TAR Firenze, sez. I, sentenza 2019-06-25, n. 201900943
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Pubblicato il 25/06/2019
N. 00943/2019 REG.PROV.COLL.
N. 01426/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1426 del 2014, proposto da
G G, A G, L G e Z M, quale procuratore di Orlandini Lidia, tutti rappresentati e difesi dall'avvocato R B, domiciliato presso la Segreteria T.A.R. in Firenze, via Ricasoli 40;
contro
Comune di Grosseto, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato F F, con domicilio eletto presso il suo studio in Firenze, via de' Pucci n. 4;
per l'accertamento e la dichiarazione dell'illegittimità parziale del contratto rep. n. 176021 del 2.7.2008 per Notaio Giorgio Ciampolini in Grosseto con cui i ricorrenti cedevano al Comune di Grosseto, impegnato nella realizzazione del piano P.E.E.P. Villa Pizzetti in capoluogo, le aree ivi individuate al valore unitario di euro 90,15 mq (valore risultante dal calcolo dimidiato già previsto dall'art. 5 bis d.l. n. 333/1992 in relazione al valore di mercato di euro 173,00 mq, incrementato degli interessi legali.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Grosseto;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 giugno 2019 il Consigliere Giovanni Ricchiuto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il presente ricorso, depositato in riassunzione, i Sig.ri Guglielmini (Andrea, Laurea e Roberta), unitamente ai Sig. Z M, hanno chiesto l'accertamento e la dichiarazione dell'illegittimità parziale del contratto rep. n. 176021 del 2 luglio 2008 con il quale sono state cedute, nei confronti del Comune di Grosseto, le aree di proprietà (ognuno in ragione della propri quota) al valore unitario di euro 90,15 mq., risultante dal calcolo dimidiato già previsto dall'art. 5 bis d.l. n. 333/1992 in relazione al valore di mercato di euro 173,00 mq., incrementato degli interessi legali.
Si è evidenziato che gli attuali ricorrenti avevano in precedenza depositato il ricorso iscritto al r.g.n. 508/2013 dinanzi alla Corte di Appello di Firenze (adita quale giudice funzionalmente competente in materia di opposizione alla stima) evidenziando che il prezzo relativo all’indennità di esproprio era stato determinato in misura notevolmente inferiore all'effettivo valore che, in quanto determinato dalla legge, non avrebbe potuto essere liberamente negoziato e derogato dalle parti contraenti.
Nel ricorso sopra citato si era rilevato che il Comune di Grosseto, con decreto dirigenziale del 5 giugno 2007, aveva determinato l’indennità provvisoria di espropriazione nella misura complessiva di euro 2.623.287,42.
A tale quantificazione l’Amministrazione era pervenuta sulla base della relazione di stima del 1° giugno 2007 che, a sua volta, aveva indicato il valore venale dell’area da espropriare in euro 173,00 al mq., importo quest’ultimo al quale era stato applicato il criterio di cui all’art. 5 bis del D.L. n. 333/1992, convertito con la L. n. 359/1992, poi recepito nella delibera consiliare n. 129 del 30 novembre 2000.
Con comunicazioni pervenute al comune di Grosseto in data 17 e 20 luglio 2007, tutti i sopra citati ricorrenti hanno dichiarato di accettare l'indennità provvisoria offerta nella misura dimidiata.
E’ stato così sottoscritto il contratto rep. n. 176021 del 2 luglio 2008 diretto a trasferire la proprietà delle aree individuate e, ciò, per un corrispettivo pari al valore unitario di euro 90,15.
Con il presente giudizio i ricorrenti contestano l'indennità di esproprio nella parte in cui risulterebbe quantificata in una misura inferiore all'effettivo valore di mercato dei terreni edificabili, chiedendo così, previo accertamento e dichiarazione anche in via incidentale di nullità/illegittimità parziale del citato contratto, l’inserzione/sostituzione automatica della clausola nulla con il prezzo pari al valore di mercato delle aree cedute, con la rivalutazione monetaria Istat ed interessi legali sulla indennità rivalutata.
Il Comune di Grosseto si è costituito nel giudizio pendente di fronte alla Corte di Appello di Firenze, chiedendo che il rigetto del ricorso.
Nello stesso giudizio, con intervento volontario ex artt. 105 e 267 c.p.c.,, si è costituita la società cooperativa “ L’Avvenire 1921 ”, sottolineando di essere cessionaria della proprietà dei terreni di cui si tratta, sostenendo anch’essa l’infondatezza del ricorso.
Con ordinanza del 21 febbraio 2014 la Corte di Appello di Firenze ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario e la giurisdizione di quello amministrativo relativamente alla domanda declaratoria di nullità dell'atto di cessione bonaria n. 176021 del 2 luglio 2008.
La stessa Corte d’Appello ha sospeso il giudizio sulla determinazione dell'indennità di esproprio fino alla definizione del suddetto giudizio sulla domanda di nullità.
