TAR Roma, sez. II, sentenza 2024-04-29, n. 202408452

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. II, sentenza 2024-04-29, n. 202408452
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202408452
Data del deposito : 29 aprile 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 29/04/2024

N. 08452/2024 REG.PROV.COLL.

N. 04489/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4489 del 2023, proposto dal sig. C P, rappresentato e difeso dall’Avvocato F L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del suo legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;
Comune di Portico di Caserta, in persona del suo Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocato A D V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la condanna

al risarcimento del danno ingiusto subìto dal ricorrente per effetto del provvedimento prot. 190422 del 23/07/2019, notificato a mezzo pec in pari data, con e per il quale il Ministero dell’Economia e delle Finanze, Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato – Ispettorato generale per la finanza delle Pubbliche amministrazioni – Ufficio II comunicava al ricorrente ed al Comune di Portico di Caserta la decadenza dal ruolo di revisore dei conti del Dott. Pignataro per presunto mancato rispetto dell’art. 1 comma 470 e 471 della legge 11 dicembre 2016 n°232, annullato con sentenza n°15467 del 22/11/2022, passata in giudicato, emessa dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, II Sezione.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti intimate;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 24 aprile 2024 il dott. Michele Tecchia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. L’odierno ricorrente ha ricoperto la carica di revisore dei conti presso il Comune di Portico di Caserta, come da incarico conferitogli con delibera del Consiglio comunale n. 6 del 28 marzo 2019. L’incarico prevedeva una durata triennale dal 1° aprile 2019 al 31 marzo 2022.

2. Nell’espletamento di tale incarico, ogni anno il ricorrente era obbligato, inter alia , a trasmettere al Ministero dell’Economia e delle Finanze (nel prosieguo anche “MEF”) la certificazione dei risultati finanziari conseguiti dal Comune di Portico di Caserta nell’anno di riferimento.

3. Tale obbligo reportistico trova una sua compiuta disciplina legislativa nell’art. 1, commi 466, 470 e 471, della legge n. 232 del 2016. Orbene:

a) il comma 466 dispone che “ a decorrere dall’anno 2017 gli enti di cui al comma 465 del medesimo articolo devono conseguire il saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali, ai sensi dell’articolo 9 comma 1, della legge n°2343/2012 ...”;

b) il comma 470 dispone che “ ai fini della verifica del rispetto dell’obiettivo di saldo, ciascun ente è tenuto a inviare, utilizzando il sistema web, appositamente previsto nel sito «http://pareggiobilancio.mef.gov.it», entro il termine perentorio del 31 marzo dell’anno successivo a quello di riferimento, al Ministero dell’economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria

generale dello Stato una certificazione dei risultati conseguiti, firmata digitalmente, ai sensi dell’art. 24 del codice dell’amministrazione digitale di cui al decr. Legisl. n°82/2005, dal rappresentante legale, dal responsabile del servizio finanziario e dall’organo di revisione economico-finanziaria, ove

previsto, secondo un prospetto e con le modalità definiti dai decreti di cui al comma 469 del presente articolo. La trasmissione per via telematica della certificazione ha valore giuridico ai sensi dell’articolo 45, comma 1, del medesimo codice di cui al decr. Legisl. n°82/2005. La mancata trasmissione della certificazione entro il termine perentorio del 31 marzo costituisce inadempimento all’obbligo del pareggio di bilancio. Nel caso in cui la certificazione, sebbene in ritardo, sia trasmessa entro il successivo 30 maggio e attesti il conseguimento dell’obiettivo di saldo di cui al comma 466,

si applicano, nei dodici mesi successivi al ritardato invio, le sole disposizioni di cui al comma 475, lettera e), limitatamente alle assunzioni di personale a tempo indeterminato” ;

c) il comma 471 dispone che “ Decorsi trenta giorni dal termine stabilito per l’approvazione del rendiconto di gestione, in caso di mancata trasmissione da parte dell’ente locale della certificazione, il presidente dell’organo di revisione economico-finanziaria nel caso di organo collegiale ovvero l’unico revisore nel caso di organo monocratico, in qualità di commissario ad acta, provvede, pena la decadenza dal ruolo di revisore, ad assicurare l’assolvimento dell’adempimento e a trasmettere la predetta certificazione entro i successivi trenta giorni. Nel caso in cui la certificazione sia trasmessa dal commissario ad acta entro sessanta giorni dal termine stabilito per l’approvazione del rendiconto di gestione e attesti il conseguimento dell’obiettivo di saldo di cui al comma 466, si applicano le sole disposizioni di cui al comma 475, lettere e) e f), tenendo conto della gradualità prevista al comma 476. Sino alla data di trasmissione da parte del commissario ad acta, le erogazioni di risorse o trasferimenti da parte del Ministero dell’interno relative all’anno successivo a quello di riferimento sono sospese e, a tal fine, il Ministero dell’economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato provvede a trasmettere apposita comunicazione al predetto Ministero”.

