TAR Catania, sez. III, sentenza 2021-01-28, n. 202100258

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. III, sentenza 2021-01-28, n. 202100258
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 202100258
Data del deposito : 28 gennaio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/01/2021

N. 00258/2021 REG.PROV.COLL.

N. 02201/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2201 del 2017, proposto da
C A, rappresentato e difeso dall'avvocato C A, con domicilio ex lege presso la Segreteria del TAR Catania in Catania, via Istituto Sacro Cuore n. 22;

contro

Comune di Bronte, in persona del Sindaco legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato C A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Ente Parco dei Nebrod,i non costituito in giudizio;

per l'accertamento

del danno (asseritamente) subito per essere intervenuta soltanto in data 13.10.2017 la determina n. 310, con la quale il Comune di Bronte invitava il Sig. C A alla sottoscrizione del contratto volto alla concessione a pascolo dei terreni ubicati nella Contrada Grappidà - senza tuttavia nulla offrire allo stesso a titolo di suo risarcimento;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Bronte;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza del giorno 27 gennaio 2021 il dott. Gustavo Giovanni Rosario Cumin;

FATTO e DIRITTO

Il Comune di Bronte – area V tecnica -, in data 25.05.2017, con Bando a firma del capo della V area tecnica (dott. Ing. Salvatore Caudullo), rendeva noto ai possessori di animali (bovini e ovini), residenti nel Comune di Bronte (nelle more della ripartizione delle aree gravate da usi civici alle loro destinazioni), di poter presentare domanda, entro il 12.06.2017, per l’ammissione al pascolo nei terreni posti nelle seguenti contrade: Grappidà, Gelso, Finocchiara, Forestavecchia.

Il Sig. C A, pertanto, nella qualità di titolare dell'Azienda agricola Omonima, avente codice aziendale n. 057CT016 – P.I. 05176800877, in data 16.02.2017, già prima della pubblicazione del bando, presentava domanda, corredata dalla documentazione richiesta dal Bando, tendente ad ottenere la concessione a pascolo dei terreni siti nella contrada Grappidà.

La pratica non veniva tuttavia positivamente esitata, malgrado le interlocuzioni intercorse fra il Sig. C A ed i funzionari del competente ufficio del Comune di Bronte, e nel corso delle quali al primo veniva rappresentato che, a causa del mancato responso della Prefettura di Catania in merito alla comunicazione Antimafia, la pratica non poteva essere evasa.

Il Sig. C A, pertanto, procedeva con la presentazione dell’istanza di accesso agli atti amministrativi in data 28.08.2017, per verificare lo sviluppo procedimentale della propria pratica: potendo così constatare di avere allegato alla propria domanda l’autocertificazione della comunicazione antimafia, come risultava (a suo dire) dalla ricevuta del protocollo numero 10240 del 18.05.2017.

Essendo intervenuta soltanto in data 13.10.2017 la determina n. 310, con la quale il Comune di Bronte invitava il Sig. C A alla sottoscrizione del contratto volto alla concessione a pascolo dei terreni ubicati nella Contrada Grappidà - senza tuttavia nulla offrire allo stesso a titolo di risarcimento del danno (asseritamente) subito -, egli agiva per ottenerlo con ricorso notificato il 08/12/2017.

Si costituiva in giudizio l’intimato Comune di Bronte, eccependo il difetto di giurisdizione del giudice adito.

In data 27/01/2021 si svolgeva – concretamente in assenza della discussione da remoto da parte dei patrocinatori delle parti, sebbene la possibilità di ciò fosse stata garantita dall’operare delle previsioni di cui al primo comma dell’art. 4 del D.L. n. 28/2020, così come richiamato dall’art. 25 del D.L. n. 137/2020 - l’udienza pubblica per l’esame del ricorso in epigrafe, che veniva trattenuto in decisione.

I - Con riguardo alla preliminare eccezione di difetto di giurisdizione del giudice adito, il Collegio osserva quanto segue.

