TAR Parma, sez. I, sentenza 2024-07-08, n. 202400188
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Pubblicato il 08/07/2024
N. 00188/2024 REG.PROV.COLL.
N. 00074/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
sezione staccata di Parma (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 74 del 2021, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'Avvocato M M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Prefettura – U.T.G. di Reggio Emilia, in persona del Prefetto
pro tempore
, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bologna, domiciliataria
ex lege
in Bologna, via A. Testoni, 6;
Ministero dell'Interno, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
- del decreto del Prefetto di Reggio Emilia prot. n. -OMISSIS- del 27 gennaio 2021, recante il rigetto dell'istanza di rinnovo della licenza di porto d’arma per difesa personale presentata in data 14 novembre 2019 dall’odierno ricorrente;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Prefettura - U.T.G. di Reggio Emilia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 giugno 2024 la dott.ssa Caterina Luperto e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il sig. -OMISSIS-, odierno ricorrente, ha impugnato il provvedimento con cui il Prefetto di Reggio Emilia, in data 27 gennaio 2021, ha negato il rinnovo della licenza di porto di pistola per difesa personale.
Il ricorrente, in data 14 novembre 2019, ha presentato alla Prefettura di Reggio Emilia istanza di rinnovo della licenza di porto di pistola per difesa personale, motivando tale richiesta in ragione della necessità di preservare la propria incolumità personale.
In particolare, il sig. -OMISSIS- espone che, a fondamento della richiesta di rinnovo della licenza, sono stati prospettati:
- l’esigenza di evitare di essere nuovamente vittima di reato, avendo in passato subito minacce estorsive, furti, incendio dei suoi automezzi e rapina a mano armata commessa in danno di un suo dipendente al termine del turno di lavoro;
- la circostanza che egli si trova frequentemente a movimentare ingenti somme di denaro, in ragione dell’elevato fatturato delle sue attività commerciali;
- il fatto che, rispetto al primo rilascio e ai successivi rinnovi, non sarebbero mutate le condizioni oggettive e soggettive sulla scorta delle quali l’Autorità di pubblica sicurezza aveva ritenuto sussistente il “dimostrato bisogno” dell’arma.
Ad esito dell’attività istruttoria, con nota del 21 settembre 2020, il Comando Provinciale dei Carabinieri di Reggio Emilia ha formulato alla Prefettura parere contrario al rinnovo del titolo, precisando che « non sussistono più motivi oggettivi connessi al dimostrato ed effettivo bisogno di circolare armato », in quanto, tra l’altro, il richiedente risultava risiedere in una villetta non dotata di alcun sistema di videosorveglianza e di allarme, poco distante dalla Stazione dei Carabinieri e dai principali istituti di credito;lo stesso non era stato vittima « in tempi recenti » di reati contro la persona o contro il patrimonio e aveva a carico una segnalazione di polizia per violazione dell’art. 10 del Decreto Legislativo 10 marzo 2000 n. 74 e un’informazione di garanzia per il reato di falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in certificati o autorizzazioni amministrative;il territorio di residenza non risultava connotato da particolarità criticità per la sicurezza pubblica, anche in ragione delle misure restrittive adottate per il contenimento dell’emergenza pandemica da C 19.
Con atto del 24 settembre 2020, la Prefettura di Reggio Emilia ha comunicato all’interessato il preavviso di rigetto dell’istanza ex art. 10 bis della Legge 7 agosto 1990 n. 241.
In replica alla comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, il richiedente, in data 13 ottobre 2020, ha presentato le proprie osservazioni, segnalando di aver subito, tra il 2004 e il 2008, ripetute minacce telefoniche a carattere estorsivo regolarmente denunciate al Comando dei Carabinieri e l’incendio di due automezzi;di aver proposto ulteriore denuncia, nel giugno 2012, per minaccia a carattere estorsivo;di aver subito, nell’anno 2014, il furto di due furgoni;che un suo dipendente era stato vittima di una rapina a mano armata commessa alla fine del turno di lavoro. Nelle citate osservazioni, il richiedente precisava, altresì, di essere presidente del -OMISSIS- ed amministratore delegato della -OMISSIS-, della -OMISSIS-, nonché della -OMISSIS-, tutte società con elevati fatturati e numeroso personale alle dipendenze;di trovarsi in condizione di dover effettuare spostamenti con ingenti quantità di denaro, tra assegni e contanti;di aver maturato incassi, per la maggior parte in contanti, per la gestione degli stabilimenti balneari dell’Aeronautica Militare da parte del Gruppo-OMISSIS-.