In sintesi, quindi, entro il 31 marzo di ogni anno ciascun ente locale è tenuto a trasmettere al MEF la certificazione dei risultati conseguiti nell’anno precedente, utilizzando l’apposito sito «http://pareggiobilancio.mef.gov.it». Se a ciò non provvede l’ente locale, spetta al suo unico revisore monocratico, in qualità di commissario ad acta , effettuare detta trasmissione entro 60 giorni dalla data di approvazione del rendiconto di gestione (e cioè entro il termine di 60 giorni a decorrere dal 30 aprile di ogni anno).

4. Nel caso di specie, il ricorrente è incorso nell’inosservanza dell’obbligo prescritto dal comma 471 sopra menzionato. Ed infatti:

a) il ricorrente si è insediato nel ruolo di revisore legale del Comune di Portico di Caserta in data 4 aprile 2019, e cioè quando il termine ex lege (31 marzo 2019) per il suddetto adempimento da parte del Comune di Portico di Caserta ( id est l’invio al MEF della certificazione dei risultati finanziari dell’anno precedente) era già spirato;

b) conseguentemente il ricorrente – nella sua veste di revisore legale monocratico e commissario ad acta del Comune di Portico di Caserta – avrebbe dovuto trasmettere al MEF i risultati finanziari del Comune di Portico di Caserta dell’anno 2018 entro 60 giorni dalla data di approvazione del rendiconto di gestione, ovverossia entro il 29 giugno 2019;

c) in data 25 giugno 2019, il ricorrente trasmetteva la certificazione de qua a mezzo email non già direttamente al MEF bensì al responsabile del settore finanziario del Comune di Portico di Caserta, delegandolo espressamente a trasmettere detta certificazione al MEF entro il termine ultimo consentito dalla legge (29 giugno 2019);
con tale comunicazione il ricorrente specificava che il lasso temporale intercorrente tra la data della sua delega (25 giugno 2019) e quella di scadenza dell’adempimento (29 giugno 2019) non avrebbe consentito al ricorrente di potersi materialmente registrare quale nuovo utente nel sistema web appositamente previsto dalla legge per la trasmissione al MEF della certificazione de qua (http://pareggiobilancio.mef.gov.it );

d) il responsabile del settore finanziario del Comune di Portico di Caserta ometteva da ultimo (per mera dimenticanza) di adempiere all’incarico conferitogli dall’odierno ricorrente;
ciò come risulta chiaramente da una specifica dichiarazione resa da tale soggetto in data 25 luglio 2019, con cui egli affermava che “ in data 25/06/2019 ha ricevuto, a mezzo mail, dal Revisore dei conti, in qualità di Commissario ad acta, il file contenente la certificazione sulla trasmissione, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali di cui all’art. 1 comma 466 della Legge n°232/2016 per l’anno 2018, debitamente firmata digitalmente. Nella medesima attestazione, poi, si affermava che, giusta accettazione di delega, si è impegnato ad inoltrare la stessa certificazione sul portale del MEF-Rgs mediante accesso con le credenziali in possesso dell’Ente, nei termini prescritti dalla normativa e che in data 26/06/2019, su richiesta specifica del predetto Commissario ad acta ha fornito allo stesso rassicurazioni sull’esito positivo dell’inoltro che, in realtà, per dimenticanza, non è mai avvenuto ”.

5. Ne discende, quindi, che il ricorrente non risulta aver tempestivamente trasmesso al MEF la certificazione dei risultati finanziari conseguiti dal Comune di Portico di Caserta nell’anno 2018.

6. Con provvedimento prot. 190422 del 23 luglio 2019, pertanto, il MEF comunicava al ricorrente la decadenza dal ruolo di revisore dei conti per violazione dell’art. 1, commi 470 e 471, della legge 11 dicembre 2016 n. 232, e cioè per non avere il ricorrente - in qualità di Commissario ad acta del Comune di Portico di Caserta - trasmesso al Ministero la certificazione dei risultati conseguiti nell’anno 2018.

7. Con ricorso iscritto al numero di ruolo generale 9861/2019, il ricorrente ha già impugnato il summenzionato provvedimento di decadenza innanzi a questo TAR e all’esito del giudizio questa stessa Sezione ha annullato il provvedimento decadenziale gravato con sentenza n. 15467 del 22 novembre 2022. La predetta sentenza di annullamento risulta passata in giudicato a far data dal 21 gennaio 2023. La motivazione della sentenza è la seguente:

6. Il Ministero intimato deduce che l’odierno ricorrente avrebbe omesso di inviare la certificazione dei risultati conseguiti dal Comune di Portico di Caserta nell’anno 2018, essendo suo precipuo compito visto il mancato invio, nei termini prescritti, da parte dell’ente comunale.

7. Il ricorrente ha fornito la prova del fatto che, pur essendosi insediato quando il termine per l’adempimento da parte dell’ente comunale era già spirato, ha provveduto a redigere, nei termini normativamente prescritti, la certificazione richiestagli in qualità di commissario ad acta.

