TAR Roma, sez. 4T, sentenza 2023-11-02, n. 202316271
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Pubblicato il 02/11/2023
N. 16271/2023 REG.PROV.COLL.
N. 01149/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Quarta Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1149 del 2021, proposto dal Sindacato Nazionale Finanzieri Si.Na.Fi., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato G A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia ed elettivamente domiciliato presso il suo studio sito in L’Aquila, via Cardinale Mazzarino n. 76;
contro
la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per la Funzione Pubblica e il Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona dei rispettivi legali rappresentanti
pro tempore
, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
per l'annullamento, previa adozione di misure cautelari
- dell'atto identificato al n. prot. DFP-00739-P- del 18/11/2020, recante oggetto “Comparto Sicurezza/Difesa – Personale non dirigente. Triennio 2019/2021. Convocazione incontro per avvio procedure negoziali”;
- di ogni successivo atto presupposto, preliminare, connesso e comunque consequenziale;
nonché per l’accertamento
del diritto della parte ricorrente ad essere comunque “invitata a partecipare” alle attività di discussione e relative procedure per la definizione dell’accordo sindacale e dei relativi provvedimenti di concertazione del Comparto Sicurezza/Difesa - triennio 2019/2021 - personale non dirigente, con condanna delle amministrazioni intimate all’adozione dei relativi provvedimenti e/o integrazioni rispetto a quelli già emanati, in funzione conservativa, finalizzati allo scopo per cui si richiede la tutela cautelare.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per la Funzione Pubblica e del Ministero dell'Economia e delle Finanze;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 settembre 2023 il dott. V B e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con atto ritualmente notificato e tempestivamente depositato nei termini perentori di legge, il ricorrente Si.Na.Fi. (Sindacato Nazionale Finanzieri), qualificatosi come “associazione professionale militare a carattere sindacale” e “nazionale” (cfr. artt. 1 e 2 dello Statuto agli atti), ha lamentato l’illegittimità della mancata convocazione alle procedure di concertazione/contrattazione per il rinnovo del contratto di lavoro, comparto Sicurezza/Difesa - Triennio 2019/2021, formalizzata con la nota del Dipartimento della Funzione Pubblica - Ufficio Relazioni Sindacali indicata in epigrafe, invocando la diretta ed immediata operatività dei principi espressi nella sentenza della Corte Costituzionale 11 aprile 2018, n. 120, con la quale è stata dichiarata l’incostituzionalità dell’art. 1475, co. 2, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell’ordinamento militare), in quanto prevedeva che «I militari non possono costituire associazioni professionali a carattere sindacale o aderire ad altre associazioni sindacali» anziché prevedere che «I militari possono costituire associazioni professionali a carattere sindacale alle condizioni e con i limiti fissati dalla legge;non possono aderire ad altre associazioni sindacali».
2. Il diniego impugnato si fonda sulla considerazione per cui, ancorché il Ministero dell’Economia e delle Finanze, da cui il Corpo dipende, con circolare del Capo di Gabinetto del 30 ottobre 2018, n. 20619, ne abbia disciplinato (in attuazione dell’art. 1475, co. 1, d.lgs. n. 66/10, secondo il quale la costituzione di associazioni fra militari è subordinata al “preventivo assenso” del Ministro della difesa, “condizione di carattere generale valida a fortiori per quelle a carattere sindacale”: cfr. par. 16 della sentenza) le modalità di costituzione, la Corte costituzionale avrebbe introdotto una riserva di legge quanto alla “definizione delle condizioni e dei limiti per la costituzione di tali associazioni”, sicché, secondo il disposto della circolare in questione, “restano ferme, a legislazione vigente, le competenze degli Organismi della Rappresentanza Militare”, nelle more dell’adozione di una disciplina ad hoc da parte del legislatore ordinario. Viene, inoltre, evidenziato che “a legislazione vigente la rappresentanza degli interessi collettivi del personale militare continua comunque ad essere assicurata dalle Sezioni Cocer, regolarmente convocate alle trattative, le quali costituiscono organi centrali, a carattere nazionale ed interforze, portatori degli interessi del personale militare”.