Nel riassumere il giudizio innanzi a questo Tribunale i ricorrenti, con un’unica censura e prescindendo dagli altri motivi del ricorso originario, hanno sostenuto che il Comune di Grosseto avrebbe erroneamente determinato l’indennità di esproprio per effetto dell’applicazione del criterio già previsto dall'art. 5 bis legge n. 359/1992 e, ciò, malgrado la norma fosse stata dichiarata incostituzionale con la sentenza n. 348 del 24 ottobre 2007.
In subordine i ricorrenti hanno sostenuto che il contratto di cessione bonaria sarebbe comunque nullo “ in parte qua ”, in quanto l’indennità di esproprio (pari a euro 173,00) sarebbe inferiore al valore di mercato dei beni edificabili.
A seguito della riassunzione innanzi a questo Tribunale si è costituito il Comune di Grosseto, evidenziando che il giudizio dovrebbe essere dichiarato estinto in quanto la società “ L’Avvenire 1921 ” sarebbe stata posta in liquidazione, circostanza quest’ultima che determinerebbe la perdita della sua capacità di stare in giudizio e il venire in essere di un’ipotesi di interruzione automatica del processo, stante l’assenza di una riassunzione del presente giudizio.
Nel merito il Comune di Grosseto ha contestato le argomentazioni proposte, chiedendo il rigetto del ricorso.
All’udienza del 12 giugno 2019, uditi i procuratori delle parti costituite, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. E’ necessario premettere che la manifesta infondatezza del ricorso consente di prescindere dalle eccezioni preliminari proposte.
1.1 Gli attuali ricorrenti sostengono che la nullità/illegittimità parziale del contratto di cessione bonaria sarebbe da ricondurre al fatto che il valore di mercato delle aree cedute posto a base del calcolo della indennità di esproprio sarebbe stato determinato in un valore pari a euro 173,00 mq. che, in quanto tale, risulterebbe comunque inferiore all'effettivo prezzo di mercato nel territorio di Grosseto.
1.2 A parere dei ricorrenti, in conseguenza della sentenza n. 348/2007 della Corte Costituzionale, non potrebbe più trovare applicazione il previgente art. 5 bis L. n. 359/1992, circostanza quest’ultima che avrebbe dovuto portare il Comune di Grosseto a procedere ad una rideterminazione dell’indennità provvisoria prevista nel contratto sopra citato, applicando il criterio del valore di mercato risultante dall'art. 39 della legge n. 2359/1865.
1.3 In via subordinata si sostiene che il prezzo di cessione avrebbe dovuto comunque essere ricalcolato, al fine di rapportarlo ad un valore di mercato pari a euro 400,00 mq..
Dette argomentazioni non sono condivisibili e vanno respinte.
1.4 A tal fine è necessario premettere che il procedimento espropriativo relativo ai terreni oggetto del presente giudizio si è concluso con il contratto di cessione volontaria n. 176021 sottoscritto il 2 luglio 2008, periodo storico in cui risultava vigente l’art. 37 del Dpr 327/2001 così come modificato dalla L. n. 244/2007.
Detta disposizione prevedeva che “ l’indennità di espropriazione di un'area edificabile è determinata nella misura pari al valore venale del bene. Quando l'espropriazione è finalizzata ad attuare interventi di riforma economico-sociale, l'indennità è ridotta del 25 per cento”.
1.5 L'art. 2 comma 90 della L. n. 244/2007 sancisce, poi, che “le disposizioni di cui all'articolo 37, commi 1 e 2, e quelle di cui all'articolo 45, comma 2, lettera a), del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, come modificati dal comma 89 del presente articolo, si applicano a tutti i procedimenti espropriativi in corso, salvo che la determinazione dell'indennità di espropriazione sia stata condivisa, ovvero accettata, o sia comunque divenuta irrevocabile ”.
1.6 E’ allora evidente che il criterio del valore di mercato risulta inapplicabile al caso di specie, risultando ostativa l’espressa disposizione sopra citata, laddove esclude la cogenza del criterio di cui all’art. 37, D.P.R. n. 327/2001, in tutti i quei casi in cui vi sia stata l’accettazione dell’indennità di esproprio in un momento precedente all’entrata in vigore delle nuove norme (in questo senso si veda Corte di Cassazione, Sez. I. n. 1790 dell’8 febbraio 2012).
1.7 Altrettanto evidente è la ratio sottesa alla previsione di cui all’art. 2 comma 90, laddove il Legislatore ha ritenuto di attribuire rilievo prioritario alle pattuizioni intercorse, con la conseguenza che l’accettazione di una determinata indennità preclude la possibilità di mettere in discussione l’importo così definito, anche se inferiore a quanto previsto dalle disposizioni successivamente intervenute.
1.8 Pur in presenza della sentenza n. 348 della Corte Costituzionale del 24 ottobre 2007, che ha ancorato l’indennità di esproprio al criterio del valore venale, è dirimente constatare che, con il disposto di cui all’art. 2 comma 90 sopracitato, si è inteso introdurre un’apposita disciplina transitoria che attribuisce rilievo alle pattuizioni intercorse, all’acquiescenza alla determinazione della indennità, circostanza quest’ultima che non può che costituire una preclusione per le successive contestazioni in giudizio, riferite ad importi precedentemente concordati e confluiti in un’espressa pattuizione.