Con nota del 29 ottobre 2020, il Comando Provinciale dei Carabinieri di Reggio Emilia ha confermato il proprio parere negativo.
Con provvedimento del 27 gennaio 2021, il Prefetto di Reggio Emilia ha opposto al richiedente il rigetto dell’istanza di rinnovo della licenza di porto di pistola per difesa personale.
Avverso detto provvedimento, il sig. -OMISSIS- ha proposto ricorso con richiesta di misure cautelari sospensive.
Si è costituita in giudizio la Prefettura di Reggio Emilia, instando per la reiezione del ricorso.
Con ordinanza n. 59 del 30 aprile 2021, questo Tribunale ha rigettato l’istanza cautelare, così motivando « ritenuta, ad una sommaria delibazione, propria della presente fase cautelare del giudizio, l’insussistenza del fumus boni iuris del gravame, atteso che il provvedimento di diniego impugnato reca una compiuta ed articolata motivazione circa le ragioni del predetto diniego di rinnovo della richiesta licenza per il porto di pistola per difesa personale, in particolare attraverso il richiamo alla nota del Comando Provinciale dei Carabinieri del 21 settembre 2020 che ha posto in luce plurimi aspetti tutti ostativi al rilascio del richiesto porto d’armi evidenziando, altresì, che la situazione nel 2019 rispetto alla sicurezza pubblica risulta migliorata, e che, inoltre, con riferimento alla querela sporta dall’odierno ricorrente in data 28 gennaio 2021 presso la Stazione dei Carabinieri di -OMISSIS- per una minaccia subita, la stessa risulta successiva all’emanazione del provvedimento di che trattasi e, dunque, non idonea a scalfirne la legittimità ma, eventualmente, può costituire un fatto sopravvenuto che legittima la riproposizione dell’istanza, che potrà essere rivalutata alla luce di tale nuovo fatto dalla Prefettura di Reggio Emilia ».
Alla pubblica udienza del giorno 12 giugno 2024, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è affidato ad una pluralità di censure nell’ambito di un unico capo di impugnazione, con cui si deducono la violazione e falsa applicazione degli articoli 3 e seguenti della Legge 7 agosto 1990 n. 241 e degli articoli 11 e 42 del Regio Decreto 18 giugno 1931 n. 773, la violazione del principio del legittimo affidamento, l’eccesso di potere per manifesta illogicità, irragionevolezza, arbitrarietà, travisamento dei fatti, difetto di motivazione e carenza di istruttoria.
Con un primo ordine di censure, il ricorrente prospetta di essere stato titolare della licenza del porto d’arma per difesa personale a far data dal 27 luglio 2004, sempre oggetto di rinnovo da parte dell’Autorità di pubblica sicurezza, precisando che le circostanze poste a fondamento dell’ultimo rinnovo sarebbero attualmente ricorrenti.
Lamenta che, nel gravato provvedimento, l’Amministrazione non avrebbe rappresentato un cambiamento delle circostanze di fatto o un mutamento dell’interesse pubblico a sostegno del diniego di rinnovo opposto, limitandosi ad affermare che il richiedente non risulterebbe esposto a pericoli tali da dover essere fronteggiati con la disponibilità di un’arma.
Sostiene che, venendo in rilievo una rivalutazione degli interessi pubblici e privati, l’Amministrazione avrebbe dovuto fornire un’adeguata motivazione della determinazione difforme ai precedenti rinnovi della licenza di che trattasi, nel rispetto del principio di coerenza dell’ agere dell’Amministrazione, nonché del principio di legittimo affidamento del privato.