3. Ad avviso dell’ente ricorrente, al contrario, pur avendo la Corte individuato precisi limiti all’azione sindacale delle istituende associazioni (cfr. par. 17 e 18 della sentenza), mutuandoli (oltre che dal tradizionale divieto di esercizio del diritto di sciopero) da quelli già previsti per i diversi organismi della rappresentanza militare dall’art. 1478, co. 7, d.lgs. n. 66/10, e demandato al legislatore l’individuazione di quelli ulteriori, avrebbe conferito loro “immediata concretezza di prerogative”, connaturate agli scopi dell’associazionismo sindacale, prima fra tutte la partecipazione alla contrattazione collettiva. Ciò troverebbe conforto in quanto affermato dal Consiglio di Stato, in sede consultiva, nel parere del 14 novembre 2018 reso dalla Seconda sezione, su richiesta del Ministero della Difesa, concernente “l’applicazione dell’articolo 1475, comma 1, del Codice dell’ordinamento militare, alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 120 del 13 giugno 2018, relativamente al rilascio del preventivo assenso del Ministro della difesa per la costituzione di associazioni professionali tra militari a carattere sindacale”, nel quale si sostiene che “appare coerente, sia con la sentenza sia con i limiti già definiti dall’Amministrazione, prevedere e regolare, prima ancora di una soluzione legislativa anche sul punto, un metodo di interlocuzione - non di concertazione, propria invece degli organi di rappresentanza - che possa dare sostanza alle attività delle associazioni, altrimenti previste e regolate solo per la loro costituzione e per i limiti e gli impedimenti alla loro azione. Invece, vanno disciplinate in positivo le modalità di azione dialettica che salvaguardi gli scopi e la ragion d’essere delle associazioni sindacali, almeno nella forma minima delle consultazioni sulle questioni d’interesse;e ciò anche nelle more dell’intervento legislativo”.
4. Si sono costituiti in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per la Funzione Pubblica e il MEF, concludendo per il rigetto del ricorso.
5. Con ordinanza del 16 febbraio 2021, è stata respinta l’istanza cautelare di parte ricorrente.
6. All’udienza del 26 settembre 2023, la causa è stata trattenuta in decisione.
7. Ritiene il Collegio che, sulla scorta del quadro regolatorio pro tempore vigente, l’operato dell’amministrazione resistente debba considerarsi immune da censure, per le ragioni che seguono.
7.1. Innanzitutto, è opportuno richiamare la tradizionale e netta distinzione, normativamente fondata (cfr. art. 39 Cost., co. 1 e 4;art. 14, l. n. 300/70, c.d. “Statuto dei lavoratori”) tra “libertà sindacale” o di “organizzazione sindacale”, intesa come diritto di costituire associazioni sindacali e di aderirvi, e “attività sindacale”, che si risolve nell’esercizio delle numerose prerogative riconosciute dalla legge ai singoli lavoratori iscritti e alle loro rappresentanze, tra le quali, per queste ultime, assume primaria importanza quella di partecipare alle attività prodromiche e alla stipula degli accordi inerenti i diversi livelli e ambiti della contrattazione collettiva.
7.2. Ciò premesso, ad un’attenta lettura, la più volte menzionata sentenza n. 120/18 della Corte costituzionale, sul presupposto che “i valori che essa sottende sono di tale rilevanza da rendere incompatibile con la disciplina stessa un riconoscimento non specificamente regolamentato del diritto di associazione sindacale” detta prescrizioni puntuali e self-executing , desumibili dall’assetto costituzionale (democraticità, neutralità, trasparenza del sistema di finanziamento, che devono essere garantite dagli statuti da sottoporre al vaglio del Ministro competente a norma del vigente art. 1495, co. 1, d.lgs. n. 66/10) esclusivamente con riguardo al primo segmento della materia in esame, quello relativo alla libertà di organizzazione sindacale, la quale viene innovativamente riconosciuta e garantita anche agli appartenenti ai corpi militari dello Stato, “alle condizioni e con i limiti fissati dalla legge”.
Lo stesso non può dirsi per quanto concerne l’attività sindacale. Infatti, se è vero che, nella motivazione della sentenza (cfr. par. 18), si precisa come “in attesa dell’intervento del legislatore, il vuoto normativo possa essere colmato con la disciplina dettata per i diversi organismi della rappresentanza militare”, è altrettanto evidente che la Corte ha enucleato soltanto dei limiti “in negativo”, come si desume dal riferimento al divieto di esercizio del diritto di sciopero per i militari, storicamente giustificato dalla necessità di “garantire l’esercizio di altre libertà non meno fondamentali e la tutela di interessi costituzionalmente rilevanti”, e al disposto dell’art. 1478, co. 7, d.lgs. n. 66 del 2010, richiamato in via analogica al solo fine di escludere, dalla competenza delle associazioni rappresentative, le “materie concernenti l’ordinamento, l’addestramento, le operazioni, il settore logistico-operativo, il rapporto gerarchico-funzionale e l’impiego del personale”, a tutela dei suddetti valori e interessi primari.