1.9 Si è affermato, infatti, che “ la nuova previsione del 2007 recupera i profili di negozialità per adesione sopra citati per affermare la sopravvivenza della vecchia regola di determinazione dell’indennità le sole volte in cui alla data di entrata in vigore della stessa L. 24 dicembre 2007, n. 244, pur ancora pendente il procedimento espropriativo (come nella specie) e quindi pur essendo possibile l’applicazione del nuovo testo dell’art. 37, commi 1 e 2 del T.U. (come novellato secundum constitutionem dal comma 89, lett. A), l’indennità stessa abbia assunto una veste di fatto in termini di irretrattabilità, per consenso dell’espropriando (id est: sia stata accettata, condivisa o sia divenuta irrevocabile comunque). E la ragionevolezza di una scelta legislativa che fa prevalere il profilo di irretrattabilità della accettazione, quale frutto di una libera scelta, emerge evidente ove si consideri che l’accettazione avrebbe potuto comunque essere stata consapevolmente negata o semmai (proposta come) condizionata o sottoposta a conguaglio, essendo ad essa accettazione (nella fattispecie avvenuta il 12.6.2007) ben anteriore la decisione della CEDU (29.3.2006) ed essendo a quella data di accettazione ancora pendente l’incidente di costituzionalità poi risolto con la decisione 348 del 24.10.2007.. (Corte di Cassazione, Sez. I. n. 1790 dell’8 febbraio 2012)”.
2. Si consideri, infatti, che nel momento in cui i ricorrenti hanno accettato l’indennità di esproprio (luglio 2007), questi ultimi non potevano non essere a conoscenza che il criterio di determinazione dell’indennità di cui all’art. 5 bis, D.L. n. 333/1992, convertito nella L. n. 359/1992, potesse essere dichiarato costituzionalmente illegittimo e, ciò, considerando che l’ordinanza di rimessione dell’art. 5 bis n. 12810 risaliva ad un periodo precedente, essendo stata adottata il 29 maggio 2006 e pubblicata sulla G.U. n. 42 del 18 ottobre 2006.
2.1 Detto comportamento assume maggiore rilievo laddove si consideri che i ricorrenti, in sede di stipula del contratto di cessione dei terreni, non hanno apposto alcuna riserva in merito alla rideterminazione del prezzo, accettando espressamente la misura fissata ai sensi dell’art. 5 bis, nell’ambito della loro piena ed insindacabile autonomia negoziale.
2.2 Non solo non vi è stata alcuna clausola diretta a prevedere un conguaglio, ma è dirimente considerare che l’art. 2 comma 90 della L. 244/90 ha espressamente disciplinato le fattispecie transitorie, prevedendo l’intangibilità delle pattuizioni in precedenza intervenute che hanno definito espressamente l’indennità da corrispondere.
2.3 Va evidenziato, inoltre, che sia l’art. 20 del Dpr 327/2001 che l’art. 2 comma 90 della L. n. 244/2007, prevedono l’irrevocabilità del corrispettivo del bene oggetto di espropriazione.
2.4 L’art. 20, comma 5, D.P.R. n. 327/2001 prevede, infatti ed espressamente, che la dichiarazione di accettazione dell’indennità di esproprio è “ irrevocabile ”, mentre l’art. 2, comma 90 della L. 244/90 sancisce che le disposizioni dell’art. 37 e dell’art. 45 del D.P.R. n. 327/2001, come modificate dal comma 89 del medesimo art. 2, “ si applicano a tutti i procedimenti espropriativi in corso, salvo che la determinazione delle indennità di espropriazione sia stata condivisa, ovvero accettata, o sia comunque divenuta irrevocabile ”.
2.5 Altrettanto infondata è la tesi svolta in via subordinata, secondo cui si dovrebbe valutare se il valore dell’immobile utilizzato per determinare il prezzo di cessione ai sensi dell’art. 5 bis, fosse congruo rispetto ai valori di mercato, circostanza quest’ultima che dovrebbe portare, nell’ipotesi, di non congruità, a ritenere nullo il prezzo accettato ed inserito nel contratto di cessione.
2.6 Sul punto si è già avuto modo di evidenziare che le disposizioni vigenti, applicabili alla fattispecie in esame, consentivano di prescindere dall’applicabilità del valore venale tutte le volte che si fosse in presenza di una pattuizione antecedente ed espressa, circostanza quest’ultima che esclude la possibilità di pervenire ad una dichiarazione di nullità della pattuizione, costituendo quest’ultima un mero elemento estimativo lasciato alla libera autonomia e valutazione delle parti, che non può essere rimesso in discussione a causa di ripensamenti successivi.
2.7 Si consideri, inoltre, che a seguito dell’accettazione delle indennità di esproprio avvenuta nel luglio 2007, è stato stipulato il contratto di cessione dei terreni in data 2 luglio 2008, cosicché la determinazione concordata della indennità di esproprio è comunque divenuta definitiva e non più contestabile ab origine .
2.8 In conclusione l’infondatezza delle censure proposte, consente di respingere il ricorso.
La particolarità della fattispecie esaminata consente di compensare le spese del presente giudizio.