TAR Bari, sez. II, sentenza breve 2019-06-17, n. 201900836
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Pubblicato il 17/06/2019
N. 00836/2019 REG.PROV.COLL.
N. 00080/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex articolo 60 del codice del processo amministrativo;
sul ricorso numero di registro generale 80 del 2019, proposto da
Ordine degli avvocati di Lecce, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati L A e C R, con domicilio digitale come da PEC iscritta al registro generale degli indirizzi elettronici (ReGIndE);
contro
- Ministero della giustizia, in persona del Ministro pro tempore ;
- Ministero dell'economia e delle finanze, del Ministro pro tempore ;
- Commissione tributaria regionale di Bari, in persona del legale rappresentante pro tempore ;
tutti rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Bari, presso i cui Uffici, in via Melo n. 97, hanno legale domicilio;
nei confronti
Camera tributaria degli avvocati della provincia di Lecce, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato P P, con domicilio digitale come da PEC iscritta al registro generale degli indirizzi elettronici (ReGIndE);
e con l'intervento di
ad adiuvandum :
Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Lecce, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato Pietro Quinto, con domicilio digitale come da PEC iscritta al registro generale degli indirizzi elettronici (ReGIndE);
per l'annullamento
- “del Decreto Presidenziale n. 48 – “Assegnazione Appelli emesso in data 5 novembre, e notificato al soprascritto Ordine Territoriale in data 12.11.2018 con cui è stato disposto il trasferimento presso la sede centrale di Bari di tutti gli appelli iscritti a ruolo nell'anno 2015 nelle sezioni distaccate di Lecce e di Taranto per i quali non è stata ancora fissata udienza”;
di tutti gli atti presupposti quali la deliberazione n. 9 del 01.12.2015 ove contrastante con le motivazioni sin qui addotte nonché quelli connessi e consequenziali”.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della giustizia, del Ministero dell'economia e delle finanze, della Commissione tributaria regionale di Bari e della Camera tributaria degli avvocati della provincia di Lecce;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 14 maggio 2019 l’Avv. Donatella Testini e uditi per le parti i difensori, avv.ti L A (anche su delega dell'avv. Pietro Quinto, per l'Ordine dei commercialisti) e C R, Avv. dello Stato Ines Sisto e avv. P P;
Comunicata alle parti in forma diretta ed esplicita la possibilità di adottare una sentenza semplificata, ricorrendone le condizioni previste;
Sentite le stesse ai sensi dell'art. 60 del codice del processo amministrativo, approvato con il decreto legislativo 2 luglio 2010 n. 104;
Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue;
1.1. Nel presente giudizio è controversa la legittimità del decreto n. 48 del 5 novembre 2018 con il quale il Presidente della Commissione tributaria regionale della Puglia ha disposto che “gli appelli iscritti nell’anno 2015 R.G. ed attualmente assegnati alle sezioni staccate di Lecce e Taranto, per i quali alla data odierna non sia stata ancora fissata l’udienza di trattazione, siano trattati presso la sede centrale di Bari”.
La determinazione si fonda sulla notevole divergenza esistente tra le diverse sedi pugliesi, tanto la sede centrale di Bari quanto ciascuna delle sezioni staccate di Foggia, Lecce e Taranto, in termini sia di carico di contenzioso pendente sia di tempi medi di definizione dei giudizi.
Più precisamente, dai dati relativi al periodo primo luglio 2016 – 30 giugno 2017, è emerso quanto segue.
I tempi medi di definizione del giudizio sono
- presso la sede centrale di Bari, 1 anno e 9 mesi;
- presso la sezione staccata di Foggia, 2 anni e 2 mesi;
- presso la sezione staccata di Lecce, 5 anni;
- presso la sezione staccata di Taranto, 5 anni e 9 mesi.
I contenziosi pendenti alla data del 30 settembre 2018 sono:
- 4.173 a Bari;
- 1.745 a Foggia;
- 7.979 a Lecce;
- 6.297 a Taranto.
Il Presidente conseguentemente ha, altresì, rilevato “Che, in misura ancora più evidente, risulta incongruo il numero di controversie gravante per sezione, per la sede centrale e per le sezioni staccate”.
Mentre le sette sezioni di Bari hanno un carico di 596 controversie e le due di Foggia di 872 per ciascuna di esse;Lecce e Taranto registrano, rispettivamente, un carico di 2.659 controversie per tre sezioni e 3.148 per due sezioni.
Ritenuto che tale situazione non consente il corretto ed efficace funzionamento della Commissione tributaria regionale, in attuazione della risoluzione n. 9 del primo dicembre 2015 del Consiglio di Presidenza della Giustizia tributaria, il Presidente - dato atto che l’interpello per l’applicazione temporanea turnaria dei giudici presso le sedi decentrate indetto in data 19 ottobre 2018 è andato deserto – ha proceduto alla riassegnazione di parte degli affari pendenti a Lecce e a Taranto alla sede centrale di Bari, nei termini innanzi esposti.
