TAR Trieste, sez. I, sentenza 2014-10-30, n. 201400517

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Trieste, sez. I, sentenza 2014-10-30, n. 201400517
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Trieste
Numero : 201400517
Data del deposito : 30 ottobre 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00623/2009 REG.RIC.

N. 00517/2014 REG.PROV.COLL.

N. 00623/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 623 del 2009, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avv.ti F C e M L, con domicilio eletto presso Segreteria Generale T.A.R. in Trieste, p.zza Unità d'Italia 7;

contro

Ministero della Difesa, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Trieste, presso la quale è domiciliato in Trieste, piazza Dalmazia 3;
Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro p.t., non costituito in giudizio;
Comitato di Verifica per le Cause di Servizio, in persona del legale rappresentante p.t., non costituito in giudizio;

per l'annullamento

-OMISSIS--^ Divisione;




Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 22 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, comma 8;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 ottobre 2014 la dott.ssa M S e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Il ricorrente chiede l’annullamento del decreto in data 12.05.2009, n. 1139/C, con cui il Ministero della Difesa, conformandosi al parere reso nell’ adunanza del 16.01.2009 dal Comitato di Verifica per le Cause di Servizio (di cui pure invoca l’annullamento), ha respinto l’istanza di equo indennizzo per l’infermità "-OMISSIS-" per mancato riconoscimento della dipendenza da causa di servizio.

Chiede, inoltre, l’accertamento della causa di servizio dell’infermità su indicata e la condanna dell’Amministrazione datrice di lavoro al pagamento a suo favore dell’equo indennizzo, nonché, in via istruttoria, una C.T.U. medico/legale.

A sostegno del gravame proposto deduce i seguenti motivi di diritto:

1) Violazione e falsa applicazione del d.P.R. 29 ottobre 2001, n. 461. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 legge 7 agosto 1990, n. 241. Difetto di motivazione. Eccesso di potere per travisamento dei fatti, istruttoria carente e manifesta irragionevolezza;

2) Violazione dell’art. 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241.

Denuncia, in particolare, l’insufficienza motivazionale del provvedimento laddove nega il nesso causale tra i servizi prestati e la patologia accertata senza pur tuttavia fare alcun riferimento alle caratteristiche concrete del servizio prestato e alle mansioni da lui effettivamente svolte. Ritiene, pertanto, che emergano dei profili di irragionevolezza ed erronea valutazione dei presupposti, sindacabili dal giudice adito.

Lamenta, inoltre, la mancata previa comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza.

Il Ministero dell’Interno, costituito in giudizio con il patrocinio dell’Avvocatura distrettuale dello Stato di Trieste, eccepisce, in via preliminare, l’inammissibilità del proposto gravame, che ritiene diretto sostanzialmente ed unicamente a censurare il merito di un atto espressivo di discrezionalità tecnica, sottratto in via generale al sindacato di legittimità soprattutto se adeguatamente motivato e coerente con le circostanze di fatto emerse nel corso del procedimento. Nel merito, contesta, in ogni caso, la fondatezza delle censure ex adverso svolte e conclude per la loro reiezione. Rileva, infine, l’inammissibilità della domanda volta ad ottenere l’accertamento della dipendenza da causa di servizio e la condanna dell’Amministrazione al pagamento dell’equo indennizzo, in quanto postulante, nel soggetto che la propone, la titolarità di un diritto soggettivo.

Segue la replica del ricorrente.

Celebrata la pubblica udienza del 22 ottobre 2014, la causa è stata trattenuta per la decisione.

Il ricorso è privo di pregio.

