TAR Catania, sez. II, sentenza 2012-06-11, n. 201201511

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. II, sentenza 2012-06-11, n. 201201511
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 201201511
Data del deposito : 11 giugno 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03046/2009 REG.RIC.

N. 01511/2012 REG.PROV.COLL.

N. 03046/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3046 del 2009, integrato da motivi aggiunti, proposto da -OMISSIS-, in proprio e quale legale rappresentante della società “-OMISSIS-”, rappresentato e difeso dall'avv. P P L V, con domicilio eletto presso il suo studio in Catania, viale XX Settembre, 19;

contro

il Comune di Catania, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avv. F G, con domicilio eletto presso gli uffici dell’Avvocatura comunale, in Catania, via G. Oberdan, 141;

per l'esecuzione del giudicato

nascente dalla sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia – Catania, 4-OMISSIS-.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Catania;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 7 marzo 2012 il dott. D S e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con sentenza di questa Sezione II interna 4-OMISSIS-, il Comune di Catania era stato condannato al pagamento di una somma a titolo di risarcimento danni per illegittima occupazione di terreni.

Tale sentenza aveva disposto che il risarcimento dei danni fosse da liquidarsi secondo i criteri indicati in motivazione, e aveva ordinato che entro il termine di giorni novanta venisse proposto al ricorrente il pagamento della relativa somma, ai sensi dell’art. 35, comma 2, del D.Lgs. 1 marzo 1998, n. 80, con avvertenza che, se le parti non fossero giunte ad un accordo, avrebbe potuto essere chiesta giudizialmente la determinazione della somma dovuta con il ricorso previsto dall’art. 27, comma 1, n. 4), del RD 17 agosto 1907, n. 642.

Non essendo le parti giunte ad un accordo, il ricorrente, con ricorso notificato il 30 novembre 2009 e depositato il 3 dicembre 2009, chiedeva la determinazione della somma portata in sentenza.

Con ordinanza -OMISSIS-, questa Sezione II interna disponeva consulenza tecnica d’ufficio e nominava CTU l’Ing.-OMISSIS-.

Dopo il deposito della relazione consulenziale, in esito alle richieste delle parti, con ordinanza -OMISSIS-, venivano richiesti chiarimenti al CTU, che provvedeva a depositare apposita relazione integrativa in data 13 febbraio 2012.

Con la citata ordinanza -OMISSIS- questa Sezione II interna formulava al CTU i seguenti quesiti: «…1. quale fosse il valore venale dell’area occupata alla data del 27 settembre 2007;

2. quale fosse il valore venale dell’area occupata alla data del 1 gennaio di ciascuno degli anni dal 2002 al 2007 compreso;

3. quale sia, con riferimento al valore venale di cui al precedente quesito n. 2, la misura degli interessi legali relativi al periodo 11 dicembre 2002 – 27 settembre 2007…»
, precisando altresì che «…il CTU dovrà, avuto riguardo alla attitudine edificatoria o non edificatoria delle particelle, ovvero di ogni porzione delle singole particelle, come desumibile dagli strumenti urbanistici in vigore alla data del 27 settembre 2007 (data della domanda di risarcimento, come statuito con la citata sentenza-OMISSIS-), ovvero del 1 gennaio di ciascun anno dal 2002 al 2007 compresi, sia fare ricorso ai prezzi ed alle valutazioni (desumibili da atti di cessione, da procedimenti relativi alla applicazione di imposte e tributi ovvero da procedimenti in sede giudiziaria) per beni ubicati nella zona ed aventi analoghe caratteristiche di destinazione urbanistica, nonchè agli elementi in possesso della stessa amministrazione e che verranno forniti dai ricorrenti, sia fare ricorso alle informazioni che potranno essere acquisite presso uffici fiscali o altri pubblici ufficiali o pubbliche amministrazioni…» .

Il CTU, in risposta al primo quesito, ha valutato in euro 650.000,00 il valore del terreno al 27 settembre 2007 (euro 42,00/mq, per complessivi euro 650.664,00, arrotondati ad euro 650.000, trattandosi di “giudizio di tendenza”).

Entrambe le parti hanno ritenuto tale valore incongruo;
parte ricorrente ha ritenuto che il CTU avrebbe dovuto tenere conto del valore al metro quadro previsto in altri tre atti di compravendita relativi a terreni vicini a quello oggetto della controversi (euro 200,00/mq per uno dei tre atti, ed euro 60,00/mq per gli altri due), e non del valore previsto in una proposta di acquisto, peraltro non accettata dal proprietario (euro 40,00/mq);
il Comune ha invece contestato l’attitudine edificatoria del terreno, all’epoca ed ancora oggi classificato “verde agricolo” nella pianificazione urbanistica, così risultando troppo elevata la valutazione del CTU.

