TAR Roma, sez. 2S, sentenza 2023-11-09, n. 202316653

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2S, sentenza 2023-11-09, n. 202316653
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202316653
Data del deposito : 9 novembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/11/2023

N. 16653/2023 REG.PROV.COLL.

N. 01401/2005 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Stralcio)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1401 del 2005, proposto da
Soc Elem S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato G V, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Mazzini, 11 Sc H Int.3;

contro

Regione Lazio, non costituita in giudizio;
Comune di Marino, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati P L e C D M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

delibera 994/04 recante l'approvazione della variante al P.R.G. del Comune di Marino


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Marino;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 20 ottobre 2023 la dott.ssa Francesca Santoro Cayro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La Società Elem s.r.l. è titolare di un terreno di estensione pari a 55.743 mq, ricadente in zona E – Attività agricole del P.R.G. del Comune di Marino vigente alla data di instaurazione del presente contenzioso (approvato nel 1979) e ubicato in area classificata dal PTP ambito n. 9 “Castelli Romani” quale “ Zona 3 – Zone agricole con rilevante valore paesistico ambientale ”.

Con la delibera C.C. n. 62 del 24 novembre 2000, il medesimo Comune adottava una variante generale con la quale era prevista, per il lotto di cui trattasi, la destinazione in parte a Zona C/5, in parte a zona C/6 e in parte a Viabilità di Variante, previsione rispetto alla quale la Società aveva presentato le proprie osservazioni, chiedendo in via principale di destinare il terreno a zona C/5 e di riunirlo in un unico comprensorio, ovvero, in via subordinata, di riconoscere all’area una densità abitativa non inferiore a 50 ab/Ha con ulteriori modifiche.

Il Comitato Regionale per il Territorio (di seguito anche “C.R.p.T.”), con il voto n. 44/1 del 13 novembre 2003, riteneva che detta destinazione fosse in contrasto con le norme di tutela dettate dal P.T.P. n. 9, proponendone lo stralcio, ed esprimendo parere contrario sull’osservazione avanzata dalla Società (in quanto “ l’area risulta vincolata, classificata Zona 3 dal P.T.P. e la destinazione urbanistica richiesta non risulta compatibile con la norma di tutela ”).

Il Comune di Marino, con la delibera consiliare n. 25 del 31 maggio 2004 di “indirizzo per le controdeduzioni”, aderiva alle modifiche proposte d’ufficio, le quali venivano poi definitivamente assentite dal C.R.p.T. con il voto n. 72/bis del 21 ottobre 2004.

Da ultimo, la Variante Generale, così come integrata e modificata d’ufficio, veniva approvata dalla Regione Lazio con la delibera di Giunta 29 ottobre 2004 n. 994, pubblicata sul S.O. n. 4 al B.U.R.L. n. 34 del 10 dicembre 2004, la quale prevedeva anche che “ le osservazioni sono decise in conformità a quanto riportato nell’allegato A ” (ossia nel citato voto n. 44/1).

2. Con il ricorso introduttivo del presente giudizio, notificato in data 9 febbraio 2005 e depositato il 17 febbraio 2005, la Società impugnava la suddetta delibera, unitamente al voto del C.R.p.T. n. 44/1 e agli ulteriori atti dell’iter urbanistico, sollevando le seguenti censure:

I) Violazione e falsa applicazione degli artt. 8, 9 e 10 l. n. 1150/1942 per violazione dell’obbligo di ripubblicazione del piano, avendo le modifiche introdotte d’ufficio dal C.R.p.T. interessato la variante nella sua globalità, modificandone il contenuto in modo sostanziale, e avendo il Comune, con la citata delibera C.C. n. 25/2004, introdotto ulteriori modifiche d’ufficio, con la conseguenza che, all’esito della lunga fase istruttoria intercorsa tra Regione e Comune, era stato approvato un piano da considerarsi nuovo rispetto alla variante originariamente adottata, dovendosi pertanto riaprire i termini per le osservazioni dei privati interessati;

II) Eccesso di potere per erroneità dei presupposti e difetto di istruttoria, atteso che la scelta di stralciare la destinazione “C” sarebbe basata esclusivamente su considerazioni di ordine paesistico “ ignorando gli errori che inficiano il PTP ”, in ragione delle profonde modifiche subite dal territorio del Comune di Marino e della “ presenza di una urbanizzazione diffusa ”, come evidenziato nelle osservazioni al P.T.P.R. presentate dalla stessa amministrazione comunale ai sensi dell’art. 23 L.R. n. 24/1998, sicché la scelta di ripristinare la destinazione agricola sarebbe del tutto illogica e arbitraria in quanto non suffragata da adeguata istruttoria.

