TAR Roma, sez. 1B, sentenza 2022-08-30, n. 202211321

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1B, sentenza 2022-08-30, n. 202211321
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202211321
Data del deposito : 30 agosto 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 30/08/2022

N. 11321/2022 REG.PROV.COLL.

N. 03804/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3804 del 2020, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato A F T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Difesa, in persona del Ministro p.t., Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale sono domiciliati ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

A) Per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

del Decreto Dirigenziale n. M_D GMIL REG2020 -OMISSIS- del 5.3.2020 del Ministero della Difesa, notificato al ricorrente in pari data mediante provvedimento recante n. M_D GMIL REG2020 -OMISSIS- 05-03-2020 del Ministero della Difesa – Direzione Generale per il Personale Militare II Reparto con il quale si è disposto il ripristino dell'efficacia del Decreto Dirigenziale 23 ottobre 2008, con il quale furono disposti nei confronti del ricorrente la cessazione dal servizio permanente effettivo, a domanda a decorrere dal 15.10.2008 e, sotto la stessa data, il collocamento nel corrispondente ruolo degli Ufficiali di complemento dell'Arma, nonché nella parte in cui ha disposto la decadenza di diritto dal servizio del ricorrente, ai sensi e per gli effetti dell'art. 638, comma 2, del D. Lgs. n. 66/2010, nonché di ogni altro atto presupposto, collegato, connesso e conseguente.

B) Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da -OMISSIS-il 30.7.2020:

- del Decreto Dirigenziale n. M_D GMIL REG2020 -OMISSIS- del 9.6.2020 del Ministero della Difesa – Direzione Generale per il Personale Militare – Il Direttore Generale con il quale si è disposta l'abrogazione dell'art. 4 del Decreto Dirigenziale n. M_D GMIL REG2020 -OMISSIS- del 5.3.2020 del Ministero della Difesa sostituendolo mediante l'inserimento del ricorrente, a decorrere dal 4 agosto 2011, nel ruolo speciale con la medesima anzianità assoluta di grado, a tale data rideterminata, seguendo l'allora parigrado -OMISSIS-e, contestualmente, in pari data e senza soluzione di continuità, ne ha disposto la decadenza di diritto ai sensi e per gli effetti dell'art. 638, comma 2, del D. Lgs. 66/2010;

- del Decreto Dirigenziale n. M_D GMIL REG2020 -OMISSIS- del 5.3.2020 del Ministero della Difesa, notificato al ricorrente in pari data mediante provvedimento recante n. M_D GMIL REG2020 -OMISSIS- 05.03.2020 del Ministero della Difesa – Direzione Generale per il Personale Militare II Reparto con il quale si è disposto il ripristino dell'efficacia del Decreto Dirigenziale 23 ottobre 2008, con il quale furono disposti nei confronti del ricorrente la cessazione dal servizio permanente effettivo, a domanda a decorrere dal 15.10.2008 e, sotto la stessa data, il collocamento nel corrispondente ruolo degli Ufficiali di complemento dell'Arma, nonché nella parte in cui ha disposto la decadenza di diritto dal servizio del ricorrente, ai sensi e per gli effetti dell'art. 638, comma 2, del D. Lgs. n. 66/2010, nonché di ogni altro atto presupposto, collegato, connesso e conseguente.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa e del Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 maggio 2022 il dott. C V e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso notificato in data 30 aprile 2020 e depositato il 26.5.2020 il dott. -OMISSIS-, Tenente del ruolo speciale a esaurimento dell'Arma dei Carabinieri, ha adito questo T.A.R. al fine di ottenere l'annullamento, previa sospensiva dell'efficacia, del decreto dirigenziale del Ministero della Difesa, Direzione Generale per il Personale Militare, prot. n. M_D GMIL REG2020 -OMISSIS- del 5 marzo 2020 (doc. 1 ric.), che, in esecuzione della sentenza del Consiglio di Stato n. -OMISSIS-del 18 settembre 2018, ha disposto nei confronti del ricorrente il reinserimento nel ruolo speciale dell'Arma dei Carabinieri (ora ruolo speciale a esaurimento), a decorrere dal 1 ottobre 2013 e, contestualmente, in pari data e senza soluzione di continuità, la decadenza di diritto, ai sensi dell'art. 638, comma 2 del Decreto Legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell'ordinamento militare – C.O.M.).

Il citato decreto, più precisamente, nella parte dispositiva, ha così statuito:

- art. 1: è ripristinata l’efficacia del Decreto Dirigenziale 23 ottobre 2008, con il quale veniva disposto nei confronti dell’Ufficiale odierno ricorrente la cessazione dal servizio permanente, a domanda, a decorrere dal 15 ottobre 2008 e, sotto la stessa data, veniva collocato nel corrispondente ruolo degli Ufficiali di complemento dell’Arma dei Carabinieri (ai sensi dell’articolo 43, comma 2 della legge 10 aprile 1954, n. 113, quale sostituito dall’articolo 35 del Decreto Legislativo 30 dicembre 1997, n. 490, ora articolo 933 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66);

- art. 2: di conseguenza, il precedente Decreto Dirigenziale n. -OMISSIS- del 10 settembre 2012 (con cui, nei confronti del medesimo, era stata disposta la sospensione precauzionale dall’impiego a titolo facoltativo, ai sensi degli articoli 915, comma 2 e 916 del Decreto Legislativo 15 marzo 2010, n. 66) è revocato, ai sensi dell’articolo 21-quinquies della Legge 7 agosto 1990, n. 241;

