TAR Roma, sez. 1S, sentenza 2023-10-06, n. 202314787

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1S, sentenza 2023-10-06, n. 202314787
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202314787
Data del deposito : 6 ottobre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 06/10/2023

N. 14787/2023 REG.PROV.COLL.

N. 09069/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Stralcio)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9069 del 2019, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato V D B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via di Porta Pinciana 6;

contro

Ministero dell'Interno ed Ufficio Territoriale del Governo di Roma, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avvocato M M, con domicilio eletto presso la sede dell’Avvocatura capitolina in Roma, via del Tempio di Giove, 21;

per l'annullamento

- del decreto prot. n. 230558/Area I ter O.S.P. – VA/2019/93861 del 11.6.19 emesso dal Prefetto della Provincia di Roma notificato in data 11.6.2019, con il quale è stata disposta la sospensione per tre mesi dell'esercizio commerciale sito in Roma, Piazza-OMISSIS-

- di tutti gli altri atti preordinati, connessi e conseguenziali, ivi compresi quelli richiamati nel provvedimento, comunque lesivi della posizione giuridica del ricorrente e, in particolare, della nota prot. 58942 del 9. 4.2019 della Prefettura con la quale è stato comunicato l'avvio del procedimento sanzionatorio e dei verbali di accertamento di violazioni amministrative n. 81180003766 del -OMISSIS- e n. 81170037583 del -OMISSIS-;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e dell’Ufficio Territoriale del Governo di Roma, nonché di Roma Capitale;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 22 settembre 2023 il dott. Vincenzo Blanda e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Il ricorrente premette di svolgere attività commerciale quale titolare di esercizio pubblico per attività di vicinato presso i locali siti in Roma,-OMISSIS-

Il -OMISSIS- ed il -OMISSIS- allo stesso sono stati notificati due verbali redatti dalla Polizia Municipale di Roma, con i quali gli è stata contestata la vendita a minori di anni 18 di una bottiglia di birra -OMISSIS- e di una di vino -OMISSIS-

In particolare, gli agenti accertatori della Polizia Municipale del Comune di Roma - U.O. I Gruppo in data -OMISSIS- hanno notificato al ricorrente un verbale con cui gli contestavano la violazione dell’art. 14 ter L. 125/01 così come introdotto dall’art. 7 comma 3 bis del D.L. 158/12 conv. nella L. 189/12 per aver venduto bevande alcoliche ad un minore di anni 18.

L’istante deduce che il “minore di anni diciotto” non sarebbe stato presente nel negozio, né, a dimostrazione dell’acquisto e dunque della riferibilità della vendita della bottiglia di birra, sarebbe stato mostrato all’incaricato alla vendita uno scontrino relativo alla bevanda acquistata.

Con l’emissione del verbale veniva comminato il pagamento della sanzione pecuniaria pari ad € 333,00 oltre € 3,78 per spese di procedimento e notifica.

Avverso il verbale notificato, l’istante, in data 12.11.2018, avrebbe proposto ricorso amministrativo al Sindaco di Roma, Dipartimento Risorse Economiche U.O. Contravvenzioni, nel quale enunciava le ragioni della sua assunta illegittimità.

In seguito , in data -OMISSIS-, gli agenti accertatori della Polizia Municipale del Comune di Roma -U.O. I Gruppo hanno notificato il verbale n. 81170037583 nel quale veniva contestata la violazione dell’art. 14 ter L. 125/01 così come modificato dall’art. 7 co. 3 bis D.L. 158/12 conv. in L. 189/12 perché “quale addetto alla vendita vendeva a minore di anni 18 una bottiglia di vino da cl 75 e 10,5 alc. di gradazione alcolica sebbene vietato”.

Anche in questo caso il minore non sarebbe stato presente nel negozio, né a comprova dell’acquisto sarebbe stato presentato uno scontrino dal quale si potesse evincere l’effettività dell’acquisto presso l’esercizio commerciale.