Prospetta che il giudizio condotto dall’Autorità di pubblica sicurezza, nel rilascio o rinnovo delle licenze di porto d’armi, è sì connotato da elevata discrezionalità, ma che detta discrezionalità debba essere esercitata secondo i principi di trasparenza dell’azione amministrativa e di legittimo affidamento del privato, senza trasmodare in irrazionalità manifesta.
Invoca il principio della tutela dell’affidamento del privato per sostenere che il mutamento di prospettiva, rispetto ai precedenti rinnovi del titolo, avrebbe dovuto essere adeguatamente supportato dall’indicazione degli elementi di discontinuità rispetto al passato, con una motivazione adeguata, soprattutto ove, come nel caso di specie, non sia riscontrabile alcuna forma di abuso della licenza da parte del titolare.
Contesta, in definitiva, l’assunto secondo cui « non ha rilevanza la pluriennale concessione del titolo di polizia, vista l’obbligatorietà della verifica annuale della sussistenza delle previste condizioni » (in questi termini la nota in data 21 settembre 2020 del Comando Provinciale dei Carabinieri di Reggio Emilia).
Con un secondo ordine di censure, il ricorrente contesta la nota del Comando Provinciale dei Carabinieri di Reggio Emilia del 21 settembre 2020, posta a fondamento del gravato diniego, nella parte in cui valorizza la segnalazione di polizia per violazione dell’art. 10 del Decreto Legislativo 10 marzo 2000 n. 74 e la pendenza di un procedimento penale nel quale sarebbe indagato per il reato di falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in certificati o autorizzazioni amministrative, trattandosi di elementi inidonei a fondare una prognosi di inaffidabilità del richiedente, tanto più in considerazione del fatto che, nella medesima nota, si dà atto che l’istante « non risulta mai avere abusato del titolo », precisando peraltro che dal certificato del casellario giudiziale aggiornato alla data del 1° febbraio 2021 non risultano condanne a suo carico.
Sostiene che né la pendenza di un procedimento penale né la sussistenza di provvedimenti di condanna possano essere automaticamente ostativi al rinnovo della licenza di porto d’armi, occorrendo un giudizio prognostico ex ante di inaffidabilità del richiedente.
Prospetta come, nel caso di specie, la tipologia di reati ipotizzati a suo carico, i limiti edittali di pena, nonché il fatto di essere incensurato conducano a ritenere che, anche ove, in tesi, dovesse essere condannato, la pena irrogabile in concreto sarebbe inferiore rispetto a quella che, ai sensi degli articoli 43 e 11 del Regio Decreto 18 giugno 1931 n. 773 (T.U.L.P.S.), inibisce oggettivamente la titolarità della licenza di portare armi.
Con un terzo ordine di censure, il ricorrente contesta sempre la nota del Comando Provinciale dei Carabinieri di Reggio Emilia del 21 settembre 2020, nella parte in cui precisa « nonostante le esigenze di sicurezza rappresentate, non risulta che l’interessato abbia dotato né l’abitazione né la sede lavorativa di sistema di allarme e/o di videosorveglianza collegato con le FF.PP. ovvero stipulato contratti con istituti di vigilanza privata ».
Sostiene che tale circostanza non corrisponderebbe al vero, adducendo di aver adottato, già a far data dal 2012, idonee e preventive misure di sicurezza, tanto nella propria abitazione quanto presso la sede lavorativa, e producendo copia della documentazione attestante l’attivazione dei sistemi di sicurezza.
Contesta, inoltre, la medesima nota nella parte in cui afferma che nel territorio di residenza dell’istante non si rilevano specifiche criticità per la sicurezza pubblica, in quanto « la situazione emergenziale connessa alla diffusione del COVID-19 e le conseguenti misure restrittive e di distanziamento sociale adottate hanno portato ad una diminuzione dei reati in generale di oltre il 70% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente ».
