TAR Catania, sez. II, sentenza 2014-12-05, n. 201403212

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. II, sentenza 2014-12-05, n. 201403212
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 201403212
Data del deposito : 5 dicembre 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00240/2011 REG.RIC.

N. 03212/2014 REG.PROV.COLL.

N. 00240/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 240 del 2011, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
A L, rappresentato e difeso dagli avvocati F L e G R L R, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. A A in Catania, via Grasso Finocchiaro, n. 75;

contro

Assessorato regionale delle infrastrutture e della mobilità della Regione Siciliana (Servizio provinciale della Motorizzazione civile di Ragusa), in persona dell’Assessore pro tempore , rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania, domiciliataria per legge in Catania, via Vecchia Ognina, n. 149;

per l'annullamento

quanto al ricorso introduttivo

- della nota del Servizio provinciale della Motorizzazione civile di Ragusa, prot. n. 12944 del 18 novembre 2010, comunicata il 19-23 novembre 2010, di rigetto dell’istanza di rilascio della concessione per l’esercizio dell’attività di revisione dei veicoli nonché dei motocicli e ciclomotori;

- del verbale di sopralluogo e di completamento sopralluogo del 19 marzo 2010 e dei motivi ostativi al rilascio della concessione ivi espressi;

- del verbale di sopralluogo del 20 luglio 2010 e dei motivi ostativi al rilascio della concessione ivi espressi;

- della nota prot. 9615 del 16 agosto 2010 di sospensione dell’iter per il rilascio della chiesta concessione;

- di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale;

quanto ai motivi aggiunti

- della nota di risposta n. 178030 del 14 maggio 2012, pervenuta il 22 maggio 2012, con la quale il Servizio Provinciale della Motorizzazione Civile di Ragusa ha esitato l’istanza di riesame inviata dal ricorrente il 5 febbraio 2012 e ricevuta il 6 febbraio 2012;

- di ogni atto alla predetta inerenti, presupposto e consequenziale.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Assessorato regionale delle infrastrutture e della mobilità della Regione Siciliana (Servizio provinciale della motorizzazione civile di Ragusa);

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 novembre 2014 la dott.ssa Eleonora Monica e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Il ricorrente, con il ricorso introduttivo, impugna il provvedimento con cui il Servizio provinciale della Motorizzazione civile di Ragusa gli ha negato il rilascio della concessione per l’esercizio dell’attività di revisione dei veicoli, motocicli e ciclomotori per carenza del requisito, ritenuto indispensabile, dell’effettivo esercizio di tutte e quattro le attività di autoriparazione previste dall’art. 1, comma 3, della l. n. 122/1992 (meccanica–motoristica, carrozzeria, elettrauto e gommista).

Egli sostenendo l’illegittimità di tale diniego, rappresenta a tal fine che:

- con istanza, acquisita al protocollo di entrata del Servizio provinciale di motorizzazione civile di Ragusa n. 2332 del 26 febbraio 2010, chiedeva il rilascio della concessione per l’esecuzione delle operazioni di revisione di cui all’art. 80, comma 8, e artt. 52 e 53 del d.lgs. n. 285/92, da effettuarsi presso la propria sede operativa di Scicli in contrada Zagarone;

- l’amministrazione in data 18 marzo 2010 effettuava un sopralluogo sui relativi locali non rinvenendovi le attrezzature per l’esercizio dell’attività di revisione a causa dell’esecuzione in corso di lavori straordinari;

- a tale sopralluogo seguiva, su richiesta della stessa amministrazione, l’invio da parte del ricorrente di certificati ed autocertificazione comprovanti l’effettivo esercizio di tutte e quattro le attività di autoriparazione;

- il 20 luglio 2010 la Motorizzazione, su formale diffida del ricorrente, eseguiva un nuovo sopralluogo, all’esito del quale si esprimeva la permanenza di “ dubbi ai fini dell’effettivo esercizio delle suddette attività di autoriparazione ”, richiedendo, dunque, ulteriore documentazione al riguardo;

- a fronte di tale pretesa, il ricorrente rilevava la non pertinenza dell’integrazione documentale richiesta e l’amministrazione sospendeva il relativo procedimento in attesa di acquisire ulteriori dati presso altre amministrazioni;

- che, solo a seguito di formale diffida del 18 ottobre 2010, il Servizio provinciale della motorizzazione civile con la nota impugnata comunicava il diniego “ in quanto manca il requisito essenziale dell’effettivo esercizio di tutte le attività di cui all’art. 1, comma 3, L. 122/1992 (autoriparazione: meccanica-motoristica, elettrauto, gommista, carrozzeria) ”.