Con l’emissione del verbale veniva inflitto il pagamento della sanzione pecuniaria pari ad € 333,00 oltre € 3,78 per spese di procedimento e notifica, anch’esso impugnato ex L. 689/81.

Con provvedimento prot. 58942/2019 del 9.4.2019 la Prefettura di Roma, Ufficio territoriale del Governo Area I ter O.S.P. comunicava, ai sensi dell’art. 7, comma 1, della L. 241/90, l’avvio del procedimento sanzionatorio.

L’interessato afferma di aver inviato in data 18.4.2019 memoria difensiva endoprocedimentale, lamentando l’illegittimità delle due contravvenzioni elevate, in quanto dai verbali non sarebbe stato possibile evincere il nome dei minori ai quali avrebbe venduto le bevande alcoliche -OMISSIS-, gli stessi non si sarebbero trovati nel suo negozio, né avrebbero mostrato una ricevuta o uno scontrino in alcun modo riferibile all’esercizio commerciale del ricorrente.

Nonostante ciò, il Prefetto della Provincia di Roma, con decreto prot. n. 230558/Area I ter O.S.P. - VA/2019/93861 dell’11.6.2019, dopo aver constatato che la violazione del divieto di vendita di bevande alcoliche a minori “è stata commessa più di una volta”, rilevando che “l’interessato non ha fatto pervenire alcuna memoria difensiva” e che “ non risulta effettuato da parte dell’interessato il pagamento in misura ridotta delle sanzioni principali”, ha irrogato la sanzione di cui all’art. 14 ter, comma 2, della L. 125 del 30.3.2001 e ha così disposto la “la sospensione dell’attività per tre mesi dell’esercizio commerciale sito in Roma…”.

Avverso gli atti in epigrafe l’interessato ha quindi proposto ricorso, deducendo i seguenti motivi di diritto:

1) Violazione di legge: violazione dell’art. 3 e 10 della legge 7 agosto 1990 n. 241. Difetto di istruttoria.

L’amministrazione non avrebbe tenuto conto delle memorie inviate dopo l’avvio del procedimento, per cui l’atto sarebbe viziato da carenza di istruttoria ed erronea motivazione;

2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 14 ter della L. 125 del 30.3.2001. Eccesso di potere per difetto dei presupposti, difetto di istruttoria, travisamento dei fatti. Violazione dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990 n. 241. Illogicità manifesta.

Non sussisterebbe certezza della condotta posta in essere (specie per la vendita del -OMISSIS-) e dunque della reiterazione.

La reiterazione della condotta costituirebbe, infatti, il necessario presupposto per l’applicazione della sanzione della sospensione dell’attività.

Oltretutto non sussisterebbe proporzionalità tra la (presunta) violazione rilevata e la sanzione della sospensione di tre mesi (nella misura massima). Sia con il primo verbale che con il secondo, sono state inflitte le sanzioni pecuniarie di poco superiori al minimo edittale, pari ad € 333,00 (il minimo per la prima violazione è di € 250,00).

Dopo il sopralluogo del -OMISSIS-, la sanzione pecuniaria è stata inflitta nella misura inferiore al minimo edittale previsto dalla norma (ex art. 14 ter, comma 2, pari ad € 500,00).

A fronte dell’applicazione del minimo della sanzione amministrativa, l’aver disposto la chiusura per il tempo massimo previsto dalla norma sarebbe sanzione sproporzionata.

Né il generico riferimento a presunte necessità di “tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, con finalità cautelare e dissuasiva”, potrebbe giustificare la sanzione massima di chiusura per tre mesi.

Dai due verbali di contravvenzione elevati non emergerebbero in alcun modo le circostanze di tempo e di luogo della presunta violazione.

In altri termini, non sarebbe possibile evincere, nemmeno dai rapporti inviati ai sensi dell’art. 17 della l. 689/81, che la violazione contestata (vendita a minore di anni 18 di bevanda alcolica) sia stata effettuata nel negozio di cui egli è titolare.

