TAR Trieste, sez. I, sentenza breve 2022-11-30, n. 202200516
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Pubblicato il 30/11/2022
N. 00516/2022 REG.PROV.COLL.
N. 00429/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 429 del 2022, proposto da
-OMISSIS- rappresentato e difeso dall'avvocato C B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale Trieste, domiciliataria ex lege in Trieste, piazza Dalmazia, 3;
per l'annullamento
del decreto di revoca delle misure di accoglienza emesso dalla Prefettura – Ufficio Territoriale del Governo di Gorizia, Area IV, Prot. Uscita N. 00043690 di data 14.9.2022 nei confronti del sig. QASIM ALI ed in pari data notificato dalla R.T.I. Matrix Coop. Stella, enti gestori dell'accoglienza presso il CARA di Gradisca d'Isonzo
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 23 novembre 2022 il dott. Luca Emanuele Ricci e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il ricorrente, cittadino pakistano già ospite del Centro di accoglienza per richiedenti asilo di Gradisca di Isonzo, ha visto revocate dalla Prefettura le misure di accoglienza precedentemente accordate, per aver “tenuto comportamenti non regolamentari, in quanto è stato sorpreso mentre stava cucinando dopo aver attaccato arbitrariamente un fornello elettrico, provocando un cortocircuito nel sensore antincendio del locale nel quale era stata lanciata dell’acqua” .
1.1. Il provvedimento, notificato ed eseguito in data 14.09.2022, è impugnato articolando i seguenti motivi:
I. “Violazione di legge – art. 7 l. 241/1990: omessa comunicazione di avvio del procedimento”, con conseguente impedimento di ogni forma di partecipazione procedimentale, senza che potessero configurarsi effettive esigenze di celerità, né un esito vincolato del procedimento;
II. “Violazione di legge: art. 20 par. 4, 5 e 6 della Direttiva 33/2013/UE: incongruenza, sproporzionalità della misura adottata e mancata adozione di misure per garantire un tenore di vita dignitoso al ricorrente: violazione dell’art. 20 della Direttiva 33/2013/UE e diretta applicazione della normativa europea”, non essendo in alcun caso ammissibili sanzioni che abbiano l’effetto di privare l’interessato delle misure materiali di accoglienza (così CGUE, Grande sez., 12 novembre 2019, C-233/18 e, più di recente, CGUE, Sez. X, 1° agosto 2022, C-422/21) ;
III. “Violazione di legge: art. 3 l. 241/1990 e art. 23 c. 2 d.lgs 142/2015 interpretato alla luce della direttiva 2013/33/UE;eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria, mancata e/o erronea valutazione dei presupposti, travisamento, illogicità”, perché il provvedimento non chiarisce quale, tra le più persone coinvolte nell’episodio, abbia effettivamente tenuto il comportamento contestato (l’accensione del fornelletto), che appare, in ogni caso, non meritevole di una così incisiva sanzione;
IV. “Violazione artt. 2 e 3 Convenzione europea dei diritti dell’uomo e dell’art. 1 della Carta dei diritti fondamentali dell’unione europea e risarcimento del danno patito: condizione di abbandono morale e materiale del ricorrente, richiedente la protezione internazionale ”, perché il ricorrente, espulso dal centro senza preavviso e in orario serale, è stato costretto a trascorrere la notte nei pressi della Stazione ferroviaria di Trieste.
1.2. Il ricorrente domanda, altresì, il risarcimento del danno per il periodo trascorso senza una stabile sistemazione, da quantificarsi equitativamente nella somma di € 100 per ogni giorno trascorso dalla data di allontanamento dal Centro al loro reintegro.
2. Il Ministero, con memoria del 18.11.2022, ha argomentato per l’infondatezza delle censure articolate.
3. All’udienza in camera di consiglio del 23.11.2022 le parti hanno discusso come da verbale. Il Tribunale ha espresso l’intenzione di definire il merito del giudizio con sentenza breve, ai sensi dell’art. 60 del c.p.a.
4. Può scrutinarsi prioritariamente il secondo motivo di ricorso, con cui il ricorrente valorizza la contrarietà al diritto europeo del potere di revoca delle misure di accoglienza, di cui all’art. 23 del d.lgs. 142 del 2015. La questione, negli stessi termini, è stata già affrontata da questo Tribunale, con le sentenze nn. 434 e 470 del 2022, intervenute nell’ambito della medesima vicenda storica.
4.1. Il motivo è fondato. Come già rilevato in precedenti pronunce (tra le tante, si vedano Tar Friuli-Venezia Giulia, 22 dicembre 2020, n. 451 e 6 luglio 2022, n. 314 ), l’inammissibilità di una revoca sanzionatoria delle misure di accoglienza è stata sancita dalla Corte di giustizia UE (grande sezione), con sentenza 12 novembre 2019, in C-233/18 . Secondo la Corte “l’articolo 20, paragrafi 4 e 5, della direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26giugno 2013, recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, letto alla luce dell’articolo 1 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretato nel senso che uno Stato membro non può prevedere, tra le sanzioni che possono essere inflitte ad un richiedente in caso di gravi violazioni delle regole dei centri di accoglienza nonché di comportamenti gravemente violenti, una sanzione consistente nel revocare, seppur temporaneamente, le condizioni materiali di accoglienza, ai sensi dell’articolo 2, lettere f) e g), della menzionata direttiva, relative all’alloggio, al vitto o al vestiario, dato che avrebbe l’effetto di privare il richiedente della possibilità di soddisfare le sue esigenze più elementari”.
