TAR Trieste, sez. I, sentenza 2009-02-27, n. 200900098
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N. 00098/2009 REG.SEN.
N. 00540/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 540 del 2007, proposto da:
Primaria Impresa Zimolo Srl, rappresentato e difeso dagli avv. R B, G M S, con domicilio eletto presso R B Avv. in Trieste, via Fabio Severo 33;
contro
Comune di Trieste, rappresentato e difeso dagli avv. O D, M S G, domiciliata per legge in Trieste, via Genova 2;
nei confronti di
Acegas-Aps Spa, rappresentato e difeso dagli avv. C L, M D, con domicilio eletto presso C L Avv. in Trieste, Uff.Leg.Acegas via del Teatro 5;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
per il risarcimento dei danni derivanti dalla dichiarata illegittimità della delibera n. 30/2000 del Comune di Trieste, poi annullata con sentenza n. 7950/2006 dal Consiglio di Stato, e comunque dei danni tutti derivanti dall'illegittimo affidamento del serivizio pubblico di trasporto funebre ad ACEGAS-APS..
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Trieste;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Acegas-Aps Spa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28/01/2009 il dott. Vincenzo Farina e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in esame, rubricato al n. 540/07, la società PRIMARIA IMPRESA ZIMOLO DI POMPE FUNEBRI E VENDITA OGGETTI MORTUARI COLONELLO &CANZIO s.r.l. ha chiesto che questo Tribunale:
1) condanni il Comune di Trieste e la società ACEGAS-APS s.p.a., al risarcimento dei danni derivanti dalla dichiarata illegittimità della deliberazione del Consiglio comunale di Trieste n. 30 dell’8.5.2000, annullata dal Consiglio di Stato con sentenza della sesta Sezione, 27 dicembre 2006, n. 7950 e comunque derivanti dall’illegittimo affidamento del servizio pubblico di trasporto funebre alla predetta società ACEGAS-APS s.p.a.;
2) accerti gli atti di concorrenza sleale compiuti dal Comune di Trieste e dalla società ACEGAS-APS s.p.a., ne inibisca la continuazione ed elimini gli effetti, ai sensi dell’articolo 2599 del codice civile, nonché condanni gli stessi al risarcimento del danno ed ordini la pubblicazione della sentenza a spese dei medesimi, in uno o più quotidiani, tra cui “Il Piccolo” di Trieste, ai sensi degli artt. 2600 cc. e 120 c.p.c.
La società ricorrente esordisce precisando di essere una impresa societaria operante nel settore dei funerali e servizi funebri sin dal 1876;fino al 1961 aveva esercitato liberamente con i propri carri il trasporto funebre in ogni ambito, compreso quello cittadino: quest’ultimo servizio su delega del Comune di Trieste, titolare del diritto di privativa sul trasporto;nel 1961, per disaccordi relativi alle tariffe da applicare, il Comune di Trieste decideva di gestire direttamente il trasporto delle salme in ambito urbano.
Questa situazione si protraeva — nonostante, sottolinea l’istante, la più volte lamentata illegittimità del permanere di tale prerogativa in capo al Comune dopo l’entrata in vigore della legge n. 142/1990, in base alla quale “i servizi riservati in esclusiva ai Comuni ed alle Province sono stabiliti dalla legge” — sino al 2000 quando, con deliberazione consiliare n. 30 dell’8.5.2000, il Comune di Trieste decideva di affidare ad AC.E.GA.S. S.p.A., società mista partecipata dal Comune stesso, tutti i servizi funebri e cimiteriali per un periodo di trent’anni: con tale deliberazione – lamenta la ricorrente - il già esistente - e contestato - regime di privativa in relazione al trasporto funebre, veniva tout court trasferito in capo ad AC.E.GA.S S.p.A, poi ACEGAS – APS S.p.A.
Con un ricorso proposto nell’anno 2000 avanti questo Tribunale, la società Primaria Impresa Zimolo s.r.l. ha impugnato:
1) la deliberazione del Consiglio comunale di Trieste 8 maggio 2000, n. 30, avente ad oggetto l’affidamento diretto alla società AC.E.GA.S. s.p.a. - società mista partecipata dal Comune - dei servizi funerari per la durata di trenta anni, in regime di privativa;
2) la deliberazione del Consiglio comunale di Trieste 23 dicembre 1996, n. 110, con cui era stato revocato l’affidamento dei servizi pubblici locali all’azienda municipalizzata ACEGA, ed era stata costituita la società AC.E.GA.S. s.p.a., cui affidare i servizi di acquedotto, elettricità e gas, nonché gli altri servizi rientranti nell’oggetto sociale (tra cui i servizi pubblici cimiteriali);
3) l’art. 3 dello Statuto della società AC.E.GA.S. s.p.a., ove era prevista la gestione dei servizi funebri e cimiteriali.
La deducente denunciava la violazione dell’art. 22 della legge n. 142/1990, dell’art. 41 Cost., dell’art. 90 del Trattato CEE e dell’art. 8 della legge n. 287/1990.
Questo Tribunale, con la sentenza 23 aprile 2001, n. 170, dichiarava il ricorso inammissibile per difetto di interesse, sull’assunto che, quanto ai servizi cimiteriali (cioè le attività inerenti il seppellimento della salma e la cremazione), la società ricorrente non svolgeva queste attività, per cui non aveva interesse a dolersi;quanto al trasporto ed alle onoranze funebri, prima della costituzione della società il Comune gestiva tale servizio in economia in regime di monopolio: pertanto, l’eventuale annullamento giurisdizionale degli atti impugnati avrebbe comportato il ripristino del precedente regime di privativa, senza nessun vantaggio per la ricorrente.
Quest’ultima appellava la suddetta sentenza.