Né dai “rapporti” inviati alla Prefettura dalla Polizia Locale sarebbe possibile evincere elementi ulteriori, atteso che essi si limitano a riportare quanto contenuto nei verbali di accertamento e la contestazione dei due avvenimenti sarebbe avvenuta nel negozio del ricorrente, ma in assenza dei minori.

In altri termini, la Polizia Municipale avrebbe elevato i verbali di contravvenzione senza aver assistito alla vendita della birra o del vino presso l’esercizio.

Nei verbali di contestazione del -OMISSIS- e del -OMISSIS- e nei “rapporti” inviati dalla Polizia Locale, si darebbe conto di circostanze riportate dalla Polizia Locale de relato , in entrambi i casi non avvenute in loro presenza, e che, pertanto, il ricorrente contesta in questa sede.

In entrambi i casi, non vi sarebbe alcuna prova della presenza del minore nel negozio, né dell’acquisto né il possesso della bevanda sarebbe in alcun modo riferibile ad un acquisto effettuato presso l’esercizio del ricorrente in assenza di scontrino.

Per quanto concerne il secondo verbale del -OMISSIS-, emergerebbe la contraddittorietà delle circostanze di fatto rilevate dagli agenti della Polizia Locale.

Quanto al verbale del -OMISSIS-, a dimostrazione dell’acquisto, è stato allegato dagli Agenti accertatori uno scontrino di 0,10 centesimi che non varrebbe a dimostrare l’acquisto della birra da parte della minore identificata, come emerge dal rapporto della Polizia Locale.

Quanto al verbale del -OMISSIS-, nello stesso viene contestato al ricorrente di aver venduto al minore (indicato nell’atto) di anni 18 “una bottiglia di vino da cl 75 e 10,5 % di gradazione alcolica”.

Tuttavia da tale verbale emergerebbe che il genitore della minore sarebbe stato sanzionato in quanto le “permetteva di bere su strada una bottiglia in vetro da cl 33 birra… di gradi 4,7 % di gradazione alcolica”, che non corrisponderebbe alla bevanda alcolica venduta.

Infatti nel verbale di contestazione risulta che il ricorrente avrebbe venduto una bottiglia di vino, mentre la minore sarebbe stata trovata in possesso di una birra.

In nessuna delle due circostanze (del -OMISSIS- e del -OMISSIS-) sarebbe stato prodotto alcuno scontrino a dimostrazione dell’acquisto della bevanda presso l’esercizio, né i verbalizzanti avrebbero redatto una contravvenzione per la vendita al minore avvenuta in loro presenza;

3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 14 ter della L. 125 del 30.3.2001 sotto ulteriore profilo. Eccesso di potere per difetto dei presupposti, difetto di istruttoria, travisamento dei fatti. Difetto di motivazione. Violazione del principio di proporzionalità. Illogicità manifesta.

L’art. 14 ter della L. 125 del 30.3.2001 prevedrebbe che la sospensione dell’attività possa esser disposta (proporzionalmente) da un minimo di 15 giorni ad un massimo di tre mesi.

Nel provvedimento della Prefettura prot. VA/2019/58942 del 9.4.2019 con cui si è comunicato l’avvio del procedimento nonché nel decreto prot. 93861 del 11.6.2019, entrambi impugnati, si richiamerebbe una normativa errata.

Si legge nel provvedimento de quo che l’avvio del procedimento sanzionatorio è effettuato ai sensi dello “art. 14 ter, comma 1 ter della L. 125 del 30/3/2001 come introdotto dall’art. 7 comma 3 bis delle L. 189 del 8/11/2012”.

L’art. 7, comma 3 bis, della L. 189 del 8.11.2012 ha introdotto, dopo l’art. 14 bis, appunto l’art. 14 ter, che consta di due commi. Il comma 1 ter nell’art. 14 ter non esisterebbe.

