TAR Bari, sez. III, sentenza 2015-05-14, n. 201500725
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N. 00725/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00886/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 886 del 2010, proposto da:
C I, F T, rappresentati e difesi dall'avv. G V, con domicilio eletto presso Francesco Paolo Perchinunno in Bari, Via Dante, n. 145;
contro
Comune di Andria, rappresentato e difeso dagli avv. G D B, G D C, con domicilio eletto presso Alberto Bagnoli in Bari, Via Dante, n. 25;
nei confronti di
Pizzer Pan 4 S.n.c. di Di Bari Domenico &C.;
per l'annullamento
del permesso in sanatoria n. 28 dell’8 marzo 2010, rilasciato, ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. 2001/380, dal Comune di Andria, in persona del Dirigente del Settore Pianificazione del Territorio, Servizio Edilizia Privata, a favore della società “ Pizzer Pan 4 S.n.c. di Di Bari Domenico &C ”, avente ad oggetto i lavori eseguiti in assenza di titolo abilitativo al fabbricato situato in Andria, prospiciente via E. De Nicola, n. 21, consistenti nell’installazione di una canna fumaria lungo il prospetto laterale del fabbricato.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Andria;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 aprile 2015 la dott.ssa Cesira Casalanguida e uditi per le parti i difensori avv.ti G V e Annalisa Di Giovanni;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso notificato in data 21 maggio 2010 e depositato il successivo 11 giugno, i coniugi C I e F T, a seguito di accesso agli atti, effettuato il 25 e il 29 marzo 2010, ricorrono avverso il permesso in sanatoria n. 28, rilasciato in data 08.03.2010, ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. 380/2001, alla Ditta “Pizzer Pan 4 S.N.C. di Di Bari Domenico &C.”. Tale provvedimento ha ad oggetto i lavori eseguiti per l’installazione di una canna fumaria sul muro a retrospetto sull’immobile, sito nel Comune di Andria, prospiciente via E. De Nicola, n. 21 (N.C.E.U. fg. 203 p.lla 316).
I ricorrenti espongono di essere proprietari dell’unità immobiliare sita in Andria, via E. De Nicola, n. 19, primo piano, con relativo lastrico solare sul quale insistono due vani. Specificano che il vano cucina e il vano camera da letto matrimoniale prendono luce da un piccolo pozzo di luce, di ridotte dimensioni sul quale si affaccia anche un balcone.
La canna fumaria sarebbe stata installata all’interno del pozzo luce, nella parte sottostante il balcone di loro proprietà, dai gestori del locale commerciale situato al piano terra.
Costituiscono motivi di ricorso:
Violazione della legge n. 241/1990, in particolare, degli artt. 1, 7 e 8 e degli artt. 111, 24 e 97 della Costituzione.
I ricorrenti lamentano la lesione del diritto di partecipazione al procedimento in qualità di controinteressati, in quanto soggetti diversi dal destinatario dell’atto che da questo possono ricevere pregiudizio.
Rilevano in proposito di essere portatori di un interesse personale, attuale e qualificato in quanto soggetti che hanno denunciato al Comune l’abuso edilizio, oggetto prima di ordinanza di demolizione del 12.09.2008 e poi di istanza di sanatoria. Lamentano che l’accesso agli atti, nonostante apposita istanza presentata in data 08.09.2009, sarebbe stato consentito dal Comune ad istruttoria conclusa, rendendo inutile qualunque apporto partecipativo.
Violazione degli artt. 47, 63, 68 e 75 del Regolamento Edilizio del Comune di Andria e delle distanze legali.
La canna fumaria contestata, secondo i coniugi Inchingolo, attraverserebbe il pozzo di luce sul quale affaccia il balcone di loro proprietà prima in maniera obliqua, ponendosi in posizione antistante al balcone e poi, con mutamento di direzione, procederebbe verticalmente, sul prospetto laterale del fabbricato. Tale collocazione contrasterebbe con le disposizioni del Regolamento Edilizio richiamate e con le disposizioni del codice civile sulle distanze legali. L’art. 47 del Regolamento prevede, in particolare, una distanza minima di 10 mt. tra il punto di fuoriuscita dei fumi e qualsiasi finestra a quota uguale o superiore. Gli edifici in questione, inoltre, si collocano in zona A2, a valenza storico-ambientale. Richiamano ancora gli artt. 873 e 907 c.c. eccependo la violazione delle distanze legali e del diritto di veduta. Di tali aspetti, sostengono i ricorrenti, il Comune avrebbe dovuto necessariamente tener conto prima di rilasciare il provvedimento gravato.