8. La suddetta certificazione, firmata digitalmente, è stata trasmessa a mezzo email in data 25/06/2019 al Responsabile del settore finanziario del Comune di Portico di Caserta invitandolo a trasmetterla al Ministero entro il termine ultimo consentito dalla legge per la data del 01/07/2019.

9. Nella comunicazione, ritualmente versata in atti, il ricorrente specificava che il lasso temporale intercorrente tra la data di trasmissione della certificazione (25/06/2019) e quella di scadenza dell’adempimento (01/07/2019) non consentiva la registrazione del ricorrente quale nuovo utente del sistema web appositamente previsto per il caricamento della certificazione http://pareggiobilancio.mef.gov.it ) e, pertanto, delegava il Responsabile del settore finanziario del Comune ad inviare entro il termine di scadenza la certificazione predisposta utilizzando le credenziali dell’ufficio di ragioneria.

10. Parte ricorrente ha, altresì, allegato agli atti del giudizio la dichiarazione del Responsabile finanziario del Comune di Portico di Caserta che conferma sia la ricezione della certificazione firmata digitalmente dal ricorrente che l’accettazione della delega conferitagli ed ammette la propria responsabilità per la mancata trasmissione di cui avrebbe, invece, rassicurato il ricorrente.

11. Risulta, inoltre, che il Ministero intimato ha sollecitato l’invio della certificazione utilizzando l’indirizzo pec del precedente revisore dei conti del Comune e non ha mai, pertanto, intimato correttamente l’invio della certificazione al ricorrente. La circostanza non è irrilevante se si considera che i solleciti alla trasmissione della certificazione vengono menzionati nel corpo della motivazione del provvedimento impugnato.

12. Alla luce delle evidenze in atti, il Collegio ritiene che non possa essere imputato al ricorrente il contestato inadempimento agli obblighi derivanti dal ruolo ricoperto in quanto egli ha predisposto tempestivamente la certificazione prescritta dalla legge, e ha provveduto a trasmetterla all’Ente affinché la inoltrasse al Ministero attraverso l’apposito portale di cui egli non possedeva ancora le credenziali. Il ricorrente ha, inoltre, chiesto conferma dell’avvenuto invio che gli è stata prontamente fornita dal Responsabile finanziario del Comune.

13. Il provvedimento impugnato, pertanto, deve essere annullato con riguardo alla dichiarata decadenza del ricorrente dal ruolo di revisore dei conti del Comune di Portico di Caserta. ”.

8. Con l’odierno ricorso, pertanto, il ricorrente insta per il risarcimento dei danni derivanti dal provvedimento decadenziale già annullato con sentenza passata in giudicato, chiedendo la condanna al risarcimento dei danni di due distinte Amministrazioni, segnatamente il MEF e il Comune di Portico di Caserta. Osserva in proposito il ricorrente che:

- la sentenza di annullamento del provvedimento decadenziale (pubblicata in data 22 novembre 2022) attesta chiaramente la spettanza del bene della vita ( id est il diritto del ricorrente a proseguire il proprio incarico di revisore legale del Comune di Portico di Caserta per l’intero periodo contrattuale 1° aprile 2019 – 31 marzo 2022);

- l’evoluzione dei fatti dimostrerebbe la colpa delle due Amministrazioni intimate (il ricorrente si riferisce, in particolare, “ alla dimenticanza da parte del responsabile del Servizio finanziario del Comune di Portico di Caserta che non ha trasmesso la certificazione de qua nei termini di legge e, soprattutto, all’innegabile difetto di istruttoria da parte del convenuto Ministero che ha inviato i solleciti al precedente Revisore dei conti ed ha basato la, scarna ed insufficiente, motivazione del provvedimento oggetto dell’allora gravame, proprio su tale circostanza, addebitando al Dott. Pignataro di non aver ottemperato a tali solleciti ”);

- nella delibera di conferimento dell’incarico di revisore legale “ veniva specificato che l’incarico era valido per il triennio 01/04/2019 – 31/03/2022 e che il compenso base annuo ammontava ad € 10.150,00 oltre IVA, CPA e contributi previdenziali (per complessivi € 12.878,32). Nelle tre annualità previste per l’incarico ricevuto, dunque, il ricorrente avrebbe dovuto incassare la complessiva somma di € 38.634,96. Da tale somma va detratta quella di € 2.697,40 per il periodo 28/03/2019 – 30/06/2019, già incassata, come da fattura n°5 del 01/07/2019 (che si versa in atti). La residuale somma di € 35.937,56 rappresenta un danno ingiusto subìto dal ricorrente a causa dell’illegittimo comportamento tenuto dalle odierne convenute amministrazioni. A tale somma, infine, va aggiunta quella di € 5.850,00 per le spese legali sostenute per il giudizio innanzi al TAR Lazio (come da fatture emesse dal sottoscritto procuratore con annessa quietanza, che si versano in atti) per una somma complessiva di € 41.787,56 ”.