- art. 3: la prestazione di servizio effettuata dal 26 giugno 2012 - data di effettiva presentazione in servizio- al 9 settembre 2012 - giorno antecedente la data di adozione del provvedimento di sospensione precauzionale dall’impiego a titolo facoltativo, revocato con il decreto “de quo” – veniva considerata come “attività di fatto prestata”;

- art. 4: l’Ufficiale, a decorrere dal 1 ottobre 2013, veniva reinserito nel ruolo speciale con la medesima anzianità assoluta di grado, seguendo l’allora parigrado -OMISSIS-, e contestualmente, in pari data e senza soluzione di continuità, se ne disponeva la decadenza di diritto ai sensi e per gli effetti dell’articolo 638, comma 2 del Decreto Legislativo 15 marzo 2010, n. 66.

Al fine di un più chiaro inquadramento della odierna controversia, è opportuno ripercorrere, seppure sinteticamente, la vicenda pregressa che ha interessato l'Ufficiale.

L'odierno ricorrente, con istanza del 12 giugno 2008, chiedeva di essere collocato in aspettativa senza assegni, ai sensi dell'art. 19, comma 6 del D.Lgs. n. 165/2001, per assumere l'incarico di dirigente a tempo determinato del settore sicurezza del Comune di Parma.

Avverso il diniego opposto dall’Amministrazione con il provvedimento prot. n. M_D

GMIL II

5 1 -OMISSIS- del 20 luglio 2008 l'Ufficiale proponeva ricorso al T.A.R. per la Lombardia e, nel contempo, in data 10 settembre 2008, presentava istanza con cui chiedeva di cessare dal servizio permanente (condizionandola all’esito del contezioso pendente dinnanzi al TAR Lombardia, avente ad oggetto la predetta domanda volta al collocamento in aspettativa ai sensi del citato art. 19, comma 6, d.lgs. 165 che non doveva quindi ritenersi rinunciata).

L’Amministrazione, con decreto dirigenziale 23 ottobre 2008, disponeva il collocamento dello -OMISSIS-in congedo, nella categoria del complemento, a decorrere dal 15 ottobre 2008.

Tuttavia, con la successiva sentenza n. -OMISSIS-il T.A.R. per l'Emilia Romagna accoglieva il ricorso proposto dall'Ufficiale, annullando il diniego dell'istanza di collocamento in aspettativa senza assegni, sul presupposto dell'applicabilità dell'art. 19, comma 6 del D.Lgs. n. 165/2001 “agli incarichi dirigenziali espletati da dipendenti dello Stato nell'ambito di pubbliche amministrazioni tra cui rientrano gli enti locali”.

Il Ministero impugnava la sentenza dinnanzi al Consiglio di Stato, ma, dovendo in ogni caso ottemperare alla sentenza del T.A.R. Emilia Romagna n. -OMISSIS-, adottava, con riserva di definizione dell'appello, il decreto dirigenziale del 22 maggio 2012, con cui assumeva nei confronti dello -OMISSIS-le seguenti determinazioni:

- annullamento del decreto di cessazione del 23 ottobre 2008, e la riammissione in servizio a decorrere dal 15 ottobre 2008;

- collocamento in aspettativa senza assegni, ai sensi dell'art. 19, comma 6 del D.Lgs. n. 165/2001;

- sospensione precauzionale dall'impiego, a titolo obbligatorio, ai sensi dell'art. 915, comma 1 C.O.M., a decorrere dal 24 giugno 2011, giorno di esecuzione della misura della custodia cautelare in carcere emessa dall'Autorità giudiziaria di Parma, nei confronti del ricorrente in quanto sottoposto a procedimento penale per fatti commessi, secondo l’ipotesi accusatoria, nell'espletamento delle funzioni di Dirigente del settore sicurezza del Comune di Parma;

- cessazione, a decorrere dal 15 novembre 2011, dell'efficacia della sospensione cautelare e, conseguentemente, la riammissione in servizio, a mente dell'art. 915, comma 2 C.o.m.

Con sentenza n. -OMISSIS-del 30 settembre 2013 il Consiglio di Stato accoglieva l'appello proposto dall'Amministrazione e, in riforma della sentenza del T.A.R. Lombardia, respingeva il ricorso proposto in primo grado avverso il diniego del collocamento in aspettativa senza assegni.

La decisione si fondava sulla impossibilità di applicare ai fatti di causa l'art. 19, comma 6 del D.Lgs. n. 165/2001 in vigore ratione temporis, in considerazione del fatto che soltanto successivamente, con l'emanazione della Legge n. 183/2010, entrata in vigore in data 24 novembre 2010, la disposizione di cui all'art. 19, comma 6 del D.Lgs. n. 165/2001 era stata estesa al personale militare.

Ciò posto, il Consiglio di Stato individuava, invece, nell’art. 110, comma 5 del D.Lgs. n. 267/2000, la norma applicabile alla fattispecie in esame, che, nel testo vigente “ratione temporis”, prevedeva quanto segue: “L'amministrazione di provenienza dispone, subordinatamente alla vacanza del posto in organico o dalla data in cui la vacanza si verifica, la riassunzione del dipendente qualora lo stesso ne faccia richiesta entro i 30 giorni successivi alla cessazione del rapporto di lavoro a tempo determinato o alla data di disponibilità del posto in organico”.

