TAR Venezia, sez. I, sentenza 2011-04-18, n. 201100640

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Venezia, sez. I, sentenza 2011-04-18, n. 201100640
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Venezia
Numero : 201100640
Data del deposito : 18 aprile 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01235/2004 REG.RIC.

N. 00640/2011 REG.PROV.COLL.

N. 01235/2004 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1235 del 2004, proposto da:
P F, rappresentato e difeso dall'avv. E G, con domicilio eletto presso E G in Venezia, Santa Croce, 269;

contro

Comune di Livinallongo del Col di Lana - (Bl), rappresentato e difeso dagli avv. L V, M V, con domicilio eletto presso M V in Venezia, Dorsoduro,1057;

nei confronti di

V A, rappresentato e difeso dall'avv. G A, con domicilio eletto presso R B' in Venezia, Santa Croce, 663;

per l'annullamento

della deliberazione consiliare n. 4 del 29.1.2004, con la quale non è stata approvata la delimitazione d’ambito territoriale dell’area da assoggettare a Piano di Recupero di iniziativa privata della zona A6 in località Arabba ed stata dichiarata improcedibile l’istanza in tal senso avanzata dal ricorrente


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Livinallongo del Col di Lana - (BL) e di V A;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 marzo 2011 la dott.ssa A F e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Espone l’odierno ricorrente di essere proprietario in Comune di Livinallongo del Col di Lana di un terreno, contraddistinto al mappale n. 37 foglio n. 32, originariamente censito parte in zona A e parte in zona Agricola, in località Arabba.

Abbandonata la primitiva intenzione di dare corso ad un intervento edificatorio diretto sull’area di proprietà, il ricorrente si orientava verso la predisposizione di un piano di recupero, ritenendo di potersi avvalere della disposizione contemplata nell’art.11, secondo comma della L.r. n. 61/1985 e quindi di ottenere una modifica perimetrale dell’ambito entro il quale dare corso all’intervento programmato.

Sebbene nel 1995 il progetto di piano di recupero presentato dal ricorrente avesse trovato accoglimento da parte dell’allora Consiglio Comunale, l’iter subiva un arresto derivante da una richiesta integrativa formulata dal Comitato di Controllo di Belluno, richiesta rimasta inevasa da parte dell’amministrazione comunale.

Peraltro, il progetto del ricorrente veniva contestato anche dalla proprietà confinante, facente capo alla ditta Vallazza, la quale aveva evidenziato il contrasto dell’intervento edificatorio ivi previsto con il rispetto della disciplina locale in materia di distanze fra costruzioni.

Abbandonata l’originaria idea di fare ricorso all’incremento dell’ambito del perimetro del piano ex art.11 della L.r. n. 61/85, la proposta di ampliamento dell’area edificabile in corrispondenza della proprietà del ricorrente trovò nuovo spunto a seguito della delibera di adozione della variante al PRG comunale, delibera che, superate le osservazioni contrarie sollevate dalla proprietà confinante, fu approvata dalla Regione con delibera giuntale n. 2782 del 3.8.1999.

A questo punto, tenuto conto delle attuali previsioni urbanistiche, il ricorrente presentò una nuova istanza di piano di recupero, istanza che fu lungamente esaminata e che diede luogo ad una determinazione da parte della commissione edilizia, la quale, dopo aver acquisito il parere dell’estensore del PRG comunale (ing. D B), espresse la necessità di ottenere preventivamente l’approvazione da parte del Consiglio Comunale della delimitazione dell’ambito territoriale, onde accertare che in sede di realizzazione del piano di recupero fossero rispettati i parametri prescritti dal PRG.

Sebbene il parere reso dal tecnico interpellato fosse stato sostanzialmente favorevole alla realizzazione del piano di recupero anche in zone inedificate, prive di qualsiasi grado di salvaguardia, quale era l’ambito di proprietà del ricorrente (divenuto interamente zona A – Centro storico), con delibera consiliare n. 4 del 29 gennaio 2004 l’istanza del ricorrente fu respinta.

Il provvedimento negativo assunto dal Consiglio Comunale, valutata la delimitazione dell’ambito territoriale del piano di recupero proposto, evidenziava l’insussistenza delle condizioni di degrado dell’area di intervento e quindi, richiamate le previsioni urbanistiche di zona, con specifico riguardo alla zona A6, ove non era prevista alcuna nuova cubatura, decideva di non approvare la delimitazione dell’ambito dell’area da assoggettare a piano di recupero, così sostanzialmente escludendo qualsiasi possibilità di approvazione della proposta di piano attuativo elaborata dal ricorrente.