Il Consiglio di Stato, con decisione della sesta Sezione, 27 dicembre 2006, n. 7950 accoglieva in parte l’appello, “nei sensi di cui in motivazione”, e, per l’effetto, annullava la deliberazione del Consiglio comunale di Trieste 8.5.2000, n. 30 nella parte in cui aveva previsto l’affidamento diretto alla società A.C.E.GA.S. del servizio di onoranze funebri e nella parte in cui aveva previsto il regime di monopolio quanto al servizio di trasporto funebre affidato ad A.C.E.GA.S.;ferma restando la deliberazione in parola nella parte in cui affidava i servizi cimiteriali e nella parte in cui affidava ad A.C.E.GA.S. il servizio di trasporto funebre, depurato dalla clausola di privativa.
[……]”.
Quanto ai servizi cimiteriali la decisione osservava che l’appellante società Primaria Impresa Zimolo s.r.l. non contestava la sentenza di prime cure: la quale, pertanto, su questo punto era passata in giudicato.
La società ricorrente, alla luce della decisione del Giudice d’appello, con il ricorso in esame assume che lo svolgimento in regime monopolistico dei servizi cimiteriali e funebri da parte della società A.C.E.GA.S. s.p.a., poi società ACEGAS – APS s.p.a. le abbia causato gravissimi danni sotto il profilo economico, professionale e di immagine, la cui responsabilità andrebbe ricondotta alla società medesima e al Comune di Trieste, che avrebbe indebitamente affidato tali attività alla società A.C.E.GA.S. s.p.a., poi società ACEGAS – APS s.p.a.
L’istante, a questo riguardo, osserva che i danni per il cui risarcimento si agisce trovano tutti origine nella deliberazione n. 30 del 2000 annullata in parte qua dal Giudice d’appello e sono stati determinati dalla illegittima scelta del Comune di Trieste di azzerare le differenze tra le diverse attività, per affidarle congiuntamente ad un solo operatore: tale scelta – sottolinea la deducente - risulta illegittima in sé, dal momento che prescinde dal carattere specifico di ciascuna attività per considerarle tutte servizio pubblico, violando con ciò le regole che presiedono all’affidamento dei servizi pubblici ed allo svolgimento di attività imprenditoriali in libero mercato;inoltre, in relazione alle modalità con cui è avvenuto l’affidamento dei servizi in questione, il comportamento del Comune denota l’esistenza di un disegno sottostante volto a depurare il mercato dagli altri concorrenti a vantaggio della sola ACEGAS-APS e in spregio all’interesse dei cittadini ed al corretto funzionamento della concorrenza: infatti, il Comune ha optato per un affidamento diretto in house, senza gara, a società mista, violando le disposizioni che il T.U. Enti Locali detta in materia di affidamenti di servizi pubblici locali a rilevanza industriale, quali sono innegabilmente i servizi cimiteriali e il trasporto funebre (cui sono state in maniera del tutto arbitraria aggiunte le onoranze funebri), e decidendo di offrire il beneficio dell’esclusiva per quel che attiene i trasporti, in violazione delle norme vigenti.
Dall’insieme di queste osservazioni – prosegue la ricorrente - traspare in maniera evidente la volontà del Comune di Trieste di aggirare il complesso di disposizioni previste dal T.U. Enti Locali, dalla legge n. 287/1990 e dal Trattato comunitario a presidio della concorrenza, per creare un soggetto forte, capace di escludere dal mercato le aziende private concorrenti grazie alla posizione di vantaggio illegittimamente garantitale: cosicché la posizione preminente in un settore del mercato si ripercuote sul libero svolgimento dell’attività degli operatori privati negli altri settori, creando un intreccio di influenze e condizionamenti difficilmente districabile.
Ciò posto, la ricorrente passa in rassegna i singoli servizi di cui si è detto (trasporti funebri, onoranze funebri, servizi cimiteriali), evidenziando in modo analitico l’asserito danno (anche sotto forma di c.d. perdita di chance, di concorrenza sleale, di danno all’immagine) che le avrebbe procurato l’illegittimo comportamento sia del Comune di Trieste che della società ACEGAS – APS s.p.a.;in particolare, quest’ultima avrebbe posto in essere numerosi comportamenti inquadrabili nel concetto di concorrenza sleale (compreso lo sviamento di clientela).
Si sono costituiti in giudizio l’intimato Comune e la società ACEGAS – APS s.p.a., chiedendo il rigetto del gravame.
Quest’ultimo è stato introitato dal Collegio ed è passato in decisione nella pubblica udienza del 28.1. 2009.
In rito, la accertata infondatezza del ricorso, come in prosieguo di trattazione dimostrata, esime il Collegio dal prendere in esame la eccezione con la quale il Comune resistente ha dedotto la inammissibilità del ricorso per non avere la ricorrente impugnato la deliberazione del Consiglio Comunale di Trieste n. 98 del 6 novembre 2006 (di cui si dirà in prosieguo di trattazione), dichiarata immediatamente eseguibile e conosciuta dalla ricorrente, con la quale è stato stabilito che il servizio di trasporto salme sarebbe stato svolto in regime di libera concorrenza: deliberazione preclusiva, pertanto, della pretesa risarcitoria antecedente il 7.12.2006 (con determinazione dirigenziale n. 177/06 del 7.12.2006 la società Primaria Impresa Zimolo s.r.l. – che aveva proposto il ricorso conclusosi con la pronuncia di questo Tribunale n. 170 del 2001, poi riformata in appello - veniva autorizzata “all’esercizio di attività di trasporto funebre nel territorio comunale”).
Sempre in rito, vanno dichiarate inammissibili tutte le pretese risarcitorie nei confronti della società ACEGAS – APS s.p.a., fondate su asseriti comportamenti improntati a concorrenza sleale (compreso lo sviamento di clientela): trattasi, infatti, di doglianze, non connesse a provvedimenti amministrativi, che attengono alla sfera privatistica delle due società – la ricorrente e la ACEGAS – APS s.p.a. – e che impingono su situazioni riconducibili allo schema del diritto soggettivo, eppertanto non andavano proposte avanti il Giudice amministrativo ma avanti il Giudice ordinario.