In data 10 ottobre 2013 (giorno successivo alla pubblicazione della sentenza del Consiglio di Stato n. -OMISSIS-) il ricorrente presentava istanza con cui chiedeva all'Amministrazione di prendere atto dell'intervenuto perfezionamento della fattispecie regolata dall'art. 110, comma 5 del D.Lgs. n. 267/2000, stante la riammissione in servizio disposta dall'Amministrazione col decreto dirigenziale 22 maggio 2012 adottato in esecuzione della sentenza del T.A.R. per l'Emilia Romagna n. -OMISSIS-.

L’Amministrazione, con decreto dirigenziale 28 agosto 2014, in esecuzione della sentenza del Consiglio di Stato n. -OMISSIS-:

- ripristinava l'efficacia del decreto dirigenziale 23 ottobre 2008 di cessazione dell'Ufficiale dal servizio permanente a decorrere dal 15 ottobre 2008;

- revocava la sospensione facoltativa dall'impiego disposta, nelle more della definizione dell'appello, con decreto dirigenziale n. -OMISSIS-del 10 settembre 2012 adottato ai sensi degli artt. 915, comma 2 e 916 C.O.M.;

- disponeva il rigetto dell'istanza del 1 ottobre 2013, tesa a ottenere la riammissione in servizio, ai sensi dell'art. 110, comma 5 del D.Lgs. n. 267/2000 per la carenza del presupposto della disponibilità di posti in organico.

Avverso quest’ultimo decreto dirigenziale l’ufficiale proponeva ricorso al T.A.R. per la Lombardia che, respinto con sentenza n. -OMISSIS-, veniva successivamente accolto in appello dal Consiglio di Stato con la sentenza n. -OMISSIS-del 18 settembre 2018, alla quale l’Amministrazione ha inteso dare esecuzione con il decreto impugnato con il ricorso principale.

Nelle more dell'esecuzione della sentenza del Consiglio di Stato n. -OMISSIS-, l'ufficiale ha proposto ricorso per ottemperanza, accolto dal Consiglio di Stato con sentenza n. -OMISSIS-del 2 marzo 2020.

2. I motivi di doglianza possono riassumersi come segue:

Illegittimità per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 638 del D. Lgs. n. 66/2010;

Illegittimità per violazione dell’art. 21 septies della Legge n. 241/1990: violazione e/o elusione del giudicato per disapplicazione delle sentenze nn. -OMISSIS-e -OMISSIS-del Consiglio di Stato;

Illegittimità per violazione dell’art. 110, 5° comma, del D.Lgs. n. 267/2000 e per violazione e falsa applicazione dell’art. 11 lettera b) del D.L. n. 90/2014 convertito con modificazione dalla Legge n. 114 del 2014;

Illegittimità per violazione del principio del legittimo affidamento ingenerato nei confronti del ricorrente a seguito della riammissione in servizio;

Illegittimità e/o eccesso di potere per violazione dell'art. 26 della legge n. 183/2010 e dell'art. 19 comma 6 del d.lgs. n. 165/2001;

Illegittimità per violazione dell’art. 3 della Legge n. 241/1990: carenze e/o difetto della motivazione;

Illegittimità per violazione dell’art. 97 della Costituzione Italiana: violazione del principio di economicità, efficienza e buon andamento delle scelte della Pubblica Amministrazione;

Eccesso di potere per ingiustizia manifesta, illogicità, irragionevolezza, disparità di trattamento e sviamento dell’azione e delle scelte amministrative;

Eccesso di potere per apoditticità, carenza e/o contraddittorietà della motivazione;

Eccesso di potere per errore sui presupposti, travisamento e/o erronea valutazione della situazione di fatto.

L’atto impugnato sarebbe stato adottato in violazione e/o elusione del giudicato per disapplicazione delle sentenze nn. -OMISSIS-e -OMISSIS-del Consiglio di Stato.

Il Consiglio di Stato, infatti, pronunciandosi in sede di ottemperanza con la sentenza n. -OMISSIS-aveva ordinato all’Amministrazione di “ riesaminare e definire, mediante una determinazione adeguatamente motivata, l’istanza di riassunzione presentata dal ricorrente ai sensi del previgente art. 110, comma 5, del t.u.e.l.”.

L’Amministrazione però, anziché attenersi al predetto dettato, ha disposto la decadenza di diritto dal servizio del ricorrente, ex art. 638, comma 2, del D.Lgs. 66/2010.

In tal modo, il Ministero della Difesa, ad avviso del ricorrente, ha omesso di fornire un riscontro adeguato a quanto richiesto dalle sentenze menzionate e, inoltre, ha disposto la decadenza dal servizio del ricorrente applicando una norma, l’art. 638, comma 2, del D.Lgs. 66/2010, che non è pertinente al caso di specie.

Sotto il primo aspetto, l’Amministrazione ha scelto la data del 1 ottobre 2013 per la riassunzione del ricorrente (virtuale, invero, stante la decadenza dall’impiego, contestualmente disposta ex art. 638, comma 2, c.o.m. per assenza di un requisito di reclutamento) quando l’istanza di riammissione è del 4 agosto 2011.

