TAR Catania, sez. II, sentenza 2023-06-13, n. 202301854

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. II, sentenza 2023-06-13, n. 202301854
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 202301854
Data del deposito : 13 giugno 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 13/06/2023

N. 01854/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00047/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 47 del 2017, proposto da M G, rappresentato e difeso dall'avvocato C G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

la Regione Siciliana – l’Assessorato Territorio e Ambiente, Regione Siciliana, in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento:

della nota prot. 7208 del 3 novembre 2016, ricevuta in data 11 novembre 2016, del dirigente Responsabile della U.O.S.

1.2. della Regione Sicilia, Assessorato territorio ed Ambiente, Dipartimento Regionale dell’Ambiente, Servizio I- Valutazioni Ambientali, avente ad oggetto “ME49 B/12 Ditta M G - procedura di verifica di assoggettabilità ai sensi dell’art. 20 del D.Lgs n. 152/2006 e ss.mm.ii. per il progetto di apertura di una cava di calcare in C.da Consara Colapina nel territorio comunale di Messina (Vill. Mili S. Pietro)” , con la quale è stato comunicato che il progetto in argomento non era ammissibile alla procedura richiesta e pertanto veniva archiviato senza alcun pronunciamento in merito agli aspetti ambientali.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Siciliana e dell’Assessorato Territorio e Ambiente;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 giugno 2023 il dott. E C;

FATTO

Parte ricorrente, M G, esponeva di aveva richiesto (con nota acquisita al protocollo DRA al n.1859 del 13 gennaio 2016 dell’Assessorato del Territorio e dell’Ambiente) l'avvio della procedura di verifica, ai sensi dell'art.20 del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i., per il progetto di apertura di una cava di calcare in Contrada Consara Colapinna nel territorio comunale di Messina (Villaggio Mili San Pietro).

Con nota prot. 7208 del 3 novembre 2016 (provvedimento avversato con il presente gravame), l’Amministrazione regionale comunicava l’inammissibilità dell’istanza, in quanto “dall’esame della documentazione prodotta si rappresenta che l’ipotesi progettuale proposta si riferisce all’apertura di una nuova cava non ricadente in aree individuate dal “Piano Regionale dei materiali di cava e dei materiali lapidei di pregio” approvato con Decreto Presidenziale 3 febbraio 2016 – pubblicato il 19 febbraio 2016 sulla G.U.R.S. anno 70 n. 8 parte I.” .

Avverso tale provvedimento – ritenendolo illegittimo – veniva proposto ricorso per i seguenti motivi di diritto:

“violazione e falsa applicazione dell’art. 20 del d.lgv n. 4 del 16 gennaio 2008, nonché del d.lgn. 152 del 3 aprile 2006, nonché decreto presidenziale 3 febbraio 2016 – pubblicato il 19 febbraio 2016 sulla G.U.R.S. anno 70 n. 8 parte i. violazione e falsa applicazione art. 11 preleggi e del principio di irretroattività e di legittimo affidamento. eccesso di potere per manifesta contraddittorietà, illogicità ed arbitrarietà. violazione art. 3 legge 241/1990. difetto di motivazione”;
con il presente motivo di ricorso veniva dedotta l’illegittimità del provvedimento di archiviazione posto che – secondo la prospettazione del ricorrente - si fonderebbe sul Decreto Presidenziale, entrato in vigore 3 febbraio 2016 – pubblicato il 19 febbraio 2016 sulla G.U.R.S. anno 70 n. 8, quindi, in data successiva alla presentazione dell’istanza con palese violazione e falsa applicazione dell’art. 11 preleggi e del principio di irretroattività Al riguardo, veniva rilevato che l’istanza del ricorrente era stata presentata in epoca antecedente l’entrata in vigore del predetto Piano Cave e precisamente in data 12 gennaio 2016 e che, pertanto, tale disciplina non poteva essere presa in considerazione per la valutazione e l’esame della ridetta istanza, se non in violazione del fondamentale principio del tempus regit actum e del divieto di irretroattività sancito dall’art. 11;

“violazione e falsa applicazione dell’art. 10 bis della legge 241/1990. eccesso di potere per manifesta contraddittorietà, illogicità ed arbitrarietà.” ;
con tale censura veniva dedotta l’illegittimità del provvedimento impugnato atteso che nella fattispecie l’amministrazione aveva omesso di comunicare al M l’avvio del procedimento di diniego impedendo allo stesso di concorrere alle scelte dell'Amministrazione e di contribuire alla formazione del giusto provvedimento.