3. Il Comune di Marino si costituiva in giudizio con memoria del 19 novembre 2005, chiedendo il rigetto del ricorso.

4. Con decreto presidenziale n. 761/2023 dell’8 febbraio 2023, comunicato in data 5 maggio 2023, è stata dichiarata l’interruzione del giudizio per l’intervenuto decesso dell’unico avvocato patrocinatore del resistente Comune.

5. Il giudizio è stato riassunto dal ricorrente con atto notificato e depositato nelle date 28 e 30 giugno 2023.

6. Il Comune, costituitosi a mezzo di nuovi difensori, ha presentato memoria ex art. 73 c.p.a. con la quale chiede il rigetto del gravame, deducendo che non sussisteva l’onere di ripubblicazione del piano a seguito delle modifiche d’ufficio e che l’area era inclusa nella “zona 3” del PTP n. 9, per la quale la destinazione urbanistica richiesta (edificatoria) non risultava compatibile con la normativa di tutela paesaggistica, ed è attualmente classificata dal P.T.P.R. approvato con Delibera del Consiglio Regionale del Lazio n. 5 del 21 aprile 2021 come “ Paesaggio Agrario di Rilevante Valore nel quale la tutela è volta alla salvaguardia della continuità del paesaggio mediante il mantenimento di forme di uso agricolo ”.

7. Anche la ricorrente ha depositato memoria illustrativa con la quale insiste per l’accoglimento del gravame, anche considerato che l’area ricade, in base al P.T.P.R. approvato, nel sistema del “Paesaggio Agrario di Continuità” disciplinato dall’art. 27 delle NTA, che prevede anche la possibilità di realizzare immobili ad uso residenziale.

8. Entrambe dette parti hanno poi prodotto memoria di replica.

9. All’udienza straordinaria di smaltimento del 20 ottobre 2023 il ricorso è stato discusso e trattenuto in decisione.

10. Il ricorso è destituito di fondamento.

11. Quanto alla doglianza dedotta con il primo mezzo, con la quale la ricorrente si duole del fatto che la variante, a seguito delle integrazioni e modifiche d’ufficio introdotte dalla Regione in sede consultiva, non sia stata nuovamente soggetta a pubblicazione, in violazione delle previsioni della l. n. 1150/1942, la medesima è infondata.

Le citate modifiche d’ufficio, infatti, conseguono alla valutazione di compatibilità paesaggistica delle nuove destinazioni operata dal Comitato regionale alla luce delle previsioni dell’allora vigente P.T.P. n. 9, sicchè soccorre il disposto del comma 2 dell’art. 10 della legge urbanistica, che esclude dall’obbligo di ripubblicazione “ le modifiche (…) che siano riconosciute indispensabili per assicurare: (…) c) la tutela del paesaggio e di complessi storici, monumentali, ambientali ed archeologici ”.

Sul punto è stato chiarito in giurisprudenza, con riferimento a fattispecie analoga alla presente, che “il parere regionale, lungi dal costituire espressione delle facoltà partecipative dei privati, destinati a subire gli effetti autoritativi e conformativi della programmazione urbanistica, rappresenta la manifestazione del rapporto di cooperazione tra Enti titolari di competenze distinte e concorrenti nel procedimento di formazione degli strumenti urbanistici. Con particolare riferimento alla fattispecie in esame, la competenza consultiva regionale risulta orientata, nel suo concreto esercizio, a garantire la coerenza delle previsioni del P.U.C. in itinere con le prescrizioni inderogabili del P.T.C.P., al fine di evitare che la carenza di una idonea disciplina di dettaglio, di tipo urbanistico e paesistico, potesse pregiudicare le esigenze di conservazione dei tratti paesaggistici delle aree interessate, così come recepite dal piano sovraordinato. Trattasi, quindi, di prescrizioni finalizzate a salvaguardare le previsioni del P.T.C.P. in punto di caratterizzazione delle aree de quibus che (…) esulano dal potere di valutazione discrezionale comunale, afferente alla disciplina di carattere strettamente urbanistico, alla cui definizione è funzionale la partecipazione dei privati” (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 13 novembre 2020, n. 7027, che esclude appunto l’obbligo di ripubblicazione del piano alla luce del “carattere necessitato delle modifiche introdotte dal Comune”).