Sotto il secondo profilo l’illegittimità dell’atto impugnato deriverebbe invece dalla violazione dell’art. 638 del D.Lgs. 66/2010 e sarebbe anche viziato per eccesso di potere per travisamento e/o erronea valutazione della situazione di fatto ed errore sui presupposti: la disposizione, infatti, appare riferita al personale da arruolare o da destinare ai corsi di formazione per il successivo reclutamento mentre, al contrario, il ricorrente, è stato inquadrato per molti anni ed ha svolto servizo, dal 2001 al 2008, in qualità di Ufficiale dell’Arma, fino alla domanda di cessazione ex art. 110, comma 5, d.lgs. n. 267 del 2000, quando è andato ad assumere l’incarico di dirigente presso il Comune di Parma.

La ricostituzione del rapporto di servizio dell’Ufficiale cessato non potrebbe in alcun modo equipararsi a quella di una nuova assunzione a seguito di concorso per il reclutamento e, quindi, non è situazione assoggettabile alle disposizioni sul primo reclutamento (vedi in particolare gli artt. 635 e 638 c.o.m.).

Lo status giuridico del ricorrente, viceversa, è quello di un ufficiale in servizio permanente effettivo fin dal lontano 2001 e, pertanto, la disciplina a quest’ultimo applicabile è quella contenuta nel Titolo V “Stato giuridico ed impiego”, art. 851 e ss.

3. La sentenza n. -OMISSIS-del 2 marzo 2020 della Consiglio di Stato che ha accolto il ricorso proposto dall'Ufficiale per l'ottemperanza della citata sentenza n. -OMISSIS-, era già nota al ricorrente al momento della presentazione del ricorso (doc. 3 ric.). Tuttavia con il nuovo Decreto Dirigenziale M_D GMIL REG2020 -OMISSIS- del 9 giugno 2020 di poco successivo al decreto impugnato con il ricorso introduttivo, l’Amministrazione ha ritenuto di integrare il contenuto dispositivo di quest’ultimo in esecuzione della succitata sentenza del Consiglio di Stato n. -OMISSIS-. In particolare, senza intervenire sul restante impianto motivazionale del precedente provvedimento, la Direzione Generale del Personale ha soltanto abrogato e sostituito l'articolo 4 del decreto dirigenziale M_D GMIL REG2020 -OMISSIS- del 5 marzo 2020, facendo decorrere il reinserimento nel ruolo speciale dell'Arma dei Carabinieri a decorrere dal 4 agosto 2011 (anziché dal 1 ottobre 2013, come già statuito), contestualmente confermando, seppur con questa diversa decorrenza, la già deliberata contestualmente, in pari data e “senza soluzione di continuità”, la decadenza di diritto dall’impiego, ai sensi dell'art. 638, comma 2 c.o.m..

In tal modo l’Amministrazione ha nella sostanza aderito alla prima censura esposta nel ricorso.

4. Anche tale determinazione integrativa è stata impugnata dal ricorrente con atto per motivi aggiunti depositato in data 30.7.2020.

Parte ricorrente, ribadendo nella totalità ed estendendo al nuovo provvedimento le censure già proposte con il ricorso principale, evidenzia altresì un peculiare profilo di contraddittorietà della nuova determinazione assunta: l’atto impugnato se finalmente, dopo anni di contenzioso sul punto, riammette il ricorrente dalla giusta data del 4 agosto 2011, con il grado di Tenente, afferma però “ancora una volta che il ricorrente non ha i requisiti previsti per il reclutamento ex art. 638 comma 2 C.O.M.”. Tuttavia, deduce il ricorrente, se l’Amministrazione avesse effettivamente riammesso l’interessato attenendosi a quanto previsto dall’art. 638 comma 2 C.O.M., ciò sarebbe dovuto avvenire assegnandogli il grado di Sottotenente (e non con quello di Tenente), atteso che non è previsto, nel ruolo speciale degli Ufficiali dell’Arma dei Carabinieri, il reclutamento con un grado diverso da quello di Sottotenente.

Se si trattava di un reclutamento, secondo la tesi dell’Amministrazione, ciò doveva avvenire con l’attribuzione del grado di Sottotenente. La riammissione, ex art. 110, comma 5, del D.lgs. n. 267/2000, poiché deve tenere conto di una carriera pregressa che non può essere cancellata, implica invece l’attribuzione del grado di Tenente.

5. Si sono costituiti in giudizio il Ministero della Difesa e il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri che, nella comune memoria difensiva, eccepiscono preliminarmente il difetto di competenza di questo TAR a favore della competenza del Consiglio di Stato, in quanto parte ricorrente agisce per l’ottemperanza alle due sentenze sopracitate (n. -OMISSIS- e n. -OMISSIS-) emesse entrambe dal Giudice di secondo grado. Ciò determina la competenza funzionale del Consiglio di Stato ai sensi del combinato disposto dell’art. 112, comma 2, lett. a) e dell’art. 113, comma 1, c.p.a..

Nel merito la difesa erariale ribadisce la piena conformità dei provvedimenti impugnati alle norme di riferimento, stante l’irrinunciabilità, anche ai fini della riammissione in servizio nel ruolo di Ufficiale dell’Arma (dopo che è intervenuta cessazione per svolgere un incarico dirigenziale presso altra Amministrazione), del requisito di cui alla lett. g-bis) dell’art. 635 c.o.m. (“non essere in atto imputati in procedimenti penali per delitti non colposi…” ), dovendosi considerare che nel 2017 è intervenuta sentenza di primo grado del Giudice Penale che ha condannato il ricorrente alla pena di 3 anni e 6 mesi di reclusione.

