TAR Firenze, sez. I, sentenza 2020-07-09, n. 202000891

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Firenze, sez. I, sentenza 2020-07-09, n. 202000891
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Firenze
Numero : 202000891
Data del deposito : 9 luglio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/07/2020

N. 00891/2020 REG.PROV.COLL.

N. 01876/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1876 del 2015, proposto da
Wind Tre s.p.a. (in precedenza Wind Telecomunicazioni s.p.a.), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato G S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Leonardo Penna in Firenze, via Emanuele Repetti 11;

contro

Comune di Pistoia, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati F P, C G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Vittorio Chierroni in Firenze, via de' Rondinelli n. 2;

per l'annullamento

a) della nota SUAP prot. 85799 del 24.9.2015 con cui il Funzionario Responsabile dello Sportello Unico dell'Edilizia e delle Imprese del Comune di Pistoia, con riferimento alla s.c.i.a. presentata ai senti dell'art. 87 bis del D.lgs 259/03 per la realizzazione di un intervento di adeguamento tecnologico del preesistente impianto di telefonia Wind denominato "

PT

001 piazza Danesi", ha comunicato l'irricevibilità della stessa "finchè non saranno corrisposti i diritti di istruttoria così come previsto dalle deliberazioni di GC n. 20 del 30.1.2009, n. 71 del 16.5.2014 e n. 95 del 29.7.2015", e che in applicazione di quest'ultima i diritti sono pari ad €. 800,00 per competenze ufficio SUAP;

b) di ogni atto presupposto, connesso e/o consequenziale ivi inclusa, in particolare, sempre che occorrente, la delibera di G.C. n. 95 del 29.7.2015 laddove (allegato A) pretende, per le pratiche di telefonia, sia che si tratti di nuovo impianto, modifica o riconfigurazione, la corresponsione, in luogo dell''importo di €. 30,00 previsto per le scia edilizie, il ben più cospicuo importo di €. 800,00.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Pistoia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 luglio 2020 il consigliere L V;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

In data 11 settembre 2015, la Wind Telecomunicazioni s.p.a. (successivamente divenuta, a seguito di fusione societaria, Wind Tre s.p.a.) presentava all’Amministrazione comunale di Pistoia e ad A.R.P.A.T. Toscana Centro una segnalazioni certificata di inizio attività ex art. 87- bis del d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259 (codice delle comunicazioni elettroniche) relativa alla riconfigurazione radioelettrica al sistema LTE ( Long Term Evolution ), dell’impianto già presente in via dello Spartitoio (denominato “

PT

001 piazza Danesi”).

Con nota 24 settembre 2015 prot. 85799, il Responsabile del S.U.A.P. del Comune di Pistoia comunicava alla ricorrente che il procedimento non poteva avere inizio in mancanza della corresponsione dei diritti di istruttoria previsti dalle deliberazioni 30 gennaio 2009 n. 71, 16 maggio 2014 n. 71 e 29 luglio 2015 n. 95 della Giunta comunale e quantificati nella somma di € 800,00 e che, inoltre, l’istanza non poteva avere alcun seguito in quanto trasmessa via P.E.C. e non tramite piattaforma di interoperatività del sistema toscano dei Servizi e delle Imprese, come previsto dalla delib. 26 gennaio 2015 n. 61 della Giunta Regionale Toscana e dalla Risoluzione 24 dicembre 2013 n. 212434 del Ministero dello Sviluppo Economico.