Nella relazione integrativa, il CTU ha confermato la propria stima.

DIRITTO

La questione su cui verte la determinazione del valore del terreno di cui si tratta è relativa alla individuazione del valore di un terreno non edificabile.

Sul punto, la Corte di cassazione, con riferimento ai «… principi elaborati da questa Corte per la ricognizione legale delle aree ai fini dell'indennità di espropriazione…» , ritiene «…1) che la menzionata normativa dopo avere introdotto una generale ed incondizionata bipartizione dei suoli - edificabili e non edificabili - (che non ammette figure intermedie), associata ad una verifica oggettiva e non legata a valutazioni opinabili, che può esser data solo dalla classificazione urbanistica dell'area in considerazione, è pervenuta al risultato, che la stessa può essere qualificata legalmente edificabile soltanto se (il legislatore o) il piano regolatore o il programma di fabbricazione, o altri strumenti equivalenti, prevedano l'edificabilità della zona in cui è ubicato l'immobile, dichiarandola espressamente edificabile, regolandone la densità edilizia, consentendo la presentazione dì piani di lottizzazione, ecc.". Mentre se gli strumenti urbanistici non preordinati all'espropriazione l'assoggettino a vincolo di inedificabilità o tale destinazione edificatoria non consentano, alla stessa vengono precluse le possibilità legali di edificazione;
2) che la normativa in questione oltre a fissare tale rigida dicotomia, impone altresì di tener conto delle possibilità legali di edificazione sussistenti al momento della vicenda ablativa quali offerte dagli strumenti urbanistici;
i quali, come è noto, onde dare un ordine ed un'armonia allo sviluppo dei centri abitati, nonché di disciplinare l'edilizia urbana nei suoi molteplici aspetti, ripartiscono il territorio comunale in zone con la precisazione delle relative destinazioni e la determinazione dei caratteri da osservare in ciascuna zona (utilizzazione, densità, modalità delle costruzioni, distacchi, intensità estensiva e volumetrica, e simili). Con la conseguenza che se l'inclusione del terreno espropriato in una zona avente per gli strumenti urbanistici generali destinazione edificatoria costituisce condizione necessaria e sufficiente per l'attribuzione del requisito dell'edificabilità legale, la relativa classificazione ne rappresenta anche il limite:non potendo l'immobile essere destinato a qualsiasi tipologia di edificazione, ma soltanto agli insediamenti espressamente previsti nella zona suddetta (Cass. 22961/2007;
18680/2005;
10265/2004;
16710/2003;
1739/2003)…»
(Cass. Civ., Sez. I, 16 marzo 2012, n. 4210), e che «…Il parametro della c.d. edificabilità di fatto è utilizzabile solo in mancanza di disciplina urbanistica, in via suppletiva…» (Cass. Civ., Sez. I, 14 febbraio 2012, n. 2062).

La Corte costituzionale, con sentenza 10 giugno 2011, n. 181, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dei metodi di determinazione del valore dei suoli agricoli basati sui valori agricoli medi, affermando che « …il valore tabellare così calcolato prescinde dall’area oggetto del procedimento espropriativo, ignorando ogni dato valutativo inerente ai requisiti specifici del bene. Restano così trascurate le caratteristiche di posizione del suolo, il valore intrinseco del terreno (che non si limita alle colture in esso praticate, ma consegue anche alla presenza di elementi come l’acqua, l’energia elettrica, l’esposizione), la maggiore o minore perizia nella conduzione del fondo e quant’altro può incidere sul valore venale di esso. Il criterio, dunque, ha un carattere inevitabilmente astratto che elude il «ragionevole legame» con il valore di mercato, «prescritto dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo e coerente, del resto, con il “serio ristoro” richiesto dalla giurisprudenza consolidata di questa Corte» (sentenza n. 348 del 2007, citata, punto 5.7 del Considerato in diritto)… ».

Ancora, la Corte di cassazione ha affermato che occorre «…tener conto delle obbiettive ed intrinseche caratteristiche ed attitudini dell'area in relazione alle utilizzazioni autorizzate dagli strumenti di pianificazione del territorio: perciò consentendo pure al proprietario interessato da un'espropriazione rituale, di dimostrare sempre all'interno della categoria suoli/inedificabili, anche attraverso rigorose indagini tecniche e specializzate, che il valore agricolo, da determinarsi in base al relativo mercato, sia mutato e/o aumentato in conseguenza di una diversa destinazione del bene egualmente compatibile con la sua ormai accertata non edificatorietà. E, quindi, che il fondo, suscettibile di sfruttamento ulteriore e diverso da quello agricolo, pur senza raggiungere i livelli dell'edificatorietà, abbia un'effettiva e documentata valutazione di mercato che rispecchia queste possibilità di utilizzazioni intermedie tra l'agricola e l'edificatoria (parcheggi, depositi, attività sportive e ricreative, chioschi per la vendita di prodotti ecc.): semprecchè assentite dalla normativa vigente sia pure con il conseguimento delle opportune autorizzazioni amministrative…» (Cass. civ., Sez. I, 29 settembre 2011, n. 19936).

Da ciò, nel caso di specie, deriva che il valore del fondo di cui si tratta, classificato come “verde rurale”, può essere determinato anche in ragione di una sua suscettibilità di usi diversi, qualora compatibili con la destinazione urbanistica del suolo;
sul punto, il CTU ha dato atto di aver determinato il valore del fondo in maniera a ciò coerente: «…ai fini della valutazione del valore di mercato del bene occorre tenere presenti anche quelle possibilità attuali di sfruttamento non agricolo e non edificatorio, quali l’utilizzazione dell’area come posteggio;
come ricovero custodito di autocarri, roulotte, camper;
come deposito custodito all’aperto di merce varia (materiali edili e correlative attrezzature, arredi da giardino, etc.)…»
(relazione di consulenza, pag. 30), confermando nella relazione integrativa come tali parametri abbiano trovato applicazione al caso di specie: «…nella fattispecie, per le argomentazioni già svolte (in particolare, pagg. da 27 a 31 della relazione finale del giugno 2011), sussistono nel concreto sia i presupposti di ordine tecnico per considerare il terreno in esame non come un’area meramente agricola, e quindi per effettuarne la stima attraverso la determinazione del valore venale agricolo, sia (vds. anche gli atti pubblici acquisiti ed allegati alla relazione finale di C.T.U.) i parametri ed i riferimenti di ordine economico per la relativa comparazione estimativa…» (relazione di consulenza integrativa, pag. 8).

Né appare incongrua la valutazione effettuata dal CTU alla luce degli atti forniti dalle parti;
infatti, il CTU ha affermato, in maniera ragionevole, come l’unico atto che possa essere preso a base per la stima sia la proposta di acquisto avanzata dalla Provincia di Catania, mentre gli altri tre atti non possono essere presi in considerazione, uno (quello del dicembre 2008, con valutazione 200,00 euro/mq) perché «…appare condizionato in eccesso a fronte di qualsivoglia “aspettativa”, nonostante la ubicazione, la consistenza e la conformazione plano altimetrica di assoluto pregio…» (relazione, pag. 22), mentre gli altri due (ottobre 2006 e aprile 2007, entrambi con valutazione 60,00 euro/mq) perché «…appaiono non propriamente riferibili al terreno de quo, anche in considerazione delle rispettive consistenze, alquanto inferiori a quella del terreno in esame…» ( ibidem ). Diversamente, il CTU rileva come il terreno oggetto della stima effettuata nella proposta della Provincia di Catania «…sia propriamente comparabile (per ubicazione e consistenza) a quello in esame» (relazione, pag. 23), ancorchè il valore stimato vada incrementato in considerazione della circostanza che la proposta non fosse stata accettata «…nell’ordine del 5% del sopraindicato valore venale di offerta…» ( ibidem ).

Pertanto, le somme ritenute dovute con sentenza 4-OMISSIS-, di questa Sezione II interna, devono essere determinate come segue:

- risarcimento del danno derivante dalla perdita della proprietà del terreno: euro 650.000,00;

- risarcimento del danno scaturente dalla illegittima occupazione: euro 75.600,00.

La parziale soccombenza reciproca, determinata dal mancato accoglimento delle quantificazioni proposte da entrambe le parti, giustifica la compensazione integrale delle spese fra le parti;
per lo stesso motivo il compenso del CTU, da liquidarsi con separato provvedimento, viene posto a carico di entrambe le parti, comunque solidalmente obbligate per l’intero nei confronti del CTU, nella misura del 50% ciascuna.

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