6. Con ordinanza n. -OMISSIS- del 2020 la Sezione ha respinto la domanda cautelare affermando di ritenere il TAR adito funzionalmente competente sebbene nel ricorso venga ventilata la violazione o elusione del giudicato formatosi sulle sentenze del Consiglio di Stato nn. -OMISSIS-e -OMISSIS-.

Il Collegio, infatti, ha ritenuto che “…la causa petendi sostanziale del giudizio è incentrata sulla censura di vizi di legittimità del provvedimento impugnato, come reso palese: - dalla stessa rubricazione dell’unico motivo di diritto formulato nel ricorso introduttivo e nel ricorso per motivi aggiunti che fa espresso riferimento solo all’illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere;
- dalla specifica articolazione delle censure del ricorrente anch’esse incentrate sulla violazione di legge (dell’art. 110, comma 5, del D.lgs. n. 267/2000 e dell’art. 638 del D.Lgs. n. 66/2010) e sull’eccesso di potere;
- nonché dal petitum dei medesimi, nei quali ricorrente si è limitato a chiedere una pronuncia di annullamento degli atti gravati (e non una declaratoria di nullità)…”.

7. Sono stati prodotti ulteriori documenti da entrambe le parti costituite.

Il ricorrente ha prodotto memoria illustrativa in data 21.4.2022.

Alla pubblica udienza del 25 maggio 2022, dopo la discussione, la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.

8. Il Collegio ritiene che questo TAR è quello competente a decidere per le ragioni già adeguatamente esposte dalla Sezione con l’ordinanza cautelare sopracitata n. -OMISSIS- del 2020 (v. supra).

Dovendosi quindi sindacare il presente ricorso come ricorso di legittimità (e non per ottemperanza) va respinta l’eccezione di incompetenza funzionale opposta da parte resistente

9. Venendo all’esame del merito, giova precisare, in primo luogo, che l’assetto del rapporto in controversia è quello scaturito dal decreto del Direttore Generale del Personale Militare del 5.3.2020 originariamente impugnato, come integrato dal successivo decreto del 9.6.2020 (impugnato con i motivi aggiunti), quest’ultimo intervenuto soltanto a modificare l’art. 4 del precedente provvedimento, essendosi limitato a retrodatare al 4 agosto 2011 il reinserimento del ricorrente nel ruolo speciale e la anzianità assoluta di grado, a tale data rideterminata, ferma restando però, da tale data, la già statuita “ decadenza di diritto ai sensi e per gli effetti dell’articolo 638, comma 2 del Decreto Legislativo 15 marzo 2010, n. 66”.

Dall’integrazione dei dispostivi dei due decreti citati (entrambi impugnati in questa sede), si rilevano complessivamente i seguenti effetti finali incidenti sulla definizione del rapporto controverso tra l’ex Ufficiale ricorrente e l’Arma dei Carabinieri:

- ripristino dell'efficacia del decreto dirigenziale 23 ottobre 2008, che disponeva la cessazione dell'Ufficiale dal servizio permanente, a domanda, a decorrere dal 15 ottobre 2008 e, sotto la stessa data, il collocamento nella categoria del complemento, ai sensi dell'art. 43 comma 2 della Legge della legge 10 aprile 1954, n. 113, quale sostituito dall'articolo 35 del Decreto Legislativo 30 dicembre 1997, n. 490, (ora art. 933 C.O.M.);

- revoca, ai sensi dell'art. 21 quinquies della L. 7 agosto 1990, n. 241, del decreto dirigenziale -OMISSIS-del 10 settembre 2012 con cui nei confronti dell’interessato era stata disposta la sospensione precauzionale dall'impiego a titolo facoltativo, ai sensi degli artt. 915 comma 2 e 916 C.O.M.;

- qualificazione come attività di fatto della prestazione di servizio effettuata dal 26 giugno 2012 (data di effettiva presentazione in servizio) al 9 settembre 2012 (giorno antecedente la data di adozione del provvedimento di sospensione precauzionale dall'impiego a titolo facoltativo, ora revocato);

- reinserimento nel ruolo speciale dell'Arma dei Carabinieri (ora ruolo speciale a esaurimento) del Tenente -OMISSIS-, a decorrere dal 4 agosto 2011, con la medesima anzianità assoluta di grado, seguendo l'allora parigrado I G, e contestualmente, in pari data e senza soluzione di continuità, la decadenza di diritto, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 638, comma 2 C.O.M..

10. Risulta chiaro dalla superiore esposizione come sia proprio l’ultima delle disposizioni citate quella ritenuta lesiva e illegittima dal ricorrente in questa sede, in quanto comporta, ai sensi dell’art. 638, comma 2, c.o.m. la decadenza retroattiva (da datare al 4.8.2011) dell’Ufficiale dall’impiego e, pertanto, nega la realizzazione dell’interesse pretensivo del medesimo a vedersi pienamente e definitivamente reintegrato nei ranghi degli Ufficiali dell’Arma.

E’ bene evidenziare che su tale aspetto - decadenza di diritto ex art. 638, comma 2, c.o.m., per trovarsi il ricorrente nello “status” di imputato già condannato in primo grado, al momento della possibile riassunzione in servizio - nessuna delle sentenze sopra citate, ivi comprese le due sentenze da ultimo pronunciate del Consiglio di Stato, si è pronunciata dettando statuizioni vincolanti per l’Amministrazione.