Violazione dell’art. 4 del D.P.C.M. 14.11.1997 e degli artt. 3 e 12 L.R. n. 3 del 12.02.2002.
I ricorrenti lamentano, altresì, la violazione della normativa nazionale e regionale sull’inquinamento acustico. Riferiscono che, con ordinanza n. 43 del 02.02.2009, il Comune di Andria ordinava al sig. Di Bari, legale rappresentante della ditta che ha installato la canna fumaria, per lo svolgimento della propria attività commerciale, di porre in essere interventi e opere di bonifica acustica. Tale provvedimento si sarebbe basato sulle risultanze di una relazione tecnica dell’Arpa Puglia D.A.P. di Bari, del 26.08.2008, conclusasi con il rilevamento del superamento dei limiti d’immissione acustica da parte del motore della cappa d’aspirazione della pizzeria.
Violazione delle disposizioni UNI/CIG 7129/92 e degli artt. 7, 9 e 11 del D.M. 37/2008, della L. 248/2005;
I ricorrenti richiamano le disposizioni UNI/CIG7129/92 relative ai requisiti della canna fumaria e alle modalità del suo posizionamento, lamentando, in particolare, il mancato rispetto dell’andamento verticale, la presenza di strozzature nel suo percorso ascensionale, la mancanza di camera di raccolta di materiali solidi ed eventuali condense, oltre alla vicinanza ad una caldaia. Ne deriverebbero rischi per la sicurezza degli impianti, oltre che per la salute.
Violazione e falsa applicazione degli artt. 6.1, 6.2 e 6.3 delle N.T.E. del Comune di Andria, dell’art. 36 D.P.R. 380/2001. Eccesso di potere per carente e difettosa istruttoria, motivazione insufficiente, incongrua e contraddittoria, travisamento dei fatti, ingiustizia grave e manifesta, contraddittorietà, illogicità manifesta. Violazione dei principi comunitari di buona amministrazione, proporzionalità, consequenzialità, ragionevolezza e di adeguatezza dell’istruttoria.
Nelle Zone A2, in assenza di espressi piani di recupero e/o Piani Particolareggiati, secondo i ricorrenti, sarebbero consentiti solo interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria. Sarebbero, pertanto, vietati gli interventi che alterano la tipologia originaria e il decoro architettonico delle facciate degli edifici collocati in tale zona.
Ne conseguirebbe che il doppio giudizio di conformità di cui all’art. 36 D.P.R.380/2001 non avrebbe potuto concludersi in modo positivo, attesa la difformità dell’opera rispetto alla disciplina urbanistica.
Essi lamentano l’assenza di motivazione del provvedimento del rilascio del permesso in sanatoria, fondato unicamente sull’atto di assenso della proprietaria dell’immobile su cui poggia la canna fumaria.
I ricorrenti lamentano anche il lungo arco temporale intercorso tra l’istanza di permesso in sanatoria, presentata in data 17.03.2009 e il provvedimento definitivo rilasciato dal Comune dell’08.03.2010, con violazione della certezza dei tempi dell’azione amministrativa.
Il Comune di Andria si è costituito in giudizio in data 23.06.2010 per resistere al ricorso.
L’amministrazione ha, in primo luogo, sollevato l’eccezione del difetto di giurisdizione, vertendo la controversia sulla tutela del diritto di proprietà e su aspetti ulteriori quali la presunta violazione delle distanze legali.
Con riferimento al primo motivo di ricorso, replica alla doglianza di violazione delle norme volte a garantire la partecipazione procedimentale, citando la giurisprudenza secondo cui non sussiste obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento ad eventuali controinteressati quando costoro non siano agevolmente individuabili dall’amministrazione.
La presentazione dell’istanza di accesso dimostrerebbe, inoltre, la conoscenza del procedimento pendente da parte dei ricorrenti.
Sugli ulteriori motivi di censura, l’ente resistente rileva come essi evidenzino il vero scopo dell’azione, finalizzata alla tutela della proprietà. In ogni caso le questioni contestate dai ricorrenti sarebbero state oggetto di esame nella relazione istruttoria del responsabile del procedimento.
