TAR Roma, sez. 1T, sentenza 2024-04-12, n. 202407284
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Pubblicato il 12/04/2024
N. 07284/2024 REG.PROV.COLL.
N. 04098/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4098 del 2017, proposto da
-OMISSIS- rappresentato e difeso dall'avvocato L B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Pietro Tacchini, 7;
contro
Ministero dell'Interno, Ufficio Territoriale del Governo Roma, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
del decreto del Prefetto di Roma Prot.-OMISSIS- di conferma di revoca del permesso di soggiorno per lungo soggiornanti n. 10-OMISSIS-nonché di ogni altro atto presupposto, conseguente o comunque connesso.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e dell’Ufficio Territoriale del Governo di Roma;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 gennaio 2024 il dott. F A e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Considerato in fatto e in diritto:
1. Il ricorrente impugna il decreto del Sig. Prefetto di Roma, del -OMISSIS- di conferma della revoca del permesso di soggiorno per lungo soggiornanti n° -OMISSIS- facendo valere due motivi di ricorso, così rubricati:
1) Violazione di legge e falsa applicazione degli artt. 4 e 9 comma 4 e 7 del d.lgs. n. 286 del 1998;
2) Eccesso di potere per carenza di istruttoria, difetto della motivazione e travisamento dei fatti.
2. La conferma della revoca del permesso di soggiorno presenta la seguente motivazione:
“RILEVATO che:
- il delitto commesso dal -OMISSIS-è riconducibile all'Articolo 380 del Codice di Procedura Penale (Arresto obbligatorio in flagranza);
-le condanne per i reati previsti dall'Articolo 380 del Codice di Procedura Penale (nonché, limitatamente ai delitti non colposi, dall'Articolo 381 del medesimo Codice) rientrano, in quanto indice di pericolosità sociale, tra le condizioni ostative al rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, ai sensi delle disposizioni normative contenute nell'Articolo 9, comma 4, del Decreto Legislativo n.286/1998 come modificato dal Decreto Legislativo n.3/2007;
CONSIDERATO che:
- le condanne per i reati previsti dall'Articolo 380, comma 1 e comma 2, del Codice di Procedura Penale rientrano, inoltre, tra le condizioni ostative all'ingresso e alla permanenza sul territorio nazionale dei cittadini extracomunitari, ai sensi delle disposizioni normative contenute nell'Articolo 4, comma 3, del Decreto Legislativo n.286/1998 come modificato dalla Legge n.189/2002;
- la Corte Costituzionale (Sentenza n.148/2008) e il Consiglio di Stato (Sentenza n.2239 del 21.04.2010 - Sezione Sesta) hanno espresso l'orientamento secondo cui è da ritenersi legittimo l’automatismo preclusivo all'ingresso e al soggiorno sul territorio dello Stato ove il cittadino straniero risulti condannato, in sede penale, per le tipologie di reati espressamente contemplate dall'Articolo 4, comma 3, del Decreto Legislativo n.286/1998 (come modificato dalla Legge n.189/2002);- l'Autorità Amministrativa, in presenza di tali condanne, non dispone di alcun margine di valutazione discrezionale in merito alla pericolosità sociale dei cittadini extracomunitari;
RILEVATO che:
- non sussistono, nel caso di specie, i requisiti richiesti dall'Articolo 9, comma 4, del Decreto Legislativo n.286/1998 come modificato dal Decreto Legislativo n.3/2007, per il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo;in mancanza di tali requisiti, l'Autorità Amministrativa deve procedere al rifiuto o alla revoca della Carta di soggiorno;
VISTO che:
-l'impugnato provvedimento della Questura di Roma risulta pienamente legittimo e adeguatamente motivato, in quanto Atto vincolato e consequenziale all'applicazione del sopra richiamato dettato normativo;
-nel caso di specie, inoltre, non sussiste l'obbligo di comunicazione dell'avvio del procedimento amministrativo ai sensi dell'Articolo 7 della Legge n.241/1990, in quanto, per la natura vincolata del provvedimento, è palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato (Articolo 21-octies della Legge n.241/1990)”.
3. Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno, resistendo al ricorso.
4. Con decreto presidenziale n-OMISSIS- sono stati disposti incombenti istruttori, adempiuti dal Ministero dell’Interno.
5. Il ricorso è stato chiamato per la discussione all’udienza pubblica del 30 gennaio 2024 e quindi trattenuto in decisione.
6. Parte ricorrente sostiene quanto segue (in sintesi):
- di risiedere sin dal -OMISSIS-ove lavora e ha frequentato corsi di studio;
- di lavorare dal 30 luglio 2009 nel Paese a tempo indeterminato e possedere un regolare contratto di locazione abitativa;
- di aver ottenuto nel 2013 il permesso di soggiorno per soggiornanti UE di lungo periodo n. -OMISSIS-
- di essere stato condannato con sentenza irrevocabile nel 2014, per il reato di -OMISSIS-
- che in data -OMISSIS- in relazione alla misura di sicurezza dell’espulsione, prevista nella condanna penale per i reati di cui sopra, ne dichiarava la revoca previa declaratoria della cessazione della pericolosità sociale dell’odierno ricorrente;
- di aver impugnato, con ricorso gerarchico, spedito il 3 marzo 2016, ricevuto il 9 marzo 2016, il decreto del Questore di Roma di revoca del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo n. -OMISSIS-
-che con decreto del -OMISSIS-Quater, il Prefetto di Roma, ha respinto detto ricorso.