Ciò per la semplice ragione che i precedenti provvedimenti negativi che, a diverso titolo, hanno impedito al ricorrente di rientrare in ruolo (dopo la cessazione dal servizio nell’Arma, a seguito del suo passaggio alle funzioni dirigenziali presso il Comune di Parma), erano basati su ragioni del tutto diverse.

Deve ricordarsi, in particolare, evidenziando i passaggi più rilevanti della complessa vicenda che ha preceduto i decreti oggi in disamina, che:

i. nell’affermare la legittimità del diniego dell’aspettativa, con la sentenza n. -OMISSIS-la Sezione IV del Consiglio di Stato ha comunque evidenziato che “al personale militare e delle forze di polizia a ordinamento militare, che sia cessato dall’impiego statale per l’assunzione di incarico dirigenziale in ente locale, può semmai riconoscersi la possibilità di riammissione in servizio stabilita dal citato comma 5 dell’art. 110”;

ii. il riferimento è all’art. 110, comma 5, D.Lgs. 18/08/2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali) che, nel testo vigente all’epoca dell’assunzione del ricorrente con incarico tempo determinato presso l’ente comunale, stabiliva che: “5. Il rapporto di impiego del dipendente di una pubblica amministrazione è risolto di diritto con effetto dalla data di decorrenza del contratto stipulato con l'ente locale ai sensi del comma 2. L'amministrazione di provenienza dispone, subordinatamente alla vacanza del posto in organico o dalla data in cui la vacanza si verifica, la riassunzione del dipendente qualora lo stesso ne faccia richiesta entro i 30 giorni successivi alla cessazione del rapporto di lavoro a tempo determinato o alla data di disponibilità del posto in organico.”;

iii. in applicazione di tale disposizione la successiva sentenza del Consiglio di Stato n. -OMISSIS-del 2018, rilevata la tempestività della presentazione della domanda di riassunzione, presentata il 4 agosto 2011, ha riconosciuto le ragioni dell’odierno ricorrente sotto il profilo del difetto di motivazione che viziava il risalente decreto dirigenziale del 28 agosto 2014 con il quale il Ministero della Difesa - oltre ad avere ripristinato l'efficacia del decreto del 23 ottobre 2008 (anch’esso a suo tempo impugnato dinanzi al T.a.r. per l’Emilia Romagna), disponendo nuovamente la cessazione del ricorrente dal servizio a titolo permanente, a decorrere dal 15 ottobre 2008 – ha nel contempo rigettato l’istanza di riassunzione sulla base di un’asserita assenza di posti vacanti in organico (condizione, quella della vacanza di posti in organico, che il vecchio comma 5 dell’art. 110 cit. stabiliva espressamente ai fini della riassunzione in servizio). Secondo la sentenza n. -OMISSIS-l’appellante ha provato, con le allegazioni documentali prodotte, “come nel periodo di riferimento siano avvenute diverse assunzioni già dal 2011 e fino ad epoca più recente (2016 - 2017) mediante diversi concorsi. Risulta quindi evidente, e non smentito dalle risultanze istruttorie, che la motivazione addotta in ordine alla carenza di organico non possa ritenersi sussistente. Per le ragioni sopra esposte, l’appello va accolto […]” ;

iv. da ultimo, come accennato nella superiore narrativa, il Consiglio di Stato si è pronunciato in sede di ottemperanza con la sentenza n. -OMISSIS- del 2020 la quale ha individuato le seguenti componenti della sentenza ottemperanda (la citata n. -OMISSIS-) consistenti: a) nella riqualificazione dell’istanza presentata dal ricorrente in data 4 agosto 2011, quale domanda di “riassunzione” ai sensi della prefata disposizione contenuta nel testo unico degli enti locali (ancorché non espressamente richiamata);
b) nell’accertamento del difetto di motivazione del decreto dirigenziale del 29 agosto 2014 (con riferimento alla indimostrata inesistenza delle vacanze nell’organico degli Ufficiali nel periodo da considerare) che ha disposto la reiezione di siffatta domanda e il congedo illimitato del ricorrente a far data dal 6 ottobre 2014;

v. dunque, per la sentenza n. -OMISSIS- del 2020 si è di fronte ad “un annullamento per difetto di motivazione lascia sostanzialmente integro l’ambito di rivalutazione discrezionale affidato all’amministrazione (Cons. Stato, sez. IV, sentenza n. 3664 del 14 giugno 2018). Il difetto di motivazione è infatti un vizio che deve essere contestualizzato e relativizzato con riguardo al provvedimento in concreto impugnato in sede giudiziaria, onde vagliare se, nel caso concreto, la sentenza abbia posto dei criteri, vincolanti per l’amministrazione, da osservare in sede di riesercizio del potere in esito alla pronuncia demolitoria per l'accertata sussistenza del vizio medesimo. […]

19. Nel caso di specie, la natura del vizio rilevato e la motivazione della sentenza ottemperanda, non consentono di attribuire a quest’ultima, oltre l’effetto caducatorio, anche gli auspicati effetti ripristinatori.

Quanto agli effetti “conformativi”, dalla stessa deriva piuttosto l’obbligo, per l’amministrazione, di riesaminare e definire, mediante una determinazione adeguatamente motivata, l’istanza di riassunzione presentata dal ricorrente ai sensi del previgente art. 110, comma 5, del t.u.e.l., tenuto conto di quanto rilevato al precedente § 17, delle eventuali iniziative disciplinari intraprese nelle more nonché, in particolare, chiarendo adeguatamente se, all’epoca di cui trattasi, esistesse, o meno, la “vacanza del posto in organico”.