Rileva, altresì, l’autonomia tra il provvedimento gravato e la precedente ordinanza di rimozione n. 479 del 12.09.2008, essendo questa riferita ad una differente canna fumaria che era stata posizionata sul prospetto esterno laterale dell’edificio.
Con ordinanza n. 478 del 24.06.2010 veniva accolta la domanda incidentale di sospensione del gravato provvedimento.
All’udienza pubblica del 23.04.2015, sentita la difesa delle parti, la causa è stata trattenuta in decisione.
Va, preliminarmente, disattesa l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dall’amministrazione resistente, secondo cui appartengono al giudice ordinario le controversie relative alla proprietà e, più specificamente, quelle aventi ad oggetto il rispetto delle norme sulle distanze legali.
Occorre rilevare come, in realtà, nel caso in esame non si tratti di domande tra privati intese al ripristino ope iudicis delle distanze, in quanto oggetto di gravame è il permesso di costruire in sanatoria in relazione al quale vengono in rilievo posizioni d’interesse legittimo, per le quali sussiste la giurisdizione del G.A.
Con il primo motivo viene lamentata la violazione degli artt. 7 e 8 della L. n. 241/90, per l’omessa comunicazione, da parte dell’Amministrazione comunale, all’odierna ricorrente dell’avvenuta presentazione della domanda di sanatoria sfociata nell’impugnato permesso di costruire, nonostante che si trattasse di intervento edilizio lesivo dei diritti dei ricorrenti.
La doglianza risulta fondata.
Seppur secondo un indirizzo giurisprudenziale (cfr. T.A.R. Campania, Sez. VIII, 12 aprile 2010 n. 1918, Cons. St., Sez. VI, 18 aprile 2005 n. 1773;TAR Liguria, Sez. I, 10 luglio 2009 n. 1736) i vicini controinteressati non sono annoverabili tra i soggetti destinatari della comunicazione di avvio di un procedimento per il rilascio di un titolo edilizio (anche in sanatoria), pur quando si tratti di soggetti che si siano in precedenza oppostisi all'attività edilizia del proprietario confinante, affermandosi che l’estensione ad essi della predetta comunicazione comporterebbe un aggravio procedimentale in contrasto con i principi di economicità e di efficienza dell'attività amministrativa, va per contro rilevato che (cfr. cfr. TAR Brescia Sez. 1, 2.11.2010 n. 4524, idem 5.5.2011 n. 662 nonché TAR Brescia, 24.12.1996 n. 1408) il soggetto che ha dimostrato più volte il suo interesse alla vicenda (ad esempio presentando ricorsi al Tribunale amministrativo ovvero esposti all’Autorità amministrativa), ha diritto di ottenere la comunicazione di avvio del procedimento da parte del Comune, là dove venga presentata domanda di regolarizzazione a posteriori della costruzione realizzata in prossimità del confine di proprietà.
A tale conclusione conducono sia l’esegesi letterale dell’art. 7, co. 1, della L. n. 241/90, la quale al secondo periodo specifica che “ ove parimenti non sussistano le ragioni di impedimento predette, qualora da un provvedimento possa derivare un pregiudizio a soggetti individuati o facilmente individuabili, diversi dai suoi diretti destinatari, l'amministrazione è tenuta a fornire loro, con le stesse modalità, notizia dell'inizio del procedimento ”, sia quella sistematica che induce a valorizzare la partecipazione procedimentale dei soggetti potenzialmente lesi onde prevenire il contenzioso giudiziario.
Né può trovare applicazione la disposizione di cui all’art. 21 octies L. n. 241/90, dato che nel caso non si è in presenza della fattispecie in tale norma descritta (“ Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato” ) in quanto – come si verrà a dimostrare – l’Amministrazione, nel rilasciare il permesso in sanatoria, è incorsa in violazione di legge .
Risultano fondate, in particolare, le censure di difetto di istruttoria e motivazione.
Non sfugge al Collegio che, come affermato dalla giurisprudenza, le concessioni edilizie vengono di norma rilasciate dalla competente amministrazione con espressa salvezza dei diritti dei terzi, e che, inoltre, non può pretendersi, da parte dell'amministrazione stessa, un'approfondita indagine sui limiti privatistici che condizionano o, se del caso, precludono la realizzazione di una determinata costruzione.
Tuttavia, il Comune deve tenere in debito conto anche dell'esistenza di diritti di terzi che contrastino con l'edificazione, soprattutto ove essi appaiano in concreto, ictu oculi , esistenti (cfr.