La domanda del ricorrente del 16/02/2017 – per quanto intempestiva per eccesso di precipitazione, rispetto ad un bando pubblicato (soltanto) il 25/05/2017 – ha comunque dato vita ad un procedimento amministrativo per la concessione di aree da utilizzare a pascolo, che a parere del Collegio è possibile ritenere “ relativ (o) a rapporti di concessione di beni pubblici ”, con tutti gli effetti che da ciò conseguono in punto di giurisdizione: per il dovere essere ricondotte le relative controversie, a norma della lettera b) dell’art. 133 c.p.a., alla giurisdizione esclusiva del G.A. A tal riguardo, rispetto al dato unificante della proprietà pubblica delle relative aree, non pone infatti a parere del Collegio un discrimine giuridicamente rilevante la natura di bene demaniale in senso proprio, o di bene gravato da usi civici delle stesse. Mentre rimane vero che, nel caso di specie, l’azione concretamente proposta “ coinvolg (e) la verifica dell'azione autoritativa della P.A. sul rapporto concessorio ” (Cass. Civile, SS. UU., ordinanza 15 novembre 2018, n. 29392);
con conferma, pertanto, della giurisdizione del giudice adito.

II – Con il primo motivo di ricorso è stato postulato il ricorrere di vizi di violazione e falsa applicazione degli articoli 88 e 89 del Decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 e dall'art. 2, d.lgs. n. 153 del 2014 in merito alla Determinazione n. 310 del 13.10.2017, del Comune di Bronte, area V tecnica: il tutto perché in Comune di Bronte “ avrebbe dovuto concedere a pascolo, all’odierno ricorrente, i terreni ubicati nella contrada Grappidà, già in data 17 giugno 2017, considerando che l’autocertificazione antimafia ex art.38 del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 era stata prodotta e protocollata al numero 0010240 in data 18.05.2017 presso il Comune di Bronte ”.

Indipendentemente da qual si voglia considerazione dal punto di vista giuridico, è l’affermazione di quel fatto che non trova conferma nell’esame degli atti di causa. Infatti, e per quel che riguarda la certificazione antimafia, l’unico atto di data certa rinvenuto fra quelli prodotti dal ricorrente è quello protocollato a n. 1861 del 22/05/2017, dove l’attuale ricorrente ha dichiarato non sussistere le cause ostative previste dall’art. 10 L. n. 575/1965. Una medesima certezza di data non si ha però riguardo la autocertificazione, con la quale egli ha affermato il non sussistere della cause ostative di cui all’art. 67 del D. Lgs. n. 159/2011 – che è stata bensì redatta il 18/05/2017;
ma non si sa quando mai (e se) depositata presso il Comune di Bronte. Stante la mancanza di un parallelismo assoluto fra l’art. 10 L. n. 575/1965 e l’art. 67 del D.Lgs. n. 159/2011, e l’incomprensibile denominazione come “ autocertificazione antimafia ” dell’atto depositato quale allegato n. 5 al ricorso – e che invece ha quale contenuto unicamente la richiesta di accesso presentata dal ricorrente il 28/08/2017 -, il Collegio ritiene che correttamente l’Amministrazione intimata non avrebbe potuto definire positivamente il procedimento aperto dalla istanza del ricorrente del 16/02/2017 prima di avere acquisito dalla Prefettura di Catania, in data 13/10/2017, il certificato antimafia relativo al Sig. C A. Con conseguente esclusione della fondatezza di tutte le censure postulate con il primo motivo di ricorso.

III - Tenuto poi conto del fatto che la determina n. 310 è stata adottata il 13/10/2017 – ovvero lo stesso giorno in cui all’indirizzo del Comune di Bronte è pervenuto il certificato antimafia adottato dalla Prefettura di Catania relativamente alla persona del Sig. C A -, viene a mancare (ed ancora: in punto di mero fatto) il presupposto fondamentale per poter imputare al Comune intimato, così come invece il ricorrente ha erroneamente fatto, un danno risarcibile per responsabilità precontrattuale e/o danno da ritardo ex art. 2 bis L. n. 241/1990.

IV – Il Collegio, conclusivamente pronunciando, respinge il ricorso in epigrafe. Le statuizioni in materia di refusione delle spese di lite fra le parti sono adottate come da soccombenza.

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