7.3. In altri termini, la Corte costituzionale non ha dettato regole immediatamente precettive per quanto concerne l’esercizio dell’attività sindacale, demandando al legislatore ordinario l’adozione di una disciplina “in positivo” e, segnatamente per i profili connessi alla contrattazione collettiva, non avrebbe potuto seguire una strada diversa. Infatti, essa presuppone (tanto più in un settore peculiare del pubblico impiego non contrattualizzato quale l’ordinamento militare), com’è noto, l’individuazione di precisi meccanismi di rilevazione della rappresentatività delle associazioni sindacali legittimate alla negoziazione, così come accade in tutti gli ambiti del sistema lavoristico, al fine di garantire certezza ai procedimenti di contrattazione, pur nel rispetto del pluralismo sindacale. Il criterio della rappresentatività assolve, infatti, allo scopo di “favorire l'ordinato svolgimento del conflitto sociale” (Corte cost., 26 gennaio 1990, n. 30). Basti pensare, per quanto riguarda il lavoro privato, al Protocollo d’intesa del 31 maggio 2013 siglato tra Confindustria e le confederazioni sindacali CGIL, CISL e UIL in materia di rappresentanza e rappresentatività per la stipulazione di contratti collettivi nazionali di lavoro, il quale detta criteri oggettivi per la misurazione della rappresentatività delle organizzazioni sindacali sulla base del dato associativo ed elettorale, necessari al fine di individuare le organizzazioni legittimate a negoziare e stipulare contratti collettivi nazionali di categoria, ovvero, nell’ambito del pubblico impiego privatizzato, alla previsione di cui all’art. 43, d.lgs. n. 165/01 in tema di rappresentatività sindacale ai fini della contrattazione collettiva. Pertanto, nella situazione di vuoto normativo originatosi per effetto della declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 1495, co. 2, d.lgs. n. 66/10, nelle more dell’intervento del legislatore sul punto, le amministrazioni resistenti, non disponendo di alcun criterio per discriminare, sul piano della legittimazione rappresentativa, tra le neoistituite associazioni sindacali di militari, non potevano che continuare ad applicare il procedimento delineato dal d.lgs. n. 195/95 (nella versione pro tempore vigente), con il coinvolgimento degli organi centrali di rappresentanza, in modo da garantire in ogni caso la partecipazione delle categorie interessate.
7.4. A conferma di quanto esposto al paragrafo che precede, va segnalato (pur non trovando applicazione al caso di specie in quanto ius superveniens ) che la legge 28 aprile 2022, n. 46 è intervenuta nel dettare “Norme sull'esercizio della libertà sindacale del personale delle Forze armate e delle Forze di polizia a ordinamento militare”, delegando altresì il Governo all’adozione di norme di coordinamento con la legislazione vigente. Significativamente, l’art. 13 individua un preciso dato quantitativo, in termini di numero di iscritti, al fine di selezionare le associazioni professionali a carattere sindacale tra militari che possano essere considerate “rappresentative a livello nazionale, ai fini delle attività e delle competenze specificamente individuate dalla presente legge”. A queste, “riconosciute” con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione, sentiti, per quanto di rispettiva competenza, i Ministri della difesa e dell'economia e delle finanze (secondo un meccanismo assimilabile a quello delineato dall’art. 39, co. 4 Cost.) “sono attribuiti i poteri negoziali al fine della contrattazione nazionale di comparto” (art. 9). Le relative controversie sono devolute al giudice amministrativo, anche per quanto concerne la repressione delle condotte antisindacali (art. 17).
7.5. Da ultimo, va osservato che il richiamato parere del Consiglio di Stato (Sez. II, 14 novembre 2018) non appare smentire quanto finora esposto, in particolare nel senso che esso predicherebbe senz’altro l’obbligo incondizionato di ammettere alle negoziazioni le associazioni costituite all’indomani della sentenza n. 120/18 della Corte costituzionale, giacché in esso si sostiene, al contrario, che “vanno disciplinate in positivo le modalità di azione dialettica che salvaguardi gli scopi e la ragion d’essere delle associazioni sindacali, almeno nella forma minima delle consultazioni sulle questioni d’interesse;e ciò anche nelle more dell’intervento legislativo”. Trattasi, a ben vedere, di un’esortazione avente valore di mero indirizzo per l’amministrazione, che muove proprio dall’assenza (e dalla necessità) di una normazione (in ipotesi, anche di rango secondario) della materia in questione.
8. Per le suesposte ragioni, il ricorso deve essere rigettato, con compensazione delle spese di lite tra le parti in considerazione dell’assoluta novità della questione trattata.