Sostiene che la riduzione dei reati registrata sull’intero territorio nazionale nel 2020, rispetto al 2019, sia dovuta unicamente alle misure restrittive adottate per il contenimento dell’epidemia da C 19, ragion per cui ritiene che, una volta cessata la situazione di emergenza, « la curva dei reati riprenderà a crescere ».
Contesta, inoltre, la citata nota nella parte in cui evidenzia che « il richiedente, atteso il dichiarato ingente volume di affari gestito personalmente, può concretamente ridurre l’esposizione al pericolo evitando il trasporto di valori in zone considerate ad alto rischio con l’utilizzo di sistemi di pagamento a distanza ».
In particolare, dopo aver precisato di rivestire la carica di presidente del -OMISSIS- e del -OMISSIS-, nonché quella di amministratore delegato della -OMISSIS-, realtà aziendali dal fatturato particolarmente elevato, sostiene, in qualità di « imprenditore assai facoltoso », di essere « una facile preda da “braccare”, e ciò indipendentemente dal fatto che circoli o meno con ingenti quantitativi di denaro ».
Sostiene di aver richiesto il rinnovo della licenza di porto d’armi per tutelare la sua incolumità personale e non il patrimonio, incolumità evidentemente messa a repentaglio dal rischio di rapine ai suoi danni.
Contesta, infine, il passaggio della nota del Comando Provinciale dei Carabinieri in cui si dà atto che « non risulta che l’istante sia stato vittima in tempi recenti di reati contro la persona e il patrimonio, né presso l’abitazione, né durante gli spostamenti connessi al lavoro svolto », introducendo un elemento di novità rispetto a quanto oggetto di vaglio da parte dell’Amministrazione procedente, vale a dire il fatto di aver depositato, in data 28 gennaio 2021, una querela presso la Stazione dei Carabinieri di -OMISSIS-, rappresentando di essere stato vittima di una ennesima minaccia da parte di soggetti ignoti.
Conclude sostenendo che il gravato diniego sarebbe illegittimo per carenza di istruttoria e difetto di motivazione.
A giudizio del Collegio il ricorso è infondato per le ragioni di seguito indicate.
Il potere di rilasciare le licenze per porto d’armi costituisce una deroga al divieto sancito dall’art. 699 cod. pen. e dall’art. 4, comma 1, della Legge 18 aprile 1975 n. 110.
La regola generale è, infatti, il divieto di detenzione delle armi, al quale l’autorizzazione di polizia può derogare in presenza di specifiche ragioni e in assenza di rischi anche solo potenziali, che è compito dell’Autorità di pubblica sicurezza prevenire (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I ter , 22 settembre 2023, n. 14137).
La Corte costituzionale, sin dalla sentenza del 16 dicembre 1993 n. 440, ha affermato che il porto d’armi non costituisce un diritto assoluto, rappresentando, invece, una eccezione al normale divieto di portare le armi, che può divenire operante soltanto nei confronti di persone riguardo alle quali esista la perfetta e completa sicurezza circa il buon uso delle armi stesse.
Sempre la Corte costituzionale ha precisato che dalla eccezionale permissività del porto d’armi e dai rigidi criteri restrittivi regolatori della materia deriva che il controllo dell’Autorità amministrativa deve essere più penetrante rispetto al controllo che la stessa Autorità è tenuta ad effettuare con riguardo a provvedimenti permissivi di tipo diverso, talora volti a rimuovere ostacoli a situazioni giuridiche soggettive di cui sono titolari i richiedenti.
Proprio in ragione dell’inesistenza, nell’ordinamento costituzionale italiano, di un diritto di portare armi, la Corte costituzionale ha aggiunto, nella sentenza del 20 marzo 2019, n. 109, che « deve riconoscersi in linea di principio un ampio margine di discrezionalità in capo al legislatore nella regolamentazione dei presupposti in presenza dei quali può essere concessa al privato la relativa licenza, nell’ambito di bilanciamenti che – entro il limite della non manifesta irragionevolezza – mirino a contemperare l’interesse dei soggetti che richiedono la licenza di porto d’armi per motivi giudicati leciti dall’ordinamento e il dovere costituzionale di tutelare, da parte dello Stato, la sicurezza e l’incolumità pubblica: beni, questi ultimi, che una diffusione incontrollata di armi presso i privati potrebbe porre in grave pericolo, e che pertanto il legislatore ben può decidere di tutelare anche attraverso la previsione di requisiti soggettivi di affidabilità particolarmente rigorosi per chi intenda chiedere la licenza di portare armi ».
