TAR Palermo, sez. I, sentenza 2018-07-11, n. 201801597

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Palermo, sez. I, sentenza 2018-07-11, n. 201801597
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Palermo
Numero : 201801597
Data del deposito : 11 luglio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 11/07/2018

N. 01597/2018 REG.PROV.COLL.

N. 00818/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 818 del 2018, proposto da F P, rappresentato e difeso dagli avvocati M D P, A L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

- U.T.G. - Prefettura di Catania, Presidente Regione Siciliana, Assemblea Regionale Siciliana, U.T.G. - Prefettura di Palermo, Regione Sicilia - Assessorato delle Autonomie Locali e della Funzione Pubblica, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale, domiciliataria ex lege in Palermo, via Alcide De Gasperi;
- Ufficio Centrale Regionale Presso la Corte di Appello di Palermo, Ufficio Centrale Circoscrizionale Presso il Tribunale di Catania non costituiti in giudizio;

nei confronti

Gianina Ciancio, Francesco Cappello, Jose Marano, rappresentati e difesi dagli avvocati Carmelo Giurdanella, Marco Antoci, Giovanni Antoci, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Carmelo Giurdanella in Palermo, via E. Notarbartolo n.5;
Giuseppe Zitelli, rappresentato e difeso dall'avvocato Claudio Milazzo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Catania, via Francesco Crispi n. 225;
Angela Foti, Marco Falcone, Alfio Papale non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

del verbale di proclamazione degli eletti all'Assemblea Regionale Siciliana, nel collegio di Catania, disposta dal Presidente dell'Ufficio Centrale Circoscrizionale, ai sensi dell'art. 2 bis e dell'art. 55 della legge regionale siciliana n. 29/1951, adottato il 28.11.2017, non conosciuto e mai comunicato;
del verbale di ammissione delle liste al medesimo organo elettivo alle elezioni del 5 novembre 2017, ai sensi dell'art. 16 della legge regionale siciliana n. 29/1951, pure non conosciuto;
nonché di ogni altro atto, consequenziale, presupposto e/o connesso ancorché non conosciuto.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Gianina Ciancio e di Francesco Cappello e di Jose Marano e di Giuseppe Zitelli e di U.T.G. - Prefettura di Catania e di Presidente Regione Siciliana e di Assemblea Regionale Siciliana e di U.T.G. - Prefettura di Palermo e di Regione Sicilia - Assessorato delle Autonomie Locali e della Funzione Pubblica;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 luglio 2018 il dott. C F e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

PREMESSO che con il ricorso in epigrafe è stato originariamente proposto davanti alla Sezione staccata di Catania di questo Tribunale ed assegnato alla competenza del TAR Sicilia, Sede di Palermo, con ordinanza Presidenziale n. 400/2018 emessa ex art. 47 cod. proc. amm.vo;

PREMESSO che il ricorrente, Sig. P F, nella qualità di elettore iscritto alle liste elettorali del Comune di Camporotondo Etneo (CT) e di candidato alle elezioni del 5.11.2017 per il rinnovo dell’Assemblea Regionale Siciliana con la lista “ Idea Sicilia – Popolari e Autonomisti – Mci Presidente ” nella circoscrizione provinciale di Catania, espone quanto segue:

- “ Nella circoscrizione di Catania ed alle medesime elezioni, la lista, nella quale è stato candidato, ha ottenuto 28.696 voti, pari al 6,416%, ed il ricorrente ha ottenuto 4.823 preferenze (doc. 2) ”.

- “ Dall’esame di tutte le autocertificazioni prodotte per le elezioni regionali del 5.11.2017, è emerso che alcuni candidati hanno omesso la dichiarazione di insussistenza delle cause di incandidabilità di cui all’art. 7 del d.lgs. 235/2012 (c.d. “legge Severino”), imposta come obbligatoria dall’art. 9 del medesimo decreto”. In particolare “… nessuno fra i candidati della lista provinciale del «Movimento 5 Stelle», della lista «Nello Mci - #DIVENTERA’ BELLISSIMA – PER LA SICILIA» e della lista MUSUMECI – FORZA ITALIA – BERLUSCONI» ha presentato la dichiarazione prevista dalla norma citata” limitandosi a dichiarare “l’insussistenza delle condizioni previste dall’art. 15 della legge 55/1990 e ss.mm.ii. (doc. 3) ”;

- “ l’ufficio centrale circoscrizionale resistente ha attribuito un solo seggio alla lista provinciale “Idea Sicilia – Popolari e Autonomisti – Mci Presidente ” mentre alla stessa sarebbero spettati due seggi in conseguenza “ … alla dovuta esclusione dei candidati non in regola con le dichiarazioni di legge ”;

- il ricorrente, invece, “ è risultato il secondo più votato nella lista, mentre il più votato – Giuseppe Compagnone – ha già ottenuto il seggio nella circoscrizione di Catania” e di conseguenza avrebbe avuto diritto a vedersi assegnato il seggio;