In disparte la considerazione che la consolidata giurisprudenza in materia ritiene che la variegata e qualificatissima estrazione tecnico-professionale dei componenti del Comitato di Verifica e l’istruttoria particolarmente completa da questo esperita, non limitata ai soli aspetti medico-legali, sono garanzia circa l'attendibilità della determinazione assunta, va rammentato che “il sindacato giurisdizionale esperibile sulle valutazioni tecniche degli organi medico-legali circa la dipendenza da causa di servizio dell'infermità denunciata dal pubblico dipendente è limitato ai profili di irragionevolezza, illogicità o travisamento dei fatti;
di conseguenza al giudice amministrativo spetta una valutazione esterna di congruità e sufficienza del giudizio di non dipendenza, relativa alla mera esistenza di un collegamento logico tra gli elementi accertati e le conclusioni che da essi si ritiene di trarre, laddove l'accertamento del nesso di causalità tra la patologia insorta ed i fatti di servizio, in cui si sostanzia il giudizio sulla dipendenza o meno dal servizio, rappresenta un tipico esercizio di attività di merito tecnico riservato all'organo di verifica delle cause di servizio”
(Cons. Stato, sez. IV, 9 luglio 2012, n. 4049;
in termini Cons. Stato, sez. V, 13 aprile 2012, n. 2093;
Cons. Stato, sez. IV, 16 maggio 2011, n. 2959;
id., 6 maggio 2010, n. 2619).

Più in generale, si è affermato che “nelle controversie aventi ad oggetto il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio delle infermità sofferte da pubblici dipendenti, anche ai fini della liquidazione dell'equo indennizzo, il sindacato che il giudice della legittimità è autorizzato a compiere sulle determinazioni assunte dagli organi tecnici, ai quali la normativa vigente attribuisce la competenza in materia, deve necessariamente intendersi limitato ai soli casi di travisamento dei fatti e di macroscopica illogicità, nonché alla verifica della regolarità del procedimento” (cfr. Cons. Stato, sez. III, 27 gennaio 2012, n. 404;
id., 9 marzo 2010, n. 3827).

Il Collegio ritiene, tuttavia, che nell’operato dell’Amministrazione non emergono profili di illogicità, irragionevolezza o travisamento dei fatti, tali da legittimare il sindacato di questo giudice su valutazioni connotate da discrezionalità tecnica.

In assenza di adeguata prova contraria, non v’è motivo di dubitare, infatti, che il Comitato di verifica abbia preso in considerazione tutti i servizi prestati dal ricorrente e adeguatamente valutato la loro incidenza causale sull’insorgere della patologia da cui è affetto il medesimo, per la quale quest’ultimo ha chiesto il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio e l’erogazione dell’equo indennizzo.

Le risultanze documentali inducono, invero, a ritenere che tale organo abbia espresso le proprie valutazioni, conformemente alle disposizioni di cui all’art. 11, comma 1, del d.P.R. 29 ottobre 2001, n. 461 ( “Il Comitato accerta la riconducibilità ad attività lavorativa delle cause produttive di infermità o lesione, in relazione a fatti di servizio ed al rapporto causale tra i fatti e l'infermità o lesione” ), previo esame di tutti gli atti.

E’ evidente, infatti, che il parere emesso dal Comitato, laddove afferma d’essere giunto alle avversate conclusioni (ovvero di ritenere non dipendente da fatti di servizio l’infermità da cui è affetto il ricorrente) “dopo aver esaminato e valutato, senza tralasciarne alcuno, tutti gli elementi connessi con lo svolgimento del servizio da parte del dipendente e tutti i precedenti di servizio risultanti dagli atti” , fa riferimento, con formula sintetica ma esaustiva, agli elementi ritraibili dalla documentazione di servizio in atti e, in particolare, al foglio matricolare e caratteristico del ricorrente, ove nelle sezioni “Arruolamento, servizi, promozioni (…)” e “Campagne” sono riportate con precisione le mansioni effettivamente svolte dal ricorrente durante l’arco di vita lavorativo e altre informazioni idonee a dare contezza delle concrete caratteristiche del servizio dal medesimo espletato ovvero anche dei servizi connotati da particolare gravosità.

Non va, peraltro, trascurato di considerare che lo stesso ricorrente ha avuto cura di segnalare nella propria istanza “di essere stato addetto per diversi anni, in qualità prima di aiuto poi di consegnatario dei materiali di v.e. e casermaggio e alla loro conseguente movimentazione nei magazzini” , nonché di aver prestato servizio negli ultimi due anni c/o il 12° Reparto Infrastrutture di Udine, in qualità di sottoufficiale addetto alle Infrastrutture non attive ovvero caserme od opere difensive insalubri o dislocate in zone impervie e non facilmente raggiungibili a causa del degrado ambientale che lo obbligano oltremodo “ad essere sottoposto ad operare sia in condizioni meteo avverse, sia ad un continuo esporsi a cambi repentini di temperatura oltre che a sforzi dovuti alla specificità dei vari impieghi”.