9. Le due Amministrazioni intimate si sono ritualmente costituite in giudizio, entrambe instando per la reiezione del ricorso.

10. All’udienza pubblica del 24 aprile 2024 il Collegio – dato avviso alle parti ex art. 73 c. 3 c.p.a. del possibile parziale difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo in relazione alla domanda di risarcimento danni spiegata nei confronti del Comune di Portico di Caserta – ha introiettato la causa in decisione.

DIRITTO

11. Viene all’esame del Collegio una fattispecie di responsabilità della P.A. da illegittimo provvedimento amministrativo.

Il ricorrente ha convenuto in giudizio due distinte Amministrazioni ( id est il MEF e il Comune di Portico di Caserta), imputando a ciascuna di esse una specifica condotta colposa in tesi causativa di danni risarcibili.

Il Collegio ritiene indispensabile esaminare partitamente le posizioni delle due Amministrazioni evocate.

SULLA POSIZIONE DEL COMUNE DI PORTICO DI CASERTA

12. I danni di cui il ricorrente chiede il risarcimento originano, in tesi, da due condotte palesemente distinte, e cioè per un verso dal provvedimento decadenziale del MEF già annullato da questa Sezione e, per un altro verso, da una colpevole inerzia serbata da un funzionario del Comune di Portico di Caserta.

Ben può dirsi, quindi, che il sostrato causale dei danni de quibus assume una duplice natura, risolvendosi da un lato in una condotta provvedimentale ed autoritativa (per l’appunto quella del MEF) e dall’altro lato in una condotta meramente materiale (quale quella del Comune intimato).

Non può farsi a meno di rilevare, infatti, che il potere autoritativo illegittimamente esercitato nel caso di specie ( id est il potere di disporre la decadenza del ricorrente dal ruolo di revisore legale dell’ente locale) è un potere che spetta esclusivamente al MEF e rispetto al quale il Comune di Portico di Caserta non esplica alcun ruolo attivo.

Non viene in rilievo, infatti, alcuna forma di decisione pluristrutturata, o di procedimento co-decisorio, o comunque di esercizio congiunto della potestà d’imperio da parte di più amministrazioni.

Il potere in esame - lo si ribadisce - costituisce prerogativa esclusiva del MEF.

Assodato, pertanto, che il provvedimento decadenziale in esame involge un rapporto “verticale” tra il MEF (quale Amministrazione investita del potere autoritativo) e il ricorrente (quale soggetto privato inciso da tale potere), appare evidente che il ruolo concretamente esplicato dal Comune di Portico di Caserta nella vicenda de qua lo colloca idealmente sulla “polarità privata” di tale rapporto (e cioè a fianco del ricorrente) e non sulla “polarità pubblica” (ovverossia a fianco del MEF).

Detto in altri termini, la condotta che il ricorrente addebita al Comune di Portico di Caserta non consiste in un illegittimo esercizio del potere, bensì semmai in un contegno inerte meramente materiale di un funzionario di detto Comune.

Contegno che non vìola alcuna regola di azione posta a presidio dell’esercizio di un potere pubblico, bensì vìola semmai le istruzioni che il soggetto privato inciso dal potere ( id est il ricorrente) aveva impartito al funzionario del Comune con delega meramente “privatistica”.

In sintesi, nella concreta vicenda de qua il Comune di Portico di Caserta ( rectius : il suo funzionario) non ha agito in qualità di ausiliario dell’Amministrazione investita del potere autoritativo ( id est il MEF) bensì in qualità di ausiliario del soggetto privato inciso dal potere.

Quanto precede esclude a priori la possibilità di ricondurre la responsabilità del Comune di Portico di Caserta nell’alveo della responsabilità da provvedimento amministrativo illegittimo, dovendo essa ascriversi – semmai – al paradigma della responsabilità da comportamento mero (o da comportamento meramente materiale), la cui cognizione spetta unicamente al Giudice Ordinario.

Ne discende, quindi, il difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo rispetto all’azione di risarcimento danni spiegata nei confronti del Comune di Portico di Caserta, azione che ben potrà essere riproposta dinanzi al Giudice Ordinario nel termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della presente sentenza, secondo il meccanismo di traslatio iudicii contemplato dall’art. 11, comma 2, c.p.a.

SULLA POSIZIONE DEL MEF

13. Non può essere revocata in dubbio, invece, la giurisdizione del Giudice Amministrativo sulla domanda di risarcimento danni spiegata nei confronti del MEF. La delibazione di tale domanda impone, in apice, di richiamare brevemente i consolidati principi forgiati dalla giurisprudenza amministrativa in materia di responsabilità della PA da provvedimento illegittimo.