È stato infatti precisato che “occorre distinguere tra modifiche "obbligatorie", in quanto indispensabili per assicurare il rispetto delle previsioni del piano territoriale di coordinamento, la razionale sistemazione delle opere e degli impianti di interesse dello Stato, la tutela del paesaggio e dei complessi storici, monumentali, ambientali e archeologici, l'adozione di standard urbanistici minimi;
modifiche "facoltative", in quanto consistenti in innovazioni non sostanziali;
e modifiche "concordate", in quanto conseguenti all'accoglimento di osservazioni presentate al piano ed accettate dal Comune. Mentre per le modifiche "facoltative" e "concordate", ove superino il limite di rispetto dei canoni guida del piano adottato, sussiste l'obbligo della ripubblicazione da parte del Comune, diversamente, per le modifiche "obbligatorie" tale obbligo non sorge, poiché proprio il carattere dovuto dell'intervento regionale (o di altra autorità preposta) rende superfluo l'apporto collaborativo del privato, superato e ricompreso nelle scelte pianificatorie operate in sede regionale e comunale (…) (cfr., in termini, Cons. Stato, Sez. IV, 13 novembre 2020, n. 7027;
Sez. IV, 11 novembre 2020, n. 6944)” (Cons. Stato Sez. IV, 07 dicembre 2022, n. 10731).

Tanto rende inapplicabile, al caso di specie, il consolidato indirizzo giurisprudenziale che riconosce la necessità di ripubblicazione del piano “a seguito di apporto di innovazioni tali da mutare radicalmente l'impostazione dello strumento urbanistico” (cfr. ex multis Cons. Stato, Sez. VI, 10 luglio 2023, n. 6754), atteso che “è proprio la doverosità della disciplina, pur discrezionale nei suoi contenuti concreti, che ne implica l’innesto nelle scelte pianificatorie originarie del Comune, ovviamente coinvolto nel procedimento, senza necessità di un azzeramento della procedura con conseguente nuova pubblicazione del Piano” (cfr. Cons. Stato, n. 7027/2020, cit.).

Si aggiunge poi che, contrariamente a quanto dedotto dalla ricorrente, la delibera CC n. 25/2004 non risulta aver apportato ulteriori modifiche di grande impatto alla variante, come anche si desume dalle valutazioni conclusive formulate dal C.R.p.T. nella seduta n. 72 bis del 21 ottobre 2004, in cui si legge che “ la delibera comunale n. 25 contiene una elencazione di intenti, costituisce (…) atto di indirizzo per la rivisitazione del Piano, attraverso l’elaborazione di una variante di salvaguardia con l’intento di attivare procedure già segnalate nel Voto regionale a cui l’A.C. stessa non ha dato corso nei termini previsti. L’A.C. si è quindi limitata ad elencare un programma di lavori (…) evitando di controdedurre, se non in maniera generica, alle modifiche d’ufficio intervenute con il Voto regionale ”.

Peraltro, con particolare riguardo alla posizione della ricorrente si osserva che le modifiche d’ufficio non hanno sortito, quale effetto, quello di “introdurre” ex novo una destinazione urbanistica (agricola) di cui il lotto di proprietà era privo ab origine , come sembrerebbe adombrare la Società nella propria memoria di replica (in cui si legge che “la destinazione agricola è stata introdotta in modo illogico” e che “in sede di approvazione della Variante l’area è «divenuta» agricola”), quanto piuttosto quello di mantenere immutata la destinazione (agricola) originariamente impressa dal previgente P.R.G., senza dunque apportare a detrimento della parte alcuno “stravolgimento”.

12. Venendo ora allo scrutinio del secondo mezzo, preliminarmente si osserva che occorre escludere la rilevanza delle previsioni e classificazioni contenute nel P.T.P.R. medio tempore approvato (richiamate negli scritti difensivi prodotti ai sensi dell’art. 73, co. 3 c.p.a. in vista dell’udienza di discussione del ricorso), atteso che la legittimità dei gravati provvedimenti va scrutinata esclusivamente sulla scorta della normativa di tutela in vigore alla data di approvazione della variante (così come modificata d’ufficio), e dunque unicamente in base al citato P.T.P. n. 9 Castelli Romani, adottato con Deliberazione della Giunta Regionale n. 2276 del 28 aprile 1987 e approvato con la L.R. n. 24/1998 (e tenuto specificamente conto, come ora meglio si dirà, delle previsioni dettate dalla citata legge regionale).