La giurisprudenza, riprendendo i principi espressi dalla Corte costituzionale, è consolidata nel ritenere che il porto d’armi non costituisce oggetto di un diritto assoluto, rappresentando un’eccezione al normale divieto di detenere armi e potendo essere riconosciuto soltanto a fronte della perfetta e completa sicurezza circa il loro buon uso, in modo da scongiurare dubbi o perplessità, sotto il profilo prognostico, per l’ordine pubblico e per la tranquilla convivenza della collettività (cfr. ex multis Consiglio di Stato, Sez. III, 13 aprile 2023, n. 3738).
Il giudizio che compie l’Autorità di pubblica sicurezza è espressione di una valutazione ampiamente discrezionale, che presuppone una analisi comparativa dell’interesse pubblico primario, degli interessi pubblici secondari, nonché degli interessi dei privati, oltre che un giudizio di completa affidabilità del soggetto istante basato su rigorosi parametri tecnici (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I Stralcio, 10 novembre 2023, n. 16800).
Ai fini del rilascio della licenza per porto di pistola per uso di difesa personale, oltre ai requisiti di affidabilità e di buona condotta, occorre che l’Autorità competente ritenga sussistere il “dimostrato bisogno” dell’arma per il richiedente al fine di proteggersi da una situazione di oggettivo pericolo, all’esito di una valutazione di natura discrezionale che consideri, in concreto, se i fatti pregressi e le condizioni ambientali e personali, rappresentati dal richiedente, siano motivo sufficiente per derogare al generale divieto di portare e detenere armi di cui all’art. 699 c.p. (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. I, 4 luglio 2023 n. 1709).
In tal senso è stato condivisibilmente affermato che il rilascio o il rinnovo, da parte del Prefetto, della licenza di porto di pistola per difesa personale ha carattere eccezionale, costituendo principio generale dell’ordinamento quello per cui l’autotutela può essere consentita soltanto nei casi di estrema necessità, qualora ogni altra via sia preclusa (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. I, 4 luglio 2023 n. 1709;T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, 02 marzo 2022, n. 1430).
Ai sensi dell’art. 42 del T.U.L.P.S. il presupposto, ai fini del rilascio della licenza per porto di pistola per uso personale, dell’esistenza del “dimostrato bisogno” dell’arma, lungi dal poter essere desunto automaticamente dalla particolare tipologia di attività svolta dal richiedente e dalle modalità del suo svolgersi, deve riposare su specifiche e attuali circostanze, non risalenti nel tempo, che il Prefetto ritenga integratrici della necessità in concreto del porto di pistola (Consiglio di Stato, Sezione III, 14 febbraio 2017, n. 647;Consiglio di Stato, Sezione III, 16 dicembre 2016, n. 5354).
Il suddetto requisito (“dimostrato bisogno”) non può essere provato, infatti, sulla base della mera appartenenza a una categoria professionale o dello svolgimento di una determinata attività economica, così come non può ricavarsi dalla pluralità e consistenza degli interessi patrimoniali del richiedente o dalla conseguente necessità di movimentare rilevanti somme di denaro, spettando piuttosto all’interessato dimostrare l’esistenza di condizioni attuali e concrete di bisogno che giustificano la concessione dello speciale titolo di polizia, e ciò anche quando si tratti di richiesta di rinnovo, giacché la circostanza che il porto sia stato autorizzato in passato non genera una inversione dell’onere probatorio, se è vero che l’esigenza di dare corso a questa verifica con frequente periodicità è confermata dal secondo periodo del terzo comma del citato art. 42 del T.U.L.P.S., per cui “ la licenza ha validità annuale ” (cfr. Consiglio di Stato, Sezione III, 24 ottobre 2023, n. 9209 e 13 settembre 2022, n. 7941).