14. Orbene, l’accoglimento di una domanda di risarcimento del danno nei confronti della pubblica amministrazione non consegue automaticamente all’annullamento giurisdizionale di un suo provvedimento, essendo altresì necessaria la positiva verifica, oltre che della lesione della situazione soggettiva di interesse tutelata dall’ordinamento, della sussistenza della colpa o del dolo dell’amministrazione e del nesso causale tra l’illecito e il danno subito (Cons. Stato, sez. V, 11 maggio 2017, n. 2015;
sez. IV, 19 marzo 2018, n. 1709);
è stato peraltro chiarito che in sede di giudizio per il risarcimento del danno derivante da provvedimento e/o comportamento illegittimo, il privato danneggiato può limitarsi ad invocare la illiceità della condotta tenuta dall’amministrazione pubblica, quale indice presuntivo della colpa, restando a carico dell’amministrazione stessa l’onere di dimostrare che si è trattato di errore scusabile (Cons. Stato, sez. III, 5 settembre 2017, n. 4195).

È stato più volte ribadito che la pretesa al risarcimento del danno ingiusto derivante dalla lesione dell’interesse legittimo si fonda su una lettura dell’art. 2043 c.c. che riferisce il carattere dell’ingiustizia al danno e non alla condotta, di modo che presupposto essenziale della responsabilità non è tanto la condotta colposa, ma l’evento dannoso che ingiustamente lede una situazione soggettiva protetta dall’ordinamento ed affinché la lesione possa considerarsi ingiusta è necessario verificare attraverso un giudizio prognostico se, a seguito del corretto agire dell’amministrazione, il bene della vita sarebbe effettivamente spettato al titolare dell’interesse (ciò che risulta incontestabile nei casi, come quello di specie, di provvedimenti vincolati lesivi di interessi legittimi oppositivi).

15. Va richiamato all’attenzione, poi, l’art. 1227, comma 1, c.c. secondo il quale: “ Se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate ”.

È orientamento consolidato della Corte di Cassazione (cfr. ex plurimis , Cass., Sez. Un., 24406/2011) e condiviso dalla prevalente dottrina, che l’art. 1227, comma 1, c.c., novità introdotta dal Codice Civile del 1942, sia una norma che disciplina la causalità materiale tra condotta e danno-evento, fissando un limite al principio della condicio sine qua non .

La giurisprudenza della Cassazione (Cass., civ., Sez. III Ord., 7 maggio 2021, n. 12166), condivisibilmente, ravvisa nell’art. 1227 c.c. un corollario del principio di causalità materiale, per cui al danneggiante non può far carico quella parte di danno che non è a lui causalmente imputabile. L’art. 1227, comma 1, c.c., ha, dunque, la funzione di regolare, ai fini della causalità di fatto, l’efficienza causale del fatto colposo del soggetto leso, con conseguenze sulla determinazione dell’entità del risarcimento.

Detta norma trova il suo inquadramento nel principio causalistico, secondo cui se tutto l’evento lesivo è conseguenza del comportamento colposo del danneggiato, il nesso di causalità risulta interrotto con le possibili cause precedenti, mentre se egli ha in parte dato causa al verificarsi dell’evento dannoso, la responsabilità dell’autore materiale va ridotta in proporzione.

Il comportamento omissivo del danneggiato va dunque valutato al fine di appurare se risulti idoneo a costituire causa esclusiva, o si ponga quale mera concausa dell’evento lesivo. Si tratta di un’indagine da affrontare caso per caso.

16. In sintesi, tirando le fila del discorso, la parte che agisce per il risarcimento dei danni arrecati da un provvedimento amministrativo illegittimo in tesi lesivo di un interesse legittimo, è onerata di allegare e dimostrare:

- il fatto illecito aquiliano causativo dei danni ( id est l’illegittimità del provvedimento);

- il danno ingiusto inteso nella sua dimensione di danno-evento (quale lesione dell’interesse legittimo inciso dal provvedimento) legato al fatto illecito da nesso di causalità materiale;

- l’elemento soggettivo della colpa, di cui però l’Amministrazione può fornire prova contraria, dimostrando che si è trattato di un errore scusabile derivante dalla sussistenza di contrasti giurisprudenziali, dall’incertezza del quadro normativo di riferimento o dalla particolare complessità della situazione di fatto, ovvero ancora dal comportamento delle parti del procedimento;

- i danni-conseguenze nascenti dalla lesione dell’interesse legittimo, danni-conseguenze di cui è sufficiente la prova dell’ an , ovverossia la dimostrazione della spettanza del bene della vita illegittimamente negato dal provvedimento amministrativo, ferma restando poi la potestà giudiziale di determinare il quantum in via equitativa, con l’ulteriore precisazione che i danni-conseguenze possono sostanziarsi tanto nel danno emergente quanto nel lucro cessante (o, in alternativa a quest’ultimo, nel danno da perdita di chance, qualora il giudizio di spettanza può concludersi soltanto in termini di probabilità anziché di certezza);

- il nesso di causalità giuridica esistente tra il danno-evento e i danni-conseguenze.