Sempre in via preliminare si osserva che la Società ha riportato testualmente, nel ricorso, sia il parere reso dal C.R.p.T. in relazione all’osservazione dalla stessa presentata nel corso dell’iter urbanistico (ai sensi del quale “l’area risulta vincolata, classificata Zona 3 dal P.T.P. e la destinazione urbanistica richiesta non risulta compatibile con la norma di tutela” – cfr. parere reso sull’osservazione n. 66 di C S, rappresentante legale di Elem s.r.l.), sia quello espresso dal medesimo Comitato ai sensi dell’art. 3 della legge 6 agosto 1967, n. 765, in relazione alla compatibilità paesistica della nuova destinazione urbanistica impressa all’area (segnatamente, destinazione in parte a “C6” e in parte “C5”, in sostituzione dell’originaria destinazione agricola E2).

Le censure articolate con il ricorso, tuttavia, si appuntano essenzialmente sul secondo dei menzionati pareri.

13. Tanto opportunamente premesso, le doglianze sono destituite di fondamento.

L’art. 19 del P.T.P. n. 9 per la “ Zona 3 – Zone agricole con rilevante valore paesistico ambientale ” ammette “ un rapporto di copertura (mq/mq) non superiore a un metro quadrato per ettaro. Sono concesse piccole abitazioni di servizio all’agricoltura (...) ”.

La variante generale adottata dal Comune assegnava alle nuove destinazioni urbanistiche C5 e C6 un’espansione pari rispettivamente a mc/mq 0,96 e mc/mq 0,36, e il C.R.p.T. rilevava che tale previsione fosse incompatibile con la sopra riportata classificazione attribuita dalle N.T.A., proponendone conseguentemente lo stralcio.

La valutazione compiuta dal Comitato Regionale, pertanto, si è limitata a prendere atto della incongruenza della mutata destinazione urbanistica (edilizia) rispetto alla normativa di tutela dettata dal piano territoriale paesaggistico.

Tanto precisato, la Società non può fondatamente dolersi del fatto che la decisione di stralciare la destinazione a zona C si fosse basata esclusivamente su considerazioni di ordine paesaggistico: per espressa disposizione di legge, infatti, le previsioni dei piani paesaggistici prevalgono sugli strumenti di pianificazione urbanistica. Tanto si ricava del chiaro disposto sia dell’art. 145, co. 3 d. lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, nella formulazione in vigore alla data di approvazione della variante (“ Le previsioni dei piani paesaggistici di cui agli articoli 143 e 156 sono cogenti per gli strumenti urbanistici dei comuni, delle città metropolitane e delle province, sono immediatamente prevalenti sulle disposizioni difformi eventualmente contenute negli strumenti urbanistici, stabiliscono norme di salvaguardia applicabili in attesa dell'adeguamento degli strumenti urbanistici e sono altresì vincolanti per gli interventi settoriali. Per quanto attiene alla tutela del paesaggio, le disposizioni dei piani paesaggistici sono comunque prevalenti sulle disposizioni contenute negli atti di pianificazione ”), sia dell’art. 27, co. 2 L.R. n. 24/1998 (“ I PTP o il PTPR sono sovraordinati rispetto agli strumenti di pianificazione territoriale locale ”).

Il legislatore, dunque, sancisce in maniera incontrovertibile il principio della prevalenza gerarchica della pianificazione paesaggistica sugli strumenti urbanistici (cfr. ex multis Cons. Stato, sez. IV, 8 settembre 2023, n. 8233;
id., 30 maggio 2023, n. 5292;
T.A.R. Lazio, sez. II quater, 9 agosto 2022, n. 11119).

Ne consegue che il parere regionale risulta scevro da profili di illegittimità.

Né la valutazione regionale appare inficiata da alcun deficit istruttorio, avendo correttamente “ricalibrato” le scelte pianificatorie comunali alle inderogabili previsioni di tutela contenute nel PTP: in altri termini, la Regione non era tenuta, nel corso dell’iter urbanistico di approvazione della variante, a verificare l’effettiva e perdurante “tenuta” dei valori paesistico/ambientali tutelati dal citato PTP, non essendo quella la sede per rimettere (eventualmente) in discussione le disposizioni di tutela paesaggistica. Oltretutto, la Società asserisce che i caratteri originari espressi dal sito erano stati compromessi da rilevanti fenomeni di urbanizzazione senza tuttavia corroborare tale asserzione con concreti riscontri probatori, sicché le censure articolate con il presente gravame appaiono comunque generiche e adodittiche.

14. In conclusione, il ricorso va rigettato.

15. Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate in favore del Comune di Marino nella misura quantificata in dispositivo, mentre nulla si dispone nei confronti della Regione Lazio, non essendosi costituita in giudizio.

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