TAR Bologna, sez. I, sentenza 2013-08-05, n. 201300575

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bologna, sez. I, sentenza 2013-08-05, n. 201300575
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bologna
Numero : 201300575
Data del deposito : 5 agosto 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00878/2012 REG.RIC.

N. 00575/2013 REG.PROV.COLL.

N. 00878/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 878 del 2012, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
S Q, S S, D Q, rappresentati e difesi dall'avv. A Z, con domicilio eletto presso G Mascioli in Bologna, via Santo Stefano 30;

contro

Comune di Rimini, rappresentato e difeso dall'avv. M A F, con domicilio eletto presso F B in Bologna, Strada Maggiore N. 31;

per l'annullamento

del provvedimento prot. n. 80085 del 6 giugno 2012 di diniego dell'istanza di condono paesaggistico relativamente ad interventi in Rimini, via Amola s.n.c.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Rimini;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 maggio 2013 il dott. Alberto Pasi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Il diniego (prot. N. 80085 del 6/6/2012) impugnato con l’atto introduttivo respinge la domanda di definizione dell’illecito paesaggistico presentata dal sig. Quadroni Silvano ai sensi dell’art. 1, comma 37, della Legge 15 dicembre 2004, n. 308 per la legittimazione in sanatoria di un manufatto ad uso sgombero di m.

5.00x5.00=25 mq., di due piani di cui uno interrato, con altezze interne di m.

2.00 e m.

2.90 e di una costruzione di forma irregolare, di un unico piano fuori terra, adibita in parte ad abitazione e in parte ad officina, realizzati presso l’immobile ubicato in Rimini, Via Amola s.n.c.

Sostengono i ricorrenti che le opere sono state realizzate in data antecedente al 1983 ovvero nel 1978, prima dell’imposizione del vincolo paesaggistico.

Il Collegio rileva, al riguardo, che anche nella relazione tecnica esplicativa dei lavori compiuti e nella relazione sulla compatibilità paesaggistica (in atti), redatte dall’Arch. Mordini Nicola e dal medesimo sottoscritte, unitamente al sig. Quadroni Silvano (prot. N. 151564 del 5/10/2010 del Comune), si dichiara che le opere abusive sono state realizzate in parte sul finire degli anni ’70 ed in parte dopo il 1985.

Il richiamo a fatture relative a lavori asseritamente eseguiti sugli immobili in oggetto, intrapresi nel 1978, non è determinante in quanto, anche nell’ipotesi che alcuni lavori siano stati avviati nel 1978, la maggior parte degli interventi sarebbero comunque successivi e realizzati in data indimostrata.

In ogni caso è irrilevante che il vincolo paesaggistico sia sopravvenuto rispetto alla commissione dell’abuso e alla presentazione della domanda di condono perché, secondo il consolidato orientamento della giustizia amministrativa, sono rilevanti i vincoli paesaggistici sopravvenuti ed esistenti al momento dell’adozione del provvedimento sulla domanda di condono (cfr. ex multis: C. di Stato sez. IV, 23.7.2012 n. 4204;
sez. V, 12.3.2012 n. 1371).

Quanto all’eccepito difetto di motivazione del diniego, va considerato che la motivazione è rinvenibile “per relationem” nel parere espresso dalla Soprintendenza nell’ambito del procedimento del condono paesaggistico, si sensi dell’art. 1, comma 39 della L. 308/2004 e dell’art. 182, comma 3 – ter del D.Lgs. n. 42/2004 s.m. Esso è stato reso ed è risultato dettagliatamente motivato (come facilmente evincibile in atti) con riguardo alla totale estraneità dei materiali e delle tecniche costruttive rispetto al contesto insediativo.

Quanto alla dedotta contraddittorietà con altri provvedimenti emanati dalla stessa autorità comunale, si rileva che la intervenuta compromissione della zona, invocata dai ricorrenti, non vale ad inficiare la legittimità dell’atto impugnato, che deve assumere a parametro di valutazione il rispetto dei valori ambientali tutelati, e non lo stato di fatto al momento della decisione dell’istanza, non essendo consentito all’ente locale di derogare le norme vincolistiche in base alla mera constatazione della loro frequente violazione per abusivismo.