Ad ogni buon conto, l’art. 14 ter sarebbe stato comunque richiamato in maniera erronea nei provvedimenti impugnati ed in una formulazione non più vigente in quanto in quella attuale, a seguito delle modifiche di cui si è detto sopra, il secondo comma della norma citata prevede la possibilità di disporre la sospensione dell’attività da un minimo di 15 giorni ad un massimo di tre mesi.

Sicchè la applicazione della sanzione della sospensione sarebbe illegittima perché si fonderebbe sull’art. 14 ter modificato dall’art. 7, comma 3-bis, del D.L. 13 settembre 2012, n. 158 (che, nella forma non più vigente, prevedeva solo e unicamente la sospensione di tre mesi) e non sull’art. 14 ter attualmente vigente ed applicabile.

Premesso quanto appena detto, la disposta sospensione dell’attività per tre mesi sarebbe comunque sproporzionata perché inflitta nella previsione massima, violando il principio di effettività e proporzionalità.

In conclusione chiede il risarcimento del danno nei termini da articolare nel corso del giudizio.

La Prefettura di Roma e Roma Capitale si sono costituite in giudizio per resistere al ricorso.

Con ordinanza -OMISSIS- è stata respinta la domanda cautelare di sospensione degli atti impugnati.

All’udienza del 22 settembre 2023 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

1. Il ricorso è infondato.

In primo luogo si osserva che la somministrazione di bevande alcoliche a minori di anni 16 costituisce reato (art. 689 c.p.) e illecito amministrativo, se effettuata a minori di anni 18 (art. 14-ter L. 125/2001) e - specie se continuata - può essere senz'altro apprezzata dall'autorità di Pubblica Sicurezza, quale indice sintomatico di pericolosità sociale ai fini dell'adozione della misura cautelare di cui all'art. 100 TULPS, particolarmente in un contesto di acclarato allarme sociale.

Ciò premesso in relazione al primo motivo, si osserva che, secondo costante giurisprudenza amministrativa, le garanzie procedimentali (a partire da quelle degli artt. 7 e segg. della legge n. 241/1990) poste a tutela di concreti interessi hanno carattere sostanziale e non devono risolversi in inutili aggravi procedimentali, in contraddizione con i fondamentali canoni di efficienza e speditezza del procedimento amministrativo.

Di conseguenza - anche in applicazione dell’art. 21 octies , comma 2, della stessa legge, nel testo allora vigente - la loro inosservanza non comporta illegittimità dell’atto quando nessuna effettiva influenza avrebbe potuto avere la partecipazione del privato rispetto alla concreta portata del provvedimento finale, il cui contenuto, pure se discrezionale, non avrebbe potuto essere diverso, e il riesercizio del potere non consentirebbe comunque di portare all’attribuzione del bene della vita richiesto dall'interessato (da ultimo, anche per riferimenti ulteriori, Cons. Stato, sez. II, 9 giugno 2020, n. 3675;
idem, sez. IV, 13 febbraio 2020, n. 1144;
idem, sez. II, 12 febbraio 2020, n. 1081;
idem, sez. IV, 28 marzo 2019, n. 2052;
idem, sez. IV, 3 dicembre 2018, n. 6824;
idem, sez. V, 9 maggio 2017, n. 2117).

Ciò posto, dall’esame degli atti (come si avrà modo di approfondire in seguito) non emergono palesi elementi di contraddittorietà, illogicità e/o erronea valutazione dei fatti tali da dimostrare che le osservazioni prodotte in sede di partecipazione procedimentale avrebbero potuto condurre ad una diversa valutazione da parte dell’Autorità amministrativa.

2. Per quanto concerne il secondo mezzo, si osserva che la somministrazione degli alcolici risulta sufficientemente comprovata dalle univoche e puntuali dichiarazioni rese agli agenti della polizia municipale da avventori minorenni individuati in prossimità dell’esercizio pubblico, come si evince dai verbali di contestazione depositati in giudizio, che individuano un quadro indiziario sufficientemente circostanziato.