Come è noto, infatti, il criterio discretivo per l’individuazione del giudice che detiene la giurisdizione da tempo è stato individuato (piuttosto che nel petitum: domanda rivolta al giudice, di annullamento ovvero di accertamento di un diritto) nella causa petendi (ovvero petitum sostanziale), vale a dire nella caratterizzazione della posizione giuridica soggettiva fatta valere in giudizio in base al suo contenuto (e all’individuazione della sua natura giuridica). Orbene, alla stregua di siffatto criterio direttivo, è chiaro che, nel caso in esame, la ricorrente fa valere una posizione giuridica soggettiva che è certamente qualificabile come un diritto soggettivo, che essa assume violato (direttamente dalla controinteressata e indirettamente dalla P.A. resistente). In quanto tale la giurisdizione sulla controversia all’esame appartiene al Giudice ordinario.
Corollario di ciò è che la società ACEGAS – APS s.p.a. – come fondatamente eccepito dalla medesima - va estromessa dal giudizio, in quanto priva di legittimazione passiva in relazione alle pretese risarcitorie di cui si è testè detto ed altre pretese risarcitorie, le quali hanno, in realtà, il loro fondamento nell’asserito illegittimo comportamento del Comune di Trieste circa l’affidamento del servizio dei trasporti funebri e delle onoranze funebri.
Nel merito il ricorso va respinto.
In punto di fatto, come ha ricordato il resistente Comune di Trieste, il Consiglio Comunale ha adottato la deliberazione n. 98 del 6 novembre 2006, con la quale, dopo aver richiamato la giurisprudenza sull’argomento (Consiglio di Stato, Sez. V, 9 dicembre 2004, n. 7899 e Corte di Cassazione - Sez. I, 31 maggio 2005, n. 11503), ha “osservato che è ora possibile dare applicazione alla normativa vigente secondo i principi giurisprudenziali sopra delineati e procedere alle conseguenti determinazioni in ordine allo svolgimento del servizio di trasporto funebre in regime di libera concorrenza nell’ambito del territorio del Comune di Trieste;
- il predetto regime di libera concorrenza è applicabile ai trasporti delle salme dopo l’avvenuto accertamento della morte da parte del medico necroscopo o, nei casi previsti dalla normativa, dopo il rilascio del nulla osta da parte dell’Autorità Giudiziaria;
- lo stesso regime di libera concorrenza non può essere applicato prima dell’accertamento della morte o prima del rilascio del nulla osta sopra richiamato in quanto detto trasporto va effettuato sino a quel momento sotto il controllo del Comune, attualmente mediante l’affidamento all’ACEGAS-APS S.p.a., tenuto conto delle esigenze di carattere igienico-sanitario, di sicurezza e di ordine pubblico, il cui soddisfacimento è assicurato istituzionalmente dal medesimo Comune in virtù delle attribuzioni previste dalla vigente normativa e, in particolare, dai cap. Il, III, IV e V del D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 (Regolamento di Polizia Mortuaria)”.
Il Consiglio comunale ha, conseguentemente, deliberato:
“1) di dare atto che è venuto meno ope legis il diritto di privativa in materia di trasporto funebre, nonché di determinare che, nel territorio del Comune di Trieste, a decorrere dalla data di esecutività della presente deliberazione.
1a) viene svolto in regime di libera concorrenza il servizio di trasporto delle salme dopo l’avvenuto accertamento della morte da parte del medico necroscopo o, nei casi previsti dalla normativa, dopo il rilascio del nulla osta da parte dell’Autorità Giudiziaria;
1 b) viene revocata la deliberazione n. 1683 del 30 novembre 1935 (approvata dalla G.P.A. il 12.12.1935 al numero speciale 1463 sub Il - 2133/30671), che dispone l’assunzione in economia e con diritto di privativa del servizio dei trasporti funebri;
1c) viene abrogato il primo comma dell’articolo 1 del Regolamento dei Trasporti Funebri Comunali concernente l’assunzione in economia e con diritto di privativa del servizio del trasporto funebre nel territorio del Comune di Trieste,’
1d) viene abrogato il primo comma dell’art. 14 del Regolamento dei Trasporti Funebri Comunali meglio specificato in premessa;
1e) vengono abrogati gli articoli n. 20, 21, 22, e 23 del capo IV del Regolamento dei Trasporti Funebri Comunali titolato “norme per la gestione del servizio in economia “;
1f) l’esercizio del servizio del trasporto funebre, di cui alla precedente lettera la), è subordinato a previa apposita autorizzazione, la quale è rilasciata dal Comune, su istanza del soggetto interessato, dopo l’avvenuta verifica dei presupposti dei requisiti e di quant’altro previsto dalla normativa, ferma restando la posizione dell’ACEGAS-APS S.p.a. affidataria dei servizi funerari e cimiteriali;
1g) è demandata, ai sensi dell’art. 131 dello Statuto del Comune di Trieste, a successivo atto dirigenziale la definizione delle disposizioni operative per lo svolgimento delle attività inerenti il trasporto funebre, in conformità alla normativa, fatte salve le esigenze del servizio cimiteriale e fatti salvi i livelli minimi di qualità del servizio, approvati con deliberazione consiliare n. 30 dell’8 maggio 2000, che qui s’intendono integralmente richiamati e che dovranno essere assicurati dal soggetto autorizzato con controllo del Comune di Trieste.”
Con determinazione dirigenziale n. 3914/06 del 4 dicembre 2006 – ricorda sempre l’intimato Comune - sono state previste le disposizioni operative per lo svolgimento delle attività inerenti il trasporto funebre.
A seguito ad apposita istanza in data 4 dicembre 2006, corredata dalla necessaria documentazione, il Comune - dopo aver verificato la sussistenza dei presupposti, dei requisiti e di quant’altro previsto dalla normativa e, in particolare, della licenza rilasciata dal Questore della Provincia di Trieste in data 28 aprile 2006 - con determinazione dirigenziale n. 177/06 del 7 dicembre 2006 ha autorizzato la società Primaria Impresa Zimolo s.r.l. “all’esercizio di attività di trasporto funebre nel territorio comunale”.