11. Il quadro sopra delineato conferma che con i provvedimenti oggi in esame l’Amministrazione ha inteso ottemperare a quanto disposto dalle citate decisioni del Consiglio di Stato laddove hanno sancito, in primo luogo, il dovere dell’Amministrazione di riqualificare l’istanza del ricorrente del 2008 come istanza (non di aspettativa ma) di cessazione dal servizio permanente, a domanda, a decorrere dal 15 ottobre 2008. Con il decreto del 5.3.2020 il Ministero della Difesa, cin uguale decorrenza, ha anche collocato l’Ufficiale “nel corrispondente ruolo degli Ufficiali di complemento dell’Arma dei Carabinieri, ai sensi dell’articolo 43, comma 2 della legge 10 aprile 1954, n. 113, quale sostituito dall’articolo 35 del Decreto Legislativo 30 dicembre 1997, n. 490, ora articolo 933 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66.”.

Quanto alla richiesta di riassunzione del ricorrente ai sensi dell’art. 110, comma 5, d.lgs. n. 267 del 2000, il decreto del 5.3.2020 (impugnato) non va ad incidere direttamente, in realtà, su quanto già statuito dal giudicato circa la necessità di svolgere un’adeguata istruttoria in ordine ai posti che potevano ritenersi “illo tempore” vacanti nel ruolo ufficiali. E’ invece implicito (ma evidente) nella motivazione del provvedimento che tale istruttoria è stata ritenuta superflua dalla parte resistente in ragione dell’assorbente dato di fatto costituto dall’essere risultato l’istante “imputato per corruzione aggravata per un atto contrario ai doveri d’ufficio, tentata concussione e peculato, reati per i quali è stato condannato in primo grado, con sentenza n. -OMISSIS-emessa il 17 novembre 2017, non ancora irrevocabile, alla pena di 3 anni e 6 mesi di reclusione;…”.

La Direzione Generale competente ha quindi ritenuto di dover respingere l’istanza, nell’odierna fattispecie, sulla base di un “aliquid novi” non considerato dai precedenti provvedimenti negativi adottati ed annullati in sede giurisdizionale, quale fatto che assume rilievo necessariamente preclusivo ai sensi degli art. 635 e 638, comma 2, Decreto Legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (c.o.m.), in quanto: la “riassunzione” in servizio del ricorrente doveva necessariamente basarsi sul possesso dei requisiti generali previsti per il reclutamento del personale militare di cui all’articolo 635 c.o.m.;
l’articolo 638, comma 2 cit. prevede, tra l’altro, che l’accertamento, successivo al reclutamento, della mancanza di uno dei requisiti previsti, sia per condotta dolosa sia per condotta incolpevole dell’interessato, comporta la decadenza di diritto dall’arruolamento volontario.

Tale aspetto della motivazione, proprio per il suo carattere innovativo rispetto alle precedenti manifestazioni del potere datoriale, non pone dunque problemi sul fronte di un’ipotetica inottemperanza alle sentenza del Consiglio di Stato e conferma, quindi, la competenza di questo TAR, chiamato a conoscere un aspetto (applicabilità alla specie degli artt. 635 e 638, comma 2, c.o.m.) non toccato dai precedenti giurisdizionali che hanno costellato la complessa vicenda pregressa.

Ciò precisato, il Collegio ritiene che la motivazione provvedimentale sia sul punto corretta.

Deve muoversi infatti dal presupposto, da ritenere ormai definitivamente accertato con l’efficacia del giudicato, che la riassunzione poteva soltanto essere richiesta in applicazione del più volte citato comma 5 dell’art. 110 del TUEL, nel testo vigente al momento dell’istanza che, come visto, secondo la sentenza del Consiglio di Stato n. -OMISSIS-del 2018, risale al 4 agosto 2011.

Come si è detto, nel testo precedente le modifiche apportate dal D.L. 24 giugno 2014, n. 90, la disposizione era così formulata:

“5. Il rapporto di impiego del dipendente di una pubblica amministrazione è risolto di diritto con effetto dalla data di decorrenza del contratto stipulato con l'ente locale ai sensi del comma 2. L'amministrazione di provenienza dispone, subordinatamente alla vacanza del posto in organico o dalla data in cui la vacanza si verifica, la riassunzione del dipendente qualora lo stesso ne faccia richiesta entro i 30 giorni successivi alla cessazione del rapporto di lavoro a tempo determinato o alla data di disponibilità del posto in organico.”.

Il primo periodo della norma statuiva quindi, in modo perentorio ed inderogabile, la risoluzione di diritto del rapporto di impiego già in essere, quale effetto automatico dell’assunzione con incarico a tempo determinato presso l’ente locale.

In piena coerenza con tale norma il decreto impugnato ha disposto la cessazione dell’Ufficiale dal servizio permanente dal 2008, in concomitanza con il suo ingresso nella dirigenza del Comune di Parma.