Gli elementi allegati dal ricorrente, ad avviso del collegio, infatti, non appaiono idonei a smentire la sussistenza dei presupposti per la sospensione dell'attività, considerato, altresì, che -come evidenziato nella relazione della prefettura di Roma- i verbali di accertamento hanno natura di atto pubblico e, qualora i fatti in essi riportati non siano stati contestati nelle forme e nei modi della querela di falso (al fine di accertarne un'eventuale falsità), rimangono assistiti da fede privilegiata. I verbali mantengono, pertanto, ai sensi dell'art. 2700 cod. civ., efficacia di piena prova per i fatti che i pubblici ufficiali hanno attestato essere avvenuti in loro presenza.

Nei predetti atti di accertamento gli operatori della polizia locale di Roma indicano, in relazione agli episodi avvenuti nelle date del -OMISSIS-, gli estremi dei due minori nonché le precise circostanze e la dinamica dei fatti accaduti in cui gli stessi sono stati identificati in prossimità del minimarket in possesso delle bevande alcoliche appena acquistate al suo interno.

3. Per quanto concerne il terzo motivo di ricorso, l’istante deduce che non sarebbe stata considerata la nuova formulazione dell'art. 14-ter, comma 2°, della legge n. 125 del 30/03/2001 — come introdotto dal D.L. 158 del 13/09/2012 convertito in legge nr. 189 del 08/11/2012, ultimamente modificata dall'art. 12, comma 2, del D.L. nr. 14 del 20/02/2017, convertito in L. n. 48 del 18/04/2017, che dispone una sanzione in una misura compresa tra il minimo di quindici giorni e il massimo di tre mesi.

Ciò premesso, a prescindere dalla norma vigente alla data di applicazione della sospensione, si osserva che il provvedimento sanzionatorio irrogato rientra comunque nei parametri fissati dalle norme sia nella precedente, che nella nuova formulazione.

In altri termini, il termine di tre mesi figurava sia nella vecchia che nella nuova versione della disposizione ed appare coerente con la fattispecie sanzionata.

4. Sulla base delle predette considerazioni è possibile ritenere che il provvedimento impugnato sia sostenuto da motivazioni logiche e ancorate a dati di fatto inequivoci. La sanzione irrogata è l’esito, quindi, di una corretta ponderazione dei diversi interessi, quello dei privati a poter esercitare l'attività commerciale nonché quello della collettività a che l'esercizio di attività commerciali come quella in esame non incida negativamente sull'ordine e la sicurezza pubblica della città nonché sull'incolumità dei cittadini (in questo caso minori).

Quanto ai dedotti profili di assenza di proporzionalità, si osserva che la sanzione irrogata fa specifico riferimento alla somministrazione di alcolici a minori che, per la loro giovane età, potrebbero subire gravi conseguenze.

Per tale ragione la durata della sospensione non appare illogica o sproporzionata;
non senza considerare che la vendita di bevande alcoliche in alcune zone della capitale, come il centro storico in cui si trova l'esercizio sanzionato, è fonte di grave allarme sociale.

5. In definitiva l’autorità di P.S. ha correttamente esercitato la sfera di discrezionalità che le compete nella valutazione delle circostanze sopra riferite, che indubbiamente costituiscono fonte di pericolo per l'ordine e la sicurezza pubblica.

Pericolo che, peraltro, appare confermato dal rapporto depositato da Roma Capitale il 12 settembre 2023 in cui si dà atto dell’adozione di nuovi provvedimenti sanzionatori nei confronti del ricorrente inerenti: la vendita di prodotti del settore non alimentare, non compresi nella SCIA presentata al Comune, senza aver presentato per la vendita di tali prodotti al SUAP la prescritta segnalazione certificata di inizio attività;
nonché la vendita di bevande alcoliche nelle aree indicate nel regolamento di polizia urbana tra le 22.00 e le 7.00.

Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso deve essere respinto.

Le spese del giudizio seguono la regola della soccombenza nella misura indicata in dispositivo.

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