TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2020-09-21, n. 202003921
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Pubblicato il 21/09/2020
N. 03921/2020 REG.PROV.COLL.
N. 05874/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5874 del 2014, proposto da
M V, rappresentato e difeso dagli avvocati T C e V C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Anacapri in persona del Sindaco
pro tempore
non costituito in giudizio;
per l'annullamento
dei provvedimenti denegativi di istanze di condono edilizio nn. 9486/14 e 9487/14 e delle ordinanze di ingiunzione alla demolizione nn.9488/14 e 9489/14.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 settembre 2020 il dott. D S e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il ricorrente il 16 maggio 2005 ha acquistato in Anacapri un fondo avente superficie di mq. 1893 con “ entrostante un piccolo fabbricato per civile abitazione costituito da un vano e servizio igienico al piano terra ”.
Relativamente all’immobile in questione la dante causa del ricorrente aveva presentato due istanze di condono edilizio: a) la prima, in data 22 febbraio 1995, ex articolo 39 della legge 23 dicembre 1993, n. 724, relativa a una superficie di mq. 16,24 (volume mc. 58,22);b) la seconda, in data 9 dicembre 2004, ex articolo 32 d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito in legge, con modificazioni dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, relativa alla realizzazione di una “ monocamera di circa 19,22 mq. composta da un locale con annesso servizio igienico e tettoia” oltre a “opere di sistemazione esterna ”.
In concreto e secondo quanto si legge nella relazione tecnica asseverata allegata al ricorso, attualmente l’immobile del ricorrente consta di un’unità immobiliare posta su due livelli, di cui uno seminterrato, collegati da una scala interna. Il piano seminterrato consta di due piccole camere da letto separate da un servizio igienico (superficie di mq. 36,50) e da un deposito con annessa lavanderia (superficie di mq.12);il piano terra ha una superficie di mq. 35 e consta di un soggiorno e di un tinello con angolo cottura.
Il comune di Anacapri ha quindi adottato i seguenti provvedimenti oggetto di impugnazione a mezzo del ricorso all’esame: a) provvedimenti prot. n. 9486 e 9487 privi di data e comunicati al ricorrente il 17 luglio 2014;con questi provvedimenti il comune ha respinto le due istanze di condono nel presupposto che i manufatti per i quali il condono era stato richiesto non esistevano più essendo stati modificati e sostituiti dall’attuale unità immobiliare su un duplice livello avente superficie di circa 81 mq. e costituente un manufatto dalle caratteristiche completamente diverse;il primo provvedimento reca anche l’annullamento di un precedente provvedimento risalente al 1996, pure recante diniego della istanza di condono, e di una conseguente ordinanza di demolizione;il secondo provvedimento, nel respingere l’istanza di condono del 2004, puntualizza che essa, al di là della diversità quali-quantitativa tra il manufatto per il quale era stato richiesto e l’attuale consistenza immobiliare, non sarebbe stata comunque assentibile, venendo in rilievo un abuso edilizio (ampliamento rientrante nella tipologia di abuso 1) non suscettibile di sanatoria in base al cd. terzo condono trattandosi di immobile realizzato su area soggetta a vincolo paesaggistico e non conforme agli strumenti urbanistici (articolo 32, comma 27, lett. d) del d.l. n. 269 citato);b) ordinanza prot. n. 9488 del 16 luglio 2014, recante ordine di ripristino dello stato dei luoghi;
c) ordinanza prot. n. 9489 del 16 luglio 2014, recante ordine di sospensione dei lavori.
Contro i provvedimenti indicati è stato proposto il ricorso all’esame con cui il ricorrente denuncia l’illegittimità degli atti per omissione dell’avviso di procedimento/ preavviso di rigetto, difetto di istruttoria e motivazione e di presupposti e violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza.
La tesi del ricorrente è che non sarebbe vero che l’immobile attualmente esistente sarebbe diverso dai manufatti per i quali è stato chiesto il condono in quanto: 1) i manufatti per i quali è stato chiesto il condono corrispondono all’attuale piano terra;in particolare l’istanza del 1996 si riferisce all’attuale soggiorno mentre l’istanza del 2004 si riferisce al tinello;del resto se si sommano le superfici per le quali è stata chiesta la sanatoria (mq. 16,24 e 19,22) si ottiene una superficie complessiva 35,46 mq. praticamente corrispondente ai 35 mq. di cui consta l’attuale piano terra;2) il seminterrato, invece, è il frutto del “recupero funzionale” di una preesistente cisterna che non ha modificato l’aspetto esteriore dei luoghi avendo dato luogo a semplici opere interne.
Il comune di Anacapri non si è costituito in giudizio.
Il ricorso è infondato.
I provvedimenti che hanno negato i condoni richiesti dal dante causa del ricorrente costituiscono infatti una vincolata applicazione delle disposizioni disciplinanti il condono edilizio (e in questa prospettiva la omissione delle garanzie procedimentali non potrebbe determinare l’annullamento in applicazione del principio stabiliti dall’articolo 21- octies della legge 7 agosto 1890, n. 241).