Il ricorso è affidato a ai seguenti motivi di impugnazione:

1. Eccesso di potere per violazione, falsa applicazione e mancata osservanza della circolare n. 1079 del 16 maggio 2006 dal Coordinamento Uffici Motorizzazione Civile dell’Assessorato resistente. Eccesso di potere per carenza e insufficiente motivazione : il provvedimento di diniego violerebbe detta circolare che, invece, afferma come per la verifica dell’effettivo esercizio di tutte le attività, di cui all’art. 1, comma 3, L. 122/1992, faccia fede la dichiarazione sostitutiva resa dall’interessato;

2. Violazione dell’art. 47 del d.P.R. n. 445/2000. Eccesso di potere sotto tutti i profili sintomatici;
in particolare: contraddittorietà, illogicità manifesta ed irragionevolezza. Violazione delle norme sul corretto procedimento. Illegittimo ed ingiustificato aggravamento della procedura. Violazione della par condicio
.

3. Eccesso di potere per insufficiente istruttoria, insussistenza ed erroneità dei presupposti : l’amministrazione nell’affermare la mancanza del requisito dell’effettivo esercizio dell’attività di riparazione si sarebbe basata su presupposti in parte erronei ed in parte inesistenti, frutto di una incompleta acquisizione di tutti gli elementi di valutazione a tal fine necessari.

Con memoria depositata il 4 febbraio 2011 si costituivano in giudizio l’amministrazione resistente, depositando, tra l’altro, una propria nota prot. 1196 del 28 gennaio 2011, in cui si espone come il diniego di autorizzazione sia stato reso proprio in ossequio alla normativa che il ricorrente assume essere stata violata e come - pur a fronte dei documenti contabili depositati in atti dal ricorrente – continui a non esservi evidenza circa l’effettività dell’esercizio delle attività di elettrauto, gommista e carrozzeria.

Questo Tribunale, con ordinanza n. 185 del 2011, respingeva la domanda di sospensione cautelare avanzata dal ricorrente per mancanza del fumus boni juris anche alla luce delle difese svolte dall’Amministrazione resistente, delle circostanze elencate nel provvedimento, e della documentazione versata in atti ”.

Il ricorrente proponeva, poi, successivi motivi aggiunti per ottenere l’annullamento della nota del 14 maggio 2012, con cui la medesima amministrazione, nel riscontrare l’istanza di riesame del ricorrente del 15 febbraio 2012, ha affermato di non discostarsi dai motivi già espressi con il citato atto di rigetto.

In particolare, il ricorrente - sul presupposto che l’istanza di riesame si fondasse su nuovi e rilevanti interventi giurisprudenziali e normativi (rispettivamente, la pronuncia di questo Tribunale n. 1848/2011 e l’abrogazione del D.M. Trasporti n. 406/1997) - afferma l’illegittimità di tale provvedimento, affidando l’impugnazione ai seguenti motivi di doglianza:

1. Violazione e falsa applicazione dell’art. 80, comma 8 del Codice della Strada in relazione all’art. 239 del d.P.R. n. 495/1992 nonché violazione dell’art. 40. lett. c) del d.l. 6 dicembre 2011, convertito in legge 214/2011 ;

2. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990, difetto di motivazione. Difetto di istruttoria e travisamento dei fatti , non avendo la Motorizzazione neppure considerato le citate sopravvenienze legislative e giurisprudenziali.

Con successiva ordinanza n. 823 del 2012, questo Tribunale, “ impregiudicati eventuali profili di inammissibilità del ricorso per motivi aggiunti, da valutare approfonditamente in sede di merito”, rigettava anche l’istanza di sospensione cautelare avanzata in sede di motivi aggiunti sulla base delle medesime considerazioni di cui alla precedente ordinanza cautelare di rigetto.

All’udienza pubblica del 5 novembre 2014 la causa è stata, quindi, trattata e trattenuta in decisione.

Ritiene il Collegio che il ricorso introduttivo sia infondato e debba, quindi, essere rigettato.

Assumono rilievo in merito le motivazioni espresse dall’amministrazione resistente già nel provvedimento di diniego impugnato ed ulteriormente illustrate nella citata nota prot. 1196 del 28 gennaio 2011, depositata il 4 febbraio 2011, idonee a dimostrare gravi e significative incongruità tali da far legittimamente ritenere che l’attività di carrozzeria, elettrauto e gommista sia esercitata in modo non effettivo.

Il citato d.P.R. n. 495/92, come modificato dal d.P.R. n. 360/2001, all’epoca dell’adozione del provvedimento di diniego impugnato prevedeva e continua tutt’oggi a prevedere all’art. 239, comma 2, lett. a), relativo alle “ Revisioni presso imprese o consorzi e requisiti tecnico-professionali degli stessi ”, che le imprese tra i vari requisiti indispensabili debbano possedere quello di “ esercitare effettivamente tutte le attività previste dall'articolo 1, comma 3, della legge 5 febbraio 1992 n. 122 ”, non valendo in senso contrario l’intervenuta abrogazione, invocata da parte ricorrente, del D.M. 30 luglio 1997 n. 406, recante il “ Regolamento recante le dotazioni delle attrezzature e delle strumentazioni delle imprese esercenti attività di autoriparazione ” e neppure la citata pronuncia di questo Tribunale n. 1848/2011, che nel riferirsi al comma 3 bis del medesimo art. 239 afferma come “ il possesso delle attrezzature previsto per l’esercizio delle quattro attività di autoriparazione non appare requisito necessario per il rilascio di tali concessioni ”.

