa nei confronti del condominio dal momento che i lavori interesserebbero parti condominiali (terza doglianza);

- l’illogicità manifesta e lo sviamento di potere del provvedimento impugnato che nel dispositivo richiamerebbe incongruamente “ le opere per evitare la rovina dell’edificio ” proprio al fine di evitare all’amministrazione di provvedere essa stessa ai lavori, come sarebbe stato necessario (pag. 13 dell’atto introduttivo: quinta doglianza ed anche ultima doglianza).

I motivi sono infondati.

Dal provvedimento impugnato e dagli atti istruttori ad esso propedeutici emerge che Roma Capitale ha ordinato ai ricorrenti, ai sensi dell’art. 53 del regolamento edilizio, di provvedere ai lavori necessari per consentire il deflusso delle acque pluviali provenienti dal terrazzo di loro proprietà nella fognatura pubblica attraverso un’apposita canalizzazione mentre attualmente il tubo discendente dal loro terrazzo termina sul marciapiede (circostanza, quest’ultima, comprovata dalle fotografie prodotte da Roma Capitale in data 16/05/23) creando pericolo ed intralcio per i pedoni.

Va, innanzi tutto, rilevato che, in quanto proprietari del terrazzo da cui discende il tubo che convoglia le acque pluviali presenti sul terrazzo stesso, i ricorrenti sono stati legittimamente individuati da Roma Capitale come destinatari del provvedimento e delle opere di adeguamento da esso prescritte;
l’eventuale interessamento di parti condominiali non priva i ricorrenti della loro legittimazione passiva in riferimento all’ordine di esecuzione né attribuisce al condominio la veste di contraddittore necessario (come, invece, sostenuto dagli esponenti nella memoria depositata il 25/05/23).

Proprio il titolo dominicale induce il Tribunale a ritenere che i ricorrenti siano tenuti all’espletamento delle opere necessarie per l’adeguamento del tubo di canalizzazione, proveniente dalla loro proprietà, alle prescrizioni del vigente art. 53 del regolamento edilizio;
depongono in questo senso il regolamento edilizio, che individua nel proprietario l’interlocutore del Comune in relazione agli adempimenti finalizzati all’adeguamento degli immobili al regolamento stesso (arg. dall’art. 2 secondo cui la domanda di autorizzazione per la realizzazione delle opere ivi indicate deve essere presentata dal proprietario), e gli artt. 2051 c.c. e 2053 c.c. i quali, nel configurare la responsabilità derivante dal possesso di cose in custodia o dalla proprietà di edifici, presuppongono, in capo a coloro che si trovano nelle situazioni soggettive, previste dalle disposizioni in esame, gli oneri indispensabili a prevenire i danni loro riferibili.

Pertanto, la responsabilità delle imprese che hanno eseguito i lavori di realizzazione dei marciapiedi, prospettata dai ricorrenti, può essere fatta valere da questi ultimi nei confronti di tali operatori economici in altra sede ma non giustifica il loro esonero, nei confronti del Comune, ente preposto alla vigilanza del rispetto delle prescrizioni edilizie, dagli oneri riferibili ai beni di loro proprietà.

Né i ricorrenti possono utilmente invocare, a loro favore, le disposizioni della delibera del Consiglio comunale n. 3804 del 02/06/83 in quanto la locuzione, ivi presente, secondo cui, “ al fine di consentire la perfetta rispondenza degli allacci eseguiti sul suolo pubblico, è stata ravvisata la necessità di eseguire tali opere a spese dei privati ed a cura dell’Amministrazione ”, costituisce un mero intento programmatico privo di valore prescrittivo come emerge dal fatto che il nuovo testo dei primi tre commi dell’art. 53 del regolamento edilizio, come modificato dalla delibera consiliare n. 3804 del 1983, non contiene alcun riferimento in tal senso.

In senso favorevole ai ricorrenti, poi, non assumono significativa rilevanza né il richiamo del provvedimento impugnato all’art. 677 c.p., costituente mero riferimento inessenziale ai fini dell’apparato motivazionale della determina del 29/07/15 [come si evince dal tenore letterale dell’atto in parte qua : “ si rammenta, tra l’altro, il contenuto degli artt. 2053 c.c….e 677 c.p., 3 comma (responsabilità penale per omissione di lavori in edifici)” ], né la presenza nelle zone limitrofe di altri tubi discendenti come quello di proprietà dei ricorrenti, in quanto l’illegittimità della condotta di altri soggetti non può costituire parametro alla luce del quale valutare la legittimità della presente fattispecie.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi