TAR Palermo, sez. I, sentenza 2014-10-31, n. 201402639

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Palermo, sez. I, sentenza 2014-10-31, n. 201402639
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Palermo
Numero : 201402639
Data del deposito : 31 ottobre 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01283/2005 REG.RIC.

N. 02639/2014 REG.PROV.COLL.

N. 01283/2005 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1283 del 2005 proposto da S M, rappresentato e difeso dall’avv. S G, presso il cui studio, sito in Palermo, via La Farina, n. 13/c, è elettivamente domiciliato;

contro

il Ministero dell’Economia e delle Finanze – Comando Generale della Guardia di Finanza, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso i cui uffici, siti in Palermo, via A. De Gasperi, n. 81, è ex lege domiciliato;

per l'annullamento:

della determina del Comandante in seconda emesso il 16/3/2005 con il quale è stata disposta la “perdita del grado per rimozione” con la messa a disposizione del Distretto militare competente come semplice soldato;

Visti il ricorso, con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero intimato, con i relativi allegati;

Vista la memoria difensiva prodotta in giudizio dalla ricorrente in data 28/7/2005;

Viste le memorie difensive prodotte in giudizio dalle parti in vista della discussione del ricorso nel merito;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella pubblica udienza del giorno 28 ottobre 2014 il Cons. dott.ssa F C;

Uditi i difensori delle parti, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con ricorso, notificato in data 17/5/2005 e depositato in data 7/6/2005, il ricorrente ha impugnato il provvedimento in epigrafe indicato con il quale è stata disposta la perdita del grado per rimozione a seguito di inchiesta formale all’esito di procedimento penale per i reati di cui agli artt. 490 c.p., in relazione all’art. 476 c.p., 56, 61, n. 9 e 640, c. 2, c.p., definitosi con sentenza del G.I.P. di Palermo in data 15/3/1999 con l’applicazione - ex art. 444 c.p.p. – della pena (sospesa) di mesi otto di reclusione.

Avverso i provvedimenti impugnati il ricorrente deduce le seguenti censure:

1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 9, c. 2, l. n. 19/90, in relazione agli artt. 33, 70, n. 4, 13, lett. c) e 74 ss. l. n. 113/54 e agli artt. 1 ss. l. n. 1089/1959 – Eccesso di potere per erroneità dei presupposti – Difetto di istruttoria, atteso che la sentenza di patteggiamento è divenuta irrevocabile in data 30/4/1999;
il procedimento disciplinare è stato avviato in data 27/9/1999 e illegittimamente sospeso in pari data, in attesa dell’esito del procedimento penale a carico di altro finanziere che aveva concorso all’illecito e, infine, si è concluso solo con il provvedimento impugnato;

2) Violazione e falsa applicazione di legge – Violazione di norme e principi generali in materia di svolgimento di inchieste formali – Eccesso di potere per erroneità dei presupposti – Difetto di istruttoria – Travisamento dei fatti – Violazione del principio di proporzionalità – Carenza di motivazione, atteso che nel caso di specie il procedimento disciplinare non si è basato su un autonomo accertamento dei fatti, ma sulle risultanze degli atti processuali relativi ad un soggetto terzo e non ha tenuto conto del fatto che il patteggiamento che ha riguardato il ricorrente, pur dichiarandone la responsabilità penale, esime l’accusa dal provare i fatti costitutivi del reato.

Conclude quindi per l’accoglimento del ricorso.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata depositando documenti.

In data 28/7/2005 il ricorrente ha depositato memoria e documenti.

Con memorie difensive depositate in giudizio in vista della discussione del ricorso nel merito le parti hanno insistito per l’accoglimento del ricorso.

All’udienza pubblica del giorno 28/10/2014, uditi i difensori delle parti, come da verbale, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Ritiene il Collegio che il ricorso sia infondato.

Quanto al primo motivo, osserva al contrario il Collegio che ai sensi dell’art. 9, c. 2, l. 19/90 il procedimento disciplinare è stato avviato (in data 27/9/1999) nel rispetto del termine di 180 giorni dal momento in cui è divenuta irrevocabile la sentenza di patteggiamento (30/4/1999).

D’altra parte, con riferimento alla conclusione del procedimento, secondo il prevalente orientamento della giurisprudenza, in caso di sentenza c.d. di patteggiamento pronunciata prima della novella introdotta dalla l. n. 97/2001, si applica la disciplina generale di cui all’art. 120 del d.p.r. n. 3/1957 che impone il rispetto del solo termine di fase di 90 gg (v. art. 120 cit. a norma del quale il procedimento disciplinare si estingue quando siano decorsi novanta giorni dall’ultimo atto senza che nessun ulteriore atto sia stato compiuto) (cfr. ex plurimis Corte Costituzionale sentenza n. 197 del 28 maggio 1999;
Cons. St., Adunanze Plenarie, nn. 4 e 6 del 25 gennaio 2000;
Cons. St., Adunanza Plenaria, n. 10 del 27 marzo 2006;
Cons. St., sez, IV, 12 marzo 2007, n. 1213;
Cons. St., sez. VI, 30 ottobre 2006, n. 6448;
Cons. St., sez. IV, 19 luglio 2004, n. 5210;
Cons. St., sez. IV, 7 giugno 2004, n. 3619;
Cons. St., sez. V, 20 gennaio 2003, n. 175).

Le ragioni di tale orientamento guardano, segnatamente, alla natura della sentenza di patteggiamento che, ai fini disciplinari, potrebbe richiedere un’attività istruttoria più approfondita con autonomi accertamenti.

Nel caso di specie l’Amministrazione ha ritenuto legittimamente (arg. ex Cons. St., sez. V, 7 novembre 2006, n. 6550) di sospendere il procedimento proprio al fine di acquisire contezza dell’esito del procedimento penale a carico di un collega del ricorrente che aveva concorso all’illecito;
il procedimento disciplinare è stato quindi riavviato in data 14/12/2004, non appena conclusosi quel procedimento penale, e si è definito in data 16/3/2005.

Quanto al secondo motivo, osserva preliminarmente il Collegio che anche se in sede disciplinare la sentenza penale di patteggiamento non può essere assunta a presupposto unico dell'applicazione del provvedimento sanzionatorio, tuttavia è legittimo il richiamo agli atti del procedimento penale in tal modo definito, per ritenere accertati fatti che siano stati espressamente ammessi o che risultino, comunque, addebitabili all'incolpato (v. Cons. St., sez. IV, 3 febbraio 2006, n. 477).

Nel caso di specie, ad una attenta lettura dell’ampio processo verbale della Commissione di disciplina del 23/2/2005, richiamato nel provvedimento impugnato, si evince che la responsabilità disciplinare del ricorrente è stata desunta non solo dalla sentenza di patteggiamento, ma anche dalle dichiarazioni autoaccusatorie di un collega successivamente condannato in sede dibattimentale, avverso il quale il ricorrente non ha (stranamente) mosso alcuna azione legale, dalle dichiarazioni testimoniali di privati coinvolti nella vicenda, nonché dalla circostanza che il ricorrente non ha fornito alcuna giustificazione in grado di ridimensionare gli addebiti a suo carico.

Segue dalla considerazioni che precedono che il ricorso, in quanto infondato, va rigettato.

Le spese del giudizio, da liquidarsi in dispositivo, seguono, come di regola, la soccombenza.

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