TAR Parma, sez. I, sentenza 2018-05-02, n. 201800121

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Parma, sez. I, sentenza 2018-05-02, n. 201800121
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Parma
Numero : 201800121
Data del deposito : 2 maggio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/05/2018

N. 00121/2018 REG.PROV.COLL.

N. 00275/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

sezione staccata di Parma (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SNTENZA

sul ricorso numero di registro generale 275 del 2014, proposto dal sig. G G, rappresentato e difeso dagli avvocati P G, A B, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. A B in Parma, Strada Repubblica 56;

contro

Comune di San Secondo Parmense, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato C M, con domicilio eletto presso il suo studio in Parma, via Mistrali, 4;

nei confronti

sigg.ri C T, P O e P, in qualità di eredi del sig. P R, rappresentati e difesi dall'avvocato Roberta Rollo, con domicilio eletto presso il suo studio in Parma, via Carducci 8/A;

per l'annullamento

del provvedimento prot. n. 4489/6477 del 7 agosto 2014 del Responsabile del settore tecnico del Comune di San Secondo Parmense, relativo ai lavori oggetto della S.C.I.A. prot. n. 2103/4489 del 23 maggio 2014 presentata dal controinteressato, con ripristino dello stato dei luoghi;

di ogni altro atto antecedente, successivo e comunque connesso;

e per la condanna del Comune a provvedere ad ordinare il divieto di inizio o prosecuzione dei lavori oggetto della S.C.I.A. e il ripristino dello stato dei luoghi.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di San Secondo Parmense e dei sigg.ri C T, P O e P in qualità di eredi del sig. P R;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 aprile 2018 il cons. A M V e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso, spedito per la notifica il 25 settembre 2014 e depositato il successivo 8 ottobre 2014, il sig. G G impugna il silenzio del Comune sulla istanza diffida ex art. 19 comma 6 ter della legge 241/90, inviata il 3/7/2014, relativamente a controllo di legittimità della SCIA presentata dal confinante sig. Pattini per lavori di apertura di nuovo accesso carraio su via Lombardia, impugnando in subordine la nota prot. n.4489/6477 del 7 agosto 2014 del Responsabile del settore tecnico del Comune di San Secondo Parmense con la quale si ignora la diffida di parte ricorrente e si rinvia alle norme che consentono di derogare alle distanze per i passi carrabili.

In particolare il sig. G deduce:

1) la violazione dei principi generali in tema di convenzioni di lottizzazione, del principio di affidamento, l’eccesso di potere per illogicità manifesta e per disparità di trattamento, in quanto l’intervento di cui alla SCIA presentata dal controinteressato gli consentirebbe di accedere su una strada che fa parte di un comparto di lottizzazione al quale non ha mai partecipato versando gli oneri. Lo stabile del sig. Pattini preesisteva alla lottizzazione ed ha il suo sbocco su Via Verdi, mentre l’accesso da via Lombardia creerebbe delle criticità essendovi un dislivello di 1,20 ml. che costringerebbe l’automezzo che si voglia immettere su via Lombardia ad una forte accelerazione, potenzialmente pericolosa per chi vi transita;

2) la violazione dell’art. 46 d.lgs. 285/1992 (Codice della Strada) e dell’art. 32 P.O.C. R.U.E. Comune di San Secondo Parmense, eccesso di potere per falso presupposto di fatto e per difetto di istruttoria, eccesso di potere per illogicità manifesta, in quanto l’intervento progettato sarebbe in contrasto con l’art. 46 del Codice della Strada ove autorizza la costruzione di passi carrabili nel rispetto della normativa edilizia ed urbanistica vigente, atteso che il passo carrabile sarebbe in contrasto con la convenzione di lottizzazione stipulata dal ricorrente e con l’art. 32 del P.O.C. che prevede che “(l)’eventuale cancello di chiusura di passo carrabile dovrà essere arretrato dal confine stradale di almeno 4,5 metri lineari in modo da garantire la sosta, fuori dalla sede stradale, del veicolo in attesa di ingresso. Un arretramento inferiore potrà essere consentito soltanto in caso di ristrutturazione dei passi carrabili esistenti e nel caso di interventi in zone storiche” e che “l’accesso agli spazi in sottosuolo destinati al ricovero dei veicoli deve essere assicurato tramite: rampe antisdrucciolevoli di idoneo tracciato e pendenza;
tratto in piano, da ricavare sullo spiazzo privato, lungo almeno ml. 3,50 per il collegamento della rampa con lo spazio pubblico o con altro spazio riservato ai pedoni”. Nel caso sub judice, ad avviso del ricorrente i suddetti spazi non solo non sono stati progettati ma non sono realizzabili per mancanza di spazio;