Va poi soggiunto che il soggetto debitore-danneggiante ben può fornire la prova dell’eventuale fatto colposo del creditore-danneggiato (cfr. art. 1227 co. 1 cc), fatto colposo che - a seconda dei casi - può elidere del tutto il nesso di causalità materiale tra il provvedimento illegittimo ed il danno-evento, oppure può porsi come mera concausa del danno-evento.

17. Nel caso di specie, va osservato che:

a) è incontestabile la sussistenza del fatto illecito aquiliano radicatosi nel provvedimento decadenziale adottato dal MEF, giusta sentenza di questo TAR che ne ha accertato l’illegittimità con efficacia di giudicato;

b) è parimenti innegabile la sussistenza del danno ingiusto nella sua accezione di danno-evento, posto che il provvedimento decadenziale de quo ha direttamente conculcato l’interesse legittimo del ricorrente alla prosecuzione del proprio incarico di revisore legale del Comune di Portico di Caserta per l’intera durata residua del rapporto contrattuale (e cioè dal 23 luglio 2019 al 31 marzo 2022);

c) appare sussistente anche la colpa del MEF, atteso che il provvedimento decadenziale de quo è stato preceduto da alcune diffide (con cui il MEF ha inteso sollecitare il ricorrente alla trasmissione della certificazione finanziaria de qua ) inviate dal MEF ad un indirizzo PEC univocamente non riferibile all’odierno ricorrente;
ne discende la rimproverabilità complessiva della condotta provvedimentale globalmente assunta dal MEF, il quale ha intimato al ricorrente la decadenza dall’incarico per omesso espletamento di una specifica incombenza ( id est la trasmissione della certificazione dei risultati finanziari del 2018), pur nella consapevolezza di aver sollecitato tale incombenza nei confronti di un soggetto diverso rispetto al ricorrente;
detto in altri termini, il MEF era nella condizione di sapere di non aver mai sollecitato il ricorrente all’espletamento dell’incombenza di cui trattasi, sicchè l’illegittimità del provvedimento decadenziale (poi annullato da questa Sezione) è indubbiamente ascrivibile anche a colpa del MEF (il quale non si è premurato di trasmettere i propri solleciti preventivi all’indirizzo corretto del ricorrente);

d) è infine innegabile un concorso del fatto colposo del soggetto danneggiato (e cioè del ricorrente), atteso che egli aveva preso servizio sin dal 1° aprile 2019, sicchè egli era nella condizione – anche in base alle massime di comune esperienza e al canone dell’ id quod plerumque accidit – di potersi accreditare quale nuovo utente al sistema web appositamente previsto per il caricamento della certificazione all’indirizzo http://pareggiobilancio.mef.gov.it, essendo intercorso un lasso di tempo di ben 3 mesi tra la suddetta data e il termine ultimo per l’invio della certificazione (29 giugno 2019);
non è revocabile in dubbio, pertanto, che tale colpevole omissione ha concorso a cagionare il danno, configurandosi come concausa del danno-evento unitamente alla condotta provvedimentale del MEF.

Il Collegio ritiene, pertanto, che sussista una responsabilità aquiliana da provvedimento illegittimo del MEF, il cui risarcimento va tuttavia ridotto in considerazione del concorso del fatto colposo del ricorrente (cfr. art. 1227, c. 1, cpa).

18. Occorre a questo punto esaminare i danni-conseguenze e il loro nesso di causalità giuridica con il danno-evento.

I danni-conseguenze sono identificati nel lucro cessante costituito dai compensi mensili che il ricorrente avrebbe potuto percepire (ma non ha percepito) nel periodo intercorso tra l’atto di decadenza anticipata dall’incarico e l’originaria scadenza triennale di tale incarico.

Ciò sul presupposto che se l’illegittimo provvedimento di decadenza non fosse stato mai emanato, il ricorrente avrebbe potuto continuare ad espletare il proprio mandato di revisore legale del Comune di Portico di Caserta, maturando quindi i residui compensi mensili (il ricorrente allega, infatti, che nella delibera di conferimento dell’incarico di revisore legale “ veniva specificato che l’incarico era valido per il triennio 01/04/2019 – 31/03/2022 e che il compenso base annuo ammontava ad € 10.150,00 oltre IVA, CPA e contributi previdenziali (per complessivi € 12.878,32). Nelle tre annualità previste per l’incarico ricevuto, dunque, il ricorrente avrebbe dovuto incassare la complessiva somma di € 38.634,96. Da tale somma va detratta quella di € 2.697,40 per il periodo 28/03/2019 – 30/06/2019, già incassata, come da fattura n°5 del 01/07/2019 (che si versa in atti). La residuale somma di € 35.937,56 rappresenta un danno ingiusto subìto dal ricorrente a causa dell’illegittimo comportamento tenuto dalle odierne convenute amministrazioni. A tale somma, infine, va aggiunta quella di € 5.850,00 per le spese legali sostenute per il giudizio innanzi al TAR Lazio (come da fatture emesse dal sottoscritto procuratore con annessa quietanza, che si versano in atti) per una somma complessiva di € 41.787,56 ”).