Entrambe tali sopravvenienze, infatti, si riferiscono al solo possesso delle attrezzature, che, dunque, se non è più richiesto quale specifico requisito ai fini del rilascio dell’autorizzazione, nel caso di specie rileva, invece, quale mero indice sintomatico della mancanza del requisito – questo sì necessario ed indefettibile – dell’effettività di tutte e quattro le attività di autoriparazione.

Devono essere, infatti, a tal proposito, considerate le osservazioni svolte dalla Motorizzazione nel provvedimento impugnato in merito alla mancata dimostrazione da parte del ricorrente di un effettivo esercizio dell’attività di carrozzeria, non ritenendosi a tal fine sufficiente la produzione di un contratto di reciproco utilizzo delle attrezzature, indicativo, per l’appunto dell’assoluta saltuarietà dell’attività, nonché la mancata prova del possesso in capo al ricorrente, così come in capo all’impresa contraente, delle autorizzazioni necessarie con riguardo alla prevenzione degli infortuni ed alla tutela dell’inquinamento ed, in particolare, quella specifica alle emissioni gassose in atmosfera.

A ciò si aggiunga la notazione di questo Collegio di come le fatture prodotte in giudizio da parte di ricorrente al fine di dimostrare l’effettività delle attività oltre che di carrozzeria anche di elettrauto e gommista non siano da ritenersi a tal fine sufficienti, attesa la loro non idoneità ad esprimere l’incidenza sul volume di affari complessivo di ciascuna delle quattro attività di autoriparazione, bensì valendo solo a confermare, in particolare, l’assoluta saltuarietà degli interventi di gommista ed elettrauto, atteso il loro numero irrisorio e la scarsa rilevanza dei relativi importi.

Per quanto riguarda, poi, la censura relativa alla violazione della circolare n. 1079 del 16 maggio 2006, nella parte in cui afferma che per la verifica del requisito dell’effettivo esercizio farebbe fede la dichiarazione sostitutiva resa dall’interessato ai sensi dell’art. 46 e 47 del d.P.R. n. 445/2000, si osserva come essa sia manifestamente infondata a fronte di quanto disposto dal successivo art. 71, comma 1, di tale d.P.R. n. 445/2000, che espressamente prevede come “ Le amministrazioni procedenti sono tenute ad effettuare idonei controlli, anche a campione, e in tutti i casi in cui sorgono fondati dubbi, sulla veridicità delle dichiarazioni sostitutive di cui agli articoli 46 e 47 ”.

Il Collegio è, dunque, dell’avviso che il provvedimento di diniego impugnato con il ricorso introduttivo sia legittimo sotto i profili di doglianza ivi sollevati, non risultando in atti che l’attività di carrozzeria, elettrauto e gommista sia stata esercitata, nel periodo considerato, dal ricorrente in modo professionale e continuativo, bensì reputando che le argomentazioni svolte dall’amministrazione resistente valgano a far apparire, se non provato con certezza, quanto meno ragionevolmente verosimile che trattasi di un’attività occasionale e discontinua non riconducibile al concetto di effettività e, dunque, inidonea ad integrare il requisito di cui al citato art. 239, comma 2, lett. a).

Per quel che concerne il ricorso per motivi aggiunti, il Collegio, in conformità con quanto già accennato nella citata ordinanza cautelare n. 823 del 2012, ritiene che esso sia inammissibile, in quanto proposto avverso non già un atto di conferma adottato all’esito di un vero e proprio procedimento di riesame e, dunque, a seguito di nuova istruttoria e di una reiterata ponderazione dei presupposti di fatto e di diritto sottesi all’emanazione dell’originario provvedimento di diniego, bensì di un atto meramente e semplicemente confermativo di un precedente atto di identico tenore e contenuto, di per sé non impugnabile, in cui l’amministrazione resistente, a fronte dell’istanza di riesame del ricorrente, senza compiere alcuna nuova istruttoria e senza una nuova motivazione, si esime dal prendere posizione sulle questioni sollevate, limitandosi - sostanzialmente – ad un rifiuto pregiudiziale di riesame, con cui nega, anche implicitamente, l’esistenza delle condizioni per passare alla valutazione del merito dell’istanza stessa (in tal senso, Consiglio di Stato, Sez. V, n. 797/2008).

In conclusione, quindi, il ricorso introduttivo deve essere rigettato perché infondato ed il relativo ricorso per motivi aggiunti deve essere dichiarato inammissibile.

Le spese seguono, come di regola, la soccombenza e sono liquidate in dispositivo tenendo conto di quanto già disposto relativamente alle spese della fase cautelare.

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