La documentazione depositata infatti dimostra la fondatezza della ragione giustificatrice della reiezione delle due istanze di condono;le due istanze infatti si riferiscono a un manufatto al piano terra (l’originario fabbricato di circa 16,24 mq. al quale è stata aggiunta nel 2004 una “camera” di mq. 19,22);attualmente in luogo di un manufatto su unico piano di circa 35 mq. esiste una unità immobiliare di oltre 80 mq, su un duplice livello, cioè effettivamente un manufatto con caratteristiche quali-quantitative del tutto diverse (a prescindere dal profilo relativo alla destinazione a ovile, affermata nei provvedimenti e contestata efficacemente sia nel ricorso che nella relazione tecnica, delle superfici per le quali era stato chiesto il condono);il seminterrato è oltretutto costituito da ambienti completamente abusivi;lo stesso ricorrente lo ammette in ricorso parlando del recupero funzionale di una preesistente cisterna;senonchè appare molto improbabile che esistesse una cisterna dato che gli accertamenti compiuti nel corso del tempo non menzionano tale ambiente;in particolare tale ambiente non è menzionato dall’accertamento eseguito nel 1997 (con il quale fu accertata l’esistenza dell’ampliamento che forma oggetto della seconda istanza di condono);il piano seminterrato compare per la prima volta in un successivo accertamento eseguito nel 2008, cosicchè è ragionevole presumere che esso sia stato realizzato dal ricorrente dopo il suo acquisto nel 2005 (se infatti fosse stato realizzato prima dai danti causa, di esso verosimilmente sarebbe stato chiesto il condono nel 2004 unitamente alla camera realizzata al piano terra).
Si potrebbe obiettare che, corrispondendo il piano terra alla somma delle superfici per le quali è stato chiesto il doppio condono il comune avrebbe potuto sanzionare il seminterrato e comunque verificare la sanabilità del piano terra.
In contrario va però osservato che la sanatoria dell’ampliamento chiesta nel 2004 è assolutamente da escludere in base alla normativa condonistica del 2003;la giurisprudenza ormai consolidata ha infatti chiarito che il cd. terzo condono in aree soggette a vincolo (e l’intero territorio dell’isola di Capri è soggetto a vincolo paesaggistico dal 1951) è ammesso per le sole “opere minori” (cioè abusi rientranti nelle tipologie 4, 5 e 6 della tabella allegata al d.l. n. 269) mentre nel caso all’esame verrebbe in rilievo un ampliamento (cioè un abuso di tipologia 1) (cfr. Consiglio di Stato, sez. II, 20 dicembre 2019, n. 8637).
Quanto alla superficie di mq. 16,24 per la quale è stato chiesto il condono nel 1995 non esiste in realtà alcuna certezza che essa corrisponda al “soggiorno” del piano terra;tale soggiorno comunque è ormai parte integrante di un’unità immobiliare di oltre 80 mq. da cui non sarebbe scorporabile, nel senso che non appare possibile la sanatoria di una parte (cioè 16,24 mq.) del piano terra con contemporaneo assoggettamento a sanzione ripristinatoria di tutto il resto;la realtà è che la superficie per la quale è stato chiesto il condono nel 1995 è stata “utilizzata” per la realizzazione di ulteriori opere abusive in cui si è ormai totalmente compenetrata e delle quali deve pertanto seguire la sorte;soccorre in tal senso anche la nota giurisprudenza secondo cui “ la presentazione della domanda di condono non autorizza l'interessato a completare né tantomeno a trasformare o ampliare i manufatti oggetto della richiesta, i quali, fino al momento dell'eventuale concessione della sanatoria, restano comunque abusivi. Qualora ciò dovesse accadere, il Comune non può pronunciarsi sulla domanda di condono ma è tenuto a sanzionare le opere con l'ordinanza di demolizione. Pertanto, sui manufatti non sanati non è comunque consentita la realizzazione di interventi ulteriori che, sebbene per ipotesi riconducibili nella loro individuale oggettività a categorie che non richiedono il permesso di costruire, assumono le caratteristiche di illiceità dell'abuso principale. Infatti, l' art. 35 comma 4, l. n. 47/1985 , regolante le modalità e le condizioni in base alle quali è consentito al presentatore dell'istanza di sanatoria di completare, sotto la propria responsabilità, le opere abusive oggetto della domanda, dimostra semmai che, in linea di principio, è tassativamente impedita la prosecuzione dei lavori e la modificazione dello stato dei luoghi, se non con l'osservanza delle cautele previste dalla legge ” (T.A.R. Campania, Napoli, sez. III, 5 giugno 2019, n. 3048).
Conclusivamente il ricorso va respinto. In difetto di costituzione dell’amministrazione non v’è materia di pronuncia sulle spese.