Dato per acclarato l’effetto risolutivo ovvero di cessazione dal servizio, è chiaro che al momento della richiesta di riassunzione presentata ai sensi dell’art. 110, comma 5, l’istante, pur avendo maturato una pregressa anzianità nel ruolo degli ufficiali in s.p.e., con la sua scelta precedente aveva ormai determinato la propria irrimediabile uscita (cessazione) dal ruolo degli Ufficiali dei carabinieri con collocamento nel diverso “ruolo degli Ufficiali di complemento dell’Arma dei Carabinieri, ai sensi dell’articolo 43, comma 2 della legge 10 aprile 1954, n. 113, quale sostituito dall’articolo 35 del Decreto Legislativo 30 dicembre 1997, n. 490, ora articolo 933 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66.” (è quanto si legge all’art. 1 del decreto impugnato). Assume rilievo al riguardo, in particolare, il comma 6 dell’art. 933 cit. a mente del quale “6. Il militare che non si trova nelle condizioni di cui ai commi 4 (25 anni di servizio, ndr) e 5 (20 anni di servizio, ndr) ha egualmente diritto alla cessazione dal servizio permanente, dopo aver adempiuto agli obblighi delle ferme ordinarie o speciali eventualmente contratte. In tal caso è collocato nella categoria del complemento, della riserva o della riserva di complemento a seconda dell'età e della categoria di appartenenza.”.

La perdita dello “status” di Ufficiale in s.p.e. – confermata dall’uso del termine “risoluzione ” da parte dell’art. 110, comma 5, TUEL, con riferimento al rapporto di servizio in atto - induce il Collegio a ritenere corretta l’applicazione alla specie, da parte dell’Amministrazione, degli artt. 635 e 638 c.o.m.. Si tratta in effetti di norme dettate in tema di primo reclutamento dell’ “extraneus” che miri ad entrare nei ruoli della Forza Armata (quale militare ovvero ufficiale) a seguito del superamento di apposita selezione e del successivo (primo) incorporamento nel ruolo di pertinenza.

Se è vero che si è nella specie del tutto al di fuori di un concorso per il reclutamento di ufficiali trattandosi della ben diversa fattispecie della domanda di ri-assunzione in servizio di un singolo ex-ufficiale a seguito della cessazione del pregresso rapporto di servizio con la Forza Armata, cionondimeno le due situazioni appaiono perfettamente assimilabili dal punto di vista della necessità, per l’Amministrazione, di dover verificare, prima dell’incorporamento (e non certo dopo) la sussistenza dei requisiti generali e speciali di cui all’art. 635 c.o.m. per accedere, a qualsiasi titolo, nei ruoli delle Forze Armate, tra i quali rilevano, in particolare, i seguenti:

“g) non essere stati condannati per delitti non colposi, anche con sentenza di applicazione della pena su richiesta, a pena condizionalmente sospesa o con decreto penale di condanna;

g-bis) non essere in atto imputati in procedimenti penali per delitti non colposi…”

La cessazione del rapporto di servizio, infatti, ha posto lo stesso ricorrente in una condizione di “extraneus” alla Forza Armata alla quale pure era nel passato appartenuto, sicché la riammissione in servizio non può prescindere, come nel caso dell’ordinario reclutamento per concorso, dalla verifica degli ordinari requisiti prescritti per l’accesso, nel caso in esame, nell’Arma dei Carabinieri.

La misura, in ogni caso, appare più che opportuna in quanto si trattava di valutare la riammissione in servizio di un soggetto rimasto per lungo tempo al di fuori dall’ambito dell’Arma dei Carabinieri e che, in tale pluriennale lasso di tempo, si è sottratto, in tutto e per tutto, al potere di controllo e disciplinare che appartiene alla linea gerarchica.

In definitiva, trattandosi di accesso “ex novo” a seguito di cessazione del precedente rapporto di servizio, non possono non essere accertati quei requisiti che in generale la legge prescrive per l’assunzione nel ruolo.

E’ stata dunque legittima l’applicazione del comma 2 dell’art. 638 a mente del quale “2. L'accertamento, successivo al reclutamento, della mancanza di uno dei predetti requisiti, sia per condotta dolosa sia per condotta incolpevole dell'interessato, comporta la decadenza di diritto dall'arruolamento volontario.”

In punto di fatto non è contestato, infatti, che il Tribunale Ordinario di Parma, con sentenza n. -OMISSIS-del 17 novembre 2017, ha condannato in primo grado il ricorrente per i reati di cui agli articoli del codice penale: 314, comma 2 (Peculato), 319 c.p. (Corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio), art. 323 (Abuso d'ufficio), 81, comma 1 in combinato disposto con l'art. 640, comma 2, n. 1 (Truffa).

Considerato, in conclusione, che il requisito dell’assenza di pregiudiziali penali ai sensi dell’art. 635 c.o.m. (il quale non richiede, com’è noto l’irrevocabilità della sentenza, essendo, al contrario, sufficiente ad escludere il possesso del requisito la semplice assunzione dello “status” di imputato) deve necessariamente caratterizzare l’assunzione delle funzioni di un Ufficiale dell’Arma (e, più in generale di un qualsiasi militare), ne consegue che la determinazione assunta dall'Amministrazione di disporre nei confronti dell'ufficiale il reinserimento nel ruolo di provenienza (ruolo speciale dell'Arma dei Carabinieri) e, contestualmente, in pari data e senza soluzione di continuità, la decadenza di diritto ai sensi dell'articolo 638, comma 2 C.O.M., risulta, oltre che opportuna sul piano del merito dell'azione amministrativa, pienamente legittima.

12. Per le ragioni che precedono il ricorso è da respingere.

Per le medesime ragioni sono da respingere i motivi aggiunti, nei quali si reiterano le medesime censure già proposte con il ricorso introduttivo.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

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