TAR Genova, sez. II, sentenza 2010-05-28, n. 201003561
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
N. 03561/2010 REG.SEN.
N. 01154/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 1154 del 2009, proposto da:
A R, rappresentato e difeso dagli avv. M G, C T H, con domicilio eletto presso l’avv. C T H in Genova, via della Liberta', 4/5;
contro
Ministero dell'Interno, Questura di La Spezia, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata per legge in Genova, viale Brigate Partigiane 2;
per l'annullamento
del provvedimento di diniego di rinnovo di licenza di porto d’armi.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno e di Questura di La Spezia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 marzo 2010 il dott. Oreste Mario Caputo e uditi per le parti i difensori Ranalli, per delega di Troubetzkoy, per il ricorrente, e Rocchitta, per l'amministrazione resistente.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il ricorrente ha impugnato il diniego di rinnovo di licenza di porto di fucile da caccia opposto dalla Questura di La Spezia sull’istanza motivata dalla pratica venatoria.
L’impugnazione è sorretta dai seguenti motivi:
Violazione dell’art. 7 l. 8 agosto 1990 n. 241 e difetto di motivazione;
Violazione dell’art. 10 bis l. 8 agosto 1990 n. 241;
Violazione degli artt. 11 e 43 TULPS.
Oltre ai vizi formali incentrati sulla violazione delle garanzie partecipative al procedimento ed sulla carenza di sufficiente motivazione, lamenta il ricorrente che, sebbene permangano immutate le condizioni soggettive ed oggettive che da oltre 18 anni hanno indotto l’amministrazione a rinnovare il porto d’armi ad uso venatorio, la Questura, sulla base di sporadici episodi con riflessi penali ininfluenti sull’idoneità richiesta dagli artt. 11 e 43 del TULPS per porto d’armi, avrebbe contraddittoriamente adottato il diniego impugnato.
Comunque, ha aggiunto il ricorrente, il fatto più grave è stato definito con oggetto di sentenza di patteggiamento, non annoverabile fra le sentenze di condanna.
L’amministrazione si è costituita chiedendo la reiezione del ricorso.
Alla pubblica udienza del 18.03.010 la causa su richiesta delle parti è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Va in limine respinta la censura dedotta sul profilo della violazione della norma che disciplina l’istituto della comunicazione d’avvio del procedimento.
È uniforme l’indirizzo giurisprudenziale a cui va data continuità, in difetto di argomenti che possano condurre ad una sua rimeditazione, a mente del quale nei procedimenti ad istanza di parte non occorre osservare la prescrizione sulla comunicazione d’avvio all’interessato avendo questi promosso sua sponte il procedimento amministrativo di cui ha pertanto conoscenza e nell’immediato conserva sicura memoria (cfr. Cons. St., sez. VI, 19 agosto 2008 n. 3947).
Ad analoga conclusione deve giungersi per quanto riguarda la denunciata violazione dell’art. 10 bis l. n. 241/90.
Prima dell’adozione dell’atto impugnato, il ricorrente il 9 luglio 2009 ha presentato alla Questura una memoria nella quale negava la sussistenza di elementi ostativi al rinnovo del porto d’armi, di seguito compiutamente espressi in termini tecnico-giuridici nel ricorso all’esame.
Sicché s’è di fatto instaurato il contraddittorio nel procedimento amministrativo a cui è sostanzialmente sottesa la disciplina prevista dall’art. 10 bis.l. n. 241/90.
In ordine alla denunciata violazione degli artt. 11 e 43 del TULPS, il ricorso muove da un presupposto di diritto non affatto condivisibile: qualora non ricorrano le fattispecie astratte previste dagli artt. 11 e 43, ritenute ex lege ostative al porto d’armi, l’amministrazione per denegare il rinnovo dovrebbe formulare, secondo la censura, un giudizio prognostico specifico sull’abuso delle armi avuto riguardo a circostanze di fatto concrete.
Conclusione che la littera legis s’incarica di smentire. L’art. 43 evocato in ricorso recitainfatti: “la licenza può essere ricusata ai condannati per delitto diverso da quelli sopra menzionati e a chi non può provare la sua buona condotta o non dà affidamento di non abusare delle armi”.
Quest’ultima, racchiusa nella perifrasi non dà affidamento, è per l’appunto la situazione di fatto ritenuta ostativa dall’amministrazione.
Oltre alla giudizio penale pendente per il reato di cui all’art. 589 c.p., al ricorrente è stata comminata, in esito a patteggiamento ex art 444 c.p.p., la pena della reclusione per il reato di ricettazione.
I fatti addebitati, espressamente richiamati dall’amministrazione nell’atto impugnato, esemplificano una condotta oggettivamente non irreprensibile, negativamente incidente sull’attitudine e l’affidabilità richieste per il porto delle armi, che,va sottolineato, è ex se attività pericolosa, non affatto libera bensì costantemente sottoposta alla verifica dell’autorità di pubblica sicurezza.
Conclusivamente il ricorso deve essere respinto.
Sussistono giustificati motivi per compensare le spese.