La ricorrente versava la somma, non mancando però di evidenziare l’illegittimità della richiesta ed articolando riserva di impugnazione dell’atto sopra citato;
con il presente ricorso impugnava pertanto l’atto sopra richiamato, unitamente all’Allegato A alla delib. G.C. 29 luglio 2015 n. 95 nella parte di interesse (ovvero nella parte riguardante l’imposizione alle pratiche relative alla telefonia di un contributo), articolando censure di: 1) violazione art. 10- bis della l. 7 agosto 1990, n. 241, violazione del d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259, violazione del giusto procedimento e del principio di partecipazione, illegittimità derivata, eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti;
2) violazione e falsa applicazione art. 93 del d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259, del d.P.R. 160/2010, illegittimità derivata dalla deliberazione G.C. 29 luglio 2015 n. 95, violazione del giusto procedimento eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti;
3) segue, violazione e falsa applicazione art. 93 del d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259, del d.P.R. 160/2010, illegittimità derivata dalla deliberazione G.C. 29 luglio 2015 n. 95, violazione del giusto procedimento eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti;
4) violazione e falsa applicazione del d.P.R. 160/2010, violazione della deliberazione G.R. n. 61 del 26 gennaio 2015, violazione del principio di semplificazione, travisamento dei presupposti in fatto e in diritto.

Si costituiva in giudizio l’Amministrazione comunale di Pistoia, con comparsa di pura forma.

La sicura fondatezza di secondo e quarto motivo di ricorso e la maggiore satisfattività per la ricorrente dell’accoglimento delle relative censure, permette di prescindere dall’esame del primo (relativo alla violazione dell’art. 10- bis della l. 7 agosto 1990, n. 241) e terzo (logicamente subordinato al rigetto della seconda censura) motivo di ricorso.

Per quello che riguarda il secondo motivo di ricorso, le censure proposte da parte ricorrente risultano evidentemente fondate alla luce del primo (che espressamente prevede che <<le Pubbliche Amministrazioni, le Regioni, le Province ed i Comuni non poss(a)no imporre per l'impianto di reti o per l'esercizio dei servizi di comunicazione elettronica, oneri o canoni che non siano stabiliti per legge>>) e del secondo comma dell’art. 93 del d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259 (come modificato dall’art. 68, 1°comma del d.lgs. 28 maggio 2012, n. 70 ed oggetto dell’interpretazione autentica di cui all’art. 12, 3° comma del d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 33) che espressamente prevedono che <<nessun altro onere finanziario, reale o contributo p(ossa) essere imposto, in conseguenza dell'esecuzione delle opere di cui al Codice o per l'esercizio dei servizi di comunicazione elettronica, fatta salva l'applicazione della tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche di cui al capo II del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, oppure del canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche di cui all'articolo 63 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446>>
e del contributo per il rilascio del parere ambientale da parte di A.R.P.A.T. previsto dai commi 1- bis e 1- quater della disposizione.

Ed è proprio sulla base del preciso articolato sopra richiamato che si è formata una ricca giurisprudenza della Corte costituzionale (Corte cost. 22 luglio 2010, n. 272, peraltro relativa ad una legge della Regione Toscana), della Corte di Cassazione (Cass. civ. sez. I, 10 gennaio 2017, n. 283, relativa al cd. canone di soggezione previsto dall’art. 27 del d.lgs. n. 285 del 1992) e del Consiglio di Stato (da ultimo, si veda il parere 12 novembre 2019 n. 02843/2019 della Prima Sezione reso su un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica;
in precedenza, si veda anche Cons. Stato, sez. VI, 7 marzo 2008, n. 1005) che ha escluso che possano essere imposti economici ulteriori e diversi da quelli espressamente richiamati dall’art. 93 del d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259.

Con tutta evidenza, quanto sopra rilevato non trova poi un sostanziale ostacolo nella previsione di cui all’art. 4, 13° comma del d.P.R. 7 settembre 2010, n. 160 (regolamento per la semplificazione ed il riordino della disciplina sullo sportello unico per le attività produttive) che riguarda genericamente le attività autorizzatorie di competenza del S.U.A.P. e risulta pertanto superato dalle specifiche disposizioni relative alle attività di telefonia.

In applicazione del detto principio deve pertanto essere disposto l’annullamento della previsione di cui alla lettera h) dello <<Schema di calcolo dei diritti di istruttoria>>
del S.U.A.P. dell’Allegato A alla delib. C.C. 29 luglio 2015 n. 95 che, in chiara violazione delle già citate previsioni di cui all’art. 93, 1° e 2° comma del d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259, richiede il pagamento dei diritti di segreteria di € 800,00 con riferimento a tutte le <<pratiche di telefonia: impianto, modifica, riconfigurazione>>.