4.2. Tale orientamento è stato da ultimo confermato dalla sentenza Corte di giustizia UE , X sez., 1° agosto 2022, nella causa C-422/21, adita su rinvio pregiudiziale dal giudice amministrativo nazionale ( Cons. St., sez. III, 30 dicembre 2020, n. 8540) . La Corte ha ribadito che non è possibile irrogare una sanzione consistente nella revoca, definitiva o temporanea, delle misure di accoglienza, nemmeno quando il richiedente asilo abbia posto in essere “comportamenti gravemente violenti nei confronti di funzionari pubblici” . Una tale sanzione, infatti, violerebbe sempre il requisito di proporzionalità stabilito all’articolo 20, paragrafo 5, seconda frase, della direttiva 2013/33, non potendo in alcun caso ammettersi una sanzione contrastane con il principio del rispetto della dignità umana.
4.3. Se la prima pronuncia, per la particolare vicenda da cui aveva preso le mosse (il richiedente asilo era in quel caso un minore non accompagnato), aveva portato taluni interpreti a dubitare della generale applicabilità dei principi ivi sanciti, nessun dubbio residua dopo la sentenza da ultimo menzionata: la revoca delle misure di accoglienza per motivi sanzionatori non può trovare cittadinanza nel nostro ordinamento e ciò indipendentemente dalla tipologia di richiedente asilo (sia esso riconducibile o meno alle categorie “portatrici di esigenze particolari”, di cui all’art. 17 del d.lgs. 142 del 2015) o dalla gravità delle violazioni contestate.
4.4. L’insussistenza di strumenti sanzionatori alternativi, nel sistema disegnato dal d.lgs. 142 del 2015 è invece problema la cui soluzione spetta al legislatore (in questo senso, vedi Cons. St., sez. I, 8 luglio 2020, nn. 1271 e 1278 e Id., 7 ottobre 2020, n. 1832 ), ma che non può giustificare la reiterata applicazione di una disposizione di cui è acclarato il contrasto con il Diritto dell’Unione.
4.5. Per le ragioni esposte, il provvedimento impugnato è illegittimo e deve essere annullato, nella parte in cui ha disposto la revoca delle misure di accoglienza, precedentemente accordate al ricorrente.
5. Quanto alla domanda di risarcimento del danno, essa deve parimenti essere accolta, sussistendo tutti gli elementi costitutivi del relativo diritto.
5.1. Quanto all’ingiustizia del danno, essa deriva dall’illegittimità del provvedimento per contrarietà al Diritto dell’Unione. Sussiste, altresì la colpa dell’amministrazione, per l’inescusabilità della violazione commessa, a fronte di un panorama normativo sufficientemente chiaro. Infatti, per quanto la normativa nazionale sembri prima facie legittimare la revoca sanzionatoria delle misure di accoglienza, sin dal 2019 era stata sancita l’impossibilità di ricorrere a tale misura, per contrarietà al Diritto europeo, con giurisprudenza della Corte di Giustizia UE cui questo Tar – almeno a partire dalla sentenza 22 dicembre 2020, n. 451 – si è sempre adeguato.
5.2. Quanto all’entità del danno-conseguenza derivante dall’esecuzione del provvedimento, è incontestato l’intervenuto allontanamento del ricorrente dal CARA a partire dal 14.09.2022. L’efficacia del provvedimento è stata successivamente sospesa in forza del decreto monocratico del 03.11.2022. In mancanza di prova di un danno patrimoniale o non patrimoniale effettivamente subito, non potendo dubitarsi dei disagi che l’improvviso allontanamento dal centro può aver cagionato al ricorrente, si dispone un risarcimento in via equitativa di € 100,00.
6. Le spese di lite seguono la soccombenza. Il ricorrente è quindi ammesso definitivamente al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, già provvisoriamente accordatogli dalla competente Commissione con decreto n. 27 del 07.11.2022. Il pagamento delle spese di giudizio da parte dell’amministrazione soccombente dovrà quindi eseguirsi a favore dello Stato (art. 133 del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115) . Analogamente, l’amministrazione sarà tenuta al pagamento, a favore dello Stato, del contributo unificato prenotato a debito dal ricorrente.
6.1. Si liquidano al difensore del ricorrente complessivi € 991,90, oltre spese generali e accessori di legge. L’importo corrisponde ai valori minimi di cui al D.M. 55/2014 (come da ultimo aggiornato dal D.M. 147 del 13.08.2022) per le sole fasi di studio, introduttiva e cautelare collegiale, calcolati con riferimento ad una causa di valore indeterminabile e bassa complessità, con riduzione del 30 % per l’assenza di nuove questioni di fatto e di diritto rispetto ai contenziosi di R.G. 384/2022 e 411/2022, trattati dal medesimo patrocinio (art. 4, comma 4 del D.M.). I compensi così calcolati sono ulteriormente ridotti della metà ex art. 130, d.P.R. n. 115 del 2002. Ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 83, comma 3- bis del decreto da ultimo citato, si autorizza il pagamento del suddetto importo, anche con eventuale anticipazione a carico del bilancio del TAR che provvederà poi a ottenere la rifusione dall’amministrazione soccombente e condannata al pagamento delle spese di lite a favore dello Stato, come previsto dal citato art. 133.