Trattasi, quindi, di elementi non solo conosciuti, ma, all’evidenza, esaminati e valutati dal Comitato di Verifica ai fini della formulazione del proprio parere e la formula utilizzata, ancorché sintetica, ne dà sufficiente contezza.

Nessun difetto motivazionale pare, conseguentemente, ravvisabile né nel parere del Comitato di Verifica, che s’appalesa, anzi, emesso sulla scorta di adeguate e complete valutazioni, né tanto meno nel decreto impugnato che in tale parere trova fondamento e limite.

Le argomentazioni difensive del ricorrente e la richiesta istruttoria dal medesimo avanzata paiono, in definitiva, mirate ad ottenere da questo giudice una valutazione medico-legale diversa da quella espressa dalla competente Amministrazione ovvero ad ottenere l’esercizio di un non consentito sindacato di merito (cfr. Cons. Stato Sez. IV, 16-10-2009, n. 6352;
T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 2.3.2011, n. 1936;
Sez. Ibis, 3.12.2010, n. 35280;
Sez. II, 6.10.2009, n. 9767) e tralasciano, invero, di considerare che il rapporto causa - effetto tra attività lavorativa del dipendente ed infermità dallo stesso sofferta deve essere individuato con un grado di consistente certezza sul piano medico-legale e tecnico-amministrativo (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 15.5.2008, n. 2239), tant’è che la valutazione medico-legale espressa dai competenti organi tecnici non può essere messa in discussione nemmeno in presenza di un diverso avviso espresso da certificazioni mediche di parte (cfr. T.A.R. Palermo, Sez. II, 12.10.2009, n. 1616).

Le considerazioni sin qui svolte consentono, pertanto, di disattendere la prima censura formulata dal ricorrente.

Quanto al lamentato mancato invio del preavviso di diniego, il Collegio ritiene che, nel caso di specie, ricorrono le condizioni previste dall'art. 21-octies, comma 2, della legge n. 241 del 1990, dato che il giudizio espresso dal Comitato di Verifica è vincolante per l'Amministrazione, la quale non avrebbe potuto adottare un provvedimento diverso (in senso conforme Tar Puglia, Bari, II, 1 marzo 2013, n. 327;
Tar Puglia, Lecce, II, 7 marzo 2012/2012, n. 426/2012 e n. 1635/2012, Tar Campania, Napoli, VII, 9 novembre 2012, n. 4529 e n. 4532, Tar, Sicilia, Catania, III, 10 maggio 2012, n. 1226).

Né può ritenersi che siffatto obbligo potesse incombere sul Comitato, che, come noto, non è deputato ad emettere il provvedimento conclusivo del procedimento.

S’è visto, peraltro, che il ricorrente instilla unicamente il dubbio di possibili omissioni valutative da parte del Comitato di Verifica con il non celato fine di introdurre nel procedimento nuovi (e a suo avviso rilevanti) elementi, ma non fornisce alcuna concreta prova che tali omissioni si siano effettivamente verificate. Sicché, anche per tale ragione la doglianza s’appalesa priva di pregio.

Sulla scorta delle considerazioni dianzi riportate, la domanda caducatoria va, quindi, respinta.

Per le ragioni evidenziate dalla difesa erariale è, inoltre, inammissibile, la domanda di accertamento e quella conseguente di condanna dell’Amministrazione.

Sussistono, in ogni caso, giusti motivi per compensare tra le parti le spese di lite.

A tutela dei diritti e della dignità del soggetto nominato nel presente provvedimento giurisdizionale, occorre, infine, ordinare, ai sensi e per gli effetti degli artt. 22 e 52 del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, che, in caso di sua riproduzione in qualsiasi forma, per finalità d’informazione giuridica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, vadano omesse le generalità del ricorrente, gli altri dati identificativi che lo riguardano e, in ogni caso, i dati idonei a rivelare il suo stato di salute.

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