TAR Parma, sez. I, sentenza breve 2013-03-20, n. 201300106

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Parma, sez. I, sentenza breve 2013-03-20, n. 201300106
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Parma
Numero : 201300106
Data del deposito : 20 marzo 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00053/2013 REG.RIC.

N. 00106/2013 REG.PROV.COLL.

N. 00053/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

sezione staccata di Parma (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 53 del 2013, proposto da:
BNP Paribas Real Estate Investment Management Italy Società di Gestione del Risparmio p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti A B, F P e M M, con domicilio eletto presso l’avv. A M in Parma, vicolo San Marcellino, 2/A;

contro

Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Soprintendenza Beni Architettonici e Paesaggistici delle Province di Parma e Piacenza e Direzione Regionale Beni Culturali Paesaggistici dell'Emilia Romagna, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, presso cui è domiciliato in Bologna, via Guido Reni 4;
Ministero dell'Economia e delle Finanze, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

del provvedimento prot. 9713 del 12 dicembre 2012 a firma del Soprintendente con il quale è stata dichiarata la nullità dell'atto di trasferimento al Fondo dell'immobile sito in Piacenza, via Malta 11, denominato Caserma Cesare Battisti disposto con decreto del 23 dicembre 2005 n. 20358 adottato dal MEF di concerto col Ministero per i Beni e le Attività Culturali;

della nota della Direzione Regionale del 14 settembre 2006 prot. n. 13875 conosciuta dalla ricorrente il 13 dicembre 2012;

di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente, nonché per l’accertamento dell’esito negativo della verifica di interesse culturale formatosi per silenzio assenso.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore la dott.ssa Laura Marzano;

Udito, nella camera di consiglio del giorno 6 marzo 2013, il difensore della ricorrente in assenza preannunciata dell’Avvocatura dello Stato;

Dato avviso ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;


1. La ricorrente (già BNL Fondi Immobiliari SGR S.p.a.) - mandataria di BNP Paribas REIM SGR p.a., società di gestione del risparmio selezionata da Patrimonio dello Stato S.p.a. per costituire e gestire un fondo immobiliare nell’ambito di una operazione di riordino, gestione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico ai sensi del D.L. 25 settembre 2001, n. 351, convertito in legge 23 novembre 2001, n. 410, che gestisce il Fondo immobiliare “Patrimonio uno” istituito con D.M. del Ministero dell’Economia e delle Finanze ai sensi dell’art. 14bis della L. 25 gennaio 1994, n. 86, in data 27 novembre 2012 - ha chiesto alla Soprintendenza per i Beni Architettonici e paesaggistici per le Province di Parma e Piacenza il rilascio di certificazione di esistenza/non esistenza di eventuali vincoli sull’immobile sito in Piacenza a viale Malta 11, conferito al Fondo.

Tale richiesta è stata riscontrata con nota del 12 dicembre 2012 con cui la Soprintendenza, dopo aver ripercorso l’attività istruttoria svolta relativamente all’immobile de quo , in considerazione della mancata conclusione del procedimento di verifica dell’interesse culturale avviato nel 2005, ha dichiarato nullo l’atto di trasferimento al Fondo dell’immobile in questione.

Ritenendo illegittima la suddetta determinazione, la ricorrente l’ha impugnata deducendo la violazione di legge e l’eccesso di potere sotto diversi profili, in sintesi evidenziando che in costanza di procedimento di verifica, l’apporto dell’immobile al Fondo resterebbe valido ed efficace e che, viceversa, giunto a termine il procedimento, l’esito potrebbe essere o di libera circolazione del bene (esito negativo), o di circolazione vincolata (esito positivo con autorizzazione all’alienazione) o di revoca del conferimento (esito positivo con parere negativo in ordine alla permanenza del bene nel Fondo o alla sua alienabilità).

D’altra parte, secondo la ricorrente, poiché il termine di legge per la conclusione del procedimento in discorso, nell’originaria formulazione dell’art. 12, comma 10, del D.Lgs 42/2004 (Codice dei Beni Culturali) applicabile ratione temporis , era fissato in 120 giorni, si sarebbe formato il silenzio – assenso in ordine all’esito negativo e, dunque, il bene sarebbe esente da vincoli.

L’amministrazione intimata si è costituita in giudizio con memoria di stile chiedendo la reiezione dell’istanza cautelare e del ricorso.

Alla camera di consiglio del 6 marzo 2013, sentito il difensore della ricorrente anche in merito alla possibile definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata, assente l’Avvocatura dello Stato, la causa è stata trattenuta in decisione.

2. Con decreto del 23 dicembre 2005 denominato “Fondo Patrimonio uno: decreto di apporto”, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, ha disposto il trasferimento (cd. apporto) al patrimonio disponibile dello Stato di un elenco di beni immobili individuati negli allegati 1 e 2 stabilendo, per quanto di interesse, che entro novanta giorni dalla pubblicazione in G.U., avvenuta il 29 dicembre 2005, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali “verifica l’interesse culturale degli immobili apportati di cui all’allegato 2 e, se la verifica è positiva, esprime il proprio parere in merito all’assenza di motivi ostativi alla permanenza dei beni nel Fondo e rilascia l’autorizzazione all’eventuale successiva alienazione” (art. 7, comma 1).

Ai successivi commi la norma prevede, in sintesi, che in caso di esito positivo della verifica, che costituisce dichiarazione di interesse culturale da trascriversi quale vincolo nei registri immobiliari, qualora venga autorizzata l’alienazione, l’immobile può circolare con le modalità stabilite dalla vigente normativa in materia di beni culturali;
viceversa, il parere negativo in ordine alla permanenza dell’immobile nel Fondo o alla sua alienabilità comporta la revoca del trasferimento al Fondo da disporsi con atto formale soggetto a pubblicazione in G.U..

