TAR Catania, sez. I, sentenza 2023-10-09, n. 202302927

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. I, sentenza 2023-10-09, n. 202302927
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 202302927
Data del deposito : 9 ottobre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/10/2023

N. 02927/2023 REG.PROV.COLL.

N. 02659/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2659 del 2012, proposto da
-OMISSIS- e -OMISSIS-, rappresentati e difesi dall'avvocato G D V, con domicilio eletto presso il suo studio in Catania, via Fimia, 27;

contro

Comune di -OMISSIS- (CT), in persona del Sindaco pro tempore , non costituito in giudizio;

Assessorato Regionale Territorio e Ambiente Dipartimento Regionale Urbanistica, in persona dell’Assessore pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Catania, via Vecchia Ognina, 1-OMISSIS-;

per l'annullamento,

- dell’ordinanza di demolizione n. -OMISSIS- dell’08.02.2012, notificata il 22.06.2012 con la quale è stato intimato ai ricorrenti di procedere alla demolizione delle opere realizzate in pretesa assenza di concessione edilizia e in presenza di variazioni essenziali, ricadente nel lotto di terreno censito nel Nuovo Catasto Edilizio Urbano (N.C.E.U.) del Comune di -OMISSIS- al foglio -OMISSIS-, particella -OMISSIS-, sub -OMISSIS- ubicato in contrata -OMISSIS-, entro novanta giorni dalla notifica dell’ordinanza a propria cura e spese;

- del silenzio-diniego formatosi sulla domanda di accertamento di conformità presentata dai ricorrenti il 25.06.2012 prot. n. -OMISSIS- (pratica n. -OMISSIS-), in ordine al manufatto realizzato nel territorio del Comune di -OMISSIS-, c.da -OMISSIS- s.n.c;

- del decreto del 5.5.2003, pubblicato sulla G.U.R.S. del 20.6.2003, con il quale il Dirigente Generale del Dipartimento Regionale Urbanistica della Sicilia, ha approvato il Piano Regolatore Generale (P.R.G.) del Comune di -OMISSIS-, con annesse prescrizioni esecutive e regolamento edilizio, limitatamente alla parte nella quale ha previsto che l’area di proprietà dei ricorrenti ricada in area di “interesse archeologico” ai sensi della legge 08.08.1985 n. 431, giusta nota prot. n. 2442/III del 17.08.1994, inoltrata dal Direttore di Sezione al Comune di -OMISSIS- – atti, quelli da ultimo elencati, mai notificati ai ricorrenti che ne hanno avuto legale conoscenza in seguito alla presentazione della domanda di accertamento di conformità del 25.06.2012 e successivamente al rilascio della concessione edilizia n. 23 rilasciata il 03.02.2009 e del relativo provvedimento dirigenziale di voltura del medesimo titolo urbanistico;

– nonché, ove occorra, della nota prot. n. 2442/III del 17.08.1994, inoltrata dal Direttore di Sezione della Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Catania al Comune di -OMISSIS-, con la delimitazione delle aree di interesse archeologico (con allegata la relativa cartografia), degli articoli 13 del Regolamento Edilizio Comunale (REC) e 73 delle Norme Tecniche di Attuazione (NTA) allegato al PRG dell’Ente intimato, e di ogni altro atto o provvedimento, presupposto, conseguente o connesso a quelli impugnati sotto il profilo oggettivo, soggettivo, funzionale o infraprocedimentale;

- di ogni altro atto presupposto, conseguente o connesso;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di -OMISSIS- e dell’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente Dipartimento Regionale Urbanistica;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 25 settembre 2023 il dott. G L;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con ricorso notificato e depositato nei termini di rito, i ricorrenti – proprietari di un fabbricato sito nel Comune di -OMISSIS-, contrada -OMISSIS-, s.n.c, identificato nel Nuovo Catasto Edilizio Urbano (N.C.E.U.) al foglio -OMISSIS-, part. -OMISSIS-, sub -OMISSIS- ricadente in zona di espansione “ZC1” dello strumento urbanistico vigente – impugnavano i provvedimenti, meglio specificati in premessa, esponendo quanto segue.

In data 3.2.2009, il Comune di -OMISSIS- rilasciava al dante causa degli odierni ricorrenti la concessione edilizia n. 23/2009, poi volturata in favore di questi ultimi, avente ad oggetto la realizzazione di una unità immobiliare in zona B8 del P.R.G.

Con nota del 10.4.2012, veniva comunicato ai ricorrenti, ai sensi dell’art. 7 L. n. 241/1990, l’avvio del procedimento amministrativo volto all’adozione di provvedimenti repressivi e sanzionatori per le pretese difformità dell’immobile realizzato rispetto a quanto assentito con la suddetta concessione edilizia.

In particolare, con atto di accertamento del 21.3.2012 a cura della Polizia Municipale di -OMISSIS-, venivano acclarate le seguenti divergenze:

- prolungamento della scala che collega il piano primo del manufatto in parola al sottotetto, integrante un aumento, asseritamente non consentito, della superficie utile lorda del fabbricato;

- modificazione del prospetto su pubblica via conseguente alle diverse aperture realizzate ai piani terra e primo.

Il tutto in violazione del permesso di costruire rilasciato, dei parametri dettati dagli strumenti urbanistici e, oltretutto, su area di interesse archeologico in assenza del nulla osta da parte della competente Soprintendenza prescritto dall’art. 13 del regolamento edilizio comunale.

Pur a seguito delle osservazioni prodotte dai ricorrenti – volte ad affermare l’insussistenza dei vincoli archeologici ritenuti operanti sulla zona – nondimeno il comune adottava l’ordinanza n. -OMISSIS- dell’8.6.2012 con la quale veniva ad essi impartito l’ordine di demolire, entro 90 giorni, le opere realizzate in asserita difformità dal titolo edilizio rilasciato.

A fronte di tale determinazione sanzionatoria i ricorrenti, in data 25.6.2012 presentavano un’istanza di accertamento di conformità prot. n. -OMISSIS- (pratica -OMISSIS-) per la regolarizzazione urbanistica delle opere alla quale però, con nota del 23.7.2012, il Comune resistente faceva seguito con comunicazione ai sensi dell’art. 10-bis della l. n. 241/1990, il preavviso di diniego della suddetta istanza, motivato in ragione dell’asserita non corrispondenza tra l’intervento descritto nei grafici di prospetto e quello contestato con l’accertamento compiuto dalla Polizia Municipale e con l’ordinanza di demolizione assunta l’8.6.2012.

A tale comunicazione, tuttavia, non faceva seguito l’adozione del conseguente provvedimento di diniego, sì da ritenersi formato, sull’istanza ex art. 36, d.P.R. n. 380/2001, il silenzio-rigetto.

Con il gravame in argomento, i ricorrenti impugnavano tutti gli atti menzionati in premessa – ivi compresa la reiezione tacita dell’istanza di permesso di costruire in sanatoria – muovendo contro di essi le seguenti censure.

Con la prima, i signori -OMISSIS- e -OMISSIS- lamentavano il difetto di motivazione del provvedimento avversato e la violazione dell’art. 3 e 21 quinquies della l. n. 241/1990, nonché l’eccesso di potere sotto il profilo della contraddittorietà della condotta dell’Amministrazione intimata, della mancata comparizione dei contrapposti interessi in rilievo e della violazione dell’affidamento riposto dall’amministrato.

In particolare, essi sostenevano che l’ordinanza di demolizione non avrebbe loro consentito di conoscere appieno le ragioni della dedotta contrarietà dell’intervento compiuto con la normativa edilizio-urbanistica applicabile, avendo motivato il provvedimento in esame solo con riguardo ad una parziale modifica delle aperture del piano terra e del primo piano e alla mancanza del parere della Soprintendenza ai Beni Culturali ed Ambientali.

Sotto altro profilo, essi deducevano l’insussistenza del vincolo archeologico asseritamente gravante sull’area che emergerebbe dalla nota prot. n. 2442/III del 17.8.1994 della Soprintendenza (con la quale era stata comunicata al Comune di -OMISSIS- la delimitazione delle aree oggetto di vincolo archeologico), nonché dal fatto che la contrada -OMISSIS- si trovi in zona di espansione urbanistica secondo il vigente P.R.G. del Comune di -OMISSIS-.

Ove poi il provvedimento impugnato fosse da intendere quale atto di revoca della concessione edilizia loro rilasciata, secondo i ricorrenti non sarebbero stati presenti i presupposti fissati dall’art. 21 quinquies della l. n. 241/1990 della cui sussistenza, comunque, il provvedimento non avrebbe dato conto soprattutto per quel che concerne la presenza di un interesse pubblico alla rimozione dell’atto di assenso precedentemente emanato e la sua prevalenza sull’interesse privato al mantenimento dell’opera per come concretamente realizzata e sull’affidamento da essi riposto in ordine alla legittimità del manufatto in questione.

Con il secondo motivo di gravame, i ricorrenti censuravano l’eccesso di potere degli atti impugnati sotto il profilo dello sviamento, della carenza dei presupposti dell’illogicità manifesta, del difetto di istruttoria della violazione del principio di legalità e imparzialità della condotta della pubblica amministrazione e della contraddittorietà della stessa.

Infatti, a loro dire, il provvedimento di demolizione sarebbe illegittimo in quanto adottato in mancanza dei necessari presupposti, dopo il rilascio della concessione edilizia e senza il previo esame in sede endoprocedimentale della memoria depositata.

L’ordinanza impugnata sarebbe altresì lesiva del principio di legalità, nonché contraddittoria rispetto al rilascio della concessione edilizia.

Con il terzo motivo, i ricorrenti contestavano la violazione degli artt. 34 e 36 del d.P.R. n. 380/2001 poiché, con il diniego tacito dell’istanza di accertamento di conformità da essi presentata, l’amministrazione non avrebbe indicato le opere eseguite in parziale difformità rispetto alle concessioni edilizie e avrebbe erroneamente applicato la sanzione demolitoria in luogo di quella pecuniaria.

Con il quarto motivo di ricorso, veniva lamentata la violazione degli artt. 3 e 10 della l. n. 241/1990, non avendo l’amministrazione resistente valutato ed espressamente confutato le controdeduzioni presentate dai ricorrenti in riscontro al preavviso di rigetto della domanda di permesso di costruire in sanatoria per quanto atteneva, in particolare, alla natura non essenziale delle variazioni apportate e alla mancanza di vincoli imposti sull’area in cui insiste il fabbricato.

Con il quinto mezzo di censura, la parte privata deduceva la violazione degli artt. 14, 15 e 16 del d.lgs. n. 42/2004, l’eccesso di potere sotto il profilo del difetto dei presupposti e della violazione dei principi di legalità e di tipicità degli atti amministrativi.

In particolare, ella sosteneva l’assenza di alcun vincolo archeologico gravante sull’area interessata, vincolo che, certamente, non avrebbe potuto essere stato introdotto dal comune di -OMISSIS- con l’art. 13 del Regolamento Edilizio Comunale e con l’art. 73 delle Norme Tecniche di Attuazione (NTA), allegati al P.R.G. dei quali, comunque, i ricorrenti chiedevano comunque accertarsi incidentalmente l’illegittimità.

Col sesto motivo, i ricorrenti censuravano la formazione del silenzio-rigetto sull’istanza di accertamento di conformità presentata in quanto, non sussistendo né vincoli archeologici sull’area interessata né variazioni essenziali rispetto al permesso di costruire già rilasciato, il comune resistente non avrebbe potuto non rilasciare un provvedimento di accoglimento.

Infine, con il settimo motivo di ricorso, parte ricorrente lamentava la violazione dell’art. 31, comma 3, del d.P.R. n. 380/2001, ravvisando un ulteriore profilo di illegittimità dell’ordinanza impugnata nel fatto che il Comune abbia disposto l’acquisizione gratuita al suo patrimonio non solo del fabbricato, ma anche di una area pari a dieci volte quella occupata dal manufatto abusiva, omettendo di motivare in ordine alla decisione di disporre all’ablazione di un’area sì vasta della proprietà dei ricorrenti, pur consentendo la norma evocata di acquisire una superficie più contenuta.

Si concludeva il gravame proposto con l’articolazione di domanda di sospensione cautelare dei provvedimenti impugnati ed istanza istruttoria volta all’espletamento di una consulenza tecnica d’ufficio in ordine al carattere delle variazioni apportate al progetto originariamente assentito.

Il comune di -OMISSIS- si costituiva in giudizio con memoria con la quale confutava integralmente tutti i motivi di ricorso formulati da controparte.

Anche l’Assessorato regionale territorio ed ambiente si costituiva in causa sostenendo l’infondatezza del gravame proposto.

Con ordinanza n. 1108 del 27.11.2012, l’istanza cautelare veniva respinta.

Con decreto presidenziale n. 78 del 12.1.2023, atteso lo scioglimento del rapporto di servizio tra il difensore costituito del comune di -OMISSIS- ed il cennato ente locale, veniva dichiarata l’interruzione ex lege del processo, tempestivamente riassunto da parte ricorrente, ai sensi dell’art. 80, comma 3, c.p.a., con apposito atto notificato alle altre parti e depositato il 12.04.2023.

A seguito della riassunzione, però, l’ente locale resistente non si costituiva per mezzo di nuovo difensore.

In vista dell’udienza di discussione nel merito del ricorso, le residue parti in causa scambiavano memorie ai sensi dell’art. 73, c.p.a.

L’amministrazione regionale evocata in giudizio eccepiva, da un lato, la tardività dell’impugnazione proposta nei confronti della nota della Soprintendenza dei beni culturali ed ambientali di Catania del 17.8.1994 e, dall’altro, l’infondatezza del gravame proposto, giacché le aree in questione formerebbero oggetto di vincolo archeologico operante ex lege ai sensi dell’art. 142, comma 1, lett. m ) del d.lgs. n. 42/2004.

Parte ricorrente, dal canto proprio, insisteva nell’accoglimento dei motivi di ricorso originariamente proposti.

Infine, con memoria di replica del 3.9.2023, i ricorrenti hanno controdedotto alle eccezioni formulate dall’Assessorato regionale territorio e ambiente invocando, a sostegno delle proprie ragioni, la pronuncia n. 854/2014 di questo Tribunale, con la quale, pur escludendo l’annullabilità della nota prot. n. 2442/III del 17/08/1994 della Soprintendenza ai beni culturali ed ambientali di Catania, perveniva comunque al giudizio di non ritenere la medesima equiparabile ad atto di individuazione delle zone di interesse archeologico ai fini di cui alla lett. m ) del comma primo dell’art. 142 del D.Lgs. n. 42/2004.

All’udienza straordinaria di smaltimento dell’arretrato del 25.9.2023, il gravame passava in decisione.

Con il presente ricorso, i signori -OMISSIS- e -OMISSIS- impugnavano una pluralità di atti eterogenei tra loro ma comunque connessi sotto il profilo oggettivo e soggettivo.

Si allude all’ordinanza di demolizione n. -OMISSIS- dell’8.2.2012 (con la quale il comune di -OMISSIS- aveva intimato la demolizione delle opere eseguite dai medesimi in asserita difformità dal titolo abilitativo ad essi rilasciato), al silenzio-rigetto formatosi sull’istanza di accertamento di compatibilità avanzata dai ricorrenti, ai sensi dell’art. 36, TUE, per sanare siffatti interventi, al decreto regionale di approvazione del PRG del comune di -OMISSIS- e alla nota prot. n. 2442/III del 17.08.1994 della Soprintendenza ai beni culturali ed ambientali di Catania, (questi ultimi due atti nella parte in cui hanno previsto che l’area di proprietà dei ricorrenti ricada in zona di “interesse archeologico” ai sensi della legge 08.08.1985 n. 431 e, adesso dell’art. 142, comma 1, lett. m ) del d.lgs. n. 42/2004) e conseguentemente, infine, dell’art. 13 del regolamento edilizio comunale e dell’art. 73 delle NTA al PRG, nella parte in cui dette norme assoggettano ogni intervento in aree di interesse archeologico all’acquisizione del preventivo nulla osta della competente Soprintendenza.

In sintesi, il gravame avanzato si propone di contestare, da un lato, l’asserita contrarietà dell’intervento compiuto alla disciplina urbanistico-edilizia vigente e, dall’altro, l’inclusione dell’area interessata dalle opere oggetto di provvedimento ripristinatorio in zona di interesse archeologico in forza di valutazione compiuta con nota della Soprintendenza ai beni culturali ed ambientali di Catania anziché in ossequio al disposto dell’art. 142, comma 1, lett. m ) del d.lgs. n. 42/2004.

In disparte i pur invocati profili di contrarietà dei provvedimenti alle norme procedimentali dettate dalla l. n. 241/1990 – dei quali si dirà in seguito – ritiene il Collegio di poter soprassedere dall’approfondita disamina dei motivi di ricorso dedotti nei confronti della nota prot. n. 2442/III del 17.08.1994 della Soprintendenza ai beni culturali ed ambientali di Catania, del decreto di approvazione del PRG del comune di -OMISSIS- e delle norme del regolamento edilizio e delle NTA evocate in causa, stante la palese infondatezza, in fatto ed in diritto, delle censure mosse avverso la constatata contrarietà dell’intervento edilizio in esame alla disciplina urbanistico-edilizia.

Questo Giudice, infatti, non intende disconoscere né, tantomeno, smentire le conclusioni raggiunte dal Tribunale adito con la sent. n. 854/2014, con la quale veniva riconosciuta l’inidoneità della nota sopra citata della Soprintendenza di Catania ad assumere carattere costitutivo del vincolo di interesse archeologico.

Tuttavia, incidentalmente vale la pena osservare che la lettura di siffatta nota avvalora le conclusioni già raggiunte da questo Tribunale esclusivamente con riferimento alle “ aree oggetto di scavi recenti (n. 10 e 15 dell’elenco allegato) ”, in relazione alle quali la Soprintendenza in questione dichiarava, all’epoca, di essere in corso di predisposizione “ i provvedimenti di vincolo ai sensi della legge 1089 dell’1.6.1939 ”, provvedimenti che si ignora siano stati effettivamente adottati o meno.

In ogni caso, a prescindere dall’adozione degli atti ricognitivi del vincolo di interesse archeologico relativi alle aree da ultimo citate (per i quali, certamente, in difetto di emanazione di provvedimenti disposti a tale scopo, non può non concordarsi col precedente sopra citato secondo il quale “ la nota n. 2442 del 12.08.1994 non rivesta alcun requisito idoneo – né dal punto di vista formale né da quello sostanziale – per potere essere considerato atto di individuazione delle zone di interesse archeologico ai fini di cui alla lett. m) del comma primo dell’art. 142 del D.Lgs. n. 42/2004 ”), tutte le altre aree di cui alla nota in questione non possono non ritenersi assoggettate ex lege a vincolo di interesse archeologico, considerato che, sempre dalla citata nota, esse includono “ sia i siti archeologici in cui sono stati eseguiti scavi regolari che quelli individuati solo in base a ricognizioni di superficie ”.

Ad ogni modo, come precisato, un’indagine approfondita in ordine alla presenza, o meno, nella citata area di un vincolo attuale di interesse archeologico pare al Collegio superflua in quanto, stante la natura plurimotivata dell’ordinanza di demolizione avversata, in ossequio ai consolidati insegnamenti pretori sul punto (per tutte vedasi Cons. St. sez. V, n. 7833 del 14.11.2019;
Cons. St., sez. IV, n. 5123 del 31.8.2018;
T.A.R. Lazio – Roma, sez. V bis, n. 3692del 31.3.2022;
T.A.R. Sicilia - Catania, sez. I, n. 3196 del 7 dicembre 2022), è sufficiente, per predicarne la legittimità, vagliarne positivamente l’aspetto concernente la contrarietà dell’intervento effettuato dai ricorrenti alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente.

Sotto tale profilo, i ricorrenti deducevano ripetutamente il difetto di motivazione e l’eccesso di potere, tanto dell’ordinanza di demolizione delle opere in questione quanto del diniego tacito di accertamento di conformità delle medesime.

Tali doglianze, tuttavia, non colgono nel segno.

Con l’ordinanza di demolizione n. -OMISSIS-/2012, il competente responsabile del servizio dava compiutamente conto delle irregolarità riscontrate.

In disparte le considerazioni concernenti la sussistenza, o meno, del vincolo di interesse archeologico sull’area in questione e, quindi, la necessaria previa acquisizione del nulla osta della competente Soprintendenza ai beni culturali, in esso la contrarietà dell’intervento compiuto dai ricorrenti alla normativa edilizia ed urbanistica veniva ravvisata:

- nella realizzazione di una scala di collegamento in cemento armato che, anziché arrestarsi al piano primo, come da progetto allegato alla concessione edilizia n. 23/2009 rilasciata ai ricorrenti, si prolungava sino al locale sottotetto;

- nelle difformità delle aperture dei piani terra e primo.

Tali aspetti venivano ritenuti integrare, nell’ordinanza gravata, altrettante variazioni essenziali rispetto al titolo abilitativo espresso rilasciato e, di conseguenza, nel suo complesso l’attività in questione veniva qualificata, ai sensi dell’art. 31, d.P.R. n. 380/2001, alla stregua di interventi di nuova costruzione in difformità sostanziale dal permesso di costruire e, quindi, assoggettati alla sanzione ripristinatoria di cui al comma 2 del cit. articolo e alla sanzione ablatoria di cui al comma 3.

Alla citata ordinanza era allegata, quale parte integrante della relativa motivazione, il parere rilasciato dall’ufficio tecnico comunale nel quale (a prescindere, come si è detto, dai profili di contrarietà dell’intervento al vincolo di interesse archeologico) veniva compiutamente dato conto:

- che il prolungamento della scala di collegamento interna dal piano primo al piano sottotetto ha determinato un incremento della superficie lorda complessiva dell’intervento edilizio che, per effetto di tale opera, ha oltrepassato l’indice massimo di 200 mq. ammesso dal vigente PRG per gli interventi edificatori nella zona;

- che le difformità nelle aperture ai piani terra e primo hanno determinato la modifica del prospetto dell’edificio rivolto verso la pubblica via;

- e che pertanto, le sopra rilevate difformità dal progetto iniziale dovevano considerarsi, ai sensi degli artt. 32, d.P.R. n. 380/2001 (nella versione illo tempore vigente) e 4, L. R. n. 37/1985, altrettante variazioni essenziali a quello, comportanti l’effettuazione di un intervento edilizio irregolare assoggettato alle sanzioni di cui all’art. 31, d.P.R. n. 380/2001.

Orbene, nessuna delle circostanze in questione risulta compiutamente controdedotta dai ricorrenti, né in sede procedimentale (con le osservazioni alla comunicazione ex a rt. 7, l. n. 241/1990 depositate l’11.5.2012 – le quali, da quanto è dato evincere dalla copia depositata in atti del presente ricorso, non spendono neppure una parola in ordine al carattere essenziale delle difformità riscontrate dall’autorità comunale – con l’istanza di accertamento di conformità presentata il 25.6.2012 – i cui elaborati grafici a corredo, come correttamente rilevato dall’amministrazione procedente nel preavviso di diniego del 23.7.2012, non recano indicazione alcuna né dell’avvenuto prolungamento al piano sottotetto della scala interna di collegamento né delle modifiche apportare alle aperture sul prospetto principale), né in sede processuale, dovendosi rilevare come, nel presente ricorso, la maggior parte dei rilievi di parte ricorrente sia diretta a contestare l’effettiva sussistenza del vincolo di interesse archeologico insistente sull’area, mentre le considerazioni inerenti il carattere essenziale o meno delle variazioni riscontrate non formino oggetto di interesse, all’infuori di un fugace accenno a pag. 6 del ricorso (nell’ambito di una più complessiva contestazione del difetto di motivazione del provvedimento demolitorio avversato) e del terzo motivo di gravame, nell’ambito del quale (pag. 12) viene lamentato che, in siffatta determinazione, non sarebbero state indicate “ le opere eseguire in parziale difformità alle concessioni edilizie in possesso dei ricorrenti ”.

Al riguardo, deve ribadirsi che tale contestazione, peraltro neppure esplicitamente mossa, è destituita di fondamento tanto in fatto quanto in diritto.

Sotto il primo profilo, per le ragioni sopra ravvisate e alle quali si fa rinvio.

Sotto il secondo profilo, in quanto è innegabile che un ampliamento della superficie utile occupata dal fabbricato – tale da determinare un superamento dei parametri urbanistici previsti per il comparto ove esso è localizzato – ed una modifica dei prospetti avvenuta attraverso la realizzazione di aperture difformi da quelle contenute in progetto abbia comportato modifiche sostanziali di parametri urbanistico-edilizi del progetto approvato e un complessivo mutamento delle caratteristiche dell'intervento edilizio assentito costituente variazione essenziale ai sensi dell’art. 32 del d.P.R. n. 380/2001 e dell’art. 4 della L.R. n. 37/1985.

In definitiva, quindi, l’ordinanza di demolizione emanata, ed il diniego tacito di accertamento di conformità sono scevri dai dedotti vizi di legittimità.

Con riguardo, infine, al dedotto difetto di motivazione del provvedimento avversato in ordine all’individuazione dell’area sottoposta ad acquisizione ai sensi dell’art. 31, comma 3, d.P.R. cit. – asseritamente ritenuta pari a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita – esso non sussiste, considerato che, per costante giurisprudenza, per quanto riguarda l'indicazione dell'area da acquisire, “ il provvedimento con cui si ingiunge al responsabile della costruzione abusiva di provvedere alla sua distruzione nel termine fissato, non deve necessariamente contenere l'esatta indicazione dell'area di sedime che verrà acquisita gratuitamente al patrimonio del Comune in caso di inerzia, atteso che il provvedimento di ingiunzione di demolizione, i cui requisiti essenziali sono l'accertata esecuzione di opere abusive ed il conseguente ordine di demolizione, è distinto dal successivo ed eventuale provvedimento di acquisizione, nel quale, invece, è necessario che sia puntualmente specificata la portata delle sanzioni irrogate ” (così, da ultimo, Cons. St., sez. VI, n. 5732 del 12.6.2023).

Nel complesso, quindi, il gravame proposto non può trovare accoglimento e dev’essere, per converso, respinto.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come seguono nei confronti dell’Assessorato territorio ed ambiente della Regione Siciliana.

Nulla per le spese in ordine al comune di -OMISSIS- il quale, dopo l’interruzione processuale dovuta al collocamento in quiescenza del precedente difensore, non ha più rinnovato la propria costituzione in giudizio.

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