Ove la trasformazione illecitamente realizzata in assenza di autorizzazione e di concessione edilizia dovesse condizionare – per le modificazioni introdotte, di fatto, al territorio – la valutazione paesaggistica, da un lato non avrebbe significato che il legislatore continui a condizionare la sanatoria alla previa autorizzazione paesaggistica e, d’altra parte, vanificherebbe la tutela, sostanzialmente rimessa alla volontà degli amministrati di non perpetrare e realizzare interventi abusivi (cfr. Cons. di Stato sez. V, n. 40/2007).

In tale prospettiva, …l’avvenuta parziale compromissione di un’area vincolata non giustifica il rilascio di provvedimenti atti a comportarne l’ulteriore degrado ma richiede, semmai, una maggiore attenzione da parte dell’autorità preposta alla tutela del vincolo al fine di preservare gli spazi residui da un ulteriore “vulnus” ai valori ambientali tutelati” (TAR Lazio, Roma, sez. II quater n. 5480/2007;
C. di Stato sez. IV, 30.06.2005 n. 3547).

E’ dunque inconfigurabile il lamentato profilo di eccesso di potere per disparità di trattamento, in quanto la legittimità dell’operato della p.a. non può essere inficiata dall’eventuale illegittimità compiuta in altre situazioni (C. di Stato sez. VI, 22.11.2010 n. 8117;
id. 29.07.2009 n. 4732).

Inoltre gli odierni ricorrenti si sono limitati ad affermare la sostanziale assimilabilità della situazione rispetto a quella dei proprietari di aree limitrofe in relazione ai quali non sarebbe stato esercitato il potere di annullamento, senza tuttavia allegare alcuna dimostrazione sul punto.

Comunque l’eccesso di potere per disparità di trattamento non è configurabile quando il termine di raffronto consista in precedenti atti non conformi a legge, poiché colui che è stato legittimamente escluso da un determinato beneficio non può invocare l’eventuale illegittimità commessa a favore di altri, al fine di ottenere che essa venga compiuta anche a proprio favore (in tal senso – ex plurimis: C. di Stato sez. VI, 9.4.2009 n. 2190).

Con ricorso per motivi aggiunti gli stessi ricorrenti hanno chiesto l’annullamento dell’ordinanza di rimessione in pristino emessa dal Comune a seguito del diniego.

Con i motivi aggiunti i ricorrenti ripropongono, a carico dell’ordinanza di ripristino, censure avanzate con il ricorso principale. Tuttavia non considerano che l’ordinanza di rimessione in pristino dei luoghi, è atto dovuto e vincolato, come si evince dal tenore del comma 1 dell’art. 167 del D.Lgs. 42/2004: “In caso di violazioni degli obblighi e degli ordini previsti dal Titolo I della parte terza, il trasgressore è sempre tenuto alla rimessione in pristino a proprie spese, fatto salvo quanto previsto dal comma 4”.

Per giurisprudenza costante: “In materia urbanistica, il presupposto per l’adozione dell’ordine di demolizione di opere edilizie abusive è soltanto la constatata esecuzione dell’opera in difformità dalla concessione o in assenza della medesima, con la conseguenza che tale provvedimento, ove ricorrano i predetti requisiti, è atto dovuto e sufficientemente motivato con l’affermazione dell’accertata abusività dell’opera, essendo in re ipsa l’interesse pubblico alla rimozione. Di conseguenza, l’ordinanza di demolizione – in quanto atto vincolato – non richiede in alcun caso, una specifica motivazione su puntuali ragioni di interesse pubblico o sulla comparazione con gli interessi privati coinvolti o sacrificati (cfr. ex multis: T.A.R. Campania, Napoli, sez. VI, 9.11.2009 n. 7077;
id. sez.

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