Ciò ricordato, sembra opportuno, per un puntuale inquadramento della vicenda, riportare i passaggi salienti delle surriferite pronunce di questo Tribunale 23 aprile 2001, n. 170 e del Consiglio di Stato, sesta Sezione, 27 dicembre 2006, n. 7950.
La sentenza n. 170/01 è stata resa sul ricorso n. 569/00 proposto dalla società PRIMARIA IMPRESA ZIMOLO s.r.l. per l’annullamento:
1) della deliberazione del Consiglio comunale di Trieste n. 30 in data 8.5.2000, avente ad oggetto: ”Servizi funerari-affidamento all’AC.E.GA.S. S.p.a. per la durata di 30 anni;
2) in parte qua, della deliberazione n.110 in data 23.12.1996, con la quale il Consiglio comunale di Trieste ha revocato l’affidamento dei servizi pubblici locali alla azienda municipalizzata ACEGA (Azienda Comunale Elettricità Gas Acqua) , ed ha costituito la società A.C.E.GA.S. s.p.a., cui affidare i servizi di acquedotto, elettricità e gas, nonchè gli altri servizi rientranti nell’oggetto sociale(tra cui i servizi pubblici cimiteriali) ;
3) dell’art. 3 dello Statuto dell’AC.E.GA.S. s.p.a., ove è prevista “la gestione dei servizi funebri e cimiteriali”.
Questi i passaggi salienti della sentenza:
“Il ricorso si appalesa inammissibile per mancanza di interesse in capo alla impresa ricorrente, giusta le eccezioni sollevate dai resistenti.
Il Comune di Trieste-osserva il Collegio-gestiva in economia le c.d.onoranze funebri (es.:cofani, fiori, addobbi) ed in regime di privativa il trasporto funebre.
Il regime di privativa, occorre precisare, traeva il proprio fondamento giuridico dall’art.1, comma 1, punto 8° del R.D. 15 ottobre 1925, n.2578.
Quest’ultimo decreto è così intitolato:”Approvazione del testo unico della legge sull'assunzione diretta dei pubblici servizi da parte dei comuni e delle province”.
L’art.1, comma 1, punto 8° del decreto in parola ha previsto, per quello che interessa, che:”1 (art. 1 della legge 29 marzo 1903, n. 103, e art. 1° del regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3047.) - I comuni possono assumere nei modi stabiliti dal presente testo unico, l'impianto e l'esercizio diretto dei pubblici servizi e segnatamente di quelli relativi agli oggetti seguenti:......8° trasporti funebri, anche con diritto di privativa, eccettuati i trasporti dei soci di congregazioni, confraternite ed altre associazioni costituite a tal fine e riconosciute come enti morali;......”.
Non sembra superfluo ricordare, in questo contesto, che l’art. 91 del R.D. 3 marzo 1934, n. 383, stabiliva, tra l'altro, l'obbligatorietà delle spese per i servizi relativi ai trasporti funebri(lett. C, n. 11) .
Ciò posto, va detto che, come risulta dallo studio effettuato (su incarico del Comune) dalla Scuola di direzione aziendale dell’Università Luigi Bocconi(approvato con la impugnata deliberazione 8.5.2000, n.30), il servizio di onoranze funebri era svolto “in concorrenza con due ditte private”(pagg.11 e 24) .
Ora, con il “Contratto di servizio per la gestione dei servizi funerari nel Comune di Trieste”, il cui schema è stato approvato con la gravata deliberazione n.30/2000, è stato affidato alla controinteressata società A.C.E.GA.S. s.p.a., tra l’altro, ”la gestione dei servizi di onoranze e trasporto funebre, in ottemperanza alle disposizioni contenute nel Regolamento dei Servizi Funebri Comunali pro tempore vigente”.
Giova precisare che il secondo servizio(trasporto funebre) è stato affidato in esclusiva (art. 7 del contratto in argomento) alla società controinteressata:ma ciò, de plano, non significa che si sia creata, come opina la deducente, una forma di monopolio in capo alla medesima, nel senso di una esclusione di qualsiasi altro soggetto da siffatta attività. Con questa formula il Comune si è semplicemente vincolato (fino a diversa determinazione) a non affidare il servizio de quo ad altri soggetti.
La impresa ricorrente, come risulta dal relativo statuto, svolge esclusivamente la attività di trasporto funebre e di onoranze funebri (con esclusione, quindi, dei c.d.servizi cimiteriali, cioè di tutte quelle attività dirette al seppellimento delle salme ed alla cremazione) .
Quindi, per quanto riguarda i c.d.servizi cimiteriali, nessuna lesione è derivata alla ricorrente, non gestendo essa questi servizi (e, correlativamente, nessun vantaggio le deriverebbe dall’annullamento, in parte qua, degli atti impugnati) ;circa le attività di onoranze funebri e di trasporto funebre, l’accoglimento del ricorso farebbe sì che ritornerebbe in vita il pregresso assetto(regime in economia e privativa), di cui si è cennato, certamente non più favorevole per gli interessi della deducente di quello nuovo.
In particolare, non prevedendo il nuovo assetto una situazione maggiormente pregiudizievole per la istante, non si vede come quest’ultima possa affermare (pag.3 del ricorso) che si creerebbe un “sostanziale blocco di tutta la propria attività commerciale........”.Pertanto, dall’annullamento giurisdizionale degli atti impugnati nessun concreto vantaggio deriverebbe alla ricorrente.
[……]”.
La decisone del Consiglio di Stato, sesta Sezione, 27 dicembre 2006, n. 7950, a sua volta, così si esprimeva:
“[……] Come già osservato, parte appellante non contesta la declaratoria di difetto di interesse in relazione ai servizi cimiteriali. Su tale punto pertanto la sentenza è passata in giudicato.
5. E’ fondato il primo motivo di appello, con cui si afferma l’erroneità del capo di sentenza che dichiara inammissibile per difetto di interesse il ricorso, quanto al servizio di trasporto funebre e alle onoranze funebri.
