TAR Roma, sez. 1T, sentenza 2015-06-13, n. 201508331

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1T, sentenza 2015-06-13, n. 201508331
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201508331
Data del deposito : 13 giugno 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 12032/2014 REG.RIC.

N. 08331/2015 REG.PROV.COLL.

N. 12032/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 12032 del 2014, proposto da:
G M, rappresentato e difeso da se stesso e dall’Avv. A A, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, Via Nibby n. 7;

contro

il Ministero dell'Interno, costituito in giudizio, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio ex lege presso i suoi uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

per l’ottemperanza

della per l’ottemperanza

della sentenza del T.a.r. del Lazio – sezione I Ter n. 6000 del 14.6.2013, non appellata e divenuta esecutiva, con la quale è stato accolto il ricorso n. 763/2004 ed è stato ordinato all’Amministrazione di “riesaminare la proposta di promozione [del ricorrente] per merito straordinario alla luce dei principi affermati in motivazione” ;

nonché per l’annullamento

- del decreto del Capo della Polizia - Direttore Generale della Pubblica Sicurezza - Ministero dell’Interno del 12.5.2014, comunicato con nota del Dipartimento di Pubblica Sicurezza presso il Ministero dell’Interno prot. n.333-C/4627-3/Prot.U 15882/2014 del 6.6.2014, con il quale é stato deciso per la seconda volta di non accogliere la proposta di promozione del ricorrente alla qualifica superiore per merito straordinario;

- nonché degli atti prodromici, connessi, conseguenti e consequenziali, ivi compresi: il parere della Commissione Centrale per le Ricompense

PROTO

2327/00 BIS del 3.10.2013;
il parere della Commissione per la progressione in carriera del Personale appartenente ai ruoli direttivi e dei dirigenti della Polizia di Stato presso il Ministero dell’Interno del 12.2.2014;
il parere del Consiglio di Amministrazione per gli Affari del Personale della Polizia di Stato del 13.3.2014;

- di ogni altro atto connesso, coordinato, precedente o successivo agli atti sopra gravati.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 30 aprile 2015 il Cons. Rita Tricarico e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

Con il ricorso n. 763/2004 l’odierno ricorrente ha impugnato il decreto del Capo della Polizia -Direttore Generale della Pubblica Sicurezza 333-C7639 del 25.7.2003, notificato il 28.10.2003, con il quale si è statuito di non accogliere la proposta di promozione dello stesso alla qualifica superiore, per merito straordinario, avanzata dal Questore di Firenze, in relazione al determinante contributo dal medesimo fornito nell’assicurare alla giustizia gli esecutori materiali degli ultimi quattro duplici omicidi in ordine di tempo, riferibili al cosiddetto “Mostro di Firenze”, condannati in via definitiva con sentenza della Corte di Cassazione del 26.9.2000.

Nella suindicata sentenza è riportata la vicenda che in ultimo ha condotto a tale condanna, in relazione alla quale rilievo decisivo ha assunto la figura del dott. G.

In un primo momento le risultanze delle indagini concernenti gli efferati delitti commessi in danno di diverse coppie nella zona di Firenze, condotte da un’apposita “squadra antimostro”, che si era avvalsa dell’aiuto di esperti criminologi, hanno portato all’individuazione di P P come loro autore, il quale, con sentenza della Corte di Assise di Firenze n. 3/94, questi è stato ritenuto colpevole dei reati ascrittigli ed è stato quindi condannato.

Nelle risultanze dibattimentali, però, erano stati rilevati elementi tali da far supporre – almeno per gli ultimi due omicidi – la verosimile esistenza di uno o più correi e di ciò si fa cenno nella sentenza di condanna.

Il ricorrente, in qualità di dirigente della Squadra Mobile di Firenze, è stato incaricato nel 1995 dalla Procura della Repubblica di Firenze di svolgere accertamenti sull’eventuale esistenza di uno o più complici di P P, con il compito di procedere ad una attenta rilettura ed analisi di tutto il materiale processuale acquisito, nonché di tutti gli atti di polizia giudiziaria - e non - esistenti nell’archivio della cosiddetta “squadra antimostro”.

Il dott. G, avendo rilevato che in prossimità o durante il tempo degli omicidi erano state notate più autovetture e quindi più soggetti, rimasti ignoti, ha ritenuto di approfondire tali elementi informativi e, in particolare, le testimonianze di alcuni soggetti che avevano dichiarato di aver visto le suddette autovetture in prossimità dei luoghi dei delitti.

Lo stesso, a seguito della disamina dei vecchi e nuovi verbali di testimonianza, ha avanzato al P.M. la proposta investigativa, ispirata, non più alla filosofia del serial killer solitario, ma piuttosto a quella del “gruppo” e, d’accordo con della Procura della Repubblica di Firenze, ha provveduto a svolgere accertamenti su soggetti vicini a P P, acquisendo informazioni da persone mai sentite in precedenza, attivando intercettazioni telefoniche delle utenze in uso a Mario Vanni e Nicoletti Filippa, rispettivamente, amici intimi e frequentatori di P P e Giancarlo Lotti – i c.d. “compagni di merende”.

In seguito all’acquisizione di nuove testimonianze, il cui contenuto è riportato nelle relazioni, ed all’attività di intercettazione telefonica, sono emersi nuovi elementi a sostegno della tesi dei cosiddetti “compagni di merende”. Infine il Lotti e il Vanni sono stati condannati dalla Corte di Assise di Firenze, dalla Corte di Appello di Firenze e la condanna è divenuta definitiva con decisione della Corte di Cassazione del 26.9.2000.