RILEVATO che, in punto di diritto, parte ricorrente deduce sostanzialmente la violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 9 del D.lgs. 31 dicembre 2012, n. 235

RILEVATO che sul rito parte ricorrente assume l’applicabilità sia dell'articolo 129 che dell’art. 130 del c.p.a.;

RITENUTO di potere prescindere da tali problematiche e comunque dalle eccezioni di rito e di merito sollevate dalle parti resistenti, o rilevabili d’ufficio, attesa l’infondatezza del ricorso (come già rilevato da questa Sezione in altri casi analoghi;
cfr. sentt. nn. 464/2018, 667/2018 e 924/2018);

CONSIDERATO che nella specie i candidati delle tre liste di cui sopra ( «Movimento 5 Stelle»;
«Nello Mci - #DIVENTERA’ BELLISSIMA – PER LA SICILIA»;
«MUSUMECI – FORZA ITALIA – BERLUSCONI»),
confidando nella modulistica e nelle indicazioni impartite in proposito dall’Amministrazione regionale, hanno dichiarato di non trovarsi in alcuna delle condizioni previste dall’art. 15, comma 1, della legge 19 marzo 1990, n. 55, e successive modificazioni, senza, in effetti, fare cenno alcuno alla Legge Severino e che gli Uffici elettorali circoscrizionali li hanno ammessi alla competizione elettorale, acquisendo, successivamente allo svolgimento delle elezioni, i rispettivi certificati del casellario giudiziale da cui non sono risultate condanne ostative (sicché, sotto il profilo sostanziale, è incontestato il fatto che tutti i predetti candidati sono risultati essere in possesso dei requisiti richiesti dall’art. 7 della legge Severino);

- che pur a fronte di diversi orientamenti giurisprudenziali il Collegio ritiene di dovere aderire all’orientamento più sostanzialista espresso nella decisione della III Sezione del Consiglio di Stato n. 1983 del 16 maggio 2016, nella quale si è affermato, in relazione ad elezioni comunali, che le dichiarazioni dei candidati, anche se contengono l’erroneo richiamo all’abrogato art. 58 del T.U.EE.LL. non possono considerare “ inesistenti ” o “ carenti ”, trattandosi di dichiarazione con contenuto semplicemente incompleto, essendo inoppugnabile il fatto che i candidati, al di là dell’erroneo riferimento normativo, hanno manifestato la loro volontà di certificare l’assenza, in via generale, delle cause ostative alla candidabilità, nella consapevolezza delle conseguenze amministrative e anche penali che ne conseguono;

- che nello stesso senso si è espressa la medesima Sezione con decisione n. 2123 del 23 maggio 2016, in cui si è precisato che occorre preferire l’interpretazione ispirata al f avor partecipationis, che consente la più ampia partecipazione alla competizione elettorale, garantendo, sostanzialmente, il rispetto degli artt. 10 e 12 del d.lgs.vo n. 235 del 2012 (Legge Severino), consentendo, al contempo, l’ineludibile rispetto dei diritti politici costituzionalmente garantiti;

- che tali decisioni, seppur relative a elezioni comunali, affermano principi applicabili alla odierna fattispecie, atteso che identica è la disciplina contenuta, relativamente alle elezioni regionali, negli artt. 7 e 9 della Legge Severino e, per quanto riguarda quelle comunali, nei successivi artt. 10 e 12;

- che l’art. 7 di detta legge è da ritenersi, al pari del successivo art. 10, preso inconsiderazione nelle citate decisioni del Consiglio di Stato, come naturale continuazione dell’art. 15 della l. n. 55 del 1990 e che alla odierna fattispecie può essere estesa l’affermazione fatta dal Consiglio di Stato, secondo cui tale rapporto di continuità deve ragionevolmente orientare l’interprete anche nel valutare le dichiarazioni erroneamente rese dai candidati con riferimento ad una norma (l’art. 15 L. n. 155/1990) che l’art. 17 della Legge Severino ha inteso, oltre che abrogare, interamente sostituire, già sul piano normativo;

RITENUTO, sotto questo profilo, che, pur non potendosi affermare che l’art. 7 della legge Severino possa qualificarsi come “ successiva modifica ” dell’art. 15 della l. n. 155 del 1990, in quanto lo stesso è stato espressamente abrogato, deve, comunque, ritenersi che tra le due norme vi sia un rapporto di continuità tale da consentire l’estensione della dichiarazione riferita alla norma del 1990 abrogata alla sopravvenuta norma del 2012;

- che, del resto, nell’esercizio doveroso del potere di verifica del possesso dei requisiti normativamente richiesti gli Uffici elettorali circoscrizionali hanno provveduto ad acquisire i certificati del casellario giudiziale di tutti i candidati delle liste sopraindicati verificando che nessuno di essi ha subito condanne ostative;