Tenuto conto della natura vincolata del provvedimento già annullato da questa Sezione, nonché del fatto che il ricorrente è risultato adempiente all’obbligo in contestazione (obbligo che è stato invece illegittimamente ritenuto violato dal provvedimento decadenziale annullato), il Collegio ritiene che il giudizio di spettanza del bene della vita sia indubitabilmente positivo e vada espresso in termini di certezza, con conseguente risarcibilità del lucro cessante sopra enunciato.

Tale risarcibilità deve scontare, tuttavia, la riduzione dovuta per il concorso del fatto colposo del soggetto danneggiato (cfr. art. 1227, co. 1, c.c.).

Ed infatti, la condotta omissiva serbata dal ricorrente (consistente nel suo mancato accreditamento, nell’arco di un periodo di ben 3 mesi, all’indirizzo http://pareggiobilancio.mef.gov.it all’uopo previsto dalla legge per l’invio della certificazione in questione) – pur non essendo capace di elidere il nesso di casualità tra l’inadempimento dell’amministrazione e il danno cagionato – si atteggia comunque a concausa dello stesso.

Tale condotta omissiva è altresì rilevante sotto un duplice profilo, cioè sia perché vìola un obbligo legale (per l’appunto l’obbligo di accreditarsi presso un sistema web imposto direttamente dalla legge), sia perché vìola regole di prudenza certamente applicabili al caso di specie.

Ciò impone, in definitiva, una diminuzione delle somme spettanti al ricorrente a titolo risarcitorio, che va commisurata in via equitativa in misura pari al 50% delle somme allo stesso dovute, tenuto conto degli obblighi di condotta violati, della gravità delle violazioni e della durata nel tempo dell’omissione riscontrata.

Il risarcimento del danno ammonta, quindi, al compenso complessivamente previsto per l’incarico triennale (pari ad € 30.450 oltre IVA, CPA e contributi previdenziali), diminuito dell’importo già fatturato ed incassato per il primo trimestre (pari ad € 2.697,40 oltre accessori di legge) e poi ulteriormente ridotto del 50%, per un importo residuo complessivamente pari ad € 13.876,30 (al netto di IVA, CPA e contributi previdenziali).

A tale somma non può essere aggiunta la refusione delle spese legali sostenute nel giudizio di annullamento del provvedimento di decadenza, atteso che tale giudizio si è concluso con una statuizione (passata in giudicato) di compensazione delle spese di lite, di talchè qualsiasi diversa determinazione assunta nella presente sede trasmoderebbe in un’inammissibile violazione del giudicato.

19. Va poi esclusa, nel caso di specie, la possibilità di un’ulteriore riduzione del quantum dovuto in ragione dell’ aliunde perceptum eccepito dalla difesa erariale.

19.1. In proposito, va osservato in linea generale che se è vero che l’ aliunde perceptum comporta la riduzione corrispondente del risarcimento del danno dovuto (si veda art. 18, comma 4, della legge n. 300 del 1970, come modificato dall'articolo 1 comma 42, della legge n. 92 del 2012, relativo al licenziamento illegittimo del lavoratore subordinato, che fa espresso riferimento nella determinazione dell’indennità risarcitoria alla deduzione di “quanto il lavoratore ha percepito, nel periodo di estromissione, a titolo di aliunde perceptum o percipiendum” ;
cfr. anche Cassazione civile sez. VI, 27 aprile 2022, n.13207), tuttavia la regola della c.d. compensatio lucri cum damno presuppone che l’incremento patrimoniale o comunque i vantaggi conseguano, in via immediata e diretta, al medesimo fatto generatore del danno, in sé idoneo a produrre entrambi gli effetti.

In particolare, secondo il consolidato indirizzo della giurisprudenza la riduzione del danno di una quota corrispondente all’ aliunde perceptum (la cui ratio risiede nella necessità di evitare che il lavoratore ottenga, a seguito di reintegra nel posto di lavoro dal quale era stato illegittimamente licenziato, un risarcimento corrispondente alle mancate retribuzioni, che si sovrapponga ai redditi eventualmente percepiti da altra attività svolta nel periodo intermedio, generando così una duplicazione ingiustificata degli importi riconosciuti) è subordinata alla condizione dell’esercizio, nel c.d. periodo intermedio (cioè in quello intercorrente tra la cessazione del rapporto di lavoro o dell’incarico professionale e la sentenza di annullamento), di attività lavorativa e/o professionale incompatibile con quella cessata o sospesa a seguito dell’atto annullato.