7. Con il primo motivo il ricorrente censura il provvedimento impugnato nella parte in cui esso richiama un “automatismo preclusivo all’ingresso ed al soggiorno sul territorio dello stato del cittadino straniero condannato in sede penale” lamentando la violazione degli artt. 4 e 9, commi 4 e 7 del d.lgs. n. 286 del 1998.
7.1. Con il secondo motivo si denuncia il vizio di eccesso di potere per carenza di istruttoria, difetto della motivazione e travisamento dei fatti, in quanto l’Amministrazione non ha considerato e valutato l’ordinanza n-OMISSIS- cha ha revocato la misura di sicurezza, accertando la cessata pericolosità sociale di parte ricorrente.
8. Le due doglianze, meritevoli di trattazione congiunta, sono parimenti fondate.
Giova preliminarmente ricordare che, ai sensi dell’art. 9, comma 4, D.lgs. n. 286 del 1998, “ il permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo non può essere rilasciato agli stranieri pericolosi per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato. Nel valutare la pericolosità si tiene conto anche dell'appartenenza dello straniero ad una delle categorie indicate nell'art. 1, L. 27 dicembre 1956, n. 1423, come sostituito dall'art. 2, L. 3 agosto 1988, n. 327, o nell'art. 1, L. 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall'art. 13, L. 13 settembre 1982, n. 646, ovvero di eventuali condanne anche non definitive, per i reati previsti dall'art. 380 c.p.p. nonché, limitatamente ai delitti non colposi, dall'art. 381 del medesimo codice. Ai fini dell'adozione di un provvedimento di diniego di rilascio del permesso di soggiorno di cui al presente comma il questore tiene conto altresì della durata del soggiorno nel territorio nazionale e dell'inserimento sociale, familiare e lavorativo dello straniero ”.
Invero, in materia di diniego del permesso U.E. per soggiornanti di lungo periodo si è consolidato un indirizzo giurisprudenziale secondo il quale il diniego e la revoca dello stesso non possono essere adottati per il solo fatto che lo straniero abbia riportato sentenze penali di condanna (cfr. ex multis Cons. St., sez. III, 22 luglio 2022, n. 6423).
Come si deduce dal tenore letterale della disposizione, infatti, il potere riconosciuto all’Amministrazione in questa sede ha natura discrezionale, dovendo la stessa procedere a valutare il requisito della pericolosità sociale dello straniero, riferito a comportamenti specifici dell’interessato, che devono rappresentare una minaccia reale ed attuale - non solo potenziale - per la sicurezza e l’ordine pubblico.
Al contempo, in sede di valutazione, la norma invita l’Amministrazione a considerare altresì i fattori relativi all’inserimento sociale del richiedente, alla durata della sua presenza in Italia e all’eventuale esistenza di legami familiari (Cons. Stato, sez. III, 12 marzo 2021, n. 2114).
Tale valutazione deve evincersi dal provvedimento di diniego, il quale, quindi, dev’essere caratterizzato da una motivazione articolata, in modo tale da escludere ogni automatismo tra provvedimento sfavorevole e condanne penali.
8.1. Ebbene, contrariamente rispetto a quanto fin qui osservato, nel caso di specie l’Amministrazione non si è fatta carico di esaminare l’inserimento sociale e lavorativo dell’interessato e di operare un bilanciamento tra questo fondamentale elemento e il pur rilevante disvalore della condotta penalmente sanzionata.
Nella motivazione del provvedimento l’Amministrazione si è limitata a richiamare un automatismo preclusivo dato dalla gravità del reato, che in realtà non sussiste alla stregua della disciplina vigente, di matrice eurounitaria, la quale pone a carico dell’Amministrazione il dovere di valutare ulteriori elementi, con particolare riferimento alla durata del soggiorno nel territorio nazionale e all'inserimento sociale, familiare e lavorativo dello straniero, in tal modo configurando un potere discrezionale e non vincolato.
Nel caso in esame, emerge come l’Amministrazione non abbia debitamente considerato gli altri elementi rilevanti ai fini della esaustiva valutazione della personalità di parte ricorrente e della ricostruzione del suo percorso di integrazione sociale, economica e lavorativa, tra cui l’ordinanza del -OMISSIS- ha dichiarato cessata la pericolosità sociale del ricorrente, revocando la misura di sicurezza dell’espulsione.
8.2. Da tali osservazioni, dunque, deriva l’illegittimità del provvedimento anche in relazione alla dedotta violazione di eccesso di potere per carenza di istruttoria, difetto della motivazione e travisamento dei fatti.
9. In conclusione, il Collegio ritiene che il ricorso debba essere accolto, con il conseguente annullamento dell’atto impugnato.
10. Le spese seguono la soccombenza dell’Amministrazione e sono liquidate in dispositivo.