Si costituiva in giudizio (con atto di mera forma depositato il 30 gennaio 2017) l’Amministrazione regionale.

Con memoria depositata in data 8 maggio 2023, parte ricorrente insisteva nelle proprie richieste, e chiedeva un rinvio della decisione per consentire all’Assessorato all’Energia, competente in materia, di completare la fase istruttoria relativa all’aggiornamento dei piani regionali dei materiali lapidei di pregio e dei materiali di cava e di pronunciarsi sull’istanza di riesame inoltrata dalla parte ricorrente il 5 agosto 2020.

All’udienza del 8 giugno 2023, la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

In via preliminare, occorre scrutinare l'istanza di rinvio formulata dal ricorrente nella memoria depositata in data 8 maggio 2023.

In particolare, veniva rappresentato dal ricorrente che l’Assessorato Territorio e Ambiente con nota datata marzo 2021 aveva evidenziato l’impossibilità di procedere al riesame della richiesta posto che la competenza dell’aggiornamento del piano Regionale dei materiali di Cava era passata all’Assessorato all’Energia che aveva avviato tale procedimento;
ciò premesso, il M chiedeva al Collegio di disporre il rinvio della trattazione nel merito della causa proprio per consentire al competente Assessorato all’Energia di pronunciarsi sull’istanza di riesame o di emettere un’ordinanza con la quale si intimasse l’Assessorato all’Energia di pronunciarsi sull’istanza di riesame.

L’istanza di rinvio va rigettata.

Ai sensi dell'art. 73, comma 1 bis, c.p.a. ( ratione temporis applicabile alla specie, in quanto vigente alla data di celebrazione dell'udienza di discussione), "(…) il rinvio della trattazione della causa è disposto solo per casi eccezionali (…)" .

Come precisato dal Consiglio di Stato con la pronuncia n. 8048 del 16 settembre 2022, "la decisione finale in ordine ai concreti tempi della discussione spetta comunque al giudice, il quale deve verificare l'effettiva opportunità di rinviare l'udienza, giacché solo in presenza di situazioni particolarissime, direttamente incidenti sul diritto di difesa delle parti, il rinvio dell'udienza è per lui doveroso, e in tale ambito si collocano, fra l'altro, i casi di impedimenti personali del difensore o della parte, nonché quelli in cui, per effetto delle produzioni documentali effettuate dall'Amministrazione, occorra riconoscere alla parte, che ne faccia richiesta, il termine di sessanta giorni per la proposizione dei motivi aggiunti” (Cons. Stato, sez. V, 19 agosto 2022, n. 7291;
sez. III, 3 marzo 2021, n. 1802).

Avuto riguardo al caso di specie, ritiene il Collegio che non ricorrono casi eccezionali o particolarissime giustificazioni che, in deroga al principio di ragionevole durata del giudizio, giustificano il rinvio della causa.

L'istanza di rinvio presentata da parte ricorrente, invero, è motivata in ragione della circostanza per cui l’ “aggiornamento dei piani regionali (…) è in corso” e al fine di “consentire al competente Assessorato all’Energia di pronunciarsi sull’istanza di riesame” ;
circostanze inidonee a influire sulla soluzione della presente controversia e che non integrano quelle situazioni eccezionali in presenza delle quali risulta ammesso un rinvio dell'udienza.

Parimenti non può essere accolta la richiesta di adozione di ordinanza istruttoria posto che la stessa in realtà si atteggia quale richiesta di un’ordinanza propulsiva che, oltre a esulare dalla causa petendi del presente giudizio, risulta comunque infondata posto che non sussiste un obbligo di provvedere da parte della P.A. su un’istanza di riesame.

Nel merito, il ricorso è infondato e, per l’effetto, va rigettato.

Occorre prendere le mosse dal dato normativo di riferimento.

L’attività estrattiva dei materiali da cava nella Regione Sicilia è disciplinata dalla L.R. 9 dicembre 1980 n.127 ed è regolamentata mediante la predisposizione di un piano regionale [costituito dal Piano Regionale dei Materiali da Cava (P.RE.MA.C) e dal Piano Regionale dei Materiali Lapidei di Pregio (P.RE.MA.L.P.)].

Il Piano Cave è, dunque, uno strumento di programmazione del territorio e di governo, risultando lo stesso preordinato ad "assicurare un ordinato svolgimento di tale attività in coerenza con gli obiettivi della programmazione economica e territoriale della Regione, nel rispetto e tutela del paesaggio e della difesa del suolo" (art. 1).