5.1. Invero, in punto di fatto la società ricorrente prima della costituzione della società A.C.E.GA.S. gestiva per conto del comune il servizio di trasporto funebre, donde la aspettativa a essere contemplata in caso di ulteriori affidamenti, e a non vedere affidato il servizio in via esclusiva ad un altro soggetto, in regime di monopolio.
5.2. In secondo luogo, secondo quanto affermano le parti, A.C.E.GA.S. sarebbe una società a partecipazione mista, di capitale pubblico e privato.
Sotto questo profilo, si profila l’indubbio interesse di una società privata a non subire una indebita concorrenza da parte di una società che non è in house, ma che opera sul mercato in concorrenza con le società private per taluni servizi (le onoranze funebri) avvalendosi del beneficio del capitale pubblico e dell’esclusiva per altri servizi (quelli di trasporto funebre e quelli cimiteriali). Gli effetti distorsivi sul mercato di siffatte situazioni sono stati da tempo evidenziati dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale.
5.3. In terzo luogo, come correttamente osservato da parte appellante, l’annullamento dell’affidamento ad A.C.E.GA.S. in regime di monopolio non comporta il ripristino della situazione anteriore, che era di privativa.
Invero, oggetto di contestazione è proprio la perdurante legittimità del regime di monopolio del servizio di trasporto funebre.
5.4. Infine, quanto alle onoranze funebri, posto che dalla documentazione in atti si evince che non vi è mai stato un regime di monopolio (da uno studio demandato all’Università Bocconi di Milano si desume che il Comune opera in concorrenza con due operatori privati), evidente è l’interesse della società appellante a non vedere esercitato tale servizio, in regime di concorrenza, da una società pubblica che si avvantaggia di capitale pubblico e dei guadagni derivanti dall’esercizio di altro servizio in regime di monopolio.
6. Passando all’esame del merito, il ricorso è fondato e va accolto nei limiti dell’interesse del ricorrente e dei motivi da questo articolati in prime cure, nei sensi che si vanno ad esporre.
Vanno esaminati distintamente due ordini di censure.
Da un lato il ricorrente sostiene che le onoranze funebri non sono un servizio pubblico e pertanto non possono essere affidate ad una società pubblica.
Dall’altro lato il ricorrente contesta l’affidamento del servizio di trasporto funebre alla società A.C.E.GA.S. in regime di monopolio.
7. Il primo ordine di censure è fondato.
Le onoranze funebri hanno un carattere spiccatamente commerciale, per cui il relativo esercizio va lasciato al mercato.
Al limite, le onoranze funebri potrebbero essere ascritte ai servizi pubblici di rilevanza economica. Per questi, l’affidamento deve avvenire sul mercato, secondo i principi costituzionali e comunitari, di cui costituisce ora codificazione l’art. 113, t.u. n. 267/2000: e dunque o l’affidamento avviene a società in house, o a privati scelti con gara, o a società miste il cui socio privato sia scelto con gara. Tali regole, per la loro portata di principi desumibili dalla giurisprudenza comunitaria, dovevano ritenersi applicabili anche prima della loro formale codificazione, e dunque anche all’epoca di adozione della delibera comunale n. 30/2000 (la nota sentenza Teckal della Corte di giustizia CE, che ha stabilito i confini delle società in house, è anteriore al 2000: Corte giust. CE, 18 novembre 1999 n. 107/98).
Nel caso specifico, invece, le onoranze funebri sono state assunte dal Comune come un servizio di propria competenza, e sono state affidate in via diretta, senza gara, ad una società mista.
Ne consegue l’illegittimità della delibera del 2000 in parte qua.
8. Il secondo ordine di censure è parzialmente fondato, laddove contesta il regime di monopolio, mentre è infondato laddove si assume che il servizio di trasporto funebre non sarebbe un servizio pubblico.
Ritiene il Collegio che il regime di monopolio per il servizio di trasporto funebre non è più vigente, a far data dall’entrata in vigore della l. n. 142/1990, secondo quanto già affermato da copiosa giurisprudenza.
Invero, la possibilità del regime di monopolio per il servizio di trasporto funebre era previsto dal r.d. 15 ottobre 1025 n. 2578, il cui art. 1, n. 8, consentiva ai Comuni sia di assumere tale servizio, sia di optare per il regime di privativa.
Ma l’art. 22, co. 2, l. n. 142/1990, dispone che i servizi riservati in via esclusiva ai comuni e alle province sono stabiliti dalla legge.
Occorre pertanto una norma primaria espressa, a giustificare un regime di monopolio pubblico nell’esercizio di un servizio pubblico locale.
L’art. 64, l. n. 142/1990 ha abrogato tutte le disposizioni anteriori, incompatibili con la l. n. 142 medesima.
E non può nutrirsi alcun dubbio circa l’insanabile contrasto che, già nel 1990, impediva di conciliare il portato precettivo dell’art. 1, r.d. n. 2578/1925 con quello innovativamente recato dall’art. 22 l. n. 142/1990.
A tal proposito è dirimente la considerazione che il primo articolo rimetteva ad un atto amministrativo comunale la scelta dell’assunzione dell’impianto e dell’esercizio dei trasporti funebri con diritto di privativa: detto altrimenti, l’art. 1 del citato r.d. riservava alla discrezionalità dell’ente civico l’opzione sull’istituzione, o meno, di un monopolio, di carattere giuridico, sul servizio in questione.
Il dismorfismo esistente tra la disposizione appena considerata e l’art. 22 l. n. 142/1990 non potrebbe essere più evidente, giacché il secondo comma di quest’ultima previsione assegnava soltanto alla fonte legislativa il potere di attribuire in via esclusiva a comuni e province taluni servizi pubblici, cancellando del tutto la possibilità di un’ascrizione della privativa mediante una mera delibera di assunzione.
Né la perdurante vigenza in parte qua dell’art. 1, r.d. n. 2578/1925 potrebbe desumersi dal sopravvenuto art. 274 d.lgs. n. 267/2000, nel quale sono citate espressamente le norme abrogate dal vigente testo unico, tra cui non vi è menzione della citata disposizione.