In applicazione di tali principi, la consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione ha statuito che il compenso per lavoro subordinato o autonomo che il lavoratore percepisca durante il c.d. periodo intermedio comporta la riduzione corrispondente del risarcimento del danno da licenziamento illegittimo, solo se - e nei limiti in cui - quel lavoro risulti incompatibile con la prosecuzione contestuale della prestazione lavorativa sospesa a seguito del licenziamento (Cass. civ., Sez. VI, Ord. 16 giugno 2021, n. 17051;
Cass. civ., 12 aprile 2005, n. 7453;
Cass. civ., 30 agosto 2010, n. 18837). Tale ad esempio non è il caso in cui il lavoro medesimo, produttivo del reddito opposto in compensazione, fosse già svolto, prima del licenziamento, congiuntamente alla prestazione che ne risulta sospesa (v. Cass. civ., Sez. lavoro, n. 7453/2005 cit.).

Inoltre, giova rammentare che anche la giurisprudenza del Consiglio di Stato in analoga fattispecie (concernente il caso relativo alla decadenza dei consiglieri di amministrazione a seguito di commissariamento dell’Istituto superiore di sanità) ha escluso che, ai fini della quantificazione del lucro cessante, dovessero essere decurtati i guadagni che ciascun ricorrente aveva conseguito a seguito dello svolgimento, nelle more, di un’altra attività lavorativa, osservando che incombeva in capo all’amministrazione dimostrare l’incompatibilità di componente dell’organo dal quale gli interessati erano stati illegittimamente pretermessi con lo svolgimento di altre attività lavorative, ovvero che l’impegno richiesto per lo svolgimento delle funzioni in questione era tale da precludere tout court ai ricorrenti lo svolgimento di qualsiasi altra attività lavorativa: acclarato che detto onere probatorio non era stato assolto, il Consiglio di Stato ha concluso che la compensatio lucri cum damn o era stata motivatamente esclusa dalla sentenza di primo grado, mancando la dimostrazione dello svolgimento di attività alternative, in regime di incompatibilità (cfr. Cons. Stato, III, 3 novembre 2016, n. 4615 che conferma T.a.r. Lazio Roma- Sezione III quater n. 213/2016).

19.2.  I richiamati principi sono certamente applicabili alla fattispecie in esame.

Orbene, nel caso di specie non v’è alcuna evidenza probatoria:

a) né del fatto che il ricorrente abbia percepito nel periodo “intermedio” ulteriori guadagni sussumibili nella fattispecie dell’ aliunde perceptum ;

b) né del fatto che tali guadagni – quand’anche percepiti – derivino dallo svolgimento di attività incompatibili con l’incarico di revisore legale precedentemente svolto.

Le considerazioni che precedono conducono, pertanto, alla reiezione dell’eccezione di aliunde perceptum sollevata dalla difesa erariale.

20. Per tutto quanto sopra esposto, pertanto, il ricorso va in parte dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione (per ciò che concerne il Comune di Portico di Caserta) e in parte accolto nei limiti del quantum debeatur sopra indicato (per ciò che concerne il MEF). In particolare:

a) la domanda di risarcimento danni spiegata nei confronti del Comune di Portico di Caserta va dichiarata inammissibile per difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo, con conseguente devoluzione della giurisdizione al Giudice Ordinario, dinanzi al quale il processo può essere proseguito con le modalità e i termini di cui all’art. 11 c.p.a.;

b) la domanda di risarcimento danni spiegata nei confronti del MEF va accolta in parte qua , con conseguente accertamento dell’obbligo del MEF - e sua contestuale condanna - a corrispondere al ricorrente un risarcimento danni da lucro cessante pari all’importo di € 13.876,30.

Ai fini dell’integrale risarcimento del danno ristorabile dal MEF, che costituisce debito di valore, occorre poi riconoscere al ricorrente, sulla somma sopra ricavata secondo gli indicati parametri, sia la rivalutazione monetaria secondo l’indice medio dei prezzi al consumo elaborato dall’Istat (che attualizza al momento della liquidazione il danno subìto) sia gli interessi compensativi (determinati in via equitativa assumendo come parametro il tasso di interesse legale), calcolati sulla somma periodicamente rivalutata, volti a compensare la mancata disponibilità di tale somma fino al giorno della liquidazione del danno.

Il tutto comprensivo, infine, degli interessi legali da calcolare sulla somma complessiva dal giorno della pubblicazione della sentenza - trattandosi di debito di valuta - e sino all’effettivo soddisfo (Cons. Stato, sez. V, 13 luglio 2017, n. 3448;
T.A.R. Napoli, sez. VIII, 3 ottobre 2017, n. 4611).

Quanto precede in ossequio alla consolidata giurisprudenza (cfr. Cass., sez. III, 29 aprile 2015, n. 8705) secondo cui la rivalutazione monetaria e gli interessi costituiscono una componente dell’obbligazione di risarcimento del danno e possono essere riconosciuti dal giudice anche d’ufficio e in grado di appello, pur se non specificamente richiesti, atteso che essi devono ritenersi compresi nell’originario petitum della domanda risarcitoria, ove non ne siano stati espressamente esclusi.

21. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo a carico del MEF. Quanto invece al Comune di Portico di Caserta, la natura in rito della pronunzia giustifica la compensazione delle spese di lite.

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