TAR L'Aquila, sez. I, sentenza breve 2020-01-31, n. 202000035

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR L'Aquila, sez. I, sentenza breve 2020-01-31, n. 202000035
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - L'Aquila
Numero : 202000035
Data del deposito : 31 gennaio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 31/01/2020

N. 00035/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00020/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;

sul ricorso numero di registro generale 20 del 2020, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato F P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Guido Alfonsi, in L'Aquila, via Australia n. 14;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in L'Aquila, via Buccio da Ranallo;

nei confronti

-OMISSIS-, non costituita in giudizio;

per l'annullamento,

previa sospensiva,

- del decreto di dispensa dal servizio che ha esplicato i suoi effetti retroattivamente dal -OMISSIS-;

- del verbale della prova d'esame del -OMISSIS-;
della nota del Ministero dell'Interno del -OMISSIS-(prot. -OMISSIS-);

- del provvedimento n. -OMISSIS-del -OMISSIS-(prot. -OMISSIS-);

- di ogni altro atto, provvedimento e comportamento che risulti presupposto, connesso o consequenziale a detti atti/provvedimenti:

- per la condanna, a seguito del riconoscimento della formazione del silenzio assenso ai sensi del d.P.R. n. 339/1982, alla ricostruzione della carriera ai fini economici, giuridici e pensionistici.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 29 gennaio 2020 la dott.ssa Maria Colagrande;

Uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

Il ricorrente, dichiarato permanentemente inidoneo al servizio presso la Polizia di Stato, impugna i provvedimenti con i quali il Ministero dell’Interno gli ha comunicato l’esito negativo della prova d’idoneità finalizzata al transito nei ruoli del personale civile, la cessazione dell’aspettativa speciale in cui era stato collocato ai sensi del d.P.R. n. 339/1982, e, infine, la dispensa dal servizio a decorrere dal -OMISSIS-.

A sostegno del ricorso deduce che:

- sull’istanza di transito ai ruoli civili del Ministero dell’Interno, che altre amministrazioni avevano riscontrato negativamente nei termini di legge, sarebbe intervenuto il silenzio assenso per decorso del termine di centocinquanta giorni previsto dall’art. 8 d.P.R. n. 339/1982 prima che il Ministero avviasse la procedura di accertamento dell’idoneità del ricorrente al transito nei ruoli civili dei propri uffici;

- le materie sulle quali si è svolta la prova di idoneità sarebbero eccessivamente specialistiche e comunque rese note solo con la convocazione per la prova d’esame, perché non indicate nel d.m. 24.11.1989, né in altra fonte normativa;

- l’esito di inidoneità della prova sarebbe privo di motivazione in quanto la commissione incaricata non avrebbe predisposto i criteri in base ai quali formulare il relativo giudizio.

Resiste il Ministero intimato.

Alla camera di consiglio del 29 gennaio 2020, avvisate le parti della possibilità di definire il giudizio con sentenza in forma semplificata, la causa è stata assunta in decisione.

Il ricorso è fondato.

Occorre preliminarmente qualificare la situazione giuridica soggettiva promossa dal ricorrente mediante la presentazione dell’istanza di transito ai ruoli civili dello Stato, a seguito del giudizio di inidoneità permanente al servizio nella Polizia di Stato.

La giurisprudenza prevalente e più recente ha ritenuto trattarsi di diritto soggettivo cui corrisponde, nel caso in cui la prova di idoneità per l’inquadramento in un determinato profilo abbia dato esito negativo, l’obbligo dell’Amministrazione di ricercare ulteriori modalità di collocamento dell’aspirante nella propria organizzazione.

Tale principio, affermato da Consiglio di Stato sez. II, 20/5/2019, n.3203 in applicazione dell’art. 77 del d.lgs. 30 ottobre 1992, n. 443 per il personale dei ruoli della polizia penitenziaria, è chiaramente applicabile al caso in decisione in quanto regolato dall’art. 8 del d.P.R. 24 aprile 1982, n. 339 che ha lo stesso contenuto della disposizione citata.

Dalla natura di diritto soggettivo della pretesa vantata dal ricorrente deriva, in caso di inerzia sull’istanza di transito ai ruoli civili, l’obbligo dell’Amministrazione di inserire l’aspirante nel proprio organico e adibirlo a mansioni equivalenti al ruolo di provenienza discrezionalmente ritenute adeguate in concreto o anche inferiori in caso di impossibilità di inquadrarlo in profili equivalenti.

Quanto detto impone di considerare che il silenzio assenso - maturato, per decorso del termine di centocinquanta giorni dalla presentazione dell’istanza del ricorrente prima che il Ministero concludesse il procedimento così avviato - pone senz’altro il ricorrente nella condizione di pretendere l’inserimento nei ruoli civili dell’Amministrazione, ma non esclude che questa possa disporre accertamenti sulle sue competenze per attribuirgli il profilo in concreto più adeguato.

Ne consegue, da un lato, che l’Amministrazione non perde il potere di disporre detto accertamento, sebbene sia maturato il silenzio assenso e, dall’altro, che la dispensa dal servizio, ai sensi degli articoli 129 e 130 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, può disporsi solo nel caso in cui risulti accertato che non è possibile inquadrare il dipendente inidoneo in nessuno dei profili dell’Amministrazione civile di arrivo.

L’Amministrazione resistente, che ha dispensato il ricorrente sul solo presupposto dell’accertata inidoneità nel profilo ritenuto corrispondente a quello di provenienza, ha quindi chiaramente omesso di adempiere all’obbligo di ricercare un suo utile reimpiego in altri profili.

Deve essere infine esaminata la critica opposta dal ricorrente al giudizio di non idoneità al transito nel profilo di assistente amministrativo dei ruoli del Ministero dell’Interno.

Il Collegio ritiene che sussista l’interesse del ricorrente alle decisione sul motivo in esame, ancorché formulato in via subordinata, in quanto, come detto, il silenzio assenso, maturato per decorso del termine previsto dall’art. 8 d.P.R. n. 339/1982, non preclude all’Amministrazione di accertare le competenze dell’avente diritto al transito nei propri ruoli, al fine di un suo proficuo reimpiego nel rispetto dei principi di buona amministrazione.

Il motivo nel merito è fondato.

Infatti nel verbale delle operazioni relative alla prova sostenuta dal ricorrente sono riportate solo le domande che gli sono state rivolte, ma non emerge alcuna motivazione che ne giustifichi il giudizio di inidoneità.

Non costituisce quindi idonea motivazione il riferimento contenuto nel verbale alla mancanza di una pur minima preparazione e alla incapacità di elaborare un ragionamento logico-deduttivo sugli argomenti proposti, sia perché esso è riferito a quattro candidati dichiarati inidonei, sia perché non vi è alcuna evidenza dei criteri (e quindi del livello di difficoltà della prova e adeguatezza della stessa), che la commissione avrebbe dovuto predisporre per dovere d’imparzialità, prima dell’espletamento delle prove, a quali fare riferimento ai fini del giudizio.

I diversi orientamenti che si registrano in giurisprudenza sulla natura della posizione giuridica vantata dal ricorrente, giustificano la compensazione delle spese processuali.

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