Invero, da un lato, la circostanza non appare univocamente interpretabile, giacché essa potrebbe piuttosto assumere il significato di una conferma legislativa, seppure implicita, dell’intervenuta abrogazione della norma del 1925 fin dall’entrata in vigore della l. n. 142/1990.
E, dall’altro lato, il successivo art. 275, t.u.e.l. del 2000, analogamente al ridetto art. 64, l. n. 142/1990, reca una clausola di abrogazione per incompatibilità.
Né argomenti in contrario possono trarsi dall’art. 7, t.u.e.l. che assegna alla potestà regolamentare dei comuni l’organizzazione ed il funzionamento degli organi e degli uffici.
Invero l’art. 7 è previsione che postula, e non fonda, l’esistenza di una valida attribuzione al comune - in forza di una fonte di rango pari o superiore – della competenza sulle materie da regolamentare.
Neppure si può argomentare dall’abrogazione del comma 2 dell’art. 112, t.u. n. 267/2000, che, analogamente all’art. 22, co. 2, l. n. 142/1990, stabiliva la necessità di una legge per l’assunzione di servizi locali in regime di privativa da parte degli enti locali.
Il senso di siffatta abrogazione deve coerentemente ricercarsi alla luce della ratio complessiva del testo normativo che l’ha disposta. Orbene, non v’è dubbio alcuno che l'art. 35, co. 12, lett. c), l. 28 dicembre 2001, n. 448, al quale risale l’effetto abrogativo in questione, lungi dall’essere una norma ispirata da un’ideologia di matrice dirigistica, abbia piuttosto contribuito ad abbattere in gran parte (e, come noto, nemmeno completamente) i residui profili anticoncorrenziali che tuttora allignano nella disciplina dei servizi pubblici locali.
Non può quindi rinvenirsi nella previsione l’ancora di salvezza di una non più esistente privativa comunale sui servizi di trasporto funebre, poiché l’eliminazione dal mondo giuridico del secondo comma dell’art. 112 t.u.e.l. non ha comportato la reviviscenza di antichi privilegi monopolistici, quanto, esattamente all’inverso, l’evento ha segnato la definitiva cessazione, almeno in linea generale, di ogni privativa sui servizi pubblici di cui risultino titolari gli enti locali (e non soltanto i Comuni e le Province;tanto si desume dal coordinamento con il primo comma dell’art. 112 t.u.e.l.) fatte salva l’eventuale esistenza di contrarie previsioni legislative rispettose dell’art. 43 Cost. (si pensi, a titolo di esempio, all’art. 21, d.lgs. n. 22/1997 sulla gestione dei rifiuti urbani e di quelli assimilati).
Insomma l’art. 35, l. n. 448/2001 è una norma di ampia “liberalizzazione” del settore e, dunque, si mostra frutto di un evidente travisamento ermeneutico l’idea che proprio essa tuttora contribuisca a giustificare la permanenza in vita della privativa oggetto del contendere.
8.1. In tal senso si è pronunciata la giurisprudenza di questo Consesso (Cons. St., sez. V, 9 dicembre 2004 n. 7899).
Nello stesso senso si è pronunciata la Corte di Cassazione, che del pari ha ritenuto l’art. 1, n. 8, r.d. n. 2578/1925 in contrasto con l’art. 22, l. n. 142/1990, atteso che quest’ultimo consente regimi di monopolio pubblico in relazione ai servizi locali solo sulla base di una espressa previsione di legge, laddove in base alla normativa del 1925 la creazione di un monopolio legale dipendeva da una scelta di natura amministrativa (Cass. civ., sez. I, 6 giugno 2005 n. 11726).
La Corte suprema ha aggiunto che per il servizio di trasporto funebre - attualmente classificabile tra i servizi di rilevanza economica, ai sensi dell’art. 113, d.lgs. n. 267/200, e quindi ricadente in un ambito contrassegnato dalla più ampia libertà di concorrenza – non è configurabile una reviviscenza della originaria situazione di monopolio a seguito della emanazione del d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, recante il regolamento di polizia mortuaria, approvato in esecuzione dell’art. 358 t.u.l.s. (r.d. 27 luglio 1934, n. 1265), atteso che tale regolamento disciplina i profili sanitari del servizio, ma non detta alcun intervento restrittivo della libertà di concorrenza nel settore (enunciando il principio di cui in massima, la corte di cassazione ha confermato la sentenza di merito, la quale - previa disapplicazione del regolamento del comune di Bari sull’esercizio in economia del servizio dei trasporti funebri - aveva annullato l’ordinanza-ingiunzione adottata per l’avvenuta violazione del predetto regolamento in ragione del compimento di un trasporto di salme senza l’autorizzazione dell’ente locale, rilasciata in deroga al suo diritto di privativa).
8.2. Ulteriore argomento a sostegno della tesi si trae dal d.m. 28 maggio 1993, che, nell’individuare i servizi locali indispensabili dei comuni, province e comunità montane, ai fini della non assoggettabilità ad esecuzione forzata, vi include i <<servizi necroscopici e cimiteriali>>ma non anche quelli di trasporto funebre.
8.3. Si deve in conclusione osservare che nel mutato quadro costituzionale e comunitario, i regimi di monopolio legale sono ammessi in casi tassativi, quando vi sia un fine di utilità generale, e sempre che si tratti di servizi pubblici essenziali, o di imprese relative a fonti di energia, o vi sia un preminente interesse generale, o una situazione di monopolio di fatto sul mercato (art. 43 Cost.).
8.4. Tali situazioni non ricorrono con riguardo al servizio di trasporto funebre, che può essere esercitato, e di fatto viene esercitato in molti Comuni, in regime di libera concorrenza.
Il Comune può, pertanto, senz’altro svolgere il trasporto funebre in regime di concorrenza.