- che, pertanto, le dichiarazioni per cui è causa, correttamente verificate dagli Uffici elettorali, non erano tali da giustificare la chiesta esclusione delle liste prima citate e dei relativi candidati;

RITENUTO, infine, che il principio della strumentalità delle forme è particolarmente rilevante nel procedimento elettorale in relazione al quale è stato condivisibilmente affermato che l’invalidità delle operazioni può essere ravvisata solo quando la mancanza di elementi o di requisiti essenziali impedisca il raggiungimento dello scopo che connota il singolo atto, mentre non possono comportare l’annullamento delle operazioni le mere irregolarità, ossia quei vizi da cui non derivi alcun pregiudizio per le garanzie o la compressione della libera espressione del voto ( ex plurimis , Consiglio di Stato, III, 23 maggio 2016, n. 2119 e V, 15 maggio 2015, n. 2920);

- che, peraltro, il procedimento elettorale è preordinato alla formazione e all’accertamento della volontà degli elettori (anche in considerazione della rilevanza costituzionale della disciplina del diritto di voto ai sensi dell’art. 48 Cost.), onde si è ritenuto che producano tale effetto invalidante solo quelle anormalità procedimentali che impediscano l’accertamento della regolarità delle operazioni elettorali con effettiva e radicale diminuzione delle garanzie di legge;
mentre tutte le altre anormalità, quali le omissioni di adempimenti formali ovvero le irregolarità comunque inidonee ad alterare in modo irrimediabile la genuinità del voto nel suo complesso, costituiscono delle mere irregolarità tutte le volte che non incidano negativamente sulla finalità che il procedimento persegue, id est l’autenticità, la genuinità e la correttezza degli adempimenti (Cons. Stato, V, 15 luglio 2016, n. 3166 con richiamo a decisione della medesima sezione 19 giugno 2012, n. 3557);

- che come rilevato nella decisione della III sezione del Consiglio di Stato n. 2119 del 23 maggio 2016, il principio in questione risulta corroborato anche dalle considerazioni fatte dalla Corte Costituzionale e della Corte Europea dei diritti dell’uomo, rispettivamente, nella sentenza n. 1 del 13 gennaio 2014 e in quella n. 58278 del 16 marzo 2006;

- che nella prima decisione è stato evidenziato come le disposizioni sui sistemi elettorali siano ragionevoli allorché stabiliscano “ oneri non sproporzionati rispetto al perseguimento ” di obiettivi legittimi, il che comporta che le medesime disposizioni possono comportare l’esclusione delle liste solo quando siano violate chiare previsioni che precisino le formalità da seguire e le conseguenze derivanti nel caso di loro violazione;

- che nella seconda decisione si è evidenziato come la legislazione elettorale dei singoli Stati debba tendere a procedure volte a determinare l’effettiva volontà del popolo, il che comporta che l’esclusione di una lista può essere disposta solo quando la legge la preveda chiaramente;

OSSERVATO, per concludere, che la fattispecie in esame presenta delle peculiarità che inducono, anche su un piano di giustizia sostanziale, a preferire la soluzione esegetica che consenta di ritenere valida la dichiarazione resa dagli odierni controinteressati, atteso che nel “ modello di dichiarazione di accettazione della candidatura alla carica di deputato regionale in una lista provinciale ”, approntato dal servizio V elettorale del Dipartimento delle autonomie locali dell’Assessorato regionale delle autonomie locali e della funzione pubblica, risulta espressamente previsto che il candidato “ dichiara, inoltre, di non trovarsi in alcuna delle condizioni previste dall'art. 15, comma 1, della legge 19 marzo 1990, n. 55 e successive modificazioni ”, senza alcun riferimento all’art. 7 della d.lgs.vo n. 235 del 2012;

- che la medesima Amministrazione regionale, il 5 ottobre 2017, ha pubblicato un comunicato stampa in cui ha confermato che la dichiarazione sostitutiva “ resta(va) definita nel modello allegato alle istruzioni ” e che come tale sarebbe stata accettata dagli uffici elettorali, fermo restando “ i poteri di verifica degli stessi uffici elettorali della Sicilia circa le cause di incandidabilità previste dalla normativa regionale come anche dalla normativa nazionale vigente ”, così da rinviare, implicitamente, alle disposizioni contenute nell’art. 7 del d.lgs.vo n. 235 del 2012;

- che pertanto i candidati hanno fatto ragionevolmente affidamento sulle indicazioni provenienti dall’Autorità preposta alla gestione delle elezioni, risultando per tabulas l’assenza di alcun intento fraudolento teso ad eludere le stringenti prescrizioni della legge Severino, come dimostrato dall’accertata assenza di condanne ostative risultanti dai certificati del casellario giudiziale.

RITENUTO che, per le ragioni esposte, il ricorso debba essere respinto e che sussistano giustificate ragioni, in considerazione della peculiarità della vicenda contenziosa, per compensare tra le parti le spese di lite.

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