1.2. Avverso il predetto atto insorge l’Ordine degli avvocati di Lecce deducendone l’illegittimità per violazione dell’art. 25 della Costituzione e del principio del giudice naturale precostituito per legge ivi previsto nonché per violazione del principio della personalità dell’incarico professionale di avvocato;per eccesso di potere sotto svariati aspetti e, in particolare, per difetto d’istruttoria e violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza.
Più precisamente, con il primo motivo di censura, il ricorrente assume che il trasferimento dei giudizi già pendenti dinanzi al giudice naturale individuato con l’iscrizione a ruolo della causa, diversamente dall’eventuale spostamento dei ruoli ancora da formarsi, viola palesemente l’art. 25 della Costituzione: lo spostamento presso altro giudice di una causa già pendente sarebbe ammissibile solo nell’ipotesi in cui le parti abbiano proposto eccezione d’incompetenza territoriale e che la stessa venga accolta.
Rammentato che il decreto impugnato suggerisce agli avvocati di limitare il disagio derivante dalla trattazione nella sede centrale, piuttosto che nelle sedi staccate di Lecce e Taranto, anche mediante modalità organizzative di sostituzione in udienza, assume l’Ordine salentino che la conseguente adozione di tale modus operandi alla stregua di regola potrebbe minare il rapporto di fiducia col cliente e sottrarre all’avvocato il controllo del procedimento nonché determinare l’aumento dei costi, dovendosi onorare l’impegno del sostituto d’udienza.
Ciò si tradurrebbe nella limitazione al libero espletamento dell’attività di avvocato di cui ai principi sanciti dall’art. 3 della legge 247/2012 (“Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense”), ai sensi del quale “1. L'esercizio dell'attività di avvocato deve essere fondato sull'autonomia e sulla indipendenza dell'azione professionale e del giudizio intellettuale. L'avvocato ha obbligo, se chiamato, di prestare la difesa d'ufficio, in quanto iscritto nell'apposito elenco, e di assicurare il patrocinio in favore dei non abbienti.
2. La professione forense deve essere esercitata con indipendenza, lealtà, probità, dignità, decoro, diligenza e competenza, tenendo conto del rilievo sociale della difesa e rispettando i principi della corretta e leale concorrenza”.
Con il secondo motivo di ricorso, la parte ricorrente assume che “il criterio generale, in caso di necessità, di riorganizzazione delle sezioni è quello di evitare gli spostamenti dei carichi soprattutto tra sedi distaccate, evitando di far ricadere il peso di tali scelte sui cittadini, ma riconducendole all’autodeterminazione del corpo giudicante”.
Proprio la risoluzione del Consiglio di Presidenza n. 9 del primo dicembre 2015 prevede esplicitamente la necessità di effettuare l’interpello.
Nel caso di specie, tuttavia, è stato indetto un interpello con modalità ignote, pare meramente interno, in data 19 ottobre 2018, andato deserto;il successivo 30 ottobre sarebbe stato richiesto l’interpello esterno all’Organo di autogoverno;dopo soli cinque giorni, il 5 novembre, è stato adottato il decreto impugnato.
Aggiunge l’Ordine degli avvocati di Lecce che l’ulteriore risoluzione dell’Organo di autogoverno n. 1661/2018, al paragrafo II, comma 2, imporrebbe l’assegnazione d’ufficio.
Sotto un ulteriore aspetto, il ricorrente stigmatizza il difetto d’istruttoria, in quanto il decreto impugnato si sarebbe fondato su una mera raccolta di dati, senz’alcuna valutazione degli stessi. Valutazione che avrebbe disvelato la rilevante circostanza per cui quelli trasferiti da Lecce sono in gran parte ricorsi divenuti seriali (circa 4000 ricorsi derivanti dalla nota vicenda degli estimi catastali del comune di Lecce) che, oltre ad essere ben conosciuti dalle Sezioni locali, alla luce dell’ormai consolidato orientamento della Corte di cassazione favorevole ai contribuenti, vedono ormai l’Agenzia delle entrate rinunciare agli appelli proposti.
Le sezioni salentine, pertanto, non sono chiamate ad un impegno gravoso in relazione ad un consistente numero di affari che, invece, dovranno essere studiati ex novo dalle sezioni baresi.
Con il terzo e ultimo motivo di ricorso, nel ribadire che il Presidente avrebbe dovuto procedere con l’assegnazione d’ufficio ai sensi della già citata risoluzione del Consiglio di Presidenza n. 1661/18, ricorda parte ricorrente che la riforma di cui al decreti legislativi 31 dicembre 1992, nn. 545 e 546, ispirata dall’esigenza di semplificare il sistema processuale tributario, anche in termini di riduzione dei costi per il contribuenti, è culminata con l’istituzione delle sezioni staccate delle commissioni tributarie regionali ai sensi del decreto interministeriale del 6 giugno 2000. In particolare, l’articolo 3 assegna alle stesse i ricorsi avverso le decisioni delle commissioni provinciali ricomprese nell’ambito territoriale delle sezioni distaccate medesime.
Il decreto impugnato, pertanto, viola il principio di proporzionalità e di ragionevolezza, costringendo contribuenti e avvocati a subire sacrifici eccessivi, in termini, rispettivamente, di costi e detrimento dell’attività professionale.
Conclude per l’annullamento dell’atto gravato, in accoglimento del ricorso.