Nel caso di specie il ricorrente pone a fondamento dell’istanza l’esigenza di evitare di essere nuovamente vittima di reati (avendo in passato subito minacce estorsive, furti, incendio dei suoi automezzi e rapina a mano armata commessa in danno di un suo dipendente al termine del turno di lavoro), il fatto che, in ragione dell’attività imprenditoriale esercitata, si trovi a movimentare ingenti somme di denaro e che, comunque, come precisato nel ricorso, in quanto « imprenditore assai facoltoso » sia facile bersaglio di reati predatori, sostenendo che, rispetto ai precedenti rinnovi, non sarebbero mutate le condizioni oggettive e soggettive sulla scorta delle quali l’Autorità di pubblica sicurezza aveva ritenuto sussistente il “dimostrato bisogno” dell’arma.
Ebbene, il provvedimento impugnato è del tutto coerente con i paradigmi normativi e giurisprudenziali sopra richiamati e si sottrare alle censure dedotte dal ricorrente.
La motivazione del provvedimento di rigetto si fonda sulla accertata insussistenza di una condizione di “dimostrato bisogno” dell’arma al fine di tutelare la propria incolumità fisica, che solo l’allegazione di serie, comprovate e attuali circostanze di pericolo è idonea ad avvalorare.
In particolare, il diniego è motivato per relationem facendo riferimento alla « nota del Comando Provinciale Carabinieri prot. n. -OMISSIS- "P" del 21.09.2020, dalla quale è emerso che non sussiste, allo stato, nei riguardi del Sig. -OMISSIS- l'effettivo bisogno di circolare armato ».
Osserva il Collegio che la nota del Comando Provinciale dei Carabinieri di Reggio Emilia del 21 settembre 2020, muovendo da un’analisi complessiva della situazione del richiedente, pone a fondamento dell’insussistenza del “dimostrato bisogno” dell’arma – tra l’altro – la circostanza che « non risulta che l’istante sia stato vittima in tempi recenti di reati contro la persona e il patrimonio, né presso l’abitazione, né durante gli spostamenti connessi al lavoro svolto ».
Si tratta, dunque, di uno dei più significativi indici rivelatori della carenza ib imis dei presupposti per il rilascio della licenza di porto d’armi per difesa personale, atteso che, come precisato, il “dimostrato bisogno” dell’arma può ritenersi sussistente solo ove il richiedente comprovi una concreta e attuale situazione di pericolo per la propria incolumità personale.
Tale pericolo, lungi dal potersi configurare come meramente supposto e ipotetico, deve necessariamente essere ancorato ad evidenze fattuali da cui inferire, secondo una logica di prevenzione, l’opportunità di derogare al divieto generale di uso delle armi (principio immanente nel sistema giuridico nazionale) concedendo la licenza di porto d’armi per difesa personale.
In altri termini, il pericolo che fonda il “dimostrato bisogno” dell’arma deve essere comprovato sulla scorta di elementi di fatto che dimostrino la concreta esposizione del richiedente a rischi per la propria incolumità personale;la circostanza che l’interessato non sia stato « in tempi recenti » vittima di reati contro la persona o di reati predatori concorre, pertanto, ad elidere ab initio la situazione di attualità del pericolo, a nulla rilevando il riferimento a denunce o querele risalenti nel tempo che, sebbene abbiano ragionevolmente consentito i pregressi rinnovi della licenza, non possono essere autonomamente addotte a fondamento della perduranza del “dimostrato bisogno” dell’arma, occorrendo, come precisato, che il rischio sia non solo concreto ma anche attuale.
A ciò aggiungasi il rilievo che né il pericolo per la propria incolumità personale, né il “dimostrato bisogno” dell’arma possono essere desunti automaticamente dalla tipologia di attività professionale svolta dal richiedente, piuttosto che dalla qualità di imprenditore facoltoso vantata dallo stesso.