In relazione a detta accurata attività investigativa il Questore di Firenze ha inoltrato al competente Ufficio Centrale per le Ricompense la proposta premiale di promozione per merito straordinario per il ricorrente e per il Commissario Dr. Fausto Vinci, nonché la proposta di encomio solenne per il personale della Squadra Mobile impegnato nelle suddette operazioni di polizia giudiziaria.

All’esito dell’acquisizione dei pareri della Commissione Centrale per le Ricompense e del Consiglio di Amministrazione per il Personale della Polizia di Stato, con decreto del Capo della Polizia del 25.7.2003, è stata respinta la proposta di promozione del ricorrente.

Con la sentenza n. 6000/2013, di cui in questa sede si chiede l’esatta esecuzione, si è annullato detto provvedimento ed all’Amministrazione è stato ordinato di “riesaminare la proposta di promozione [del ricorrente] per merito straordinario alla luce dei principi affermati in motivazione” .

Nella parte motiva si richiama la normativa conferente e segnatamente l’art. 74 del d.P.R. n. 335/1982, nella parte in cui dispone che: “La promozione alla qualifica superiore può essere conferita anche per merito straordinario ai vice commissari, ai commissari, ai commissari capo, ai vice questori aggiunti ed ai primi dirigenti che nell’esercizio delle loro funzioni, … nel portare a compimento operazioni di servizio di eccezionale rilevanza, abbiano messo in luce eccezionali capacità professionali dimostrando di poter adempiere alle funzioni della qualifica superiore” .

Dopo aver poi evidenziato che la materia delle promozioni per merito straordinario è oggetto di un potere ampiamente discrezionale dell’Amministrazione, censurabile solo per vizi di arbitrarietà, manifesta illogicità o di travisamento dei fatti, con specifico riguardo al caso concreto, in sentenza si rileva che il giudizio negativo reso dalla Commissione Centrale per le Ricompense, condiviso dal Consiglio di Amministrazione e dal Capo della Polizia, si basa su un elemento di fatto sindacabile dal giudice amministrativo: “l’attività oggetto della proposta era stata di minore entità in quanto aveva riguardato il filone investigativo scaturito dalle dichiarazioni di uno degli indagati” e, perciò, non è stato ritenuto sussistente il presupposto dell’eccezionalità delle capacità professionali del dott. G (ritenute, infatti, nel provvedimento di encomio “elevate”).

Si rimarca in sentenza che, al contrario, “dagli atti emerge in modo palese che la collaborazione del Lotti è intervenuta solo dopo che la polizia giudiziaria, e per essa il Dott. G, ha ricostruito la vicenda rileggendo una massa enorme di atti e documenti, al fine di rilevare se – come ipotizzato dalla Corte di Assise di Firenze nel processo a P P – i delitti non fossero stati frutto di un serial killer, bensì di un gruppo di persone … presumibilmente … vicine al Pacciani (senza considerare che negli anni delle indagini di cui trattasi, il Pacciani fu assolto nel processo di secondo grado)” .

Si afferma ancora che, contrariamente a quanto sostenuto nel parere dalla Commissione, le dichiarazioni del Lotti, uno degli indagati, costituiscono l’esito di una complessa attività investigativa iniziata dalla rilettura degli atti processuali e di quelli di polizia giudiziaria.

Perciò il giudizio di valore reso dalla Commissione è stato emesso sulla base di una distorta rappresentazione della concatenazione dei fatti e in esito ad un’insufficiente istruttoria.

Si conclude con l’accoglimento del ricorso, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato e con obbligo, per l’Amministrazione, di “riesaminare la proposta di promozione per merito straordinario alla luce dei principi affermati in motivazione” .

L’Amministrazione, in asserita esecuzione della sentenza n. 6000/2013, ha “riesaminato” il caso, affermando che “l’incarico ricoperto, Capo della Squadra Mobile in un capoluogo di Regione, preveda di per sé attitudini investigative ed operative di elevato livello” e che “l’attività svolta non sia così eccezionale come potrebbe essere, ad esempio, la direzione e la materiale partecipazione a fasi investigative ed operative di indagini che si concludono con l’arresto di pericolosi appartenenti alla criminalità organizzata di stampo mafioso o ad organizzazioni eversive” .

È evidente che ancora una volta non risulta essere stata eseguita un’adeguata istruttoria, dalla quale sarebbe invece emerso il contributo determinante dato dal ricorrente nell’individuazione di colpevoli di delitti altrettanto efferati, comportanti un altrettanto notevole allarme sociale, “impresa” nella quale non vi era invece riuscita per diverso tempo un’apposita task force investigativa, coadiuvata da esperti criminologi.

Nella specie non risulta essere stato affatto preso in considerazione l’acume investigativo, del tutto straordinario, mostrato dal ricorrente nell’assicurare alla giustizia gli esecutori materiali di almeno alcuni dei delitti in questione;
tale acume denota quelle “eccezionali capacità” richieste dalla norma per il riconoscimento della promozione per merito straordinario.

Si ravvisa, perciò, una chiara elusione del giudicato.

Ne consegue che il ricorso va accolto ed il provvedimento di “riesame” ed i pareri presupposti vanno dichiarati nullo, con obbligo, per l’Amministrazione, di dare corretta esecuzione alla sentenza n. 6000/2013, conformemente a quanto meglio esplicitato nel presente provvedimento, entro il termine di 90 giorni, decorrente dalla sua comunicazione in via amministrativa o, se anteriore, dalla sua notifica, con l’avvertenza che, in assenza, sarà nominato un commissario ad acta , che provvederà in sua vece.

Le spese di lite seguono la soccombenza, ponendosi a carico dell’Amministrazione, e vanno liquidate come in dispositivo.

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