L'impianto normativo primario stabilisce che il piano (art. 4 della Legge Regionale n.127 del 9 dicembre 1980):

- definisce organicamente gli obiettivi e le strategie di settore rispettivamente a medio - lungo e breve termine;

- individua le aree che, in relazione alle caratteristiche di qualità, quantità ed ubicazione dei giacimenti da cava in esso compresi, presentano interesse industriale e sono suscettibili di attività estrattiva, con determinazione dei vincoli specifici cui dovranno essere assoggettate le attività di cava;

- delimita nell'ambito delle aree suscettibili di attività estrattiva i bacini aventi particolare rilevanza per l'economia regionale, con specifico riguardo ai giacimenti dei materiali lapidei di pregio;

- individua le aree nelle quali l'attività estrattiva è limitata o preclusa.

Le attività estrattive da cava sono, pertanto, ammesse solo in quelle “zone che, in relazione alle caratteristiche di qualità, quantità ed ubicazione dei giacimenti da cava, in esse comprese, presentano interesse industriale e sono suscettibili di attività estrattive” e sono precluse al di fuori delle aree di piano.

Ne deriva che la valutazione ambientale dei progetti presentati per l’esercizio dell’attività da cava postula in primo luogo la coerenza e la conformità dei progetti stessi con gli atti di pianificazione e di programmazione di settore, ossia con il Piano Cave in vigore al momento dell’esame della domanda.

Con riferimento al momento della presentazione dell’istanza (ossia gennaio 2016), veniva evidenziato che l’area di sedime della “potenziale” attività estrattiva della Ditta M:

- non risultava essere censita né tra le cave di Livello 1, né tra quelle di Livello 2 né tra quelle di completamento nel piano cave impugnato con D.P. n.711;

- non era presente neanche nell’aggiornamento datato 2013;

- non faceva parte di alcuna delle fattispecie in deroga (previste dall’allora Assessore e dall’Ufficio Legislativo e Legale, per cui gli uffici non potevano esperire la pratica per mancanza di atto pianificatorio di settore;

- non risultava censita nel Piano Cave del 2016,

pertanto la richiesta del proponente risultava incongruente con il piano cave per cui si palesava una criticità dirimente al fine della valutazione ambientale.

Nelle more, veniva adottato il nuovo “Piano regionale dei materiali da cava e dei materiali lapidei di pregio” approvato con Decreto Presidenziale 3 febbraio 2016 pubblicato il 19-02-2016 sulla G.U.R.S. anno 70 n° 8, e rispetto a tale nuova pianificazione, l’attività estrattiva non è prevista nella versione del Piano Cave vigente come indicato nella nota prot. n.72081 del 3 novembre 2016.

Dunque, a prescindere dalla censura contenuta nel primo motivo di ricorso con cui viene denunciata la violazione dell’art. 11 delle preleggi - che risulta comunque infondata posto che è chiaro che il principio tempus regit actum trova applicazione con riferimento al momento dell’adozione del provvedimento - mette conto evidenziare che sia sotto il regime del vecchio Piano che sotto l’egida del nuovo Piano, l’esercizio dell’attività estrattiva richiesta dal M non risulta conforme e coerente rispetto al nuovo Piano Cave vigente.

Parimenti infondato risulta anche il secondo motivo di ricorso posto che, come osservato dalla giurisprudenza formatasi in materia, “L'art. 10-bis L. n. 241 del 1990, così come le altre norme in materia di partecipazione procedimentale, non vanno interpretate in senso formalistico, bensì avendo riguardo all'effettivo e oggettivo pregiudizio che la sua inosservanza abbia causato alle ragioni del soggetto privato nello specifico rapporto con la pubblica amministrazione. Ne deriva che l'omissione del preavviso di rigetto non cagiona l'automatica illegittimità del provvedimento finale qualora possa trova applicazione l'art. 21-octies, comma 2, della stessa legge, secondo cui non è annullabile il provvedimento per vizi formali non incidenti sulla sua legittimità sostanziale e il cui contenuto non avrebbe potuto essere differente da quello in concreto adottato, poiché detto art. 21-octies, attraverso la dequotazione dei vizi formali dell'atto, mira a garantire una maggiore efficienza all'azione amministrativa, risparmiando antieconomiche ed inutili duplicazioni di attività laddove il riesercizio del potere non potrebbe comunque portare all'attribuzione del bene della vita richiesto dall'interessato.” (cfr. Consiglio di Stato sez. VI, n.7993 del 15/09/2022).

Alla luce di quanto sopra esposto il ricorso è infondato e, per l’effetto, va rigettato.

Le spese possono essere compensate avuto riguardo alla peculiarità delle questioni prospettate.

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