Può, inoltre, anzi, deve, regolamentare il servizio di trasporto funebre esercito dai privati, al pari di quanto accade per qualsivoglia servizio pubblico gestito in regime di concorrenza, al fine di assicurare che il servizio sia in ogni caso garantito, anche ai non abbienti e quotidianamente, senza subire paralisi che non sono compatibili con la tipologia del servizio medesimo, in relazione ad esigenze di igiene e sanità pubblica.
In tale prospettiva, il Comune può anche riservare a sé lo svolgimento del servizio in via residuale, per situazioni di emergenza in cui non intervengono i privati, o per i soggetti non abbienti, in alternativa alla possibilità di imporre ai privati un servizio di turnazione per tali situazioni.
9. Tutto ciò osservato, il Collegio osserva che va dichiarata illegittima, e annullata, la delibera n. 30/2000, nella parte in cui prevede il regime di monopolio per l’affidamento del servizio di trasporto funebre ad A.C.E.GA.S..
9.1. La delibera non può essere invece annullata anche quanto all’affidamento del servizio ad A.C.E.GA.S., che può essere mantenuto depurato dalla clausola di privativa.
Invero, nel ricorso di primo grado si contesta anche l’affidamento in sé ad una società pubblica di un servizio di carattere imprenditoriale.
Tuttavia, mentre le onoranze funebri possono essere considerate un servizio imprenditoriale, il trasporto funebre ha i connotati di un servizio pubblico, ancorché possa avere rilevanza economica (in tal senso Cass. civ., sez. I, 6 giugno 2005 n. 11726).
Invero, si tratta di un servizio che ha i connotati della indispensabilità, attese le gravi conseguenze di carattere igienico sanitario che si avrebbero in caso di mancato esercizio, e che pertanto soddisfa un bisogno insopprimibile della collettività.
Pertanto, non può in radice negarsi la possibilità di assunzione da parte del Comune e di conseguente affidamento ad una società pubblica.
Sotto tale profilo è infondata la censura di parte appellante, che contesta in radice la possibilità di affidamento del servizio in questione ad una società pubblica, sull’erroneo presupposto del carattere imprenditoriale e privato del servizio in esame.
9.2. Altra questione è quella della legittimità o meno dell’avvenuto affidamento senza gara del servizio de quo alla società A.C.E.GA.S. (che, si assume, è una società mista e non una società a totale capitale pubblico, in house).
Ma tale punto non può essere esaminato di ufficio dal Collegio, in difetto di motivo di censura nel ricorso di primo grado, ed essendo inammissibili le censure sul punto sollevate solo con memoria in appello.
Fermo restando che dalla presente decisione deriva la possibilità per la società ricorrente di svolgere il servizio di trasporto funebre, che non è più oggetto di monopolio di A.C.E.GA.S., e che permane la possibilità di svolgimento di detto servizio da parte di A.C.E.GA.S. in regime di concorrenza, il Comune potrà autonomamente valutare se intervenire in via di autotutela in ordine all’affidamento diretto senza gara del servizio alla società mista e in ordine alla rimodulazione del servizio, per gli aspetti di essenzialità che esso presenta in determinate situazioni, secondo quanto osservato dalla presente decisione.
9.3. Non può invece essere annullata la delibera n. 110/1996, perché non è in sé illegittimo costituire una società mista e prevedere la possibilità di affidarle il servizio di trasporto funebre, purché vengano rispettate, in sede di affidamento, le regole che escludono il regime di monopolio e che impongono il regime della gara se la società non è in house.
9.4. Il Collegio difetta inoltre di giurisdizione ad annullare lo statuto della società A.C.E.GA.S..
10. In conclusione, l’appello va accolto in parte, nei sensi di cui in motivazione, e, per l’effetto va annullata la delibera del Comune di Trieste n. 30/2000, nella parte in cui prevede l’affidamento diretto ad A.C.E.GA.S. del servizio di onoranze funebri, e nella parte in cui prevede il regime di monopolio quanto al servizio di trasporto funebre affidato ad A.C.E.GA.S.;resta ferma detta delibera nella parte in cui affida i servizi cimiteriali, e nella parte in cui affida ad A.C.E.GA.S. il servizio di trasporto funebre, depurato dalla clausola di privativa.
[……]”.
Questi i passaggi salienti della decisione del Consiglio di Stato, sesta Sezione, 27 dicembre 2006, n. 7950.
Come si è visto, la decisione si concludeva con l’annullamento della deliberazione del Comune di Trieste n. 30/2000, nella parte in cui prevedeva l’affidamento diretto ad A.C.E.GA.S. del servizio di onoranze funebri e nella parte in cui prevedeva il regime di monopolio quanto al servizio di trasporto funebre affidato ad A.C.E.GA.S.;ferma restando detta deliberazione nella parte in cui affidava i servizi cimiteriali e nella parte in cui affidava ad A.C.E.GA.S. il servizio di trasporto funebre, depurato dalla clausola di privativa.
Se quello sopra esposto è il complessivo quadro fattuale e giuridico di riferimento, non è fondatamente confutabile che le pretese risarcitorie non possano avere ingresso.
All’uopo occorre ricordare che il risarcimento del danno non è una conseguenza automatica dell'annullamento giurisdizionale ma richiede la positiva verifica di tutti i requisiti previsti dalla legge: oltre alla lesione della situazione soggettiva d'interesse tutelata dall'ordinamento, è indispensabile che sia accertata la colpa dell'amministrazione, l'esistenza di un danno al patrimonio e che sussista un nesso causale tra l'illecito ed il danno subito. Però, più che accedere direttamente alla colpa - intesa come profilo soggettivo di responsabilità e ritenuta configurabile quando l'adozione dell'atto illegittimo sia avvenuta in violazione delle regole di imparzialità, di correttezza e di buona amministrazione, che si pongono come limiti esterni alla discrezionalità - è indispensabile accedere a una nozione di tipo oggettivo che tenga conto dei vizi che inficiano il provvedimento ed in linea con le indicazioni della giurisprudenza comunitaria, della gravità della violazione commessa dall'amministrazione, anche alla luce dell'ampiezza delle valutazioni discrezionali rimesse all'organo, dei precedenti della giurisprudenza, della equivocità o contraddittorietà della normativa di riferimento, dei contrastanti orientamenti giurisprudenziali, della novità delle questioni, et similia (Cfr., ex pluribus, T.A.R. Lombardia, 6 novembre 2000, n. 6258), e, ancora, delle condizioni concrete e dell'apporto eventualmente dato dai privati nel procedimento;pertanto se la violazione è l'effetto di un errore scusabile dell'autorità, non si potrà configurare il requisito della colpa, se, invece, la violazione appare grave e se essa matura in un contesto nel quale all'indirizzo dell'amministrazione sono formulati addebiti ragionevoli, specie sul piano della diligenza e della perizia, il requisito della colpa dovrà sussistere (Cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 14 giugno 2001, n. 3169;Cons. Stato, Sez. VI, 18 dicembre 2001, n. 6281).