Avverso la delibera consiliare così assunta è insorto il ricorrente con il gravame in oggetto, nel quale, attraverso un unico articolato motivo di ricorso, è stata evidenziata la contraddittorietà della determinazione assunta dall’amministrazione comunale rispetto a quanto in precedenza ritenuto e soprattutto rispetto al parere sostanzialmente favorevole alla realizzazione del piano di recupero, anche in centro storico, espresso dall’estensore della variante al PRG da ultimo approvata.

L’amministrazione intimata si è costituita in giudizio, controdeducendo alle argomentazioni svolte in ricorso, richiamando le previsioni specifiche per l’ambito considerato, così come contemplate nelle tavole di azionamento, in base alle quali per la zona A6 non risultava prevista alcuna cubatura.

Inoltre, richiamata l’articolata e diffusa motivazione della delibera impugnata circa lo stato di degrado dell’area interessata ed esclusa la sussistenza delle condizioni urbanistiche per dare avvio al progetto di recupero presentato dal ricorrente (tenuto conto della previsione di realizzazione di nuove cubature), la difesa comunale concludeva chiedendo il rigetto del ricorso.

Si è altresì costituita in giudizio la controinteressata – sig.ra Antonietta Vallazza – le cui difese hanno contrastato in punto di diritto e di fatto tutte le argomentazioni dedotte in ricorso, concludendo per la sua reiezione.

All’udienza del 16 marzo 2011, udite le conclusioni dei difensori, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Come anticipato nell’esposizione in fatto, con il ricorso in oggetto parte istante ha chiesto l’annullamento della delibera del Consiglio Comunale di Livinallongo del Col di Lana che, per le motivazioni ivi esplicitate, ha ritenuto di non approvare la delimitazione dell’ambito territoriale entro il quale dare corso alla realizzazione del piano di recupero presentato dal ricorrente.

Va in primo luogo osservato che la deliberazione impugnata ha per oggetto la delimitazione dell’ambito territoriale entro il quale collocare il piano di recupero proposto dal ricorrente e non direttamente l’approvazione della proposta di piano da questi presentata, in ragione della specifica richiesta avanzata in tal senso della commissione edilizia comunale, la quale, proprio a fronte della proposta sottoposta al suo esame, ha ritenuto di dover chiarire l’esatta delimitazione dell’ambito di intervento, onde successivamente verificare il rispetto dei parametri prescritti dal PRG.

E’ quindi evidente che il Consiglio Comunale è intervenuto su sollecitazione della commissione edilizia, proprio al fine di inquadrare correttamente ed in via preliminare l’ambito interessato al piano attuativo proposto dal ricorrente, accertandone i parametri applicabili, per poi eventualmente esaminare la proposta di piano avanzata dal signor P.

Detto esame “preliminare” o meglio prodromico alla valutazione della proposta di piano, si è tuttavia risolto in termini sfavorevoli per il ricorrente, in quanto dall’analisi dell’area di intervento in rapporto alle prescrizioni urbanistiche alla medesima applicabili, nonché tenuto conto dello stato di fatto dell’area (sia con riguardo all’effettivo stato di degrado della stessa, nonché del livello urbanizzazione esistente), non sono state rinvenute le condizioni per approvare la delimitazione e quindi per dare ulteriore corso all’esame della proposta di piano di recupero.

Ritiene il Collegio che il ricorso non sia fondato, in quanto - attesa la motivazione posta a sostegno della determinazione assunta dall’amministrazione comunale intimata – le censure dedotte in ricorso non sono suscettibili di accoglimento.

In primo luogo, si osserva come nella delibera impugnata venga identificata l’area, indicata negli elaborati prodotti dal ricorrente, come priva di costruzioni e totalmente inedificata.

Detta circostanza non è contestata dalla difesa istante, il che conduce a confermare il dato di fatto più rilevante ai fini della definizione del presente giudizio e cioè che in tale ambito non esistono costruzioni da recuperare.

A detta conclusione giunge l’amministrazione intimata, che, infatti, nella delibera osserva l’incongruenza di una proposta di piano di recupero che ha per oggetto non il recupero delle volumetrie esistenti, anche mediante il loro ampliamento o la sopraelevazione, bensì la realizzazione di nuove edificazioni (invero, ed il punto non è messo in discussione dal ricorrente, l’intervento prevede la realizzazione di una costruzione a destinazione abitativa di tre piani fuori terra).