Ed infatti, in un sistema, quale quello italiano, in cui la regola generale è il divieto di uso delle armi, il “dimostrato bisogno” dell’arma non può essere desunto automaticamente dai profili soggettivi riguardanti l’attività professionale o la condizione sociale del richiedente, ma deve poggiare sull’oggettività della situazione di pericolo in cui egli concretamente e attualmente versa. Diversamente opinando, infatti, si legittimerebbe la proliferazione del rilascio di licenze del porto d’armi per difesa personale, così invertendo il rapporto di regola-eccezione testé citato.
La mancanza del requisito dell’attualità del pericolo è peraltro comprovata dalla circostanza, riferita dallo stesso ricorrente, che le denunce-querele sporte risalirebbero all’arco temporale tra il 2004 e il 2008, all’anno 2012 e all’anno 2014, mentre l’istanza per il rinnovo della licenza è stata proposta in data 14 novembre 2019.
In tale ottica, non persuade la tesi sostenuta dal ricorrente, in ordine al fatto che il gravato diniego sarebbe carente sotto il profilo istruttorio e motivazionale, per non aver dato conto del mutamento della situazione di fatto rispetto ai precedenti rinnovi del titolo.
Ed infatti, nell’indicare, per relationem , che « non risulta che l’istante sia stato vittima in tempi recenti di reati contro la persona e il patrimonio, né presso l’abitazione, né durante gli spostamenti connessi al lavoro svolto » e che « nel territorio di residenza non si rilevano criticità o specifiche implicazioni di sicurezza pubblica (…) va evidenziata una tendenziale diminuzione dei reati in generale e di quelli contro il patrimonio in particolare » anche in ragione delle misure restrittive adottate per il contenimento dell’emergenza pandemica da C 19, l’Amministrazione dà puntualmente atto del fatto che, rispetto al passato, non risultano sussistenti i profili di attualità del pericolo, ben potendo il decorso di un lasso temporale di circa cinque anni dall’ultimo reato denunciato dal richiedente essere sintomatico del venir meno del requisito di attualità dei rischi.
Né può assumere rilievo dirimente la circostanza che il ricorrente abbia di recente (il giorno 28 gennaio 2021) depositato una querela presso la Stazione dei Carabinieri di -OMISSIS-, rappresentando di essere stato vittima di una ennesima minaccia da parte di soggetti ignoti. Trattasi, infatti, di fatto sopravvenuto rispetto al gravato diniego, del quale evidentemente l’Amministrazione non poteva tener conto;così come, del resto, non possono assumere rilevanza ai fini del decidere le circostanze e la documentazione riferite a fatti temporalmente successivi (cfr. atti depositati il 19 febbraio 2024).
L’insussistenza di una condizione di rischio per il richiedente, tale da avvalorare il “dimostrato bisogno” dell’arma, è altresì valorizzata nel passaggio motivazionale della citata nota, ove si rileva che «(…) Relativamente al 2019, va evidenziata una tendenziale diminuzione dei reati in generale e di quelli contro il patrimonio in particolare, sia a livello nazionale che locale. Inoltre, la situazione emergenziale connessa alla diffusione del COVID-19 e le conseguenti misure restrittive e di distanziamento sociale adottate hanno portato ad una diminuzione dei reati in generale di oltre il 70% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente ».
Ed infatti, la situazione emergenziale connessa alla pandemia da C 19 ha imposto una serie di misure restrittive che hanno inevitabilmente dispiegato i propri effetti anche sull’andamento delle attività delittuose nell’intero territorio nazionale, facendo registrare una sensibile flessione sia dei reati predatori che dei delitti contro la persona.
L’influenza delle misure di contenimento della pandemia sul trend di reati nel territorio nazionale è stata, peraltro, oggetto di specifico studio da parte della Direzione Centrale della Polizia Criminale del Ministero dell’Interno, che, nel documento « Report della delittuosità in Italia GENNAIO-