3) violazione dell’art. 32 comma 3 del P.O.C. R.U.E. del Comune di San Secondo Parmense, atteso che l’opera gravata sarebbe localizzata in luogo del muretto di proprietà del ricorrente, in quanto mai preso in carico dal Comune, ed in violazione della disposizione sopra citata ove prevede che “i battenti dei cancelli dei passi carrabili e pedonali dovranno aprirsi su spazi di pertinenza dell’immobile cui si riferiscono”, presupposto mancante nel caso di specie;

4) eccesso di potere per difetto di istruttoria e per illogicità manifesta, laddove l’opera assentita starebbe a ridosso del passo carraio del ricorrente ed inoltre, dato il dislivello, che richiede una forte accelerazione, creerebbe il rischio di incidenti con i veicoli in uscita dalla proprietà G, ponendosi altresì in contrasto con quanto statuito dalla Corte d’appello di Bologna;

5) eccesso di potere per carenza di istruttoria, atteso che gli elaborati grafici non consentirebbero nemmeno di calcolare l’esatta distanza tra il cancello ed il confine.

Il 15 ottobre 2014 si è costituito il Comune che, con memoria del 20 ottobre 2014, premette che la sentenza del giudice civile, invocata da parte ricorrente a sostegno delle proprie argomentazioni, si riferisce ad un momento nel quale l’ultimo tratto di via Lombardia non era stato ancora trasferito al Comune, come poi avvenuto con nota del 10 giugno 2009. Resiste, inoltre, nel merito, rilevando che:

- con nota del 7 agosto 2014 il Comune riscontra l’esposto diffida del ricorrente;

- la strada di comparto doveva essere ceduta al Comune, come è stato, e costituisce opera di urbanizzazione primaria e, come tale, non è destinata a servire solo da accesso ai lotti del comparto;

- il dpr 495/1992 prevede la deroga all’arretramento degli accessi e all’utilizzo dei sistemi alternativi “nel caso in cui le immissioni laterali avvengano da strade senza uscita o, comunque, con traffico estremamente limitato per cui le immissioni stesse non possono determinare condizioni di intralcio alla fluidità della circolazione”, come nel caso di Via Lombardia, essendo una strada chiusa;

- non vi è prova dell’esistenza di una porzione di proprietà del ricorrente;

- il cancello previsto dal progetto non è a battente ma ad apertura orizzontale e su spazi di proprietà del controinteressato;

- la rampa di accesso è lunga 10 metri di cui 4 in piano, con una pendenza ripartita sui restanti 6 metri che non comporta alcuna accelerazione per l’uscita dei veicoli;

- il Comune, inoltre, ha fissato apposite prescrizioni per azzerare ogni rischio, imponendo l’eliminazione di ogni specie arborea e l’installazione del segnale di apertura del cancello automatico;

- la tavola progettuale in scala 1:250 è chiara nell’individuare il posizionamento e gli ingombri dell’apertura.

Con ordinanza n. 116/2014 del 24 ottobre 2014 il Tribunale respingeva la richiesta misura cautelare.

Il 30 novembre 2017 si sono costituiti i controinteressati, eredi di P R, che resistono nel merito.

Seguono altre memorie e repliche con le quali le parti insistono nelle rispettive difese.

Alla pubblica udienza del 19 aprile 2018 il ricorso è stato trattenuto in decisione

DIRITTO

Il ricorso è fondato, in parte, sotto l’assorbente profilo della violazione delle disposizioni del POC del RUE.

Quest’ultimo all’art. 32, comma 4, prevede che “l’eventuale cancello di chiusura di passo carrabile dovrà essere arretrato dal confine stradale di almeno 4,5 metri lineari in modo da garantire la sosta, fuori dalla sede stradale, del veicolo in attesa di ingresso. Un arretramento inferiore potrà essere consentito soltanto in caso di ristrutturazione dei passi carrabili esistenti e nel caso di interventi in zone storiche”.

La circostanza che il cancello assentito non rispetta le distanze, essendo stato realizzato al confine stradale, non è contestata.

Il Comune e i controinteressati rilevano che la previsione non troverebbe applicazione in quanto il 6° comma dell’art. 32 del P.O.C. R.U.E. rinvia alle previsioni del Codice della Strada.

L’assunto dell’amministrazione resistente è infondato.

Il 6° comma del citato art. 32 del P.O.C. contiene una previsione di chiusura ove recita:

“In ogni caso, la costruzione di accessi veicolari dovrà rispettare le prescrizioni di cui all’art. 22 del Codice della Strada e agli artt. 45 e 46 del relativo Regolamento di esecuzione e di attuazione”.

La disposizione, ad avviso del Collegio, deve quindi intendersi come rinvio, per quanto ulteriormente previsto, alle disposizioni del Codice della Strada, ben potendo la normativa urbanistica prevedere prescrizioni di maggiore dettaglio in questa materia, ma non certo l’applicazione della sola normativa di cui al Codice della Strada, in spregio alle specifiche disposizioni della normativa edilizia ed urbanistica.

In tale senso depone la previsione di cui all’art. 46 del Regolamento del Codice della Strada ove statuisce che la costruzione dei passi carrai è autorizzata dall’ente proprietario nel rispetto della normativa edilizia ed urbanistica vigente.

In ogni caso, ad avviso del Collegio, nel caso di specie non ricorrono nemmeno i presupposti per la deroga alle distanze di cui all’art. 46 del Regolamento di attuazione del Codice della Strada dal momento che dette deroghe riguardano “le immissioni laterali (…) da strade senza uscita o comunque con traffico estremamente limitato, per cui le immissioni stesse non possono determinare condizioni di intralcio alla fluidità della circolazione”.

Nel caso di specie l’intralcio nella circolazione appare evidente alla luce della contiguità dell’accesso carrabile del ricorrente, ma a ciò si aggiunga la circostanza che la previsione è finalizzata a non precludere gli accessi veicolari su strada avendo presente “obiettive impossibilità costruttive o gravi limitazioni della godibilità della proprietà privata”, situazioni estranee ad una proprietà che ha da sempre un accesso su altra via (via Verdi).

Resta fermo che tale previsione è, nel caso in esame, superata dalla più rigorosa applicazione della normativa edilizia del Comune intimato.

Ne consegue che l’intervento di cui alla SCIA presentata è illegittimo nella parte in cui non è conforme alle prescrizioni del P.O.C. RUE che impongono l’arretramento dal confine stradale di almeno 4,50 metri lineari, nonché un tratto in piano, lungo almeno 3,50 ml per il collegamento della rampa con lo spazio pubblico o con altro spazio riservato a pedoni.

Deve invece respingersi il primo motivo di gravame con il quale si contesta la possibilità di autorizzare su strada di comparto un accesso carrabile da parte di proprietario frontista estraneo alla lottizzazione, come anche infondato è il motivo con il quale si rivendica la proprietà sul muretto divisorio tra la proprietà Pattini e la strada.

L’intervenuto passaggio della strada al demanio comunale nel 2008 esclude tale assunto.

Di una destinazione esclusiva di via Lombardi ai partecipanti alla convenzione non vi è prova. Se così fosse, ovvero che se si tratti di strada vicinale privata, gli oneri per la sua manutenzione spetterebbero ai sottoscrittori della convenzione.

L’accoglimento del motivo sopra scrutinato assorbe le ulteriori censure e determina l’accoglimento del ricorso con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione in conformità a quanto statuito nella presente sentenza.

Inammissibile è infine la condanna ad un facere dell’amministrazione, fermo restando l’effetto conformativo del giudicato formatosi sull’illegittimità dell’intervento.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

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