Il che porta l’amministrazione a concludere nel senso che – sebbene teoricamente sia ammissibile l’approvazione di piani di recupero in ambiti compresi nel centro storico di Arabba (località compresa nel Comune intimato, ove è sita la proprietà del ricorrente), così concordando con il parere espresso sul punto dall’ing. D B – detta tipologia di strumento attuativo non può discostarsi dalle sue intrinseche finalità, che sono appunto quelle di recupero della cubatura esistente e non certo di realizzazione di nuove costruzioni (quale è in realtà l’obiettivo del proponente).

A tali considerazioni sullo stato delle aree interessate dal piano, si sono quindi aggiunti i riferimenti alla disciplina urbanistica della zona A6, così come dettata dalla tavola di azzonamento, essendo stato rilevato che, con riguardo alla capacità insediativa residenziale teorica, per tale zona non è prevista la realizzabilità di alcuna cubatura.

Tale dato è stato confermato dalla produzione documentale effettuata dall’amministrazione convenuta, dalla quale è agevole riscontrare per tale ambito l’assenza di alcuna indicazione circa la possibilità di realizzazione di nuove cubature (a differenza di altre zone sempre comprese nel Centro Storico di Arabba).

Su tali premesse si è quindi fondata la motivazione della delibera impugnata, nella quale è stato evidenziato che l’ambito proposto per la realizzazione del piano attuativo non poteva essere approvato in considerazione dell’assenza delle condizioni di degrado urbanistico edilizio e soprattutto dell’insussistenza di urbanizzazioni carenti o insufficienti, tali da imporre una riqualificazione dell’area e giustificare l’approvazione di un piano di recupero della stessa.

L’analisi dello stato attuale dell’ambito individuato per la realizzazione del piano, così come riportata nella motivazione della delibera consiliare, ha altresì evidenziato che l’eventuale realizzazione di nuovi volumi (non ammissibili in base alla disciplina urbanistica vigente) avrebbe comportato un maggior peso insediativo e quindi la necessità di un raccordo del nuovo aggregato e delle relative urbanizzazioni con le infrastrutture esistenti in zona A, le quali allo stato risultano già sature tanto da giustificare l’assenza di alcuna previsione di incremento insediativo in tale ambito.

Peraltro, proprio a conferma dell’insussistenza nell’ambito considerato dalla proposta del ricorrente di volumi esistenti da recuperare attraverso il piano di recupero, si giunge a suggerire l’individuazione di una diversa perimetrazione che coinvolga anche parte dell’aggregato urbano adiacente, in modo tale da recuperarne il patrimonio edilizio ed urbanistico esistente, per il quale è riscontrabile un effettivo stato di degrado .

Orbene, alla luce delle motivazioni così addotte, il Collegio non ritiene che le censure di legittimità esposte in ricorso siano fondate, con particolare riguardo alla dedotta contraddittorietà del comportamento tenuto dall’amministrazione comunale che originariamente si era espressa in termini favorevoli all’approvazione del piano di recupero, in quanto le considerazioni dedotte a sostegno della delibera impugnata appaiono coerenti e rispettose sia dei principi generali e delle finalità proprie dei piani di recupero urbanistico-edilizio sia delle stesse prescrizioni urbanistiche vigenti per quanto riguarda l’area interessata dalla strumento urbanistico attuativo proposto dal ricorrente.

Non può infatti essere disconosciuta la situazione di fatto dell’ambito interessato, caratterizzata dall’inesistenza di edifici da recuperare, nonché l’insussistenza, in termini più generali, di una situazione di degrado urbanistico, indispensabile per giustificare l’approvazione di un piano di recupero.

Al contempo, le stesse prescrizioni introdotte per la zona interessata dall’intervento escludono espressamente la creazione di nuove volumetrie ed in virtù di tale prescrizione risulta inammissibile la proposta del ricorrente che, al contrario, prevede la realizzazione di nuove volumetrie, non certo il recupero dell’esistente.

Ricordato che in sede di scelte urbanistiche l’amministrazione gode di ampia discrezionalità, sempre nel rispetto ed osservanza della disciplina urbanistica vigente in base agli strumenti approvati, e che nel caso di specie le considerazioni sono state supportate da adeguata motivazione in rapporto alla situazione di fatto e di diritto dell’ambito considerato, non può che concludersi nel senso della legittimità della delibera impugnata.

Per tali considerazioni, quindi, il ricorso non può trovare accoglimento e va respinto.

Sussistono giusti motivi per disporre l’integrale compensazione fra le parti delle spese di giudizio.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi