TAR Milano, sez. II, sentenza 2020-11-25, n. 202002294
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Pubblicato il 25/11/2020
N. 02294/2020 REG.PROV.COLL.
N. 00529/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 529 del 2015, proposto da
Riabita S.c.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato B S, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, Galleria del Corso, 2;
contro
Comune di Aprica, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato G B, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, via Visconti di Modrone n. 12;
nei confronti
Provincia di Sondrio, Regione Lombardia non costituite in giudizio;
per l'annullamento
della delibera del Consiglio comunale del Comune di Aprica n. 16/2014 avente ad oggetto: “Piano di Governo del Territorio di cui alla l.r. 12/2005 - Decisioni in merito alle osservazioni al Piano e successiva approvazione definitiva”.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Aprica;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 ottobre 2020 la dott.ssa S B, nessuno presente per le parti come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La Società Riabita S.c.r.l. (da ora anche solo Società) è proprietaria di terreni nel Comune di Aprica, identificati catastalmente al fg. 4 mapp. 625, 626, 698, 700, 702, 704, 706 e al fg. 16 mapp. 34, 492.
La ricorrente espone di aver presentato nel corso del 2009 un progetto di PL per l’edificazione dei suddetti terreni, progetto che il Comune di Aprica non avrebbe tempestivamente istruito. Tuttavia sarebbe sorto un legittimo affidamento, in quanto l’Amministrazione rilasciava alla Società il permesso di costruire n. 2895 in data 28.8.2009, per la realizzazione della strada a servizio dei terreni.
Medio tempore veniva approvato il nuovo PGT, che – come riferito dall’interessata – include le suddette aree in ambito di Generazione volumetrica (GVB), caratterizzato dall’impossibilità di edificazione in loco e quindi dalla necessità di utilizzare i diritti volumetrici su area altrui.
La ricorrente ha presentato due osservazioni: nella prima ha chiesto l’inserimento delle aree nel TUC, stante la vocazione edificatoria pregressa e il suo legittimo affidamento;nella seconda ha contestato la legittimità del sistema perequativo ivi previsto, in quanto discriminatorio, di fatto ablatorio ed elusivo della normativa in materia.
Le osservazioni venivano respinte, con la seguente motivazione: “I terreni di cui trattasi risultano collocati in parte su aree boscate, in aree con elevata acclività e di difficile accessibilità, stante le motivazioni sopra riportate gli stessi non sono stati indicati come edificabili su proprio sedime;a parte degli stessi, in quanto edificabili nel precedente strumento urbanistico, è stata riconosciuta una capacità di generazione volumetrica”.
Avverso la delibera indicata in epigrafe la Società ha proposto ricorso, tempestivamente notificato e depositato, articolando le seguenti censure:
1) Eccesso di potere per irrazionalità e arbitrarietà manifesta;difetto assoluto di motivazione. Disparità di trattamento, contraddittorietà della motivazione in considerazione della precedente vocazione edificatoria dell’area.
Sostiene la ricorrente di essere titolare di una posizione di legittimo affidamento circa la possibilità di edificare in loco , anche a seguito del permesso di costruire rilasciato per la realizzazione della strada, e comunque la motivazione si presenterebbe sotto più profili inidonea e insufficiente, tenuto peraltro conto dello stato dei luoghi.
2) Violazione e falsa applicazione dell’art 11 L.R. 12/2005, violazione e falsa applicazione dei principi generali in materia di pianificazione urbanistica, violazione e falsa applicazione degli artt. 8, 9 e 10 L.R. 12/2005, sviamento e travisamento.
La ricorrente contesta la legittimità del sistema di “generazione volumetrica” previsto per le aree GVB, non riconducibile ai principi propri della perequazione e compensazione urbanistica codificati dalla legislazione in materia, ma tale da dar luogo ad un sistema nuovo, ibrido, che si traduce in un sostanziale svuotamento del diritto di proprietà per l’inutilizzabilità della minima capacità edificatoria riconosciuta.
3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 13 L.R. 12/2005;inefficacia degli atti assunti.
La delibera di approvazione del piano non dà atto dell’intervenuta pubblicazione della delibera di adozione e degli atti costituenti il PGT sul sito informatico del Comune, né è dimostrato che detta pubblicazione sia avvenuta, come prescritto dalla disposizione regionale a pena di inefficacia. Tardiva, inoltre, risulta la pubblicazione sul BURL.
Si è costituito in giudizio il Comune di Aprica, chiedendo il rigetto del ricorso.
Con memoria depositata in data 25.9.2020, la difesa del Comune di Aprica ha segnalato che, con deliberazione del Consiglio comunale n. 52 del 22 dicembre 2017 - pubblicata sul BURL in data 28 marzo 2018 - il Comune di Aprica ha approvato la Variante del Piano di Governo del Territorio. La difesa del Comune ha pertanto eccepito, in via preliminare, l’improcedibilità del ricorso.
La difesa della società ricorrente, con memoria del 6.10.2020, ha insistito per la decisione di merito, assumendo che le previsioni impugnate sono state pedissequamente trasfuse in sede di variante generale e non in un nuovo strumento urbanistico quale il PGT, sicché non si è dinanzi ad una nuova disciplina ma ad una semplice riproduzione di quella preesistente in sede di variante generale. In ogni caso, si osserva, permane comunque l’interesse alla definizione del gravame almeno sotto il profilo dell’azionabilità della via risarcitoria del danno patrimoniale subito.
All’udienza del 27 ottobre 2020 il ricorso è stato trattenuto in decisione dal Collegio.
DIRITTO
1) La società ricorrente ha impugnato la delibera consiliare del Comune di Aprica n. 16 del 30.6.2014, di approvazione del nuovo PGT.
La difesa del Comune ha evidenziato, con memoria del 25.9.2020, che nelle more del giudizio è stata approvata una Variante generale del piano – con Delibera di Consiglio comunale n. 52 del 22 dicembre 2017 – attraverso la quale la disciplina delle aree della ricorrente è stata confermata.
A ciò consegue che nessun vantaggio potrebbe derivare dall’annullamento di un provvedimento non più attuale, superato da uno successivo che ne ha riprodotto il contenuto.
Infatti, seguendo un orientamento giurisprudenziale cui questa Sezione aderisce (da ultimo sentenza n. 1391/2020), “ allorché nelle more del giudizio di impugnazione di una prescrizione urbanistica intervenga altro strumento, completamente sostitutivo del precedente, più nessun interesse a discutere sul precedente strumento urbanistico può residuare, e ciò anche quando il nuovo abbia riprodotto la prescrizione impugnata, palesandosi altrimenti un’eventuale pronuncia sul primo atto “inutiliter data” (T.A.R. Lombardia, Milano, II, 14 aprile 2020, n. 625;5 novembre 2019, n. 2307;18 settembre 2018, n. 2097;30 luglio 2018, n. 1877;15 marzo 2018, n. 731;cfr., altresì, Consiglio di Stato, IV, 26 settembre 2019, n. 6438, punto 13.2) ”.
Né a diverse conclusioni induce la circostanza che nella fattispecie si tratterebbe di Variante generale e non di un nuovo Strumento urbanistico, in quanto la variante generale di uno strumento urbanistico non può mai considerarsi atto meramente confermativo anche qualora riproponga le previsioni pianificatorie di un precedente strumento urbanistico, e ciò perché ha effetto novativo della disciplina urbanistica dell'area quanto alla fonte procedimentale del rapporto (in tal senso TAR Genova, (Liguria) sez. I, n. 592 del 27/04/2012), oltre ad implicare necessariamente una complessiva rivalutazione del piano e quindi un globale riesame delle determinazioni pregresse.
Come eccepito dalla difesa comunale, il ricorso va dichiarato improcedibile.
2) Afferma la ricorrente di avere comunque interesse alla decisione, al fine di vedersi poi riconoscere il risarcimento del danno, derivante dalla compressione delle capacità edificatorie impressa dagli atti censurati nel presente giudizio.
Sul punto, richiamando la giurisprudenza della Sezione (sentenza n. 1391/2020, cit.), si deve precisare che “l’art. 34, comma 3, cod. proc. amm. deve applicarsi in via restrittiva e quindi si può accertare l’illegittimità degli atti ai fini risarcitori soltanto laddove la relativa domanda sia stata proposta nello stesso giudizio, oppure quando la parte ricorrente dimostri che ha già incardinato un separato giudizio di risarcimento o che è in procinto di farlo;in mancanza di tali adempimenti il ricorso deve essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse (cfr., ex multis, T.A.R. Lombardia, Milano, II, 14 aprile 2020, n. 625;5 novembre 2019, n. 2307;2 maggio 2018, n. 1191;30 giugno 2017, n. 1471;14 marzo 2017, n. 621;26 luglio 2016, n. 1501)”.
Nel caso in esame la ricorrente non ha articolato alcuna domanda risarcitoria e non ha dimostrato neppure di aver incardinato un autonomo giudizio di risarcimento. Pertanto non può riconoscersi alcun interesse alla decisione del ricorso.
3) Il ricorso in epigrafe deve essere dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse alla decisione.
In relazione al complessivo andamento della controversia, le spese di giudizio possono essere compensate tra le parti.