TAR Catanzaro, sez. I, sentenza 2020-06-01, n. 202001008

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catanzaro, sez. I, sentenza 2020-06-01, n. 202001008
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catanzaro
Numero : 202001008
Data del deposito : 1 giugno 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 01/06/2020

N. 01008/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00382/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 382 del 2016, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato G D R, con domicilio eletto presso lo Studio dell’avvocato Vincenzo Galeota, in Catanzaro, al corso Mazzini, n. 269;

contro

Prefettura - U.T.G. di Vibo Valentia, in persona del Prefetto in carica, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catanzaro, domiciliata presso gli uffici di questa, in Catanzaro, alla via G. da Fiore, n. 34;

per l'annullamento

- del provvedimento della Prefettura - U.T.G. di Vibo Valentia del 14 gennaio 2016, avente ad oggetto il divieto di detenzione di armi, munizione e materiale esplodente;

- dell’informativa della Questura di Vibo Valentia del 15 dicembre 2015, Cat. 6D/PASI/15 prot. -OMISSIS-, recante la proposta di divieto di detenzione di armi, munizioni ed esplosivi nei suoi confronti.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Prefettura U.T.G. di Vibo Valentia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 maggio 2020 il dott. Francesco Tallaro e trattenuta la causa in decisione ai sensi dell’art. 84, comma 5 d.l. 17 marzo 2020, n. 18, conv. con mod. con l. 24 aprile 2020, n. 27;

Rilevato in fatto e ritenuto in diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. – -OMISSIS- impugna d’innanzi a questo Tribunale Amministrativo Regionale il provvedimento meglio indicato in epigrafe, con il quale il Prefetto di Vibo Valentia gli ha vietato la detenzione di armi, munizioni e di materiale esplodente in ragione della proposizione, nei suoi confronti, di querela per i reati di lesione personale, ingiuria e minaccia.

Ne deduce l’illegittimità per i motivi di seguito sintetizzati.

I) Violazione dell’art. 7 l. 7 agosto 1990, n. 241, essendo stata omessa la comunicazione di avvio del procedimento e dunque impedito all’interessato di far valere le proprie ragioni;
se l’amministrazione gli avesse consentito di partecipare al pocedimento, egli avrebbe potuto fornire elementi per ritenere infondata l’accusa mossa nei suoi confronti.

II) Violazione degli artt. 3 e 21- nonies l. n. 241 del 1990, delle norme e dei principi in materia di autotutela e del principio di imparzialità per mancata comparazione degli interessi;
il Prefetto, in particolare, non avrebbe proceduto ad una comparazione tra interesse privato e interesse pubblico, omettendo di indicare l’interesse prevalente che giustifichi l’annullamento dell’atto impugnato.

III) Violazione dell’art. 43 r.d. 18 giugno 1931, n. 773, avendo emanato il provvedimento impugnato in assenza di una sentenza di condanna, sulla base di un’istruttoria sommaria e di una valutazione parziale e contraddittoria dei fatti.

2. - Costituitasi la Prefettura U.T.G. di Vibo Valentia, respinta con ordinanza del 19 aprile 2016, n. -OMISSIS-, l’istanza cautelare, il ricorso è stato spedito in decisione il 20 maggio 2020, ai sensi dell’art. 84, comma 5 d.l. 17 marzo 2020, n. 18, conv. con mod. con l. 24 aprile 2020, n. 27.

3. –Va in primo luogo premesso, in unisono con la Corte Costituzionale (cfr. sentenza 16 dicembre 1993, n. 440, § 7, che ha condiviso quanto già affermato con la precedente sentenza n. 24 del 1981), che il potere di rilasciare le licenze per porto d'armi "costituisce una deroga al divieto sancito dall'art. 699 del codice penale e dall'art. 4, primo comma, della legge n. 110 del 1975" e che "il porto d'armi non costituisce un diritto assoluto, rappresentando, invece, eccezione al normale divieto di portare le armi" .

Quindi, l'art. 39, r.d. 18 giugno 1931, n. 773 attribuisce alla Prefettura il potere discrezionale di vietare la detenzione di armi, munizioni e materie esplodenti a chi chieda il rilascio di una autorizzazione di polizia o ne sia titolare, quando sia riscontrabile una capacità di abusarne, mentre il successivo art. 43 consente alla competente autorità - in sede di rilascio o di ritiro dei titoli abilitativi - di valutare non solo tale capacità di abuso, ma anche - in alternativa - l'assenza di una buona condotta, per la commissione di fatti, pure se estranei alla gestione delle armi, munizioni e materie esplodenti, ma che comunque non rendano meritevoli di ottenere o di mantenere la licenza di polizia, non occorrendo al riguardo un giudizio di pericolosità sociale dell'interessato (Cons. Stato, Sez. III, 6 giugno 2016, n. 2407).

La valutazione del Prefetto è caratterizzata da ampia discrezionalità, che ha lo scopo di prevenire, per quanto possibile, non solo i delitti, ma anche i sinistri involontari, che potrebbero avere occasione per la disponibilità di armi da parte di soggetti non pienamente affidabili;
il giudizio alla base di tale provvedimento di divieto non è quindi un giudizio di pericolosità sociale bensì un giudizio prognostico sull'affidabilità del soggetto e sull'assenza di rischio di abusi, per certi versi più stringente del primo, atteso che il divieto può fondarsi anche su situazioni che non hanno dato luogo a condanne penali o misure di pubblica sicurezza, ma che risultano genericamente non ascrivibili a buona condotta (Cons. Stato, Sez. III, 14 febbraio 2017, n. 649).

Il cui giudizio dell’amministrazione non può essere sindacato se non sotto il profilo del rispetto dei canoni di ragionevolezza e della coerenza (

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