Va ulteriormente puntualizzato che nell'assetto attuale la responsabilità dell'Amministrazione conseguente all'adozione di atti illegittimi resta saldamente inserita nel sistema dell' illecito delineato dagli artt. 2043 e segg. Cod. civ., anche per esigenze di coerenza complessiva dell' ordinamento e di necessaria omogeneità delle tecniche di protezione giuridica degli interessi meritevoli di tutela;ciò significa che la responsabilità della Pubblica amministrazione, correlata all' adozione di atti amministrativi illegittimi, lesivi di posizioni protette dall'ordinamento, va costruita secondo le regole comuni stabilite dal diritto delle obbligazioni e quindi, in applicazione dell' art. 2697 Cod. civ., il danneggiato ha l'onere di provare tutti gli elementi della domanda di risarcimento (danno, nesso di causalità e colpa) (Cfr., in argomento, Cons. Stato, V Sez., 6 agosto 2001, n. 4239) .
Nel caso in esame – osserva il Collegio - difetta pacificamente l’elemento soggettivo – la colpa - richiesto per la configurabilità di un danno risarcibile, posto che la sentenza di questo Tribunale 23 aprile 2001, n. 170 aveva sancito, in buona sostanza, la legittimità del comportamento del Comune di Trieste in relazione ai servizi de quibus, eppertanto, il Comune stesso non poteva assumere delle determinazioni difformi dalla sentenza, dovendo unicamente rispettare il decisum.
Intervenuta la decisione del Consiglio di Stato, sesta Sezione, 27 dicembre 2006, n. 7950, il Comune, come si è visto, quanto al servizio trasporto funebre, si è conformato alle statuizioni del Giudice d’appello con la deliberazione consiliare n. 98 del 6 novembre 2006, con la determinazione dirigenziale n. 3914/06 del 4 dicembre 2006 e con la determinazione dirigenziale n. 177/06 del 7 dicembre 2006 (atti sopra richiamati).
Quindi, nessun addebito può essere mosso al Comune per il periodo che va dall’aprile 2001 al dicembre 2006 circa il servizio del trasporto funebre e quello delle onoranze funebri;tanto più che il Consiglio di Stato – come si è visto - aveva stabilito la legittimità dell’affidamento ad A.C.E.GA.S. del servizio di trasporto funebre, sia pure depurato dalla clausola di privativa.
L’unica questione risarcitoria rimane quella dei danni derivanti dall’esercizio della attività di onoranze funebri successivamente all’intervenuta pronuncia del Giudice d’appello.
Sul punto la pronuncia – lo si è visto - così si era espressa:
“ Le onoranze funebri hanno un carattere spiccatamente commerciale, per cui il relativo esercizio va lasciato al mercato.
Al limite, le onoranze funebri potrebbero essere ascritte ai servizi pubblici di rilevanza economica. Per questi, l’affidamento deve avvenire sul mercato, secondo i principi costituzionali e comunitari, di cui costituisce ora codificazione l’art. 113, t.u. n. 267/2000: e dunque o l’affidamento avviene a società in house, o a privati scelti con gara, o a società miste il cui socio privato sia scelto con gara. Tali regole, per la loro portata di principi desumibili dalla giurisprudenza comunitaria, dovevano ritenersi applicabili anche prima della loro formale codificazione, e dunque anche all’epoca di adozione della delibera comunale n. 30/2000 (la nota sentenza Teckal della Corte di giustizia CE, che ha stabilito i confini delle società in house, è anteriore al 2000: Corte giust. CE, 18 novembre 1999 n. 107/98).
Nel caso specifico, invece, le onoranze funebri sono state assunte dal Comune come un servizio di propria competenza, e sono state affidate in via diretta, senza gara, ad una società mista.
Ne consegue l’illegittimità della delibera del 2000 in parte qua”.
Ritiene il Collegio che si verserebbe – a rigore - nella ipotesi della inesecuzione della decisione d’appello, per la quale l’ordinamento prevede il particolare rimedio del giudizio di ottemperanza.
Non sembra, pertanto, potersi fare luogo ad una istanza risarcitoria non preceduta dall’instaurazione, da parte dei soggetti legittimati, di questo giudizio o, quanto meno, da una diffida ad hoc al Comune acchè procedesse al riaffidamento del servizio nei modi indicati dal Consiglio di Stato.
Quand’anche, però, la istanza risarcitoria fosse ammissibile a prescindere dal giudizio di ottemperanza o da una previa diffida, va osservato che, comunque, l'istante non ha dimostrato, come doveva – lo ha fatto solo per i danni derivanti dal lamentato monopolio nel settore dei trasporti funebri - l'effettivo danno subito e la sua entità, eppertanto la domanda risarcitoria va disattesa (Cfr.,ex pluribus,T.A.R. Campania,19 aprile 1999, n. 1044).
In conclusione, alla stregua delle suesposte considerazioni, previa estromissione della società ACEGAS-APS s.p.a., il ricorso va in parte
dichiarato inammissibile e in parte va rigettato.
Le spese del giudizio – attesa la complessità delle questioni trattate – possono venire compensate nella loro integralità.