Conformemente a tale disciplina il Ministero dell’Economia e delle Finanze il 27 dicembre 2005 ha trasmesso alla Direzione Regionale per i beni architettonici e paesaggistici la richiesta di verifica dell’interesse culturale di due immobili, tra i quali la Caserma sita in Piacenza al viale Malta n. 11.

Nell’evadere richiesta, in data 22 febbraio 2006, la Direzione Regionale ha rappresentato alla Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio di Parma e Piacenza la necessità di ottenere documentazione integrativa sulla caserma ubicata al civico 11, individuata quale caserma Zanardi – Landi, ed ha, pertanto, sospeso i termini per la valutazione.

Con successiva nota in data 14 settembre 2006 la Direzione Regionale ha precisato che la caserma individuata al civico 11, per la quale è stata chiesta documentazione integrativa, è in realtà la Caserma Cesare Battisti di proprietà del Ministero dell’Interno ed è sede della scuola allievi di P.S., immobile interessato, fin dal 1998, da lavori di ristrutturazione non ultimati, mentre la caserma Zanardi – Landi è ubicata sulla stessa via al civico 14.

Con ulteriore nota in pari data la Direzione Regionale ha comunicato che la valutazione dell’interesse culturale di entrambe le caserme sarebbe rimasta sospesa fino al ricevimento della documentazione integrativa richiesta con nota del 22 febbraio 2006, precisando che, solo a conclusione del suddetto procedimento di verifica, si sarebbe potuta prendere in considerazione un’eventuale richiesta di autorizzazione all’alienazione, trattandosi di edificio vincolato ai sensi del D.Lgs. 42/2004.

3. Il ricorso è parzialmente fondato e va accolto per quanto di ragione.

3.1. Alla luce della previsione di cui all’art. 7 del D.M. 23 dicembre 2005 “Fondo patrimonio uno: decreto di apporto”, che ricalca la disciplina dettata dagli artt. 10, 12 e 13 del D.Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42, Codice dei beni culturali e del paesaggio, il procedimento di verifica dell’interesse culturale deve concludersi con un provvedimento espresso;
tale provvedimento può avere contenuto negativo e, in tal caso, ne deriverebbe la definitiva sdemanializzazione del bene, ovvero contenuto positivo.

In tale ultimo caso possono verificarsi due ipotesi: la prima è che venga concessa l’autorizzazione alla alienazione come bene vincolato;
la seconda è che venga espresso parere contrario alla permanenza nel Fondo dell’immobile o alla sua alienabilità. Ciò comporterebbe la retrocessione dell’immobile all’autorità conferente, da effettuarsi con espresso atto di revoca, soggetto a pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

Fra tali due ipotesi, dunque, tertium non datur .

Così delineato il quadro normativo, l’impugnato atto della Soprintendenza, recante declaratoria di nullità dell’apporto, si profila del tutto irrituale poiché non previsto né compatibile con alcuna disposizione di legge, dubitandosi finanche della competenza della Soprintendenza ad adottarlo.

L’illegittimità dell’atto, peraltro, è ravvisabile sotto un diverso ed ulteriore profilo: la mancata conclusione del procedimento, a distanza di sette anni dal suo avvio, non può essere dall’amministrazione invocata e posta a fondamento di un provvedimento sfavorevole al privato.

Viceversa, la P.A. ha il preciso obbligo di portare a compimento quanto iniziato, mediante adozione del provvedimento espresso - in ordine alla sussistenza/non sussistenza dell’interesse culturale - avente uno dei contenuti legalmente tipizzati.

Per quanto precede l’atto impugnato deve essere annullato.

3.2. A diversa conclusione deve giungersi quanto all’istanza di declaratoria del silenzio assenso, asseritamente formatosi sulla verifica negativa della sussistenza dell’interesse culturale.

In proposito il Collegio osserva che la formulazione dell’art. 12, comma 10 del Codice dei Beni Culturali, nel testo anteriore alle modifiche apportate dall'art. 2, comma 1, lettera c) del D.Lgs. 24 marzo 2006, n.156, prevedeva soltanto il termine di centoventi giorni per la conclusione del procedimento, senza nulla specificare per l’ipotesi di inutile decorso del termine.

In mancanza di espressa previsione, dunque, il Collegio dubita che in subiecta materia potesse applicarsi, sia pure ratione temporis , l’istituto del silenzio assenso, per di più interpretandolo nel senso preteso dalla ricorrente (ossia come esito negativo della verifica di interesse culturale).

Invero, sebbene introdotta soltanto con la novella legislativa di cui all'art. 9, comma 3, della legge 18 giugno 2009, n. 69, la previsione di cui al comma 4, dell’art. 20 della legge 241/90, secondo cui “le disposizioni del presente articolo non si applicano agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico”, altro non ha fatto che positivizzare un principio già lungamente predicato dalla giurisprudenza amministrativa, attesa la specialità della materia.

D’altra parte, in un simile procedimento l’amministrazione è chiamata, non già a verificare la mera sussistenza di presupposti di legge, bensì ad esprimere una valutazione, quale quella relativa al valore storico – artistico – culturale di un bene immobile, connotata da elevata discrezionalità.

Per quanto precede, l’ulteriore domanda formulata dalla ricorrente deve essere disattesa, in nessun caso potendo il giudice pronunciare su poteri amministrativi non ancora esercitati (art. 34, comma 2, c.p.a.).

4. Le spese del giudizio, in considerazione della reciproca soccombenza, possono compensarsi.

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