Del resto, l’annullamento della detta previsione a carattere generale non incontra alcun ostacolo processuale, sia per effetto della mancata dimostrazione, da parte dell’Amministrazione resistente, della data di pubblicazione della deliberazione impugnata e dell’eventuale tardività dell’impugnazione, sia del tradizionale principio che ammette comunque l’impugnazione di una consimile deliberazione a carattere generale nel termine di decadenza decorrente dall’atto applicativo, secondo la nota tecnica dell’atto presupposto.

Anche il quarto motivo di ricorso (relativo all’altra ragione ostativa evidenziata nell’atto emesso dal S.U.A.P. ed impugnato da parte ricorrente) è poi fondato e deve pertanto essere accolto.

In termini generali, l’obbligo per il richiedente di utilizzare la <<piattaforma di interoperatività del sistema toscano dei Servizi e delle Imprese>>
non può certo essere desunto dalla delib. 26 gennaio 2015 n. 61 della Giunta Regionale Toscana (che riguarda, in realtà, i procedimenti di competenza dei Dipartimenti della Prevenzione delle Aziende Sanitarie e non il procedimento che ci occupa, in cui le funzioni consultive sono devolute ad A.R.P.A.T., ai sensi della previsione dell’art. 14 della l. 22 febbraio 2001, n. 36);
in realtà, si tratta, infatti, di obbligo desumibile dalla complessiva sistematica e dalle previsioni espresse di cui agli artt. 4, 7° comma e 5 del già citato d.P.R. 7 settembre 2010, n. 160 (regolamento per la semplificazione ed il riordino della disciplina sullo sportello unico per le attività produttive).

La previsione di uno strumento telematico per la presentazione delle S.C.I.A. e le conseguenti semplificazioni a vantaggio del privato (come la possibilità di iniziare l’attività sulla base della ricevuta automatica di cui all’art. 5, 4° comma del d.P.R. 7 settembre 2010, n. 160) non escludono però la più generale operatività del principio di leale cooperazione richiamato da parte ricorrente e quindi del potere/obbligo per il responsabile del procedimento di richiedere <<la rettifica di … istanze erronee o incomplete>>
previsto in linea generale dall’art. 6, 1° comma lett. b) della l. 7 agosto 1990, n. 241 e sicuramente applicabile anche alla problematica che ci occupa.

Contrariamente a quanto ritenuto dall’Amministrazione comunale di Pistoia, la presentazione della S.C.I.A. attraverso lo strumento della P.E.C. non poteva pertanto portare all’archiviazione della pratica, ma, al massimo, ad una regolarizzazione dell’istanza, in applicazione della previsione di cui all’art. 6, 1° comma lett. b) della l. 7 agosto 1990, n. 241 e come peraltro sostanzialmente previsto dallo stesso punto 4 della delib. 26 gennaio 2015 n. 61 della Giunta Regionale Toscana citata nello stesso atto impugnato (anche se inesattamente, per quanto sopra rilevato) che prevede che l’inserimento nel sistema informatico sia eseguito d’ufficio dallo stesso S.U.A.P. e senza alcuna interruzione dei termini.

Anche la nota 24 settembre 2015 prot. 85799 del Responsabile del S.U.A.P. del Comune di Pistoia deve pertanto essere annullata, sia per illegittimità derivata dalla già citata previsione di cui di cui alla lettera h) dello <<Schema di calcolo dei diritti di istruttoria>>
del S.U.A.P. dell’Allegato A alla delib. C.C. 29 luglio 2015 n. 95, che per illegittimità autonoma (secondo quanto già rilevato con riferimento alla seconda ragione giustificativa del diniego).

Le spese seguono la soccombenza e devono essere liquidate, come da dispositivo

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